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  Se domani ci fosse una guerra con la Turchia: i legami canonici della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

di Kirill Aleksandrov

Unione dei giornalisti ortodossi, 20 novembre 2023

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Immaginiamo che il Dipartimento di etnopolitica ucraino esamini lo statuto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" per verificare i legami con l'aggressore. Cosa scoprirà? Cercheremo di capirlo per vedere quanto sia autocefala la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Oggi per le autorità ucraine esiste un solo Stato aggressore, la Russia. Ma i tempi stanno cambiando e l'aggressore potrebbe cambiare (o potrebbe aggiungersene un altro). E se le parole del presidente della Turchia su una possibile "guerra della Croce e della Mezzaluna" diventassero realtà? E se l'Ucraina, che sostiene Israele nel conflitto con Hamas, e la Turchia, che sostiene i palestinesi, si ritrovassero sui lati opposti delle barricate? E se la Turchia, la cui politica assomiglia sempre più a quella dell'Impero Ottomano, si ricordasse che la Crimea un tempo le apparteneva?

Certo, tutti vorremmo che non iniziassero mai nuove guerre e che le guerre già intraprese finissero, ma comunque... A molti un'invasione dell'Ucraina da parte della Russia sembrava impossibile fino al 24 febbraio 2022. In generale, speriamo che tutto ciò che è stato detto rimanga nel mondo delle "fantasie". Immaginiamo però quali potrebbero essere i risultati dell'esame peritale religioso dello Statuto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" riguardante i legami canonici con la Turchia e il Patriarcato di Costantinopoli con sede in quel Paese.

La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" dispone di tre documenti statutari in base ai quali svolge le sue attività. Si tratta del Tomos emanato dal Patriarca Bartolomeo il 6 gennaio 2019, dello Statuto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" adottato il 15 dicembre 2018 dal cosiddetto "Concilio locale d'unificazione" sulla base del Tomos ancora da emanare, e dello Statuto (regolamento) sul governo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", adottato dal Concilio dei vescovi il 27 luglio 2023. L'ultimo documento è stato adottato con l'obiettivo di "regolamentare più dettagliatamente le questioni statutarie della vita della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", è il documento più voluminoso, ben 76 pagine, che riprende e dettaglia lo Statuto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Non lo prenderemo in considerazione poiché la questione che ci interessa circa il rapporto canonico della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" con il Patriarcato di Costantinopoli si rivela principalmente nel Tomos e nello Statuto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" del 15 dicembre 2018.

Unità (subordinazione) con il Patriarcato di Costantinopoli

Il primo paragrafo dello Statuto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" recita quanto segue: "La Chiesa ortodossa d'Ucraina fa parte della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica ed è inseparabilmente unita alla Madre, la Grande Chiesa di Cristo a Costantinopoli, e attraverso di lei, a tutte le altre Chiese ortodosse autocefale."

Come possiamo vedere, qui c'è la stessa formulazione della Lettera del Patriarca Alessio II, inviata all'allora metropolita di Kiev Filaret nel 1990 e che testimoniava la formazione della Chiesa ortodossa ucraina nello status di autonomia. In quella Lettera si legge quanto segue: "La Chiesa ortodossa ucraina, unita attraverso la nostra Chiesa ortodossa russa con la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, senza una decisione conciliare di tutta la pienezza cattolica ortodossa, non può cambiare nulla riguardo ai dogmi della fede e i santi canoni".

Questa formulazione è molto strana e sconosciuta al diritto canonico. Maggiori dettagli al riguardo si possono trovare nell'articolo "Passioni per la Lettera del patriarca Alessio II". Non ripeteremo in questa sede gli argomenti ivi menzionati.

Tuttavia, dopo aver letto lo Statuto della Chiesa ortodossa ucraina e lo Statuto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", non si può fare a meno di chiedersi perché nel caso della Chiesa ortodossa dell'Ucraina questa costruzione di "uniti attraverso" indica l'autonomia, e nel caso della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" – l'autocefalia?

È evidente che una Chiesa autocefala, nel pieno senso della parola, non può essere unita a tutta la Chiesa ortodossa attraverso un'altra Chiesa. In altre parole, il primo punto dello Statuto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ci rivela che, nonostante il titolo "autocefalo", la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è soggetta al Patriarcato di Costantinopoli.

Supremazia del Tomos

Il secondo paragrafo delle "disposizioni generali" dello Statuto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" la chiama "autocefala" ed è così formulato: "La Chiesa ortodossa dell'Ucraina è autocefala, secondo lo status kenotico (attraverso il sacrificio di sé) concessole dal santo corpo canonico martirizzato della Chiesa Madre di Costantinopoli, cioè del Santissimo Trono Ecumenico Apostolico, e si ispira, come si conviene, alla Sacra Scrittura, alla Sacra Tradizione, ai divini e sacri canoni, e alla pratica santificata della Chiesa, guidata secondo con il Tomos patriarcale e sinodale, con il quale le è stato concesso lo status di autocefalia il 6 gennaio 2023, nonché in dettaglio – con lo Statuto che a ciò corrisponde".

In questa sezione dello Statuto si avverte la paternità dei vescovi di Costantinopoli, sotto la cui guida il 15.12.2018 si è tenuto il cosiddetto "Concilio di Unificazione". Ciò significa che il Fanar si è strappato da sé dolorosamente (kenoticamente) la Chiesa ucraina, che aveva acquisito appena un mese prima, l'11 novembre 2018, quando ha deciso di annullare il trasferimento della metropolia di Kiev sotto la giurisdizione del Patriarcato di Mosca nel 1686. Dovrebbe essere chiaro che il Fanar "ha sofferto" nel concedere l'autocefalia alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" perché questo è esattamente ciò che dice lo Statuto.

Segue l'enumerazione dei grandi titoli del Fanar, tra cui "Ecumenico". Questa è l'autodesignazione del Patriarcato di Costantinopoli, intesa a impressionare la gente comune con l'idea che l'autorità di questo patriarcato si estende presumibilmente all'intero universo. Tuttavia, non così. In termini sacri, il patriarca di Costantinopoli è esattamente uguale a qualsiasi vescovo, e in termini amministrativi, uguale al capo di qualsiasi altra Chiesa locale.

Vale anche la pena notare che lo Statuto dà la preferenza al Tomos quando si tratta di possibili disaccordi riguardanti lo status e l'amministrazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Se confrontato con la Lettera del patriarca Alessio II e con lo Statuto della Chiesa ortodossa ucraina, quest'ultimo non dice che la Lettera abbia la supremazia. In effetti, non può essere così, poiché la Lettera non dice nulla sul modo di governo della Chiesa ortodossa ucraina; afferma semplicemente che essa è indipendente e autonoma. Il Tomos, invece, regola in modo sufficientemente dettagliato le modalità e i metodi di gestione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e su questa base potrebbero effettivamente sorgere disaccordi. Per esempio, il Fanar potrebbe facilmente affermare, se lo desiderasse, che tutte le decisioni dei Concili locale ed episcopale della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non sono valide sulla base del fatto che questi organi di governo semplicemente non sono prescritti dal Tomos, che menziona solo la metropolia di Kiev e il suo Sinodo.

Il terzo punto delle "disposizioni generali" dello Statuto prevede che le questioni da esso non previste siano esaminate da "una Commissione mista nominata dal Patriarcato ecumenico". Si tratta in realtà di un riferimento al testo del Tomos, secondo cui "per la risoluzione di importanti questioni di natura ecclesiastica, dogmatica e canonica, sua Beatitudine il Metropolita di miev e di tutta l'Ucraina, a nome del Santo Sinodo della sua Chiesa, dovrebbe appellarsi al nostro Santissimo ed Ecumenico Trono Patriarcale" .

Potete immaginare che in una Chiesa del tutto indipendente le questioni non previste dal suo Statuto siano esaminate da una commissione nominata da un'altra Chiesa?"

Anche il punto 4 delle "disposizioni generali" fa riferimento alle disposizioni del Tomos. Si afferma che solo i cristiani ortodossi residenti in Ucraina possono essere membri della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Al di fuori dei suoi confini, "i cristiani ortodossi di origine ucraina nella diaspora ortodossa ricevono ora la cura pastorale dei vescovi eparchiali del Patriarcato ecumenico".

Ricordiamo la formulazione del Tomos: "La Santa Chiesa dell'Ucraina... non può nominare vescovi né istituire parrocchie fuori dello Stato; quelle già esistenti sono ormai soggette, secondo l'ordine, al Trono ecumenico, che ha autorità canonica nella diaspora, perché la giurisdizione di questa Chiesa è limitata al territorio dello Stato ucraino".

Questo non è un po' umiliante per una "Chiesa indipendente autocefala"?

La successiva conferma della dipendenza della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" dal Patriarcato di Costantinopoli si trova nella sezione che descrive i poteri del Concilio episcopale della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Nel primo punto si afferma che il Concilio dei vescovi "deve curare l'unità con il Patriarcato ecumenico e le altre Chiese ortodosse autocefale" .

Problemi maggiori

Il Tomos afferma che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è obbligata a sottoporre tutte le questioni importanti al Patriarcato ecumenico, cioè non può deciderle autonomamente. Dovrebbe essere chiaro che la determinazione di quali questioni specifiche rientrano nella categoria "importanti" non spetta alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ma al Patriarcato ecumenico di Costantinopoli.

Se il Patriarcato ecumenico lo desidera, può annullare qualsiasi decisione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" definendo la questione "importante". Ciò avverrà nel pieno rispetto dello Statuto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", che attribuisce la supremazia al Tomos.

Inoltre, un'altra disposizione dello Statuto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" stabilisce che eventuali modifiche allo stesso sono possibili "esclusivamente nello spirito del Tomos".

La terza disposizione del mandato del Concilio dei vescovi approfondisce l'obbligo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" di appellarsi al Fanar per la risoluzione di questioni importanti. È formulata come segue: "Sulle questioni più importanti che richiedono discussioni e azioni congiunte per un migliore sostegno alla Chiesa ortodossa, il Santo Concilio dei vescovi in Ucraina fa appello al patriarca ecumenico, che presta volentieri assistenza e annuncia la decisione necessaria per il Santo Concilio dei vescovi della Chiesa dell'Ucraina". In altre parole, si afferma esplicitamente che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non si consulta con il Patriarcato ecumenico e non chiede il suo parere, che potrebbe poi essere preso in considerazione o ignorato. Si precisa che il patriarca di Costantinopoli annuncia alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" la sua decisione già presa.

Stavropegia

La quarta disposizione delle competenze del Concilio dei vescovi riguarda la stavropegia del Patriarca ecumenico in Ucraina: "La decisione delle questioni riguardanti la redazione e l'approvazione delle regole interne della stavropegia patriarcale spetta esclusivamente ed unicamente al patriarca ecumenico".

Esiste una pratica abbastanza comune quando una Chiesa ha parrocchie e persino monasteri sul territorio di un'altra Chiesa e, di conseguenza, li gestisce a sua discrezione. Ma tali strutture si chiamano "metochia" e non possono aprire e operare senza il consenso della Chiesa locale sul cui territorio si trovano. Si tratta qui di stavropegia, cioè di strutture che il primate sottrae alla sfera di amministrazione del vescovo locale e le subordina direttamente a sé. La loro esistenza è una conferma che il patriarca di Costantinopoli è in realtà il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e ha il diritto di gestire la sua stavropegia sul territorio dell'Ucraina.

Oggi, il Fanar ha solo una stavropegia: la chiesa di sant'Andrea a Kiev; tuttavia, secondo i resoconti dei media, secondo gli accordi raggiunti nel 2018 tra il patriarca Bartolomeo e l'allora presidente ucraino Poroshenko, al Fanar dovevano essere donati circa 20 dei monumenti più significativi dal punto di vista storico dell'Ucraina: monasteri e chiese.

Crisma e canonizzazione dei santi

La corrispondente disposizione sui poteri del Concilio episcopale della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" recita quanto segue: "Si prende cura di ricevere il santo crisma dalla Chiesa Madre di Costantinopoli. Inoltre, canonizza i santi per la Chiesa ortodossa dell'Ucraina e prepara proposte per l'introduzione di nuovi santi nel calendario liturgico generale, presentandoli al giudizio e all'approvazione della Grande Chiesa di Cristo secondo la lunga tradizione della Chiesa ortodossa orientale".

"La Grande Chiesa di Cristo" è un'altra autodesignazione del Patriarcato di Costantinopoli, intesa a sottolinearne l'universalità e la singolarità, e se presa alla lettera, suggerisce la sostituzione dell'intera Chiesa di Cristo con se stessa.

Ricevere il santo crisma da un'altra Chiesa non è considerato un segno obbligatorio di subordinazione, ma ll sua produzione indipendente significa un'autentica indipendenza, basata su considerazioni puramente pratiche. Come è noto, lo Spirito Santo discende sui neobattezzati mediante l'unzione con il crisma. Anticamente ciò avveniva mediante l'imposizione delle mani degli apostoli e poi dei vescovi, ma fu presto sostituita dalla pratica che esiste oggi. Ora, immaginiamo che la "Chiesa Madre" non dia il crisma. Cosa succede dopo? Dopo qualche tempo, le riserve del crisma già ottenuto si esauriscono e non c'è nulla che possa sostituirlo, interrompendo di conseguenza l'adempimento del sacramento del Battesimo. Così avveniva l'interdetto nella pratica del Medioevo.

Una situazione simile si verifica con la canonizzazione dei santi. Ogni Chiesa locale approva autonomamente la venerazione dei santi. Non c'è ordine che la venerazione dei santi canonizzati dal Patriarcato ecumenico diventi obbligatoria per tutti. Anche l'obbligo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" di seguire l'esempio del Patriarcato di Costantinopoli in questo senso indica indirettamente una dipendenza da esso.

Il diritto di ricorso

La sezione corrispondente dello Statuto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è esplicitamente intitolata "Ricorso (Ἔκκλητον)". Si precisa: "Un chierico di qualsiasi grado, condannato in via definitiva dalla sua autorità ecclesiastica a qualsiasi pena, può esercitare il diritto di appello al Patriarca ecumenico, conformemente ai sacri canoni (9 e 17 del IV Concilio ecumenico) e alla prassi consolidata della Chiesa".

La disposizione dello Statuto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" relativa ai ricorsi attesta direttamente la sua subordinazione al Patriarcato di Costantinopoli.

Se leggiamo le norme specificate in questa sezione, che si riferiscono al quarto Concilio ecumenico, vedremo che esse identificano effettivamente nel patriarca di Costantinopoli la massima autorità d'appello. Tuttavia tutti i commentatori di queste regole, soprattutto quelle antiche, sottolineano che ciò vale solo per la Chiesa locale costantinopolitana e per nessun'altra.

Per esempio, l'interpretazione di Zonaras (XII secolo) è la seguente: "Ma il patriarca di Costantinopoli non è nominato giudice su tutti i metropoliti senza eccezione, ma solo su quelli che gli sono subordinati. Egli infatti non può costringere i metropoliti di Siria, o di Palestina e Fenicia, o d'Egitto a comparire davanti alla sua corte contro la loro volontà. I metropoliti di Siria sono soggetti al giudizio del patriarca di Antiochia, e quelli palestinesi al giudizio del patriarca di Gerusalemme, mentre quelli egiziani devono essere giudicati dal patriarca d'Alessandria, dal quale ricevono l'ordinazione e al quale sono specificatamente soggetti".

In generale, questi canoni del quarto Concilio ecumenico mirano a impedire ai chierici di litigare tra loro nei tribunali secolari piuttosto che ad affermare l'autorità del patriarca di Costantinopoli. A questo scopo fanno riferimento al sistema di giurisdizione esistente all'interno della Chiesa locale.

Il Canone 17 stabilisce inoltre un periodo di 30 anni, trascorso il quale i cambiamenti nei confini delle diocesi diventano inalterabili, escludendo ogni possibilità di controversia. Se si applica l'analogia giuridica a questo canone, esso vieta al Patriarcato di Costantinopoli di chiedere il ritorno della metropolia di Kiev dopo la sua inclusione di 300 anni nel Patriarcato di Mosca. Ciò indica quindi l'illegittimità della creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e dell'intera iniziativa in generale.

Conclusione

Riassumendo quanto sopra, si può affermare che i seguenti punti indicano la subordinazione della Chiesa ortodossa ucraina al Patriarcato di Costantinopoli:

  • La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è collegata all'Ortodossia attraverso il Patriarcato di Costantinopoli;

  • Il Tomos del Patriarcato di Costantinopoli ha la supremazia sullo Statuto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina";

  • Le questioni non coperte dallo Statuto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sono risolte da una Commissione nominata dal Patriarcato di Costantinopoli;

  • La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha il diritto di prendersi cura spirituale degli ucraini solo all'interno del paese. Al di là dei suoi confini, se ne fa carico il Patriarcato di Costantinopoli;

  • La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è obbligata a chiedere la risoluzione di questioni importanti al Patriarcato di Costantinopoli, e queste decisioni sono prese in modo indipendente dal Patriarcato di Costantinopoli e annunciate alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina";

  • Il Patriarcato di Costantinopoli ha la sua stavropegia nel territorio dell'Ucraina;

  • La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" riceve il santo crisma dal Patriarcato di Costantinopoli;

  • Il Patriarca di Costantinopoli è l'autorità giudiziaria finale per la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il che significa che può annullare qualsiasi sua decisione riguardante qualsiasi chierico.

In conclusione, sulla base di un esame religioso dello Statuto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", si può concludere che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non è semplicemente "canonicamente collegata" al Patriarcato di Costantinopoli ma è direttamente subordinata ad esso. Questa conclusione è tratta esclusivamente dal testo dello Statuto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Se si considera il Tomos del 6 gennaio 2019, questa subordinazione viene affermata ancora più esplicitamente. Inoltre, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non può essere pienamente definita autocefala, considerando tutte le limitazioni sopra menzionate alle sue attività.

Certamente, in caso di conflitto con la Turchia, non si può seriamente sostenere che l'apparente subordinazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" al Patriarcato di Costantinopoli possa avere un impatto sulla sicurezza nazionale dell'Ucraina. Allo stesso modo, non possiamo seriamente affermare che la formulazione della Lettera della Chiesa ortodossa ucraina del Patriarca Alessio possa minare questa sicurezza. Lo Stato deve vietare completamente la minima menzione dei legami tra le denominazioni ucraine e qualsiasi centro straniero, oppure rispettare la Costituzione e smettere di reprimere i propri cittadini.

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