Rubrica

 

Informații despre parohia în alte limbi

Mirrors.php?locale=ro&cat_id=28&id=205  Mirrors.php?locale=ro&cat_id=28&id=602  Mirrors.php?locale=ro&cat_id=28&id=646  Mirrors.php?locale=ro&cat_id=28&id=647  Mirrors.php?locale=ro&cat_id=28&id=4898 
Mirrors.php?locale=ro&cat_id=28&id=2779  Mirrors.php?locale=ro&cat_id=28&id=204  Mirrors.php?locale=ro&cat_id=28&id=206  Mirrors.php?locale=ro&cat_id=28&id=207  Mirrors.php?locale=ro&cat_id=28&id=208 
Mirrors.php?locale=ro&cat_id=28&id=3944  Mirrors.php?locale=ro&cat_id=28&id=7999  Mirrors.php?locale=ro&cat_id=28&id=8801  Mirrors.php?locale=ro&cat_id=28&id=9731  Mirrors.php?locale=ro&cat_id=28&id=9782 
Mirrors.php?locale=ro&cat_id=28&id=11631         
 

Calendar Ortodox

   

Școala duminicală din parohia

   

Căutare

 

In evidenza

04/10/2023  Scoperte, innovazioni e invenzioni russe  
14/03/2020  I consigli di un monaco per chi è bloccato in casa  
11/11/2018  Cronologia della crisi ucraina (aggiornamento: 3 febbraio 2021)  
30/01/2016  I vescovi ortodossi con giurisdizione sull'Italia (aggiornamento: 21 dicembre 2022)  
02/07/2015  Come imparare a distinguere le icone eterodosse  
19/04/2015  Viaggio tra le iconostasi ortodosse in Italia  
17/03/2013  UNA GUIDA ALL'USO DEL SITO (aggiornamento: aprile 2015)  
21/02/2013  Funerali e commemorazioni dei defunti  
10/11/2012  Naşii de botez şi rolul lor în viaţa finului  
31/08/2012  I nostri iconografi: Iurie Braşoveanu  
31/08/2012  I nostri iconografi: Ovidiu Boc  
07/06/2012  I nomi di battesimo nella Chiesa ortodossa  
01/06/2012  Indicazioni per una Veglia di Tutta la Notte  
31/05/2012  La Veglia di Tutta la Notte  
28/05/2012  Pregătirea pentru Taina Cununiei în Biserica Ortodoxă  
08/05/2012  La Divina Liturgia con note di servizio  
29/04/2012  Pregătirea pentru Taina Sfîntului Botez în Biserica Ortodoxă
 
11/04/2012  CHIESE ORTODOSSE E ORIENTALI A TORINO  
 



Pagina principală  >  Documente  >  Sezione 4
  "Fammi posto su quella nuvola"

di padre Lawrence Farley

Orthochristian.com, 27 febbraio 2019

Clicca per SCARICARE il documento come PDF file  
Răspândește:

foto: apikabu.ru

La nostra società secolarizzata sembra credere che, se esiste un aldilà, questo è uniformemente piacevole, e che con la possibile eccezione di assassini di massa, nazisti, molestatori di bambini e pochi altri che commettono azioni mostruose, tutti vanno in paradiso dopo la morte. Il termine tecnico e teologico per questa felice visione dell'aldilà è "universalismo", ma è dubbio che la maggior parte delle persone vi dedichi abbastanza pensiero affinché questo si qualifichi come un punto di vista teologico. Sembra essere presente nella nostra cultura come un semplice assioma, un presupposto privo di riflessione. Ma è naturale che tutti vadano in paradiso quando muoiono: dove potebbero andare altrimenti? Credere in un inferno è completamente sparito dalla nostra cultura, probabilmente più o meno nello stesso tempo in cui è sparito il nostro senso del peccato. L'inferno non esiste più di quanto non esista il diavolo. Naturalmente, i fondamentalisti credono in queste superstizioni primitive e barbare, che sono vestigia dei secoli bui, strumenti che il clero malvagio usava per mantenere la gente in schiavitù. Ma nessuno ci crede più. Quindi, non essendoci un inferno, ovviamente tutti vanno in paradiso.

Un rapporto di minoranza suggerisce la reincarnazione come destino post-mortem, ma l'idea è troppo esotica per la maggior parte di noi e lascia troppe domande senza risposta: torniamo come persone nella prossima vita? Come animali? Come zanzare? Attenzione quindi a non schiacciare lo zio Pino! C'è meno conforto nella nozione di reincarnazione; la sua utilità sociale di solito è limitata al divertimento di immaginare cosa eravamo in una vita precedente, non dove potremmo finire nella prossima. A parità di condizioni, è più facile stare nell'Occidente culturale piuttosto che emigrare verso l'Oriente culturale, e limitarsi credere che tutti vadano in paradiso.

Vediamo questi assiomi felici entrare in gioco ogni volta che muore una celebrità. I social media sono immediatamente pieni di pensieri sulla celebrità defunta che passeggia nel paradiso. Abbiamo anche visto questa supposizione in alcune canzoni popolari: "Se c'è un paradiso del rock and roll, sai che incredibile band che avranno", in cui si dice che la band includa rocker famosi come Janis Joplin e Jimi Hendrix, qualunque fosse la loro fede (o mancanza di fede) mentre erano vivi. Per quanto riguarda i desideri della loro eterna beatitudine, ovviamente tali idee sono innocue e persino lodevoli. Chi non vorrebbe che fossero salvati? E poiché non possiamo essere sicuri che non saranno salvati, possiamo, se siamo inclini, includerli nelle nostre preghiere (come io faccio regolarmente per Marilyn Monroe). Ma nella nostra cultura la nozione della loro felicità post-mortem non è solo un desiderio; è un'assioma. L'idea che la celebrità deceduta o la persona amata non sia effettivamente in paradiso non si presenta mai a nessuno.

Tara Condell

E a volte l'ipotesi che tutti vadano in paradiso quando muoiono può avere risultati tragici. Prendiamo come esempio il recente suicidio di una giovane dietista newyorkese, Tara Condell (nella foto sopra). Questa cara giovane donna si è suicidata all'età di 27 anni. Come ha detto nella sua nota di suicidio, l'unica ragione per cui si è uccisa è stata "Mi sono sentita spesso distaccata mentre ero in una stanza piena della mia gente preferita; inoltre non ho provato assolutamente nulla durante quelli che avrebbero dovuto essere i periodi più felici e più oscuri della mia vita... Ho accettato che la speranza non sia altro che una delusione futura, e sono semplicemente stanca di sentirmi stanca".

Questa mi sembra una ragione stranamente insufficiente per un'auto-immolazione. Sentiva che non era felice e pensava che quando sarebbe morta avrebbe trovato la felicità che non era in grado di trovare nella vita. Così la sua nota di suicidio si concludeva con le parole: "Egoisticamente, è ora che io sia felice... Sto tornando a casa, papà. Fammi un po' di posto su quella nuvola e mettimi un disco".

Cioè, Tara Condell pensava che quando fosse morta si sarebbe ritrovata in paradiso su una nuvola con suo padre, in grado di ascoltare la musica che entrambi amavano. Forse il dolore che il suo suicidio avrebbe causato a sua madre e agli amici era adeguatamente considerato nelle ultime parole del suo biglietto: "Mi dispiace, mamma". Che sua madre abbia trovato adeguata tale risposta, possiamo dubitarne. E comunque, da una prospettiva cristiana, la responsabilità ultima di Tara non era verso sua madre, ma verso Dio, che le aveva dato la vita attraverso l'azione fisica di sua madre e di suo padre.

La tragedia che il suicidio di Tara rappresenta sottolinea l'assioma non provato che tutte le morti finiscano con la felicità celeste per i defunti che trovano il loro posto su una nuvola insieme a quelli che li hanno preceduti. Quanto meno questa speranza rimane non dimostrata. Le Scritture dell'Antico Testamento non offrono tale speranza (ho fatto un'indagine sul materiale veterotestamentario nei miei libri Unquenchable Fire e Shades of Sheol). Anche il Nuovo Testamento non offre alcun sostegno all'idea che chiunque muore raggiunga in qualche modo immediatamente la beatitudine eterna. La parabola di Lazzaro e dell'uomo ricco raccontata dal nostro Signore in Luca 16 suggerisce piuttosto che lo stato dopo la morte corrisponde alle scelte fatte durante questa vita. Nulla nella Bibbia offre la certezza che tutti trovino la beatitudine chiudendo gli occhi con la morte, indipendentemente dal fatto che abbiano vissuto o meno una vita di fede obbediente. La speranza che "tutti i cani vanno in paradiso" viene dalla Disney e dai loro amici, non dalla Bibbia.

Il suicidio mette sempre in crisi un'analisi facile. Non si può affermare che tutti quelli che si tolgono la vita siano dannati. Ma allo stesso modo non si può affermare che chiunque si toglie la vita sarà salvato e troverà felicità su una nuvola celeste con accesso alla propria musica preferita. Il venerabile "canone contro l'auto-massacro", citato da Amleto, rende tale linea d'azione almeno discutibile e pericolosa. Un approccio più sensato sarebbe riconoscere la vita come un dono di valore incalcolabile e resistere alla tentazione di auto-massacrarsi.

Di fatto non tutti i cani vanno in paradiso. Coloro che scelgono di sfidare questo venerabile canone e di porre fine alla propria vita potrebbero non essere sempre dannati. Il destino eterno degli uomini si trova solo presso Dio, e presupporre il destino eterno di quelli che si tolgono la vita serve a poco. Ma la grandezza del dono della vita che Dio ci ha dato dovrebbe almeno far trattenere la mano del suicida. L'assenza di sentimenti durante i momenti più felici o più bui della propria vita non è una ragione per togliersi la vita. Piuttosto è una ragione per cercare il Signore che ha dato il dono della vita in primo luogo. Il proprio posto tra le nuvole non è automatico. Viene come risultato della fede in Dio e del sangue di Cristo.

Răspândește:
Pagina principală  >  Documente  >  Sezione 4