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  Domande e risposte - anno 2010

Angolo di dialogo curato dal nostro parroco, padre Ambrogio

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Domanda

Caro padre Ambrogio,

delle preghiere in comune per l'unità, cosa ne dice? Forse mi sbaglio, ma ad esempio, in piena epoca ariana, io non so di "preghiere comuni" tra ariani e Vescovi Ortodossi; anzi, questi non erano in comunione con gli eretici (anche se a volte, a causa dell'Imperatore avevano firmato anche loro vari documenti ariani)! Al primo Sinodo Ecumenico, Ario è stato messo sotto anatema, e pure schiaffeggiato da San Nicola!

Gli ecumenisti cosa direbbero di questo gesto? "Fanatico"... E invece non è così!

I Canoni della Chiesa dicono di non pregare con gli eretici... e invece, cosa accade? Il contrario!

Gli Apostoli e i Santi Padri pregavano con gli "sciamani" e le altre religioni come è successo ad Assisi nell'86? Non credo...

A., 14 aprile 2010

Risposta

Caro A.,

prima di scagliarci contro qualcuno, bisogna almeno conoscerlo. Ario diceva cose molto pericolose per la fede, ma gli fu data ogni possibilità di spiegarsi e di discolparsi (lo schiaffo di San Nicola fu solo un incidente di percorso). Solo quando alla fine rimase indurito nel suo errore si arrivò all'anatema. Ora, non mi sembra che noi oggi seguiamo questo modello. Noi non sentiamo (e NON VOGLIAMO SENTIRE, cosa ancora più grave) le altre voci, ma facciamo dire loro esattamente quello che vogliamo... poi le condanniamo in base a quello che abbiamo detto di loro. E' molto facile comportarsi in questo modo, ma purtroppo è indice di una fallacia logica: il ragionamento circolare. Si crea un problema inesistente per attaccarlo con argomentazioni logiche che non hanno alcun contatto con i fatti oggettivi. Facendo così però violentiamo la verità, e non possiamo dire di seguire Cristo: "la verità vi farà liberi" (Gv 8,32)
 
Anche
nella questione delle "preghiere per l'unità" vedo pericolose derive verso una totale incomprensione. Io cerco di tenermene lontano, ma non perché siano la stessa cosa delle preghiere comuni tra ariani e ortodossi nel quarto secolo. Me ne tengo lontano per un'altra ragione: perché dalle stesse preghiere cristiani differenti credono di ottenere cose differenti. Se fossimo tutti d'accordo che sono semplici espressioni di un legittimo desiderio di ricostruire un'unità tra cristiani separati da molti secoli, questo sarebbe abbastanza accettabile. Per molti protestanti (e purtroppo anche per alcuni cattolici disinformati) queste preghiere sono l'espressione di un'unità già ricostruita (senza una base di fede comune). Se uno vuole pensare così non posso impedirglielo, ma non posso dare il mio assenso a questo modo di credere in una Chiesa fondata su qualcosa di diverso dalla fede apostolica, e per questo non vi partecipo. Non giudico però gli ortodossi che vogliono parteciparvi, perché il loro atteggiamento è quello di persone che vedono in queste preghiere un mezzo, e non un fine.
 
Ad Assisi non ci sono state preghiere comuni con gli sciamani... questo è un mito. Ognuno, a seconda della sua fede o religione, ha avuto
il proprio posto separato per pregare secondo la sua fede e tradizione. Gli unici che potrebbero arrabbiarsi sono i cattolici che hanno visto persone di fedi non cristiane fare le loro preghiere in chiese cattoliche... ma si deve dire che sono stati loro stessi a offrire in primo luogo quelle chiese come luoghi di culto. Gli atti simbolici che si fanno nei momenti comuni di questi incontri (tipo accendere ciascuno una candela per la pace nel mondo) sono gesti così privi di contenuto di fede religiosa da non meritare neppure una considerazione... tanto varrebbe dire di non accendere un braciere all'inizio delle Olimpiadi, o di non osservare un momento di silenzio in memoria di un defunto in un incontro internazionale. Se vogliamo stare lontani da queste cose, nessun problema... ma non facciamolo per timore del tradimento della nostra fede cristiana.

igumeno Ambrogio

Domanda

Ho visitato questa mattina il sito web della parrocchia ortodossa. Sono rimasto sorpreso da alcuni punti: il primo riguarda che la comunione durante la Divina Liturgia non è possibile prenderla per coloro che non sono ortodossi. Ciò vuol dire che io che sono cattolico non posso accostarmi.

Il secondo punto, riguarda il matrimonio dei cattolici che la chiesa ortodossa non riconosce.

Chi scrive è cattolico e prego per l'unità dei cristiani. Fino al 1054 esisteva un'unica Chiesa. Vorrei capire come mai tra cristiani si arriva a negare la comunione a un cattolico?

Io rispetto la chiesa ortodossa e non nascondo di nutrire un serio rispetto.Per la sua storia, le sue tradizioni e tutto il resto. Ma a volte è troppo intransigente. Credo che anche con i francescani, custodi della terra santa, a volte ci sono state frizioni.

Gradirei una sua cortese risposta.

Le auguro ogni bene in Gesù

M., 22 aprile 2010

Risposta

Caro M.,
 
grazie per il suo messaggio; vediamo se riesco a darle qualche chiarimento.

Nel nostro sito parrocchiale non c'è scritto che la chiesa ortodossa non riconosce il matrimonio dei cattolici... la questione è più complessa e riguarda che cosa si ritiene essere fondante per un matrimonio sacramentale. Qui è evidente che ci sono due differenti concezioni, entrambe serie e ragionate in base a precedenti biblici, ma anche fondate su premesse che con il tempo sono diventate molto distanti tra loro. Il problema non è "riconoscere" i matrimoni come se si dovessero omologare titoli universitari di diversi paesi, ma piuttosto arrivare a capire cosa si intende per matrimonio, altrimenti può ben darsi che si arrivi a celebrare in una chiesa dei tipi di matrimoni che l'altra ritiene senza fondamento, e viceversa.

Un discorso analogo si può fare per la comunione, che è prima di tutto, per gli ortodossi, espressione di ESSERE "in comunione" con la Chiesa, professandone la stessa fede (niente di più, e niente di meno), e impegnandosi a sostenerne i principi di fede e di dottrina.

Credere in cose "più o meno" simili, o perfino impegnarsi a pregare per l'unità dei cristiani, non è considerato un elemento di comunione di fede. Della Chiesa o si è figli (stando alle regole che la madre detta per i figli), oppure non lo si è. Non ha senso dire di essere "molto vicini" allo stato di un figlio e pretendere di essere trattati come figli. Anche lei - se ha figli - darà le chiavi di casa ai suoi figli, ma non le verrà neppure in mente di darle ai figli dei vicini, anche se sono bravi ragazzi e magari tanto ben educati quanto i suoi figli.

L'affermazione "fino al 1054 esisteva un'unica Chiesa" è insostenibile sia da parte di un cattolico che di un ortodosso. Tanto varrebbe affermare: "dal 1054 in poi non esiste più un'unica Chiesa". Qualcuno potrebbe potrebbe anche sostenere che è così... ma poi, come la mettiamo con il Credo in cui affermiamo la fede nella Chiesa UNA?

Un augurio in Cristo,

igumeno Ambrogio

Domanda

Salve padre Ambrogio,

mi premerebbe domandarle una cosa padre: cosa succede a colui che "pecca contro lo Spirito Santo"? secondo la visione ortodossa quali saranno le sue condizioni postume, dopo la morte fisica e dopo la "fine dei tempi"?

L'ortodossia crede ancora nella teoria dell'"apocatastasi" , ovvero del ritorno di tutti a Dio alla fine dei tempi ? e quindi anche di un eventuale peccatore contro lo Spirito?

La ringrazio molto per la disponibilità.

Saluti in Cristo,

G., 24 aprile 2010

Risposta

Cara G.,

Non ti nascondo che la questione del peccato contro lo Spirito Santo è una delle più oscure di tutto il panorama teologico, e le spiegazioni che ne sono state date sono spesso insufficienti. Di fatto sappiamo che Gesù ha detto (in Mt 12) che ci sono peccati perdonabili (i più) e peccati imperdonabili, e ha usato per i secondi la categoria di peccati contro lo Spirito Santo. Il guaio è che poi non li ha definiti chiaramente...

Vediamo cosa si può dire, senza preoccuparsi che ci sia una "visione ortodossa" ufficializzata, dato che la questione è nebulosa in qualsiasi approccio cristiano:

- Una semplice infrazione (per quanto grave) nei confronti della terza persona della Trinità non sembra riconducibile alle parole di Gesù. Non si vede perché un'imprecazione contro il nome dello Spirito Santo debba essere oggettivamente più grave di quella contro il nome del Figlio, o contro il nome dello stesso Padre...

- Se consideriamo lo Spirito Santo come la persona trinitaria che abita permantemente in noi, possiamo ipotizzare che Gesù veda un peccato (fino a un certo punto perdonabile) di non accettare un messaggio dato una volta, e uno (senza uscita) di rifiutare in permanenza l'azione divina in noi.

- Una possibilità (pur tragica) di "rifiuto della salvezza" dovrebbe essere una garanzia della nostra libertà, perché se non potessimo rifiutarla, allora non sarebbe un dono, ma un'imposizione, una costrizione indegna di una creatura libera. Per questo la teologia cattolica ha provato a formulare categorie, generalistiche e un po' inadeguate per descrivere il peccato contro lo Spirito santo: tutte però sono riconducibili a questo motivo conduttore di una scelta libera di rifiuto della proposta di Dio.

- Un'altra considerazione si può fare a partire dalla nostra coscienza. C'è una bella differenza tra la nostra tendenza a oscurare la voce della coscienza con sofismi, cercando giustificazioni e scappatoie, ingannandoci nel vedere un male come qualcosa di necessario o di inevitabile... e invece una scelta ponderata e cosciente del male, come se il male fosse il nostro bene.

Nel primo caso la coscienza sarebbe ingannata (indebolita), nel secondo apertamente violata (e potenzialmente distrutta). Questo secondo caso ricorda la condizione del peccato imperdonabile: chi vede spegnersi la voce di Dio ne rimane privo, e questa credo che sia già una punizione abbastanza terribile.

L'apocatastasi è una soluzione facile (forse fin troppo) a un problema complesso, basata sull'apparente sperequazione tra una colpa limitata e una punizione illimitata.

Se vogliamo sperare nella salvezza finale di tutti, nessuno ce lo impedisce, ma la Chiesa non può farne un articolo della propria fede. Sarebbe come condannare Dio a salvare per forza tutti (anche quelli che vorrebbero rifiutare la salvezza), trasformando così le creature di Dio in automi privi di libertà.

Spero che queste spiegazioni ti possano essere di aiuto.

Un caro augurio in Cristo,

igumeno Ambrogio

Domanda

Caro padre Ambrogio,

devo partecipare a un incontro e parlare del tema dei giovani e della fede; in particolare, perché i giovani abbandonano la fede dei loro padri. Che cosa posso dire?

S., 13 luglio 2010

Risposta

Caro S.,

ecco come io imposterei il discorso.

Una recente indagine tra i giovani italiani ha evidenziato come oltre la metà degli intervistati non si identifica (o non si identifica più) con la fede cattolica. In un paese che ha la stragrande maggioranza di cittadini battezzati nella Chiesa cattolica, e che ha uno dei più alti tassi di pratica religiosa tra i paesi europei occidentali, il dato è preoccupante.

Partendo dalla mia esperienza di parroco di una chiesa ortodossa in Italia, posso valutare alcuni aspetti dell’affiliazione religiosa cristiana, sia tra i cittadini italiani che tra gli immigrati recenti. Proverò in base a questi dati a evidenziare i motivi del calo della fede tra i giovani.

Anche se sembra scontato iniziare a parlare di un calo della frequenza religiosa dovuto alla degenerazione dei costumi, è opportuno ricordare i cambiamenti epocali di costume degli ultimi secoli, cambiamenti che hanno visto un aumento esponenziale nell’ultima generazione (contatti globali, rimescolamenti etno-culturali, crisi nelle istituzioni religiose).

L’esperienza religiosa, nella storia umana, viene spesso dalla ricerca di risposte ai misteri della nostra esistenza. Eventuali tensioni si possono avere in presenza di risposte differenti (pluralismo religioso) o in periodi di crisi (mancanza di fiducia nelle risposte istituzionali). L’odierna civiltà dell’informazione è caratterizzata proprio dalla compresenza di un gran numero di risposte, magari sbagliate o superficiali, ma comunque presenti e frequenti. Per di più, l’accesso alle informazioni – soprattutto con le reti informatiche – permette di evitare il contatto diretto con un ambiente religioso formale e sociale, e offre a tutti la speranza (o l’illusione) di arrivare da soli alle verità che prima erano mediate dalle comunità dei credenti.

Al bisogno umano di relazioni costruttive risponde una grande disponibilità di informazioni, e non deve stupirci se un giovane (che magari sa a livello razionale molte più cose sulla religione di quanto uno dei suoi nonni poteva apprendere in una vita intera) non si sente di sottoporsi alla disciplina di lavoro interiore e perferzionamento morale che una tradizione religiosa più sperimentata può offrire. In questi casi l’unico elemento di collegamento rimane l’esempio personale: tra gli esempi di questo tipo, di fondamentale importanza è quello dei genitori.

I genitori che credono di trasmettere la propria fede ai figli con un generico “attaccamento alle proprie radici” hanno già perso in partenza. Oggi attorno a noi c’è un tale pluralismo di “radici” da soffocare chiunque, e finché una tradizione religiosa non è vista come un’ancora di salvezza non sarà altro che una delle tante curiosità della società contemporanea. Da parte dei figli ci si può aspettare un freddo distacco, magari unito a un senso di rispetto per una “debolezza” dei propri antenati.

Non hanno migliore fortuna i genitori che sperano in una trasmissione della fede attraverso l’insegnamento scolastico: la riduzione dell’esperienza religiosa a una materia scolastica come le altre (o come si può vedere, un po’ meno seria delle altre) genera più spesso disinteresse e abbandono, se i primi a non volere fare progressi nella materia non sono i genitori stessi.

I figli che hanno genitori seriamente praticanti hanno davanti agli occhi il migliore correttivo all’indifferenza generata dalla pluralità di risposte e dalla loro superficialità. Attraverso i legami familiari le dinamiche di apprendimento della religione riacquistano quella profondità che la scuola non riesce a dare, e i figli sono motivati ad approfondire qualcosa in cui vedono un valore autentico.

L’esperienza delle comunità di credenti (siano esse chiese, gruppi laicali, movimenti) è indubbiamente di grande aiuto, ma i giovani vi si accostano in genere perché portati per la prima volta dai genitori. Di nuovo, l’impegno religioso dei genitori è il primo modello che forma la vita di un credente. I genitori che per indifferenza (magari mascherata da permissivismo) aspettano che i figli “facciano le proprie scelte” non dovranno poi lamentarsi se le scelte dei figli saranno molto diverse da quelle che essi stessi si aspettavano, e magari più distruttive.

Per una trasmissione efficace della propria fede non sono indispensabili conoscenze particolari, né è richiesto un grado molto alto di impegno nella pratica religiosa. Tuttavia, l’esempio e il contatto personale devono essere sempre tenuti in grande conto. In particolare i cristiani, la cui fede si è diffusa in modo sorprendente attraverso l’annuncio di un messaggio e il coinvolgimento personale, dovrebbero rendersi conto del loro ruolo determinante nel tramandare la loro fede ai propri figli.

Domanda

(da una serie di domande allo staff del sito della nostra parrocchia madre a Milano)

Gentilissimo staff del sito,

Vi chiedo di scusarmi se Vi disturbo con la presente, ma avrei delle domande a cui credo solo voi possiate rispondere (purtroppo la mia conoscenza del russo non è profonda come vorrei, quindi non me la sono sentita di inviare questo messaggio a caselle di posta elettronica che usano quella lingua), devo ammettere che, pur essendo di opinioni  laiche, sono sempre affascinato dalla spiritualità bizantina, soprattutto dallo splendore della Liturgia, ma le mie domande non vertono tanto su questo aspetto, quanto su quello organizzativo-amministrativo, esse sono:

a) Ci sono (o ci sono mai stati) casi di parrocchie di rito latino dipendenti da Mosca?

b) La Liturgia per eventuali converiti è in russo (o slavo ecclesiastico) oppure nella lingua dei nuovi fedeli (nel caso dell'Italia dovrebbe essere la lingua di Dante), e in tal caso quale dovrebbe essere il testo da usare, magari una versione dei Sacri Testi redatti in una lingua  più arcaizzante?

c) Anche nelle parrocchie ortodosse (e non mi riferisco solo alla realtà italiana o della diaspora, parlo acnhe della Russia propriamente detta) vi sono gli oratori, dove magari vi sono attività ludico e/o sportive o comunque d'intrattentimento, specie per i più giovani?

d) Anche in Russia c'è l'equivalente dell'Avvenire, o organizzazioni che sostengono l'opera della Chiesa Ortodossa in vari ambiti della società (per esempio in Italia c'è la CISL, le ACLI, il Centro Sportivo Italiano ecc.) e se sì che ruolo hanno?

e) Come sono attualmente i rapporti con i vecchi-credenti (i cosiddetti "raskolniki"), so che c'è un dialogo in corso, ma si punta a riassorbirli nella Chiesa chiedendo loro di cambiare rito oppure si vuole lasciarli nelle loro costumanze però riconoscendo il primato del Patriarca, che comunque non dovrebbe essere ben visto perché è il successore di Nikon, colui che introdusse le riforme ellenizzanti nel rituale della Chiesa russa dell'epoca? Il Patriarcato ha mai preso in considerazione l'ipotesi di santificare (come gesto di distensione) l'arciprete Avvakum?

f) Ho saputo che il Patriarcato di Mosca e la ROCOR (la principale chiesa russa dell'esilio, che seguiva il vecchio calendario) si sono riconciliati, ma in cosa consiste l'autonomia della ROCOR, ammesso che ne abbia ancora?

g) Nella Liturgia Ortodossa c'è qualcosa di equivalente ai chierichetti? E le ragazze possono accedervi? Più in generale qual è il ruolo della donna nell'Ortodossia?

Sperando di non averVi disturbato troppo con queste domande vogliate accettare la più profonda espressione dei migliori sentimenti verso di Voi e l'opera che svolgete, che il Signore in cui credete Vi aiuti e Vi assista nel Vostro cammino.

Con Osservanza,

G.

Risposta

a) "rito latino" è una denominazione un po' ampia: include il rito romano, quello ambrosiano, resti di riti ormai estinti (cosiddetti gallicani) o ridotti al lumicino (mozarabico), e in senso lato anche il rito anglicano può essere considerato appartenente alla famiglia rituale latina. Ci sono state parrocchie (sotto Mosca e ROCOR) che hanno ripreso liturgie gallicane, e parrocchie ex-anglicane (in particolare sotto il patriarcato di Antiochia) che hanno mantenuto una variante del Book of Common Prayer. Va notato comunque che le dimensioni di queste parrocchie sono generalmente minimali.

b) non esiste una "Liturgia per eventuali convertiti": esiste la Liturgia per tutti. La lingua non è un problema di principio, ma solo di applicazione pratica e di convenienza di traduzione.

c) ci sono programmi per i giovani, e

d) ci sono organizzazioni di lavoratori,

ma bisogna tenere presente che in Russia hanno in genere meno di due decenni di vita, e ogni paragone con istituzioni secolari dell'Occidente cattolico è totalmente inappropriato.

e) il "dialogo" non ha alcunché in comune con quelli delle commissioni teologico-ecumeniche (anche inter-ortodosse, come quelle tra calcedoniani e non calcedoniani) perché non c'è alcuna divergenza teologica su cui dialogare. Il punto fondamentale è la questione della sopravvivenza del Vecchio Rito una volta che vengano meno i fattori di isolamento cultuale e culturale. Il pericolo sentito dai Vecchi Credenti è quello di essere travolti dalla maggioranza, e di estinguersi per assorbimento. Lasciare la libertà al Vecchio Rito è una politica intrapresa da quasi due secoli, ma la maggioranza delle comunità dei Vecchi Credenti è scettica su queste iniziative. La canonizzazione di Avvakum da parte del Patriarcato non aggiungerebbe in pratica niente a quello che i Vecchi Credenti "in comunione" hanno già da tempo.

f) La ROCOR ha una forte autonomia, completa dal punto di vista amministrativo; mantiene un proprio sinodo, e facoltà di elezione dei propri vescovi, che partecipano alle attività conciliari del patriarcato allo stesso modo con cui partecipano i vescovi di chiese autonome ed esarcati (Ucraina, Moldova, Bielorussia, Giappone) nell'ambito del patriarcato.

L'unica cosa che la ROCOR non ha è l'autocefalia, quindi la nomina del suo metropolita deve essere ratificata dal Patriarcato.

g) il servizio all'altare è aperto a tutti i fedeli secondo diverse tradizioni; nell'uso dei monasteri femminili sono le monache stesse a prestare alcuni di questi servizi, negli altri casi è uso consolidato chiamare al servizio all'altare solo fedeli di sesso maschile, anche se i vescovi possono autorizzare eccezioni: per esempio in un paio di casi negli ultimi due secoli si è reintegrato il servizio delle diaconesse in disuso da secoli.

Domanda

Gia da qualche tempo mi sono avvicinato molto alla spiritualità ortodossa, alle figure e insegnamenti dei suoi santi, fino ai suoi più grandi maestri spirituali, ai Padri della Chiesa e mistici  e staretz della Russia, del Monte Athos, della Romania, del  Sinai, agli insegnamenti riguardanti la preghiera del cuore, e proprio su questo intendo chiedere il vostro aiuto.  E' gia da qualche tempo che imploro al Signore luce e discernimento e soprattutto c'è una grazia che imploro in tutte le mie preghiere, che il Signore Gesù mi dia un "Padre Spirituale", uno "Staretz".
Prima di fare la scelta di passare all'ortodossia ho bisogno di parlare con un Maestro Spirituale, che mi aiuti a capire ciò che nel mio
cuore posso confondere e interpretare male.
Da quando ho approfondito la spiritualità ortodossa è come se avessi preso la via giusta; questa è la mia sensazione, aver preso la via
giusta, ma che per andare avanti, per procedere nella giusta direzione adesso occorre una guida indichi il percorso per non incorrere in qualche stortura o tranello nel nostro comune nemico.

S., 14 dicembre 1020

Risposta

Caro S.,

a parlare della ricerca di un padre spirituale, rischio di fare il cieco che guida altri ciechi, perché io stesso non ho uno "staretz" in un remoto monastero, ma un ben più prosaico padre confessore, padre Dimitri, che è parroco a Milano e che ha seguito tutto il mio iter di ingresso nell'Ortodossia, il cammino monastico e lo sviluppo pastorale della comunità parrocchiale torinese. Ovviamente una guida è indispensabile, ma spesso si pretende di fare il passo più lungo della gamba... un padre spirituale deve avere ben presente quello che il proprio figlio spirituale può fare davvero.

I padri spirituali - poniamo - di Optina, potevano essere ideali per i russi del XIX secolo (persino per Dostoevskij e per altri grandi letterati), perché parlavano la loro lingua, e perché i loro figli spirituali avevano ben chiara la loro collocazione ecclesiale. Se per paradosso noi fossimo proiettati nel tempo davanti a loro, oltre la difficoltà di capirci avremmo pure quella di mondi culturali piuttosto diversi. Che utilità può avere un grande padre spirituale se il figlio spirituale non è già inserito in un ambiente di fede in cui i consigli del padre possono trovare radici?

Ciò detto, non sono all'oscuro della presenza di persone che si potrebbero ben qualificare come padri spirituali ortodossi, e le potrebbero magari offrire quelle chiavi alla preghiera silenziosa che sta cercando. Credo che però vorrebbero come requisito una serie di scelte, passi e decisioni piuttosto simili a quelle che le ho appena indicato. Prima di lanciare un'automobile a grande velocità, bisognerebbe almeno sapere su che strada e in quale direzione sta andando...

Tenga presente che anche i più seri padri spirituali possono avere i loro problemi (questo è un aspetto che di solito è trascurato nella letteratura sulla paternità spirituale), e in un ambiente come l'Italia possono ben rifiutare di prendersi cura di un nuovo figlio spirituale, magari perché ne hanno troppi e sentono che non sarebbero in grado di aiutare un'altra persona come questa si merita.

Di solito il cammino monastico si sviluppa e si irrobustisce quando l'ambiente cristiano di base (parrocchie, missioni) è consolidato al punto da non offrire più quelle "vie di perfezione" che il monaco cerca nel suo cuore. Oggi si può dire che l'Ortodossia in Italia si trova in una fase pionieristica, di grande attenzione pastorale, un campo in cui ci sono messi abbondanti per tutti i lavoratori seri.

Non è ancora il momento per la "separazione delle vie" che di solito dà l'avvio ai monasteri: ne è testimone lo status modesto e difficoltoso nel quale versano le poche comunità di monaci e monache che esistono oggi tra gli ortodossi in Italia. Ciò non è in contraddizione con la forte anima monastica dell'Ortodossia: vedrà che quando le comunità parocchiali ortodosse si saranno sviluppate appieno, saranno divenute attive e socialmente rilevanti, e magari un po' "imborghesite", allora avremo una fioritura monastica di un certo interesse. Prima di quel momento, tuttavia, potrebbero passare una o due generazioni... con tutto questo non voglio certo scoraggiarla, ma ricordarle che lo Spirito di Dio ha sempre questa tendenza a soffiare dove vuole, con strade e motivi a noi largamente ignoti (ma in ultima analisi sempre a nostro favore), e spetta a noi cercare di capirne il moto e a cercare di seguirlo.

Suo in Cristo,

igumeno Ambrogio

 

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