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  Domenica 17 dicembre 2000 (29a dopo Pentecoste) La guarigione dei dieci lebbrosi (Luca 17:12-19)
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Nel nome del Padre, e del Figlio, e del santo Spirito.

Questa domenica è la Ventinovesima dopo la Pentecoste: è anche il giorno in cui commemoriamo alcuni dei più grandi santi della Siria cristiana: la Santa Grande Martire Barbara e la Santa Martire Giuliana di Eliopoli, e San Giovanni Damasceno (il coraggioso difensore delle Sante Icone, nonché autore di trattati sulla fede ortodossa e di molti inni che usiamo nel nostro culto, tra cui il celebre Canone di Pasqua).

La lettura principale del Vangelo ci racconta la guarigione dei dieci lebbrosi. Anche questo episodio, come quelli delle settimane precedenti, si presenta con un significato interiore e uno esteriore. Il significato interiore ci parla di che cosa sia la vera fede, e anche dell'infedeltà e dell'ingratitudine del popolo di Israele. Il significato esteriore ci parla della necessità della gratitudine, e di rendere un ringraziamento a Dio per ogni cosa (soprattutto i doni importanti, come una guarigione), e ci avverte che pochi si ricordano di rendere grazie.

Iniziamo dal senso esteriore, e chiediamoci che senso ha la gratitudine nella nostra vita. (Chissà perché, quando sentiamo che il Vangelo può essere letto in senso più profondo, tendiamo a dimenticarci subito del messaggio molto chiaro ed esplicito che abbiamo ricevuto alla prima lettura!)

Noi andiamo in chiesa per una varietà di ragioni, e a buon diritto per ringraziare Dio per quanto ci ha dato. Non a caso, chiamiamo "eucaristia" (dal greco efchì, preghiera e haris, grazia, ovvero "preghiera di ringraziamento"), l'atto centrale del nostro culto cristiano. Ma entriamo anche in un tempio a chiedere una quantità di altre funzioni: commemorazioni per i nostri cari defunti, benedizioni di persone e oggetti, preghiere per la riuscita di viaggi, studi, e quant'altro. Tuttavia, entriamo poco spesso a chiedere una funzione di ringraziamento per qualcosa di buono che abbiamo ottenuto con fedeltà e preghiere. "Ma si può?" mi chiederà qualcuno di voi. Certo, non solo si può, ma si dovrebbe. La chiesa russa ha un particolare officio di intercessione chiamato Molieben, con cui si può dedicare un ringraziamento particolare a Cristo, alla Deìpara o a uno o più Santi. In altre tradizioni ortodosse l'officio prende il nome di Paraclisi. Avete ottenuto un aiuto particolare dal cielo? Celebratelo con una preghiera opportuna! E non abbiate paura di sovraccaricare i preti con queste funzioni: al contrario, ogni officio di ringraziamento che farete celebrare sarà una testimonianza di fede ortodossa, nella quale dimostrate ai vostri fratelli che le preghiere hanno davvero efficacia. "Guarda un po' - diranno - se X fa celebrare la sua guarigione - o riuscita in un esame, o reperimento di un posto di lavoro, etc. - allora dovremmo pregare anche noi perché il Signore intervenga nelle nostre vite..."

I malati di questa parabola non chiedono una guarigione qualsiasi, ma una guarigione dalla lebbra. Questa era un malanno che comportava l'impurità rituale. Un lebbroso non poteva entrare nel Tempio, né avvicinarsi a un altro ebreo o toccarlo. Anche chi toccava un lebbroso era considerato impuro, finché non compiva varie cerimonie di purificazione prescritte dalla legge. Un lebbroso era un vero e proprio esule in mezzo al suo stesso popolo.

I lebbrosi gridano da lontano la loro richiesta di aiuto a Gesù. La loro impurità è immagine dei peccati che impediscono anche a noi di avvicinarci a Dio. E la lebbra è una metafora efficace dei nostri peccati, visto che chi è carico di peccati è certamente lontano da Dio. Ricordiamo altri personaggi che, gravati dalla malattia, sono costretti a seguire Cristo da lontano, gridando un appello di aiuto in mezzo a una folla che li opprime: si tratta dei due ciechi di cui si parla in Matteo 9:27.

Dopo avere visto i lebbrosi, il Signore li manda all'esame rituale presso i sacerdoti, seguendo in questo caso alla lettera la legge ebraica: la legge di Mosè richiedeva un controllo e un sacrificio espiatorio. Certamente, Egli fa così per non essere giudicato prima che il proprio tempo sia giunto, ma con questo ci indica anche che l'obbedienza può purificarci. Ai dieci lebbrosi è richiesto un atto di fede nelle parole del Signore: pensate un po' quale ragione potrebbero avere avuto questi uomini di andare dai sacerdoti mentre erano ancora pieni di lebbra! Anche coloro che non sono grati vengono guariti, perché comunque sono stati obbedienti: ottengono un beneficio, ma perdono la parte migliore della loro ricompensa.

Il lebbroso samaritano, a differenza degli altri, usa la testa (o forse dovremmo dire, usa il cuore). Mandato dai sacerdoti, guarisce sulla strada. Sa allora che per guarire del tutto, non ha che da presentarsi a un altro sacerdote, al vero, Sommo Sacerdote, gettandosi ai suoi piedi. E questo perché, usando la testa, sa di essere stato oggetto di un miracolo, e che Dio solo può fare miracoli. Oltre che guarito, viene anche illuminato.

Allo stesso modo, anche la nostra lebbra, o l'impurità dei nostri peccati, può essere facilmente cancellata: ci basta andare a chiedere perdono a un sacerdote, e il perdono ci viene dato, ora come ai tempi degli apostoli. Ma dobbiamo anche riconoscere da chi viene questo perdono, e andare a cercarlo, riconoscerlo, adorarlo, perché le sue energie possano cominciare a operare in noi. "Beati i puri di cuore, poiché loro vedranno Dio": gli impuri lo vedranno ma senza comprenderlo, verranno guariti da lui ma senza essere completamente guariti. Non potranno diventare, come fece il lebbroso riconoscente, dei canali della sua misericordia. È sintomatico che quest'uomo fosse un samaritano, membro di un popolo che offriva a Dio un culto eretico e frammisto di paganesimo. Negli altri nove lebbrosi è raffigurato profeticamente il rifiuto del popolo di Israele. Il lebbroso samaritano, che come la sua connazionale Santa Fotina (la samaritana del racconto di Giovanni 4:5-42) diventa un vero annunciatore del Signore, è l'immagine delle nazioni che progressivamente entrano in comunione con Dio.

La guarigione completa del lebbroso, secondo le parole stesse del Signore, è dovuta alla sua fede: non solo l'obbedienza, ma anche la comprensione e l'amore gli fanno recuperare la sua vera integrità. Ecco come dovremo vivere anche noi. La fede non è composta solo dalle cose in cui crediamo. La fede è come viviamo: è essere così ricolmi di Dio da riconoscerlo, e da sapere rispondere con prontezza al suo richiamo.

Cerchiamo anche noi, con perseveranza e amore, di ottenere la misericordia del Signore, e che questa ci illumini e ci guarisca completamente da tutte le nostre impurità.

Amen.  

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