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  Domenica 5 febbraio 2012 - Domenica del pubblicano e del fariseo (Luca 18:10-14)
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Nel nome del Padre, e del Figlio, e del santo Spirito.

La “Domenica del Fariseo e del Pubblicano” è il giorno in cui inizia il periodo di preparazione alla Pasqua: tre settimane preliminari un po’ speciali, e poi tutta la Grande Quaresima.

Il libro in cui sono contenute le officiature di questo periodo è chiamato Triòdio (o in russo Триодь Постная, ovvero Triodio Quaresimale). Le prime parole del Triodio, che tutti i presenti al Vespro di ieri sera hanno sentito, sono un concentrato dell’insegnamento di questa domenica:

“Non preghiamo, fratelli, al modo del fariseo: perché chi si esalta sarà umiliato. Umiliamoci davanti a Dio, gridando durante il digiuno come il pubblicano: sii propizio, o Dio, a noi peccatori.”

La lezione del Vangelo di oggi è molto importante, così importante che la Chiesa ha voluto mettercela davanti come prima lezione nel cammino spirituale. Ci attendono periodi di preghiera intensa; ci attendono settimane di digiuno; ci attendono molti gesti di pietà cristiana, che hanno lo scopo di rafforzare il nostro animo e di tenerci lontani dal peccato. Ma tutto questo è inutile, se nel nostro cuore ci giudichiamo migliori degli altri.

A differenza del vangelo di domenica scorsa, che parlava di Zaccheo, un pubblicano vero, questa domenica il pubblicano non ha un nome, è un personaggio di una storia che il Signore racconta per insegnarci. Ma proprio perché non è un personaggio reale, si adatta bene a ognuno di noi.

Il fariseo è quello che chiameremmo una persona per bene, il suo elenco di pratiche di pietà ebraica non è affatto diverso da un elenco di pratiche di pietà cristiana: prega Dio, lo ringrazia per quello che è, digiuna (e pure due volte la settimana… vi ricorda qualcosa?), si impegna a sostenere con la sua parte il decoro del tempio.

Il pubblicano invece è quello che tutti disprezziamo. Proprio in questi giorni, in cui sentiamo di politici che rubano milioni di euro senza nemmeno rischiare di fare un giorno di prigione, possiamo capire quanto era odiato un pubblicano, un esattore delle tasse che rubava i soldi che servivano ai poveri, con l’impunità che gli garantivano i romani invasori.

Eppure, Dio considera le loro preghiere non con il conteggio delle loro buone azioni, ma secondo la loro attitudine interiore. Il fariseo si sente superiore agli altri, in generale (e già questo è un peccato), ma soprattutto si sente superiore al pubblicano, di cui non conosce il cuore. E la sua preghiera non lo rende un giusto agli occhi di Dio.

Il pubblicano, invece, non si sente superiore a nessuno. Non osa alzare gli occhi al cielo, ma non sta neppure a guardare i peccati della terra: ne ha già abbastanza dei suoi. Tutto quello che si limita a fare è riconoscersi peccatore e chiedere a Dio di essere misericordioso con lui. E la sua preghiera lo rende un giusto agli occhi di Dio.
 
Quante volte abbiamo avuto anche noi le stesse attitudini, quando andiamo in chiesa? Quante volte abbiamo fatto un rapido conto mentale di tutte le cose buone che facciamo, per vedere quanto siamo superiori agli altri? O al contrario, quando abbiamo avuto veramente bisogno del perdono di Dio, non ci siamo forse dimenticati di tutto e di tutti?

Da queste attitudini dipende la qualità del nostro cammino spirituale. Dato che si tratta delle disposizioni del nostro cuore, nessuno le può vedere pienamente se non Dio stesso. Non possono essere diagnosticate come una malattia, e non c’è un “rimedio della Chiesa” per cambiare attitudine. Anzi, è importante ricordare che per il peccato di orgoglio (mândrie / гордость) la Chiesa non dà nessuna forma di penitenza canonica: questo non perché l’orgoglio non sia un grave peccato, ma perché Dio solo può sapere a che livello di profondità l’orgoglio è sceso nel nostro cuore. D’altra parte, proprio perché è qualcosa che sta nel nostro cuore, possiamo molto facilmente cambiare la nostra attitudine, e invece della preghiera del fariseo, decidere di presentare a Dio la preghiera del pubblicano.

Abbiamo davanti a noi una settimana importante: una settimana in cui il mercoledì e il venerdì non si fa digiuno, proprio per non seguire l’esempio del fariseo. Possiamo limitarci a un paio di pranzi e cene più ricche del solito, e va bene, ma ancor meglio possiamo sforzarci di non giudicare il cuore degli altri. Cambiamo l’attitudine del nostro cuore, per poter trovare, giustificati agli occhi di Dio, il perdono di tutti i nostri peccati.

Amen. 

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