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  Una risposta a un articolo di Maurizio Blondet
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Premessa

Leggiamo sul blog Blondet & Friends un articolo dal titolo Sulle sofferenze riparatrici, in cui Maurizio Blondet commenta con elogi ma anche con riserve il testo del nostro parrocchiano Mario Marchisio, Ricerca di Dio e labirinto del mondo, un testo che riporta una versione ampliata del libro Ricerca di Dio e retta Fede, già recensito sul nostro blog parrocchiale.

Vi invitiamo a leggere l’articolo Sulle sofferenze riparatrici prima di procedere alla lettura della nostra risposta, per farvi un’idea delle affermazioni che ci hanno spinto ad aggiungere i nostri commenti.

* * *

Caro Blondet,

mi fa piacere leggere un suo articolo nel quale si vuole confrontare con i cristiani ortodossi. A maggior ragione, sono lusingato di questa sua attenzione, in qualità di curatore dell’unico sito della Chiesa ortodossa che lei riporta da anni tra i suoi preferiti (e di questa attenzione molti dei nostri le sono grati).

Al di là dell’assoluto rispetto per le scelte personali, che rende piuttosto superflue le spiegazioni del perché non possiamo essere questo o diventare quell’altro, o del perché stiamo bene così come siamo (nonostante una marea di difficoltà con le nostre stesse tradizioni), è bene chiarificare almeno quel che ci dice la nostra fede, così possiamo sforzarci di apprezzare quella degli altri.

Su un punto, uno solo, mi permetto di obiettare alla presentazione che lei stesso fa della sua tradizione cattolica. La morte (= “Dormizione”) e la sepoltura della Madre di Dio sarebbero cose “che nessun cattolico nega”? La invito alla lettura de La mort et l'assomption de la Vierge Marie, di padre Martin Jugie, un libro che mette proprio in dubbio la morte della Santa Vergine. Fisime di un teologo solitario? Tutt’altro: si tratta niente di meno che dell’opera preparatoria del dogma cattolico dell’Assunzione. E proprio su queste basi, il dogma cattolico romano non definisce la morte della Madre di Dio. Con tanti saluti allo “sviluppo dogmatico” decantato dai sostenitori della maggior “completezza” della teologia cattolica.

Se mi passa un commento di parte ortodossa, la fissazione sull’Assunzione che fa “evaporare” la morte e la sepoltura della Santa Vergine ci sembra un parallelo, su piccola scala, della fissazione musulmana sull’Ascensione, che trascura particolari “bagatellari” come la morte e la risurrezione di Cristo...

La sensibilità ortodossa non è un “tenersi indietro” rispetto a quei particolari che a lei dicono qualcosa, è un desiderio di pienezza di fede. Quando percepiamo che un messaggio non è completo, non diamo contro al messaggio per quel che dice, piuttosto sottolineiamo ciò che il messaggio ignora, trascura o distorce rispetto al messaggio cristiano integrale. Nell’Immacolata Concezione, il maggior problema non è la storpiatura di un’antica festa cristiana (la Concezione di Sant’Anna) che dice tutt’altro, né il legittimo desiderio di non rendere partecipe la Beata Vergine delle logiche conseguenze della teoria agostiniana del peccato originale (teoria non condivisa dagli altri Padri della Chiesa), è il fatto che questa “toppa peggiore del buco” giunge a sminuire la Madre di Dio nel suo rapporto con l’umanità, facendone una “prescelta suo malgrado” rinchiusa in una natura diversa dalla nostra.

Anche le sofferenze riparatrici non le neghiamo in quanto tali, ma per il valore salvifico oggettivo, e quasi esclusivo, che si vuole attribuire loro. Intendiamoci, che certe sofferenze siano riparatrici non c’era neppure bisogno che venisse a dircelo Gesù Cristo... bastava il Codice di Hammurabi! L’intero corpus giuridico dell’umanità è ripieno di esempi di come certe colpe si possano cancellare con certe sofferenze (anche patite da altri). Non mancano, nella storia cristiana antica come in quella ortodossa odierna, casi di cristiani che si accollano particolari sofferenze come forma di espiazione di peccati (vivere in cima a colonne o portare nascoste sul corpo pesanti catene non sono certo forme di ascesi raccomandate a tutti), quella che manca è la presunzione che tali sofferenze siano necessarie per la redenzione degli altri. Dato che ha citato una visione a Serafino di Sarov, non sarà infruttuoso ricordare ciò che proprio per San Serafino era tanto importante: l’acquisizione dello Spirito Santo, per la quale un singolo fedele può portare la salvezza a migliaia attorno a sé. Un testo fondamentale per approfondire questo concetto è il dialogo con Motovilov, che sul nostro sito abbiamo presentato per la prima volta in forma integrale in lingua italiana.

In questa visione, l’acquisizione dello Spirito Santo non è né legata né slegata dal tema delle sofferenze. C’è chi dedica le proprie sofferenze a Dio, chi si fa carico di sofferenze speciali, chi si prodiga per alleviare quelle altrui, o chi cerca Dio senza curarsi particolarmente delle sofferenze: nessuna di queste forme dovrebbe essere vista come esclusiva, perché il fine ultimo della nostra vita dovrebbe essere la comunione con Dio, non il tipo di cammino che abbiamo fatto per arrivarci.

Questo è lo spirito che vorremmo apportare... se comunque intende farci degli appunti o segnalazioni, siamo sempre pronti ad ascoltarla con attenzione e con affetto fraterno.

Suo in Cristo,

igumeno Ambrogio

Torino, 6 aprile 2021

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