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  In memoriam: arcivescovo Georgij Tarasov (1893-1981)

dal blog del sito Orthodox England, 31 agosto 2019

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La notizia scioccante di oggi, 31 agosto 2019, è che l'arcivescovo Jean (Renneteau) di Rue Daru è stato sospeso dal Fanar. Quest'ultimo sembra aver perso alla fine il suo senno, avendo sostituito l'arcivescovo con l'arcimodernista prete sposato Alexis Struve della Fraternité Orthodoxe (e discendente della famiglia marxista Struve, che aveva contribuito a rovesciare lo tsar e l'impero cristiano). Questo ha scandalizzato tutti. Tuttavia, noi ricordiamo giorni migliori a Rue Daru.

Devo aver incontrato alcune centinaia di vescovi nella mia vita. La maggior parte di loro non era assolutamente composta da santi, due forse lo erano: l'arcivescovo Antonij di Ginevra e l'arcivescovo Antonij di San Francisco. Tuttavia, c'erano altri due che penso fossero sicuramente santi: uno era il metropolita Lavr (Shkurla) e l'altro era l'arcivescovo Georgij (Tarasov). Curiosamente, avevano avuto entrambi lo stesso titolo: "di Siracusa". Il primo aveva questo titolo perché aveva vissuto gran parte della sua vita vicino alla città di Syracuse, nello Stato di New York, l'altro perché portava il titolo dell'antica città greca di Siracusa in Sicilia, che nel 1820 diede il nome a Syracuse nello Stato di New York.

Molto è stato scritto in inglese sul metropolita Lavr, ma poco sull'arcivescovo Georgij. Quest'ultimo, come il primo, era un fedele portatore della tradizione della Chiesa russa, che non amava per nulla le novità e amava la pietà ortodossa russa. L'arcivescovo Georgij accoglieva tutti, di ogni nazionalità ed età, come io posso testimoniare; non respingeva i non intellettuali, come fanno alcuni, creando club e cricche in minuscole "parrocchie" rivolte verso il proprio interno e in gruppi di intellettuali celibi, ma allo stesso modo non li respingeva. Il suo cuore era aperto a tutti - il chiaro segno di un santo, poiché tutto ciò che voleva fare era servire tutti coloro che venivano e non un particolare gruppo etnico o una sottocultura.

Georgij Tarasov (nella traslitterazione francese Georges Tarassoff) era nato a Voronezh, nel centro della Russia europea, il 14 aprile 1893. Aveva studiato alla scuola tecnica della città e poi all'Istituto tecnico superiore di Mosca, dove si era laureato in ingegneria chimica. Successivamente studiò aeronautica e nel 1914 si offrì volontario per la forza aerea imperiale russa, che era di gran lunga la più grande aeronautica del mondo. La sua vita cambiò nel 1916. All'età di 23 anni, fu inviato sul fronte occidentale, con molti altri militari russi, per aiutare il vacillante sforzo di guerra francese, come pilota. Dopo il tradimento dello tsar del 1917, rimase sul fronte occidentale, unendosi all'aeronautica belga e raggiungendo il grado di maggiore.

Il maggiore Georgij Tarasov fu congedato nel 1919 e si stabilì in Belgio, dove lavorò per varie compagnie come ingegnere chimico dal 1921 al 1934. Tuttavia, nel 1922, a 29 anni, sposò una russa chiamata Evgenija Freshkop. La sua fotografia, che lui ci mostrava, raffigurava una donna molto gentile con dolcezza e nobiltà dipinte sul volto. Era una zelante ortodossa. In seguito mi è stato ricordato di aver incontrato a Parigi la deliziosa matushka di padre Sergij Chertkov, Ludmila Chertkova, che aveva fatto così tanto per ammorbidirlo, attenuando la durezza del marito con il suo sorriso gentile e il suo fascino innocente.

Il 25 marzo 1928, Georgij Tarasov fu ordinato diacono dal metropolita Evlogij, che non aveva ancora rotto con la Chiesa russa, e il 3 febbraio 1930, il diacono Georgij accettò con riluttanza il sacerdozio. Allora aveva 36 anni. Fu nominato rettore delle parrocchie di Gand e Lovanio. Tuttavia, due anni dopo, rimase tragicamente vedovo. Amò sempre sua moglie e alla fine della sua vita ci parlava di lei, dimostrando che lei era sempre rimasta il suo ideale. Viveva per lei e aspettava pazientemente di incontrarla dall'altra parte al momento stabilito da Dio.

Nel 1933 padre Georgij fu tonsurato monaco. Sette anni dopo, nel 1940, fu nominato rettore della parrocchia di san Panteleimone a Bruxelles, sebbene continuasse a servire anche altre parrocchie belghe. Era un pastore eccezionalmente zelante e amorevole, il suo compito era sempre quello di servire gli altri. Durante l'occupazione tedesca fu arrestato almeno due volte e subì un interrogatorio di dieci ore senza sosta. A Bruxelles rilevò poi la seconda parrocchia di san Nicola, il cui rettore era stato deportato a Berlino.

Nel 1945, poco prima di morire, il metropolita Evlogij tornò infine alla Chiesa russa. Tuttavia, Padre Georgij fu costretto a rimanere sotto il Patriarcato di Costantinopoli, poiché i suoi parrocchiani, sospettosi, si rifiutarono di tornare. Nel 1948 padre Georgij fu fatto archimandrita dal nuovo Metropolita Vladimir di Rue Daru. Quindi il 4 ottobre 1953 fu nominato vescovo per Belgio e Olanda e per i pochi ortodossi sotto Rue Daru nella Germania occidentale, con il titolo "di Siracusa", sebbene continuasse a vivere a Bruxelles. Come il metropolita Evlogij, il metropolita Vladimir voleva tornare alla Chiesa russa, ma ciò fu impossibile fino a quando l'episcopato di quella Chiesa fu tenuto in ostaggio dal governo ateo militante dell'Unione Sovietica.

Dopo la morte del metropolita Vladimir alla fine del 1959, padre Georgij fu nominato suo successore, ma ricevette solo il grado di arcivescovo, poiché Costantinopoli stava declassando il sempre più piccolo gruppo di Rue Daru. L'arcivescovo George continuò a essere un pastore amorevole, visitando la sua piccola e dispersa arcidiocesi, e in particolare incoraggiò l'uso del francese nele funzioni, anche se egli stesso lo parlava molto male. Alla fine del 1965, per motivi puramente politici, il debole Patriarcato di Costantinopoli, manipolato politicamente, espulse l'arcidiocesi di Rue Daru dalla sua giurisdizione.

Un mese dopo, il 29 dicembre, l'arcivescovo Georgij fu costretto da potenti laici a Parigi a proclamare l'indipendenza temporanea dell'arcidiocesi di Rue Daru. È vero, avrebbe potuto tornare in una delle due parti della Chiesa russa, ma non poteva abbandonare il suo gregge, che non sarebbe tornato con lui, come aveva sperimentato il metropolita Evlogij nel 1945. In seguito, poco più di cinque anni dopo, nel gennaio 1971, Costantinopoli si pentì e si riprese la diocesi.

Ora iniziò un nuovo processo: l'arcivescovo Georgij fu sempre più perseguitato da modernisti ed ecumenisti della "Fraternité Orthodoxe", un'organizzazione anti-clericale, anti-monastica, anti-episcopale, principalmente laica di pseudo-intellettuali protestanti, molti dei quali ricchi parigini borghesi o aristocratici. Questi mormoravano contro di lui in chiesa, lo fischiavano e lo prendevano in giro apertamente, cosa di cui siamo testimoni.

L'arcivescovo Georgij viveva in povertà, i suoi vestiti erano acquistati per lui da una fedele parrocchiana, Barbara Shpiganovich. Quanto a lui, continuava a servire i fedeli, vivi e defunti. Una responsabilità che si era presa su di sé era di pregare per tutti i defunti del suo gregge, mentre questo si stava estinguendo, e aveva migliaia e migliaia di nomi. Iniziava a commemorarli il sabato sera, pregando per loro fino a molto dopo mezzanotte e poi la domenica mattina presto. Questa era la sua Proscomidia.

La fine della sua vita lo trovò in totale povertà, malato e disprezzato, mentre viveva nel suo minuscolo appartamento e di solito vestito con una vestaglia, una figura simile a san Serafino di Sarov, con solo foto del suo passato a ricordargli tempi più felici. Fedele alle tradizioni e alla pietà della Chiesa russa, fu respinto dai modernisti arroganti e persecutori che erano giunti a dominare Rue Daru e in seguito l'avrebbero distrutta, costringendo gli altri a lasciarla. L'umile arcivescovo Georgij morì il 22 marzo 1981 dopo una lunga malattia. Aveva 87 anni. Il suo ultimo messaggio al clero e ai fedeli fu: "Dite loro che li amo tutti". Il suo corpo giace nella cripta della chiesa del cimitero russo di Sainte-Geneviève-des-Bois, a sud di Parigi.

Non posso dimenticare il mio primo incontro con l'arcivescovo Georgij circa quarant'anni fa, alla festa di san Sergio l'8 ottobre 1979. Non sapevo allora che lo avrei conosciuto meglio e che avrebbe partecipato al mio matrimonio l'anno successivo. L'arcivescovo Georgij era un fedele ortodosso russo e sebbene fosse perseguitato dagli elementi secolaristi nel suo gregge, stava solo aspettando di tornare in una Chiesa russa politicamente libera. Purtroppo, non è vissuto per vederlo. Se fosse vivo oggi, non c'è assolutamente alcun dubbio che sarebbe tornato da molto tempo alla Chiesa russa, come volevano fare anche i suoi predecessori. La sua scomparsa fu il punto di svolta nella storia di Rue Daru poiché dopo di lui l'arcivescovado ha disceso la lunga e triste china della sua assurda russofobia e così si è disgregato.

All'arcivescovo Georgij: eterna memoria!

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