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  Le domande di Aslan, ovvero come le cronache di Narnia ci insegnano il pentimento

di Maria Minaeva

Orthochristian.com, 26 aprile 2023

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A metà del XX secolo, lo storico della lettetura inglese C.S. Lewis, autore di numerose opere apologetiche e trasmissioni religiose sulla BBC, iniziò a scrivere fiabe. In modo incredibilmente rapido – sette libri in meno di sette anni – creò un intero poema epico su una terra magica, Narnia, il cui nome aveva trovato su antiche mappe.

L'amico del professore, J.R.R. Tolkien, docente di lingue e letteratura all'Università di Oxford, diffidava delle fiabe di Lewis. Gli sembrava che Lewis avesse accatastato mitologie, trame e significati. Ma i bambini iniziarono subito ad amare la storia di Narnia: la leggevano, la rileggevano e bombardavano il venerabile professore di lettere di gratitudine e di domande. E il professore rispose a molte di loro con delicatezza e con grande amore.

Le Cronache di Narnia sono ancora oggi amate e lette in tutto il mondo. Alcuni cercano di discutere l'idea principale dell'epopea, approfondendo la domanda: "Cosa voleva dire l'autore?" Ma in questo caso l'autore è stato inequivocabile, e anche i bambini capiscono che il sistema delle sue allegorie riguarda il cristianesimo. Nonostante il fatto che la nostra società post-cristiana la pensi diversamente, Lewis ha scritto di Cristo.

L'immagine allegorica di Cristo nelle Cronache di Narnia è il Grande Leone Aslan. Appare quando vuole, ma sempre nei momenti più importanti. Aiuta i personaggi a capire il senso delle cose e a prendere le giuste decisioni. È il creatore e il fondamento di Narnia: è grazie a lui che il mondo vive e respira.

I miei figli sono rimasti colpiti dalla scena iconica de Il leone, la strega e l'armadio, quando Aslan si sacrifica per Edmund, e le piangenti Susan e Lucy non trovano il suo corpo sull'altare di pietra. Mio figlio di sette anni è stato il primo a indovinare che questo somigliava alla Passione, Morte e Resurrezione di Cristo, e mia figlia ha ricordato la funzione del Sabato Santo, quando noi in lacrime avevamo fatto il giro della chiesa, portando la Sacra Sindone.

E ho pensato a qualcos'altro: come il leone Aslan, "il figlio dell'Imperatore oltre il mare", che ha creato Narnia cantando, comunicava con le creature che vi abitavano. Quali parole ha detto loro, quali domande ha posto! Nessuna era accidentale e ognuna colpiva giustamente l'anima.

Onestà e pentimento

Le voci volano sempre davanti ad Aslan. Chi non lo ha ancora incontrato attende questo incontro con timore o con gioia, ma non con indifferenza. È impossibile essere indifferenti al Grande Leone, che sa tutto di te.

Aslan non è un leone addomesticato: questo fatto è menzionato nel libro più di una volta. Cosa significa questo? Oltre ai significati letterali (dotato di parola, intelligente, forte, magico, grande e misterioso), c'è qualcosa di più. Aslan è di natura diversa rispetto agli altri abitanti di Narnia. E la sua conoscenza di tutto e di tutti è di qualità diversa.

Il Grande Leone avrebbe potuto rivelare tutta la sua conoscenza sui più piccoli movimenti dell'animo umano e metterla sul tavolo, come un accusatore con prove inconfutabili davanti a un sospettato, guardando con superiorità la sua paura.

Ma Aslan non ha bisogno di paura, non ha bisogno di cieca obbedienza. Perché? Primo, perché ama infinitamente tutte le creature viventi, nonostante i loro limiti. In secondo luogo, vuole che non mentiscano, né a se stessi né a lui.

Essere onesti è difficile. Spesso noi, grandi e piccoli, schiviamo e ricorriamo all'astuzia, anche nei confronti di noi stessi. Soprattutto verso noi stessi, perché fa paura vedere le proprie azioni in tutto il loro splendore.

Aslan offre ai personaggi dei racconti su Narnia una tale opportunità. Senza rimproverarli o insegnare loro, li porta a una risposta. E loro stessi rispondono e rabbrividiscono per le loro azioni. E non ha senso compatirti o giustificarti, perché la voce di Aslan è la voce della tua coscienza.

"Ma dov'è il quarto?" chiese Aslan.

"Ha cercato di tradirli e si è unito alla Strega Bianca, o Aslan", disse il signor Castoro. E poi qualcosa fece dire a Peter: "In parte è stata colpa mia, Aslan. Ero arrabbiato con lui e penso che questo lo abbia aiutato a sbagliare".

E Aslan non disse nulla né per scusare Peter né per biasimarlo, ma si limitò a fissarlo con i suoi grandi occhi immutabili. E sembrava a tutti loro che non ci fosse niente da dire.

Peter si tuffa coraggiosamente nella propria anima, vi trova la colpa relativa a suo fratello e la tira fuori alla luce. Non si giustifica, anche se avrebbe potuto farlo: suo fratello ha tradito tutti, li ha consegnati alla Strega Bianca e ha disertato per lei. Ma Peter non può fare il furbo sotto lo sguardo sereno di Aslan, e gli offre il pentimento. Aslan lo accetta. Accetta tutti coloro che sono pronti a venire da lui.

Il pentimento è una delle idee chiave de Il viaggio del veliero, il quinto libro su Narnia. In esso appare Eustace, il cugino dei personaggi principali, arrogante, buffo, ridicolo, assolutamente sgradevole e terribilmente solo.

Sembra che Eustace non possa accettare Narnia con i suoi eroi e le sue leggi da favola. Eustace, infatti, non accetta ciò che gli è estraneo: la fiducia, la fedeltà e il coraggio. Tuttavia, trova il tesoro del drago molto attraente.

Con ciò inizia una serie di sofferenze purificatrici di Eustace. Nel corpo di un drago si sente ancora peggio di prima. Ma sono le circostanze difficili che cambiano il ragazzo.

L'apoteosi è il racconto di Eustace dopo essere tornato nel proprio corpo, del suo doloroso e salvifico incontro con Aslan.

"Non avevo paura che il leone mi mangiasse, ne avevo solo paura... se puoi capire. Beh, si è avvicinato a me e mi ha guardato dritto negli occhi. E ho chiuso con forza gli occhi. Ma non è servito a niente perché mi ha detto di seguirlo".

"Vuoi dire che ha parlato?"

"Non lo so. Ora che me lo dici, non credo sia stato così. Ma me lo ha detto lo stesso. E sapevo che avrei dovuto fare quello che mi diceva, così mi sono alzato e l'ho seguito".

Aslan fa cadere le scaglie di drago da Eustace. Attraverso un dolore insopportabile il personaggio arriva al suo vero io, quello che si nascondeva sotto la pelle orribile che era cresciuta nel corso degli anni. Se non fosse stato per il Grande Leone e il desiderio dello stesso Eustace, questo non sarebbe successo.

L'intenzione (trasformandosi in necessità) di arrivare all'essenza stessa, alle profondità vergognose dell'anima, alle ragioni sgradevoli delle loro azioni, è caratteristica dei personaggi chiave dei racconti di Narnia. Non sono perfetti, né senza peccato, né sempre onesti e coraggiosi. Ma sono disposti a migliorare. Aslan li aiuta e loro lo amano semplicemente per quello che è, come una figura paterna.

"Figlio di Adamo", disse il Leone. "C'è una strega malvagia là fuori nella mia nuova terra di Narnia. Racconta a queste buone bestie come è arrivata qui".

Una dozzina di cose diverse che avrebbe potuto dire balenarono nella mente di Digory, ma ebbe il buon senso di non dire altro che l'esatta verità.

"Io... io l'ho portata, Aslan", rispose a bassa voce.

"Per quale scopo?"

"Volevo farla uscire dal mio mondo e riportarla nel suo. Pensavo di riportarla a casa sua".

"Come mai è entrata nel tuo mondo, figlio di Adamo?"

"Per... per magia."

Il Leone non disse nulla e Digory sapeva di non aver detto abbastanza...

"Hai incontrato la strega?" disse Aslan con una voce bassa che aveva in sé la minaccia di un ringhio.

"Si è risvegliata," disse Digory miseramente. E poi, diventando molto pallido, "Voglio dire, io l'ho risvegliata. Perché volevo sapere cosa sarebbe successo se avessi suonato una campana. Polly non voleva. Non era colpa sua. Io... io le sono andato contro. So che non avrei dovuto. Penso di essere rimasto un po' incantato dalla scritta sotto il campanello".

"E ora?" chiese Aslan, ancora parlando in un tono molto basso e profondo.

"No", disse Digory. "Ora capisco che non lo ero. Stavo solo fingendo".

Mantieni la tua attenzione su te stesso

Ogni incontro con il Grande Leone nelle Cronache di Narnia è sempre un vero evento. I personaggi li ricordano per sempre e cambiano persino il loro modo di vivere. A volte un breve dialogo con Aslan rivela cose che a prima vista non sono ovvie, ma che sono estremamente importanti.

Nel Patericon si racconta come il venerabile Antonio il Grande udì una voce che diceva: "Antonio! Mantieni la tua attenzione su te stesso!" Il Grande Leone trasmette la stessa idea ai personaggi del libro. Ed è un'idea importante, che riporta il centro della tua attenzione alla tua vita morale, e non agli echi di qualcun altro.

"Allora sei stato tu a ferire Aravis?"

"Sono stato io".

"Ma perché?"

"Bambina", disse la Voce, "ti sto raccontando la tua storia, non la sua. Non racconto a nessuno una storia se non è la sua".

Delicatamente ma con fermezza, Aslan riporta i pensieri dei personaggi al punto più importante: dentro le loro anime. È difficile; sarebbe più facile trovare scuse o spettegolare sugli altri, ma è impossibile ingannare Aslan.

"Sì, non è stato un peccato?" disse Lucy. "Ti ho visto bene. Non mi crederebbero. Sono tutti così..."

Da qualche parte nel profondo del corpo di Aslan giunse il vago accenno di un ringhio.

"Mi dispiace" disse Lucy, che comprendeva alcuni dei suoi umori. "Non volevo iniziare a insultare gli altri. Ma comunque non è stata colpa mia, vero?"

Il Leone la guardò dritto negli occhi.

"Oh, Aslan," disse Lucy. "Non vuoi dire che lo era? Come avrei potuto... non avrei potuto lasciare gli altri e venire da te da sola, come avrei potuto? Non guardarmi così... vabbè, suppongo che avrei potuto... Ma quale ne sarebbe stato il fine?"

Sotto lo sguardo del Grande Leone i personaggi delle storie di Narnia rinunciano persino a pensare a come siano gli altri. E all'improvviso si scopre che le risposte a molte domande sono nascoste in questo silenzio interiore.

"E che cosa devo mai dirgli?"

"Forse non avrai bisogno di dire molto", suggerì Lucy.

Fede e fiducia

Un altro tema importante nelle Cronache di Narnia è la fede. L'esistenza di Aslan, come il passato del paese delle fiabe, viene messa in discussione più di una volta. E succede qualcosa di straordinario: la fede non segue i miracoli, ma i miracoli vengono compiuti come ricompensa per la fede.

La fede è un tema chiave nel libro Il principe Caspian della serie di Narnia. Molti dei suoi personaggi non credono nell'esistenza di Aslan, e Peter, Susan e Edmund non credono nel suo ritorno. Solo la piccola Lucy vede il Grande Leone perché non dubita di lui nemmeno per un minuto.

Anche il principe Caspian crede in Aslan. Il legittimo erede al trono si nasconde dallo zio traditore; e, sebbene sappia poco, mantiene fermamente ciò che gli è stato insegnato. Ecco perché diventa un vero re.

"Ma chi crede in Aslan al giorno d'oggi?"

"Io", disse il principe Caspian.

In generale, i personaggi delle Cronache di Narnia possono sbagliare e dubitare, ma si fidano del Grande Leone con tutto il cuore. Ecco perché questi viene in loro aiuto. Tuttavia, Aslan non si impone a coloro che lo odiano o lo temono. Per esempio, ai nani dell'ultimo libro, che si siedono su un prato soleggiato e sono sicuri di trovarsi in una stalla buia.

La corrispondenza con la madre di Laurence

"Figliolo", disse Aslan al vetturino. "Ti conosco da molto tempo. Tu mi conosci?"

"Beh, no, signore", disse il tassista. "Almeno, non nel modo di dire ordinario. Eppure sento in qualche modo, se posso dirlo così liberamente, come se ci fossimo già incontrati".

Clive Staples Lewis

Molte lettere dei lettori de Le cronache di Narnia all'autore, insieme alle sue risposte, sono sopravvissute. Leggendole ci si stupisce dell'attenzione di Lewis alle opinioni e alle impressioni dei bambini. Su di queste spicca la lettera del piccolo Laurence Krieg dall'America: il ragazzo confessa di amare Aslan più di Cristo. Ecco cosa risponde lo scrittore alla madre di Laurence:

Cara signora Krieg,

Dica a Laurence da parte mia, con il mio amore:

1) Anche se amasse Aslan più di Gesù (spiegherò tra un momento perché non può davvero farlo) non sarebbe un idolatra. Se fosse un adoratore di idoli lo farebbe apposta, mentre ora lo fa perché non può fare a meno di farlo, e si sforza di non farlo. Ma Dio sa abbastanza bene quanto sia difficile per noi amarlo più di chiunque altro o di qualsiasi altra cosa, e non si arrabbierà con noi finché ci proveremo. E ci aiuterà.

2) Ma Laurence non può davvero amare Aslan più di Gesù, anche se sente che è quello che sta facendo. Perché le cose che ama Aslan per aver fatto o detto sono semplicemente le cose che Gesù ha realmente fatto e detto. In questo modo, quando Laurence pensa di amare Aslan, in realtà ama Gesù: e forse lo ama più di quanto abbia mai fatto prima. Naturalmente c'è una cosa che Aslan ha e che Gesù non ha: voglio dire, il corpo di un leone. (Ma ricordi che, se ci sono altri mondi che hanno bisogno di essere salvati e Cristo dovesse salvarli – e lo farebbe – potrebbe davvero aver preso in essi ogni sorta di corpo di cui non siamo a conoscenza.) Ora, se Laurence è infastidito perché trova che il corpo del leone gli sembra più carino del corpo dell'uomo, non credo che abbia bisogno di essere disturbato affatto. Dio sa tutto su come funziona l'immaginazione di un ragazzino (l'ha fatta lui, dopotutto) e sa che a una certa età l'idea di animali parlanti e amichevoli è molto allettante. Quindi non credo che gli dispiaccia se a Laurence piace il corpo di un leone. E comunque, Laurence scoprirà che crescendo, quella sensazione (preferire di più il corpo di un leone) svanirà da sola, senza che lui se ne preoccupi. Quindi non ha bisogno di preoccuparsi.

3) Se io fossi Laurence, nelle mie preghiere direi semplicemente qualcosa del genere: "Caro Dio, se le cose che ho pensato e provato riguardo a quei libri sono cose che non ti piacciono e fanno male a me, per favore porta via quei sentimenti e pensieri. Ma se non sono cattivi, per favore, impediscimi di preoccuparmi per loro. E aiutami ogni giorno ad amarti di più nel modo che conta davvero molto più di qualsiasi sentimento o immaginazione, facendo quello che vuoi e diventando più simile a te". Questo è il genere di cose che penso che Laurence dovrebbe dire per se stesso; ma sarebbe gentile e cristiano se poi aggiungesse: "E se il signor Lewis ha fatto preoccupare altri bambini con i suoi libri o ha fatto loro del male, allora perdonalo e aiutalo a non farlo mai più".

Questo aiuterà? Sono terribilmente dispiaciuto di aver causato un tale problema, e lo prenderei come un grande favore se mi scrivessei di nuovo e mi dicesse come va Laurence. Naturalmente lo avrò ogni giorno nelle mie preghiere. Deve essere un buon ragazzo: spero che lei sia preparata alla possibilità che possa diventare un santo. Oserei dire che le madri dei santi se la passano, per certi versi, male!

Cordiali saluti,

CS Lewis

3 giugno 1955 [1]

Aslan è un'allegoria, un'immagine fiabesca di Cristo, applicabile solo al paese delle fate di Narnia, ai libri di Lewis. Tuttavia, Aslan guida sempre i personaggi verso cose importanti che sono difficili, ma necessarie da realizzare se sei un cristiano. Perché l'ho fatto in questo modo? Come avrei dovuto farlo? Come posso migliorare? Aslan ti insegna ad ascoltare te stesso e ad amare gli altri.

"Ci sei – ci sei anche tu [sulla terra], signore?" disse Edmund.

"Ci sono", disse Aslan. "Ma lì ho un altro nome. Devi imparare a conoscermi con quel nome. Questa è stata la vera ragione per cui sei stato portato a Narnia: perché conoscendomi qui per un po', tu possa conoscermi meglio lì".

Nota

[1] Fonte della citazione: http://larrykrieg.name/Lewis/index.html

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