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  La curiosa storia dell'eccezionalismo americano

di Jimmie Moglia per il Saker Blog, 31 marzo 2022

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Francois Mitterrand, il più longevo presidente francese (1981-1985), non molto tempo prima della sua morte (1996), fece questa straordinaria affermazione:

"La Francia non lo sa, ma è in guerra con l'America. Una guerra permanente, vitale, economica, e solo apparentemente una guerra senza vittime.

Sì, gli americani sono inesorabili, sono voraci, vogliono il potere indiviso sul mondo... È una guerra sconosciuta, una guerra permanente, una guerra senza morti apparenti eppure una guerra all'ultimo sangue".

Tali sentimenti di un moderno presidente francese sembrano straordinari: dopotutto, la Francia era ed è tuttora uno storico alleato americano.

Per verificare la veridicità delle parole di Mitterrand dobbiamo, come al solito, togliere la polvere della storia e tornare al tempo della nascita dell'America. Non ho qui nessuna intenzione di riscrivere la storia, ma di motivare certe opinioni che consuetudini o pregiudizi hanno esentato da qualsiasi scrutinio o interpretazione alternativa.

Immediatamente affrontiamo forse il compito più difficile di qualsiasi storico o di chiunque tenti di dare un senso alla storia. Ho calcolato che l'essere umano medio ha circa 21 milioni di minuti a disposizione nella sua vita per prendere decisioni.

Uno storico ha quindi il compito di decidere quali tra i milioni di decisioni prese da molti individui coinvolti nella politica di una nazione sono storicamente importanti. Il che significa che qualsiasi scelta o selezione effettuata da uno storico è arbitraria.

Pur ammettendo queste limitazioni, estrarrò dalle cronache e dalle leggende che circondano la storia degli Stati Uniti alcuni eventi meno noti ma rilevanti, che secondo alcuni hanno un significato storico e fanno presagire di cose a venire in generale.

A partire dalla dichiarazione di indipendenza americana, la linea convenzionale sulle lamentele dei coloni americani contro l'Inghilterra, la loro madrepatria, è che gli americani volevano una rappresentanza politica in Inghilterra e l'Inghilterra rifiutava. Questo è stato condensato nella battuta finale, "Nessuna tassazione senza rappresentanza". Il che non è del tutto vero, ma non discutiamo.

Basti dire che, allora come oggi, alla propaganda piacciono le battute finali, che hanno un fascino maggiore rispetto allo sforzo di sottoporre i fatti a controllo. Dall'altra parte dell'Atlantico e tipica di un certo spirito contrario britannico era la famosa affermazione del dottor Johnson sugli americani: "Sono una razza di detenuti e dovrebbero essere grati per tutto ciò che noi permettiamo loro, tranne che di impiccarsi". Nonostante ciò, molti coloni continuarono a leggere e ad ammirare il dottor Johnson. Sia George Washington che Thomas Jefferson ne possedevano una copia.

Il punto di svolta, la lamentela che ha scatenato la guerra per l'indipendenza, ha a che fare con la tassa che il governo britannico aveva deciso di applicare al tè importato: il tè era diventato una bevanda popolare in America. Al che gli americani si ribellarono e gettarono nel porto di Boston il tè trasportato da una nave britannica.

Questo è vero solo in parte, perché la compagnia delle Indie Orientali con sede a Londra aveva accumulato un grande surplus. L'idea era di applicare la tassa, ma di ridurre il prezzo originale in modo che il costo al dettaglio fosse inferiore a quello pagato per il tè di contrabbando. E il contrabbando del tè era diventato un'attività fiorente.

Può essere una coincidenza, ma il primo finanziatore della guerra d'indipendenza fu John Hancock, la cui famiglia aveva accumulato una fortuna con il contrabbando.

Le élite di Boston e delle altre colonie volevano assicurarsi che i loro profitti rimanessero nelle loro tasche. Occorreva poi servirsi delle masse, stando attenti che la loro rabbia potesse essere opportunamente indirizzata.

Durante i disordini contro la precedente tassa di bollo, prontamente abolita, il comandante delle forze militari britanniche in America aveva osservato:

"Le masse di Boston, fomentate da certi personaggi influenti, e attratte dall'idea di poter depredare... distrussero parecchie case... i promotori della rivolta cominciarono ad essere terrorizzati dallo spirito che avevano fomentato, poiché la furia popolare era fuori controllo. E anch'essi avevano paura di essere le prossime vittime della rapacità del popolo".

Ad ogni modo, gli indipendentisti trasformarono i semi di un malcontento fomentato ad arte in una ricerca per l'indipendenza. O meglio, convinsero le moltitudini mostrando (allora come oggi) che la già dilagante disuguaglianza sociale era colpa degli inglesi piuttosto che degli sfruttatori locali. Oggi le ONG in terra straniera, fatte le debite distinzioni, hanno una responsabilità equivalente. Il governo degli Stati Uniti le finanzia tramite le sue ambasciate all'estero, o tramite entità ancora più oscure con motivazioni uguali o più nefaste (per esempio Soros et alia).

In America era il classico caso del prendere due piccioni con una fava. L'élite già apprezzava la "libertà" di impossessarsi ad libitum di nuove terre occidentali e di farla finita con i vari trattati indiani stabiliti dall'Inghilterra, mentre strappava il potere politico all'establishment storico. Allo stesso tempo, la rabbia, l'amarezza e il risentimento popolare dovevano trovare uno sfogo che salvaguardasse l'élite.

Di conseguenza, il desiderio di una struttura sociale più uniforme, pronta a scoppiare in una rivoluzione, si trasformò in una lotta per l'indipendenza. L'élite non poteva prevedere l'esito della guerra d'indipendenza, ma scongiurò il pericolo di una rivoluzione interna.

La Dichiarazione d'Indipendenza è un documento che ha quasi lo status del Vangelo. Trovo quindi necessario insistere sul fatto che io, atomo nell'universo, non ho il diritto di contestare il valore di un documento così leggendario. Questa è una critica, che non implica rifiuto o mancanza di rispetto. Ma è possibile trovare nella dichiarazione i semi di molte cose che sono seguite nella storia americana, compreso l'eccezionalismo americano.

"Riteniamo che queste verità siano evidenti: che tutti gli uomini sono creati uguali..." – è il famoso inizio. A cui possiamo aggiungere – per pura coerenza logica – meno i negri, perché non contavano, gli indiani, perché non erano bianchi, le donne, perché non erano uomini, e i poveri, perché non erano ricchi – e quindi non potevano votare".

Si potrebbe sostenere che l'applicazione della logica alla storia non è storica. D'accordo, tranne che anche nella storia scritta oggi, stati famigerati usano o pretendono di usare la logica anche nelle loro imprese più omicide. Il lettore ricorderà senza dubbio molti esempi di ambizioni occidentali mal tessute che sono poi diventate mortali.

Torniamo alla dichiarazione. A parte i limiti di applicabilità, coloro ai quali si applicava la dichiarazione di apertura furono dotati dal Creatore di "certi diritti inalienabili" e tra questi diritti c'erano la vita, la libertà e la ricerca della felicità.

Nessuno sarebbe in disaccordo, ma un aneddoto correlato è significativo. Una bozza della dichiarazione, invece di "la ricerca della felicità" aveva "il diritto alla proprietà", cosa a cui nessuna mente razionale si sarebbe opposta. Perché allora la sostituzione con la ricerca alquanto vaga della felicità? "La ricerca della felicità" è un'astrazione e trasformare un'astrazione in un diritto è paragonabile allo scoprire che una grande causa della notte è la mancanza del sole. È una perla di insensatezza. Nemmeno Gengis Khan, che io sappia, aveva proibito ai suoi mongoli di perseguire la felicità.

Eppure è meglio prevenire che curare. Se si vuole che i poveri combattano a favore dei ricchi, proclamare la conservazione della proprietà come mezzo per ridurre le disuguaglianze può forse sollevare alcuni problemi anche tra la moltitudine distratta, che non ama quel che giudica, ma quel che vede.

In pratica, la Dichiarazione di Indipendenza sostituì la vecchia autorità con una nuova autorità, quella monarchica con una nuova classe dirigente repubblicana, fondata sulla proprietà, sulla distinzione di classe e sull'eredità, proprio come nel precedente regime.

La grande differenza – e qui sta il nocciolo della questione americana irrisolta – è che gli americani non potevano ammettere distinzioni di classe e d'eredità. Distinzioni che erano alla base della nuova società così come lo erano, appunto, di quella vecchia, dalla quale si erano staccati.

Questo paradosso ha creato un abisso tra pratica e teoria – tra la teoria dell'egualitarismo, usata per creare la nuova nazione, e la pratica della competizione che crea necessariamente vincitori e vinti.

Il tutto ulteriormente rafforzato da un atteggiamento mentale condensato nell'espressione molto yankee: "Il vincitore si prende tutto". Una frase estratta dalle regole di un gioco che esprime insieme un'aspirazione e un modo di pensare e di vivere accettabile e riconosciuto.

Ma questa tensione tra teoria e pratica, tra egualitarismo e antagonismo non poteva essere ufficialmente ammessa. Pertanto è rimasta non solo irrisolta, ma anche nascosta. E le frodi, le ipocrisie e le illusioni necessarie per nascondere la tensione tra parole e fatti erano e sono diventate parte della storia dell'America.

Alcuni potrebbero obiettare che questo sotterfugio è necessario per creare una "grande" nazione. Qualcun altro potrebbe dire che la tensione tra teoria e pratica non è un'eredità esclusiva dell'America. Certo, ma l'America è l'unico paese al mondo che – fin dalla nascita – ha ufficialmente preteso che il problema non esistesse.

Un altro elemento chiave della psiche politica americana – non sufficientemente riconosciuto, credo – è che l'autorità che fissa le regole del commercio estero e dei cambi è anche l'autorità che fissa tutte le altre.

Pertanto, abbiamo un'interpretazione commerciale della libertà e una percezione del commercio internazionale del tutto diverse, per confronto, da un'altra rivoluzione, la rivoluzione francese che seguì non molto tempo dopo, basata su liberte', fraternite', egalite' – per quanto difficile possa essere stato di convertire quella visione in pratica. Tuttavia, una delle prime azioni dei rivoluzionari francesi, solitamente sconosciuta ai più, fu l'abolizione della schiavitù, nel 1792.

E ora esaminiamo un'altra pietra angolare simbolica ma attuale e importante della visione del mondo americana dal 1776. O meglio, per avere un'idea di come la psiche politica collettiva americana vede il mondo, possiamo concentrare la nostra osservazione sulla famosa banconota da un dollaro USA.

La parte anteriore presenta il ritratto di George Washington, egli stesso proprietario di 300 schiavi.

Ma in Francia, nel 2005, il 200° anniversario della leggendaria vittoria di Napoleone ad Austerlitz, contro i russi e gli austriaci, non è stato celebrato perché Napoleone aveva reintrodotto la schiavitù. Un piccolo dettaglio nell'immenso calderone della storia, ma sufficiente, credo, per percepire una differenza significativa tra le psicologie politiche dei popoli.

Quando poi esaminiamo il retro della banconota da un dollaro, troviamo l'affermazione "In God we Trust". In modi diversi possiamo farlo tutti. Ma sappiamo che il denaro può essere il 'veleno peggiore per le anime degli uomini...', che in misura eccessiva trasformerà il nero in bianco, lo sporco in pulito, lo sbagliato in giusto, il vile in nobile, in vecchio in giovane, ecc.' Pertanto quell'espressione "In God We Trust" suona come una nota stridente virtuale. Equivale quasi a stampare "confidiamo nella verginità" sulla porta di un bordello.

Inoltre, per i cristiani, associare così direttamente Dio al denaro ha un sentore di bestemmia. Perché contrasta drammaticamente con la famosa risposta data da Gesù a coloro che cercavano di ingannarlo chiedendogli se i cittadini dovessero pagare le tasse.

"Date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio", rispose Gesù.

Un altro oggetto sul retro della banconota da un dollaro è il Gran Sigillo, un simbolo massonico che porta la data 1776. Questo è storicamente congruente, perché le società massoniche sono state in gran parte responsabili delle rivoluzioni sia negli Stati Uniti che in Francia. E la massoneria è considerata l'antitesi di Dio, essendo basata sulla Cabala, su simbolismi arcani ecc.

Altrettanto significativo è lo stendardo sotto il Gran Sigillo, "Novus Ordo Seclorum", una frase latina che significa "Il nuovo ordine dei secoli", il nuovo ordine eterno del mondo. Nel gergo aziendale questa sarebbe una vera e propria dichiarazione di intenti. Suggerisce che l'obiettivo dell'America sia di stabilire un nuovo ordine mondiale senza tempo. Propone e promette una missione imperiale, che divenne drammaticamente evidente per la prima volta nel 1812, la prima guerra imperiale per annettere il Canada, sotto la presidenza di James Madison.

Andrew Jackson, che fu generale nella guerra del 1812 e poi presidente, fece una dichiarazione profetica: "Faremo prevalere il nostro diritto allo scambio di libero mercato e apriremo il mercato ai prodotti della nostra terra in modo da duplicare le gesta dell'antica Roma".

Una dichiarazione notevole, soprattutto considerando l'allora esiguo numero di abitanti degli Stati Uniti, circa 7 milioni, per lo più dediti all'agricoltura. Eppure una dichiarazione che prefigura l'intento o la missione di diventare un impero in stile romano.

Gli americani non vinsero la guerra canadese, anche se in termini di popolazione erano più numerosi dei canadesi, con un rapporto di 25 a uno.

Durante il loro primo tentativo di invadere il Canada, gli americani attraversarono il fiume Detroit per incontrare una forza congiunta di eserciti canadese e indiano. A guidare gli indiani c'era il leggendario Tecumseh, capo degli Shawnee, e i canadesi erano guidati da Isaac Brock, che, per caso, è nato nell'isola di Guernsey, dove io ho vissuto per 5 anni. Per inciso, Tecumseh aveva assistito al massacro del suo popolo e all'invasione della terra degli Shawnee da parte degli americani.

A guidare gli americani c'era il generale William Hull, che, dopo aver attraversato il confine, emanò un proclama agli abitanti del Canada. Lo cito per intero a causa delle sorprendenti implicazioni che contiene.

"Abitanti del Canada!

L'esercito sotto il mio comando ha invaso il vostro paese e lo stendardo degli Stati Uniti ora sventola sul territorio del Canada.

Per l'abitante pacifico e inoffensivo ciò non comporta né pericolo né difficoltà. (Sottinteso: se vi arrendete vi permetteremo di vivere). Vengo per trovare i nemici, non per crearli. Vengo per proteggervi, non per ferirvi... Vi offro le inestimabili benedizioni della libertà civile, politica e religiosa... Quella libertà che ci ha elevati a un rango elevato tra le nazioni del mondo (possiamo leggere qui i semi della 'nazione eccezionale').

Rimanete nelle vostre case, perseguite le vostre pacifiche e consuete occupazioni, non alzate le mani contro i vostri fratelli... Ho una forza che guarderà dall'alto in basso ogni opposizione, e quella forza è l'avanguardia di un'altra molto più grande. Se, contrariamente ai vostri interessi e alla giusta aspettativa del mio paese (notate quella "giusta aspettativa"), doveste prendere parte alla contesa che si avvicina, sarete considerati e trattati come nemici e gli orrori e le calamità della guerra vi inseguiranno. Se... i selvaggi venissero lasciati liberi di uccidere i nostri cittadini e massacrare le nostre donne e i nostri bambini, questa sarebbe una guerra di sterminio. Il primo colpo del tomahawk, il primo tentativo con il coltello da scalpo, sarebbe il segnale di una scena indiscriminata di desolazione. Nessun uomo bianco trovato a combattere al fianco di un indiano sarà fatto prigioniero; la distruzione istantanea sarà la sua sorte.

Con la fine della guerra senza un vincitore, nel 1814 fu firmato un trattato di pace nella città di Gand, in Belgio.

Per inciso e aneddoticamente, alla guerra canadese del 1812 è direttamente attribuibile il motivo per cui la Casa Bianca è chiamata così. Durante la guerra, un attacco delle forze navali britanniche che avevano risalito la baia di Chesapeake, sopraffece la resistenza americana, raggiunse Washington e bruciò letteralmente la sede del governo. L'incendio annerì l'edificio, che dovette essere ristrutturato e ridipinto di bianco. Da qui il nome Casa Bianca, ormai sigillato nella storia.

Tuttavia, gli sforzi per annettere il Canada non terminarono nel 1814. Salterò la storia dei successivi tentativi falliti. Più interessanti sono le insidie utilizzate per ottenere i risultati sperati, da parte degli Stati Uniti. Strategia e insidie ancora oggi applicate con successo.

Nel 1854, 40 anni dopo il trattato di Gand, i sostenitori del movimento di annessione riuscirono a spingere il governo britannico a negoziare, a nome delle cinque colonie del Canada orientale, un cosiddetto "accordo di reciprocità". Il che significava il libero scambio di prodotti naturali, l'apertura dei corsi d'acqua canadesi alle spedizioni statunitensi e il libero accesso degli Stati Uniti alla pesca marittima canadese.

La parte interessante di tale "Accordo di reciprocità" è il modo in cui fu raggiunto. Il governo degli Stati Uniti inviò un agente segreto di nome Israel D. Andrews per influenzare il corso degli eventi. Questi usò mezzi, o meglio una nuova strategia che, seppur lontana nel tempo, è del tutto simile agli eventi accaduti nel nostro presente storico.

Il conto spese dell'agente Israel Andrews, per un capriccio del destino, è ancora esistente e ci dice più di molti libri. Per spingere l'annessione e l'accordo di libero scambio aveva pagato, nella provincia canadese del New Brunswick,

$ 5.000,00 a un editore – ovvero, corruzione della stampa canadese

$ 5.000,00 al procuratore generale – ovvero, corruzione del sistema giudiziario

$ 5.000,00 a un ispettore del commercio – ovvero, corruzione dell'amministrazione

$ 15.000,00 a un membro dell'assemblea del New Brunswick – ovvero, corruzione di un politico.

Oggi, nel raffinato linguaggio orwelliano, la procedura si chiama ovviamente lobbismo. Per inciso, dobbiamo il termine lobbismo al presidente Ulysses S. Grant che descrisse così l'azione delle persone che si avvicinavano a lui nell'atrio del Willard Hotel negli anni '60 dell'Ottocento.

Il 14 maggio 1854 Andrews scrisse al Dipartimento di Stato:

"... Ho quindi preso tali misure, come richiesto dalle circostanze del caso nel New Brunswick, per moderare l'opposizione e mantenere la mente pubblica in uno stato tranquillo... Sono stato in grado di raggiungere Fredericton prima che la legislatura del New Brunswick si aggiornasse e impedisse qualsiasi discussione della proposta ora in esame, o qualsiasi azione legislativa di carattere contrario ai nostri interessi".

In altre parole, in questo nuovo tipo di guerra era/è importante disorientare l'opinione pubblica sotto la guida dei pifferai magici pagati dai media. Inoltre, nella mente degli americani l'accordo di libero scambio era l'equivalente o il preludio all'annessione.

In tutto Andrews spese più di $ 100.000 – equivalenti a diversi milioni di dollari di oggi – cercando di persuadere personalità di spicco in Canada a sostenere l'annessione o, come seconda scelta, il libero scambio con gli Stati Uniti. Ma l'importo era una sciocchezza, scrisse, "in confronto ai privilegi immensamente preziosi da ottenere permanentemente e al potere e all'influenza che saranno dati per sempre alla nostra Confederazione". (Intendeva gli americani).

E questo descrive perfettamente la guerra non dichiarata che ha indotto il presidente francese Mitterand a dire ciò che ho citato prima. E, come mostrato nel recente atteggiamento nei confronti dell'Ucraina, l'Unione Europea è, o si comporta come, una colonia degli Stati Uniti.

All'insaputa dei più, contrariamente alla storia convenzionale, ma con il supporto di un'ampia documentazione, i principali promotori e primi sostenitori dell'Unione Europea non erano europei, trasformati esteticamente in profeti di pace e prosperità, ma americani, a cominciare da Eisenhower et alia.

Torniamo ai tentativi di annessione del Canada. "L'accordo di reciprocità" durò dal 1854 al 1866. Dopo sei anni dalla sua attuazione, il console americano a Montréal riferì al segretario di stato dell'epoca, Lewis Cass, che il trattato stava "trasformando silenziosamente ma efficacemente quelle cinque province in Stati dell'Unione", che significa quella americana.

Alcuni in Canada vedevano le cose in modo diverso. Per esempio un boscaiolo canadese, nel 1862, disse quanto segue: "...per quanto riguarda il legname il Canada ha perso milioni a causa del trattato... La materia prima che ora varrà milioni di dollari... non ha mai restituito un centesimo agli operatori di questo paese... la manodopera spesa nella produzione si è aggiunta alla ricchezza dei nostri vicini dall'altra parte della linea... I guadagni della reciprocità nel legname sono andati a loro e solo a loro, mentre quasi tutti quelli che da questa parte erano impegnati a soddisfare i loro bisogni ne sono stati rovinati".

Questa sequenza di eventi trova eco nel processo per cui il Midwest americano è stato convertito in quella che è stata propriamente chiamata "Rust Belt" (cintura di ruggine) attraverso la chiusura completa della centrale industriale americana e il suo trasferimento in Cina o altrove dove la manodopera era più economica.

Il che può essere considerato un'interessante svolta e applicazione del principio "In God we trust" applicato al denaro sul lavoro. Per ora, per "duplicare le gesta dell'antica Roma" – come dalla dichiarazione di intenti di Andrew Jackson precedentemente citata – era giunto il momento di allargare ulteriormente l'orizzonte, dietro la conquista/annessione di Porto Rico, Hawaii, Guam e Filippine.

La Cina sarebbe un boccone un po' più grande da inghiottire, ma se c'è una volontà c'è un modo. Che il processo non sia andato del tutto secondo i piani (fino ad ora) è dovuto a battute d'arresto temporanee, poiché la rete della vita è composta da un filo misto, in cui il bene e il male vanno insieme.

Tornando alla storia, la questione dell'annessione del Canada si è complicata con la guerra civile americana, quando è apparso che la Gran Bretagna, e quindi il Canada, si sarebbe schierata con il sud. Per inciso, il Canada aveva abolito la schiavitù nel 1793, 72 anni prima degli Stati Uniti. Ad ogni modo, fu la minaccia dell'annessione forzata da parte degli Stati Uniti a spingere i leader delle colonie canadesi a unire le forze e creare quella che oggi è la Confederazione del Canada.

Ma ancora nel 1888, il vicesegretario di stato John Sherman disse: "L'annessione del Canada non sarà raggiunta attraverso misure ostili, ma facendo proposte amichevoli. Questa annessione è un'inevitabilità storica". Ci sono echi qui del riferimento di Obama agli Stati Uniti come la "nazione indispensabile")

La guerra di Sherman, con metodi mai utilizzati prima, può essere definita guerra per lusinga, o meglio ancora, per offerta che non può essere rifiutata.

Nel 1948 gli Stati Uniti spinsero ancora per un accordo di libero scambio, ma nel parlamento di Ottawa John Deutsch, il responsabile di questi negoziati, dichiarò: "Il prezzo da pagare per un'unione doganale con gli Stati Uniti è la perdita della nostra indipendenza politica, perché noi non avremo più il controllo sulle nostre decisioni politiche, che verranno prese a Washington".

Se abbandoniamo la zavorra del pregiudizio e utilizziamo il cannocchiale della ragione, il parallelo tra gli sforzi degli Stati Uniti per annettere il Canada e la creazione dell'Unione Europea e della NATO è inevitabile. L'Unione Europea, come l'attualità mostra a tutti tranne a coloro che si rifiutano di vedere, non è che l'annesso politico degli Stati Uniti, e la NATO un ramo dell'esercito americano.

Che l'impresa di costruzione dell'impero tratti i cittadini come foraggio sacrificabile e spregevoli idioti non dovrebbe sorprendere. Perché l'intelletto è figlio della ragione e le forze dell'essere hanno affinato i mezzi per sorprendere l'inconsapevolezza degli sconsiderati e hanno insegnato loro a credere a qualsiasi cosa purché sia abbastanza incredibile. Gli artisti della menzogna censurano quelli che non credono alla menzogna e la propaganda è una macchina che ha poca cura di preservare la probabilità nella sua narrativa.

Con la Russia, almeno per ora, le stesse potenze hanno fatto un passo più lungo della gamba. Ma la malignità non dorme mai e può facilmente infliggere ferite non facilmente curabili. E sperare in una purificazione dal male significherebbe trasgredire i limiti della probabilità.

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