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  Domenica 19 novembre 2000 (22a dopo Pentecoste) La guarigione della donna emorroissa e la risurrezione della figlia di Giairo (Luca 8:41-56)
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Nel nome del Padre, e del Figlio, e del santo Spirito.

In questa domenica, che è in realtà la Ventiduesima dopo la Pentecoste, la Chiesa ci presenta le letture della Ventiquattresima domenica: questo spostamento è dovuto ai riallineamenti del lezionario che avvengono periodicamente durante l'anno, e la cosa non deve farci preoccupare (può capitare anche che, a causa di un riallineamento delle letture che coinvolge una festa a data fissa, le letture della domenica siano diverse tra le chiese ortodosse che seguono differenti calendari, o persino tra chiese che seguono lo stesso calendario): la Chiesa ortodossa chiama i suoi figli alla santità , non all'uniformità , e finché non avremo raggiunto la prima, la seconda non sarà che uno sfoggio di inutile esteriorità.

L'epistola di oggi (Efesini 2:14-22) è un grande richiamo a questa santità, che ci rammenta come siamo "concittadini dei santi e familiari di Dio". E un nostro compito nell'ascoltare queste parole è quello di prepararci al processo che ci porterà a partecipare alla natura stessa di Dio. Ecco perché in questi momenti è tanto importante la nostra attenzione, anche quando il prete si mette a dirci alcune parole di spiegazione del brano del Vangelo appena letto. È facile annoiarsi, immaginare di avere sentito tutto quello che c'è da dire su un brano del Vangelo che magari abbiamo ascoltato cento volte. Ebbene, potremmo ascoltarlo anche "settanta volte sette" (Matteo 18:22, indicatore di un numero infinito), e ancora trovare tante cose che parlano al nostro cuore.

In questo brano leggiamo di due miracoli, la guarigione della donna afflitta da un flusso di sangue e la risurrezione della figlia di Giairo: due miracoli raccontati nella stessa storia, che anche se esternamente appaiono molto diversi, in realtà sono lo stesso miracolo. Vediamo come.

Intanto, queste due persone hanno entrambe sentito parlare di Gesù. Hanno sentito parlare dei suoi miracoli: ricordate il Vangelo della settimana scorsa, come l'intero paese dei Gadareni ha conosciuto la potenza di Cristo attraverso la guarigione dell'uomo indemoniato; prima ancora, una parola del Signore aveva guarito il servo del centurione. Così accade quando ci sono persone davvero disperate: sentendo parlare di qualcuno che può aiutarle, corrono a cercare questo aiuto. Ebbene, noi siamo cristiani, o almeno diciamo di esserlo! Siamo convinti - almeno in qualche parte nascosta del nostro cuore - che Cristo ci può aiutare e venire incontro. Pensate che nel mondo non esistano oggi persone come questo capo della sinagoga e questa donna inferma? Quanti attorno a noi sono davvero disperati, assetati di una parola di salvezza, di un senso da dare alla propria vita? Più di quanti possiamo immaginare! E il nostro compito come cristiani è PARLARE DI CRISTO! Non è necessario che ci mettiamo a suonare le trombe o a gridare in piazza. Basta mostrare a chi ci circonda che noi crediamo in un Signore che ci è amico e che ci ascolta, basta che diciamo di avere sperimentato nella nostra vita la forza della preghiera, e allora chi ha sete di Dio VORRÀ SAPERE. Ma non dimentichiamo che questa testimonianza è un compito che è affidato a ciascuno di noi.

Un'altra somiglianza che accomuna queste due storie di miracoli è che a entrambi viene richiesta una certa dose di pazienza. La donna ha atteso ben dodici anni prima della sua guarigione; Giairo, che ha fretta di condurre il Signore nella propria casa, deve attendere (immaginiamoci con quanta angoscia) che la folla si assiepi attorno a Gesù da ogni parte, facendolo ritardare fino al momento terribile della morte della figlia. Perché questi tormenti? Per accrescere la fede. Anche noi, se vogliamo che Cristo agisca nella nostra vita, dobbiamo avere abbastanza fede da lasciarlo agire nel momento che Egli conosce come il più opportuno, e non quando vorremmo noi, con la nostra visione limitata.

La donna in particolare (di cui la Santa Tradizione ci ricorda anche il nome, Santa Veronica, una delle prime donne che testimoniarono la parola di Gesù) sembra avere pagato un prezzo ben caro. Dodici anni di sofferenze che nessun medico ha potuto curare! Ebbene, ricordiamo che il sangue ha un importante senso rituale e simbolico nella Bibbia. Una persona afflitta da continue emorragie non poteva entrare nel Tempio a pregare, e pertanto questa donna era stata esclusa per tanto tempo, e considerata impura. L'emorragia è anche un'immagine molto efficace dei nostri peccati, che continuano a farci perdere forza, anche quando non ne siamo consapevoli, anche quando non lo ammettiamo a noi stessi. Ma questi anni di sofferenze hanno anche temprato la fede della donna: il passo parallelo del Vangelo di San Marco ci racconta i suoi pensieri segreti, la sua sicurezza di poter ottenere la guarigione toccando il lembo del mantello di Gesù. E di fatto la guarigione avviene.

Le parole di Cristo sono significative: questo "chi mi ha toccato?" in mezzo a una folla che lo circonda da ogni parte, ci fa capire come dobbiamo accostarci a lui. Non è importante solo avvicinarsi a lui, ma avvicinarsi a lui CON FEDE, riconoscendo in Lui il Signore della nostra vita: solo così, con la nostra attiva partecipazione, Egli potrà aprirci la via della salvezza.

Quanti peccati fanno sanguinare la nostra anima? Da quanti anni ci perseguitano? Non importa quanto siano gravi, il Signore ci è sempre di fronte a offrire il perdono. E anche se sentiamo di avere profondamente sbagliato, Egli ci accoglie comunque. Tocchiamo il Signore, pregandolo con fede, e i risultati di questa azione ci colmeranno di meraviglia.

In questa fede, che viene esaltata di fronte a tutta la folla, vediamo forse l'unica differenza essenziale tra le due figure della donna e di Giairo. Quest'ultimo non viene lodato, perché la sua fede non è altrettanto forte. E quanto è significativo questo brano, che ci dice che il capo della sinagoga (che pure è un uomo buono, che ha rispetto per Cristo) non ha tanta fede come una donna "impura" che soffre...!

Ma anche questa guarigione serve a rafforzare la fede di Giairo: avendo visto con i suoi occhi, e non più soltanto sentito dire, qual'è il potere di Cristo, egli è molto più preparato alla prova che ancora gli resta da affrontare: il dolore di una perdita improvvisa. Abbiamo bisogno anche noi di questo genere di consolazione, perché se anche vediamo cento volte attorno a noi i miracoli di Cristo, abbiamo ancora la tendenza a disperarci quando una tragedia ci colpisce di persona. A Giairo vengono ancora chieste umiltà e pazienza, e il desiderio di migliorare anche quando tutto sembra inutile. Pensiamoci, quando ci viene la tentazione (davvero diabolica) di "non disturbare il Maestro", perché tanto ci sembra che non riusciremo mai a liberarci dai nostri peccati.

Non importa quanto gravi possano essere i nostri peccati; non importa per quanti anni ce li siamo trascinati dietro come un'emorragia; non importa se ci sembrano tanto gravi e irrimediabili come la morte di una figlia: andiamo incontro a Cristo al di là di tutte le nostre illusioni, e tocchiamo con fede anche solo l'orlo del suo mantello, ed Egli ci guarirà secondo la nostra fede.

Amen.

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