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  Vescovo Petru Pruteanu: un'intervista a tre settimane dall'ordinazione

Intervista di Pavel Păduraru, "Jurnalul de Chişinău"

Teologie.net, 20 dicembre 2022

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Eccellenza, lei è stato eletto vescovo della Chiesa ortodossa russa, in un momento in cui la Russia ha scatenato una violenta guerra contro l'Ucraina, le cui conseguenze si fanno sentire anche in Moldova. Ciò ha causato molta delusione nella Repubblica di Moldova e in Romania. Come interpretare questo passaggio?

In genere, rimane deluso solo chi si illude e non sa come funzionano le cose nella Chiesa, dove la storia non si conta in mesi o anni, ma in secoli e millenni. Mi rendo conto che, nel contesto di una guerra così grande e violenta come quella in Ucraina, qualsiasi evento locale o globale rischia di essere correlato ad essa, soprattutto se le emozioni del momento prevalgono sul pensiero logico e apolitico. Non mi stupisce quindi che anche l'elezione di un vescovo, che non ha mai rinnegato o camuffato la propria identità etnica e linguistica, sia diventata per alcuni una "occasione per scherzare". La linea di fondo, tuttavia, è che la "follia" non è per il coinvolgimento nella politica ma, a quanto pare, per la mancanza di una certa posizione e attitudine politica. Quale altro atteggiamento ci si poteva aspettare da un sacerdote moldavo dall'estremità della terra, che ha nella sua comunità credenti di sette o otto paesi, di lingue e culture diverse, ma che egli ha mantenuto nella pace e nell'unità anche in questi momenti difficili? O anche questo approccio pacifista potrebbe essere uno stratagemma cospirativo? Se è così, allora anche in connessione con la guerra in Ucraina, dobbiamo considerare anche la non accettazione della Romania nell'area Schengen, e il cambiamento nel discorso pro o anti-Covid in tutto il mondo, e persino i risultati del Mondiali in Qatar, dove i grandi sostenitori dell'Ucraina sono stati rapidamente eliminati dalla competizione, ovviamente, "per volere del Cremlino". Ma spero che ogni persona onesta e razionale prenda le distanze da un approccio così fantasioso e "da sobborgo"...

Ma come è successo che lei ha studiato in Romania, ma poi è tornato in Moldova, in seno alla Chiesa russa e, infine, è finito in Portogallo, anche qui nella Chiesa russa?

Per chi non lo sapesse o se ne dimenticasse, io sono stato battezzato nella Chiesa russa, l'unica a quel tempo nella Repubblica socialista moldava, e nella stessa Chiesa sono stato ordinato diacono e sacerdote nel 2003. Sì, ho studiato e sono diventato monaco nella Chiesa ortodossa romena, dove ho molti amici e colleghi, ma nonostante i buoni risultati nell'insegnamento e qualche ricerca teologica originale, non mi è mai stato offerto alcun ministero attraverso il quale potessi dare un contributo sostanziale alla vita della Chiesa. In Moldova, invece, fin dal primo anno mi è stato offerto di insegnare in seminario, poi in facoltà, e dal 2007 al 2009 sono stato anche preside ad interim, mentre in Romania non mi è stato nemmeno offerto un posto di assistente universitario. Se avessi la mentalità di un "manelista", [1] probabilmente direi che sono stato tradito o umiliato, ma poiché non sono un "manelista", lascio parlare di tradimenti, frustrazioni e complessi altre persone, che hanno tutto il loro pensiero formattato solo in questi termini. Per me ciò che conta non è la giurisdizione (che comunque è relativa e umana), ma il diritto e la libertà di fare ciò che so e che posso fare! E, grazie a Dio, ovunque io sia stato finora, il mio diritto di scrivere e parlare non è stato limitato, e per me questo è essenziale.

Nel 2012, a seguito di circostanze davvero provvidenziali (da me percepite all'epoca un po' come un "esilio"), sono finito a prestare servizio in Portogallo, nella diocesi russa di Chersoneso (Korsun), che comprendeva Francia, Svizzera, Spagna e Portogallo, con sede a Parigi. Già nell'estate del 2018 il vescovo Nestor di Chersoneso mi aveva promosso vescovo vicario per la Spagna e il Portogallo, ma alla fina, dopo solo pochi mesi, egli stesso è stato inviato alla diocesi per la Spagna e il Portogallo (e promosso al rango di arcivescovo), ed è stato nominato un metropolita-esarca a Parigi. Dato che la Spagna e il Portogallo avevano allora circa 30 parrocchie, l'arcivescovo Nestor non aveva più bisogno di un vicario, e l'argomento della mia promozione aveva perso la sua rilevanza.

E come è tornata l'idea di un vescovo vicario, e perché proprio adesso, in piena guerra?

Il 7 giugno 2022 il metropolita Antonij Sevrjuk di Parigi ha preso il posto del metropolita Ilarion Alfeev di Volokolamsk, e l'arcivescovo Nestor è stato trasferito a Parigi, prendendosi nuovamente cura di Francia e Svizzera. Si è così ripresentata la necessità di un vicario per la Spagna e il Portogallo, tanto più che, nel frattempo, aumentava anche il numero delle parrocchie, e tra i fedeli della diocesi arrivavano molti profughi dall'Ucraina.

Non ho modo di sapere se l'uscita del metropolita Ilarion Alfeev dalla carica di capo delle relazioni ecclesiastiche esterne e la sua sostituzione con il metropolita Antonij il 7 giugno abbia o meno qualcosa a che fare con la guerra in Ucraina (lo stesso metropolita Ilarion nega tale connessione). Certo è che la mia elezione a vescovo vicario è solo una conseguenza secondaria di questi cambiamenti nella gerarchia occidentale, poiché, ripeto, l'ex arcivescovo di Spagna e Portogallo, vladyka Nestor Sirotenko, è stato nominato metropolita-esarca a Parigi, e in Spagna e il Portogallo aveva bisogno di almeno un vescovo vicario. Inoltre, ero l'unico ieromonaco della Penisola iberica con studi idonei per un tale ministero, e su richiesta di sua Eminenza Nestor, che mi ha sempre ispirato e mi ha dato fiducia e libertà, ho accettato questo servizio proprio perché non aveva alcuna connotazione politica e proveniva da una reale necessità pastorale e missionaria sentita da tempo.

Ha avuto incontri e discussioni con il patriarca prima dell'elezione?

Come previsto dal Regolamento sull'elezione dei vescovi della Chiesa russa, prima della mia presentazione al Sinodo, ho avuto un breve incontro con il patriarca Kirill e un altro con il nuovo capo delle relazioni ecclesiastiche esterne, il metropolita Antonij. In nessuno dei due incontri è stato toccato il tema della guerra, né mi sono stati fissati compiti od obblighi politici. Non si è parlato di "russkij mir", né di promuovere o difendere alcuna idea o ideologia, ma solo di evitare discussioni o dibattiti politici e di mantenere la pace e la buona comprensione tra tutti i credenti nelle nostre comunità, indipendentemente dalla lingua, dalla nazione e dalle visioni politiche. Francamente, ho avuto l'impressione che qualsiasi discorso politico o politico-religioso relativo a questa guerra o ad altre questioni correlate sia riservato a una cerchia ristretta di persone dell'"apparato patriarcale", perché se tutti i 400 vescovi della Chiesa russa fossero messi a parlare su tali argomenti, o fosse loro permesso di farlo, penso che il caos e la follia sarebbero molto maggiori.

E per placare anche i più sublimi teorici della cospirazione, voglio dire che non mi è stato chiesto o proposto di firmare alcun tipo di documento o impegno riguardo a qualcuno o a qualcosa. L'unico testo che ho firmato è stata la confessione di fede prima dell'ordinazione, che ho anche recitato pubblicamente (come è tradizione ortodossa universale), e in cui, a differenza del testo romeno della stessa confessione, manca l'impegno di lealtà verso un certo Paese o nazione. Quindi, da questo punto di vista, io sono più libero di qualsiasi vescovo romeno, che deve essere fedele a un presidente non romeno e non ortodosso.

Non era più opportuno, in questo contesto, non accettare l'ordinazione nella Chiesa russa?

Ho sentito opinioni secondo cui avrei dovuto rifiutare l'ordinazione per mano del patriarca Kirill. Ma non so di alcun vescovo romeno che, dopo l'anno 1453, abbia rifiutato l'ordinazione o la commemorazione del patriarca di Costantinopoli, anche se il patriarca era insediato e rimosso dal sultano ogniqualvolta lo voleva la "Porta ottomana", e ancora dietro forti pagamenti di denaro, e inoltre gli stessi patriarchi dovevano sostenere le campagne militari dei turchi contro i popoli ortodossi. Quando il patriarca Gregorio V di Costantinopoli appoggiò (indirettamente!) il movimento per liberare i greci dai turchi nel 1821, pur chiedendo perdono al Sultano, fu comunque impiccato alle porte del Patriarcato. Inoltre, tutti i patriarchi di Costantinopoli, dai quali dipendevano anche i metropoliti romeni fino al 1885, invitavano i greci e gli altri popoli balcanici a non protestare contro la Porta ottomana! Dov'erano i "confessori" romeni che ruppero con il Fanar e smisero di menzionare il patriarca di Costantinopoli? Inoltre, i vescovi romeni commemoravano i fanarioti e allo stesso tempo pregavano per la vittoria dell'esercito imperiale russo, che li avrebbe liberati dai turchi. Questa è storia e non possiamo negarla o dimenticarla. Pertanto, perché dovrei condannare o giudicare le dichiarazioni del patriarca Kirill, quando tutti gli altri patriarchi, incluso il patriarca Daniel, mantengono la comunione con lui e lo commemorano? Conosce qualche patriarca che ha interrotto la commemorazione del patriarca Kirill a causa delle sue dichiarazioni sulla guerra in Ucraina? C'è qualche patriarca che avrebbe detto che il patriarca Kirill ha perso la grazia del sacerdozio perché sostiene la guerra iniziata dal Paese in cui è nato, vive e serve?

Io, servendo in Occidente, prego per i leader del Paese in cui vivo e per il suo esercito, che è membro del blocco NATO; non prego per l'esercito russo, né per quello ucraino, e nemmeno per quello moldavo (quasi inesistente). Piaccia o no, devo pregare per l'esercito della NATO! Nella guerra russo-giapponese (1904-1905), il santo ierarca Nicola del Giappone, russo di nascita, pregò per l'esercito giapponese, mentre i vescovi in Russia pregavano per l'esercito russo. Allo stesso tempo, mantennero la comunione canonica ed eucaristica, e la Chiesa russa, nonostante la guerra persa dall'esercito russo, ha canonizzato san Nicola Kassatkin, considerandolo "l'apostolo del Giappone".

Quindi, senza dimenticare le lezioni storiche e lasciando da parte le emozioni del momento, ispirate anche da mass media servili, non confondiamo la politica con la vita della Chiesa e lasciamo che i sacerdoti e i vescovi facciano il loro lavoro. Come servo di Dio e della Chiesa, prego per la pace in tutto il mondo, condanno ogni guerra o aggressione e cerco, per quanto posso, di aiutare i senzatetto, i rifugiati, le vedove e gli orfani. Chi da me si aspetta rivoluzioni o proteste, ha sbagliato indirizzo...

Quali compiti rientrano nelle attribuzioni del vescovo di Caffa e vicario dell'Europa occidentale?

Innanzitutto voglio precisare che questo titolo "di Caffa", sebbene rappresenti il vecchio nome di una città della Crimea, non ha nulla a che vedere con la guerra in corso e con l'occupazione della Crimea da parte delle truppe russe nel 2014. Come si pratica anche nel Patriarcato di Costantinopoli, i vescovi ortodossi in Occidente portano spesso i titoli di città antiche, che un tempo erano centri diocesani, ma ora non lo sono più. Così, il metropolita di Parigi porta il titolo "di Chersoneso" (o Korsun), e il vescovo di Gran Bretagna ha il titolo "di Surozh". Già nel 2010, quando l'attuale metropolita di Korsun fu eletto vescovo vicario, gli fu dato lo stesso titolo "di Caffa", poi passato all'attuale vescovo diocesano di Vienna, e alla fine a me. Questi titoli onorifici rispettano solo formalmente la regola canonica di ordinare il vescovo solo per una città concreta e non senza destinazione. Anche nella Chiesa romena, per esempio, il vicario dall'Italia ha il titolo "di Bogdania", che è uno dei vecchi nomi della Moldova, ma questo non significa che sia un vescovo diocesano in Moldova, dove ci sono già due metropolie, una a Iasi e un'altra a Chişinău.

Come vescovo vicario, dovrò aiutare nel suo ministero il metropolita Nestor, che ormai supervisiona più di cento parrocchie sparse in quattro paesi. Servirò principalmente in Portogallo, ma anche nelle parrocchie moldave in Spagna e Francia, che sono poche, ma alle quali il metropolita Nestor presta particolare attenzione e rispetto per la loro identità, ritenendo assolutamente necessario avere un vescovo che le serva e che predichi in romeno. Sempre con questa missione c'è anche un vescovo moldavo in Italia, sua Eccellenza Ambrozie Munteanu.

Ho sentito il parere di alcuni cosiddetti "analisti", che hanno visto nella mia elezione un tentativo della Chiesa russa di rafforzare le proprie posizioni. Ma chiederei a coloro che dicono cose del genere: hanno visto un atteggiamento negativo o un complesso del Patriarcato di Mosca nel fatto che in Italia o in Spagna la Chiesa ortodossa romena ha circa cinque volte più parrocchie, molte delle quali sono formate da credenti della Moldova? È stata emessa una nota di protesta in relazione a questo, anche se alcuni vescovi della Chiesa romena hanno ricevuto diaconi o sacerdoti della Moldova senza dimissoriali canoniche? Quindi smettiamola con le invenzioni e le cospirazioni e vediamo come stanno realmente le cose. E fintanto che non ho dato alcuna reale opportunità di pensare che io stia facendo politica russa o sostenendo la guerra, davvero non capisco da dove vengano le delusioni e le accuse! Siamo diventati così malati spiritualmente da non credere più che ci siano nella Chiesa sacerdoti e vescovi onesti, che non confondono le cose di Cesare con quelle di Dio?

Infine, pensa che il suo rapporto con la Chiesa ortodossa romena potrebbe peggiorare?

Spero di poter conservare e ampliare il rapporto di amicizia con tutti gli ortodossi della diaspora, ma soprattutto con la Chiesa ortodossa romena e l'ambiente teologico romeno, con il quale ho sempre avuto un rapporto speciale. Dopo la mia elezione e ordinazione al rango episcopale, ho ricevuto le congratulazioni da diversi vescovi romeni, e alcuni mi hanno persino invitato a concelebrare con loro – cosa assolutamente naturale tra i vescovi ortodossi, indipendentemente dalla giurisdizione e dalla lingua, ma ancora di più tra i vescovi che parlano la stessa lingua. Da parte del Patriarcato di Mosca non ci sono divieti o riserve a servire o collaborare con altri vescovi canonici ortodossi, se anche loro, ovviamente, lo desiderano. Spero che nella Chiesa ortodossa romena ci sia e ci sarà lo stesso atteggiamento... Purtroppo, però, ci sono anche alcuni vescovi, sacerdoti e fedeli della Chiesa ortodossa romena che, soprattutto di recente, danno alcuni segnali di ostilità, e credono che, sull'onda della russofobia (parzialmente giustificata) in Europa, potrebbero aumentare la loro influenza soprattutto tra i moldavi. Ma non si può liberare qualcuno dalle reti di una politica trascinandolo nelle reti di un'altra o ricattandolo emotivamente. Non molto tempo fa, una comunità romena in Occidente, venendo a conoscenza che una comunità di moldavi e ucraini (capeggiata da un sacerdote della metropolia di Chişinău), voleva fondare una parrocchia in quella città, ha invitato la comunità cattolica e la società civile della zona a non dare la chiesa agli "agenti di Mosca" e ai "sostenitori di Putin". Al di là del fatto che sui social romeni si vedono più sostenitori di Putin e critici di Zelenskij di quanti se ne vedano in Moldova, spero che tutte queste momentanee emozioni passino il prima possibile, e che le persone, indipendentemente dalla loro nazione, dalla loro lingua e dal luogo in cui vivono, inizino a pensare razionalmente e costruiscano il loro rapporto con il prossimo sulla base del messaggio evangelico, non su frustrazioni complesse e aspirazioni imperialiste, e seppure su allarmismi cospiratori estranei allo spirito dell'Ortodossia.

Nota

[1] Le "manele" sono un genere musicale popolare di derivazione turca tipico della Romania, tradizionalmente suonato dagli zingari. Sono spesso criticate come una forma di sottocultura a causa delle vanterie dei cantanti e di alcune espressioni volgari. (ndt)

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