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  Perché gli ortodossi pregano per i loro defunti devoti?

di padre Lawrence Farley

Orthochristian.com, 29 aprile 2025

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A volte mi chiedono perché noi ortodossi preghiamo per i nostri cari defunti, che erano devoti cristiani ortodossi. Abbiamo forse paura che in qualche modo "non ce la facciano"? Pensiamo forse che con le nostre preghiere possiamo portarli dall'inferno al paradiso? Negli ambienti evangelici protestanti la nostra tradizione di pregare per i nostri defunti cristiani non ha senso: credono che alla morte si entri all'inferno perché dannati o in paradiso perché salvati e che non ci sia nulla che nessuno sulla terra possa fare al riguardo. La salvezza consiste nell'essere salvati in paradiso e coloro che sono salvati in paradiso non hanno bisogno di altro, e soprattutto non di noi qui sulla terra. Allora perché preghiamo per loro?

Una risposta breve è: perché i cristiani lo hanno sempre fatto. Ma qui dobbiamo fare attenzione a non interpretare in modo anacronistico la preghiera per i defunti della Chiesa primitiva con interpretazioni successive, come la concezione occidentale del Purgatorio, che non raggiunse la sua forma definitiva in Occidente fino al XII secolo. La pratica della preghiera per i defunti devoti della Chiesa primitiva si basava su un fondamento molto diverso.

Questa pratica appare nella storia molto presto. La preoccupazione per il destino finale dei defunti si ritrova persino in san Paolo, quando espresse preoccupazione per il suo amico defunto Onesiforo: "Il Signore conceda misericordia alla famiglia di Onesìforo, perché egli mi ha più volte confortato e non s'è vergognato delle mie catene; anzi, venuto a Roma, mi ha cercato con premura, finché mi ha trovato. Gli conceda il Signore di trovare misericordia presso Dio in quel giorno" (2 Tim 1:16-18). Era più un desiderio che una vera e propria preghiera, ma rivelava che Paolo sentiva che la sua preoccupazione terrena per Onesiforo avrebbe potuto trovare risposta nell'Ultimo Giorno.

Tale preoccupazione avrebbe trovato espressione in preghiere concrete nei giorni a venire. Un epitaffio del vescovo Abercio di Hierapolis (m. ca. 167) invita chiunque "comprenda e creda a pregare per Abercio". Al tempo di san Cirillo di Gerusalemme (m. 386), la preghiera per i defunti cristiani era diventata un elemento fondamentale della devozione cristiana da aver trovato posto nell'anafora, la preghiera eucaristica che consacra il pane e il vino a diventare il corpo e il sangue di Cristo. Come affermava Cirillo nelle sue Catechesi mistagogiche, in cui spiegava la Liturgia ai neobattezzati: "Commemoriamo poi anche quelli che si sono addormentati... credendo che ciò sarà di grandissimo beneficio per le anime di coloro per i quali la nostra supplica è offerta al cospetto del santo, tremendo Sacrificio [cioè l'Eucaristia]".

Si comprese fin da subito che i defunti cristiani erano con il Signore e vivevano in pace. Per citare Padre Alexander Schmemann, "La Chiesa primitiva viveva nella quieta e gioiosa certezza che coloro che si erano addormentati in Cristo erano vivi. O, per citare un'altra formula antica, dimoravano 'dove la luce del volto di Dio risplende su di loro'" (dalle sue Lezioni sulla Liturgia della Morte).

Questa fiducia la riscontriamo in alcune delle prime testimonianze cristiane: nell'arte funeraria delle catacombe, dove i cristiani spesso seppellivano i loro defunti. Per citare ancora Schmemann, "Lì il tema principale e quasi esclusivo di quell'arte non è la morte, né l'aldilà, ma piuttosto... i simboli del battesimo... Il battesimo è la 'morte della morte'... la nascita alla nuova vita in Cristo, la vita in cui la morte non ha più potere".

Ancora più significative sono le iscrizioni e i graffiti rinvenuti sulle tombe dei cristiani che recitano "ora pro nobis" – "prega per noi". Questa richiesta dei defunti di pregare per i vivi non era limitata ai martiri o ai santi canonizzati, ma veniva rivolta a tutti i cristiani defunti. La distinzione tra il santo a cui si rivolge la preghiera e il cristiano defunto "medio" per il quale si pregava non era ancora sorta, né avrebbe potuto esserlo, dato che tutti i cristiani condividevano allo stesso modo il glorioso riposo in Cristo. Tutti i cristiani erano santi, non solo i martiri.

Per citare ancora una volta Schmemann: "È un fatto accettato che la Chiesa primitiva non sapesse nulla della nostra distinzione tra santi glorificati o canonizzati e membri 'ordinari' della Chiesa... La separazione dei corpi dei martiri per una speciale venerazione liturgica non era quindi radicata in una specifica opposizione tra santo e non santo, ma nella fede della Chiesa primitiva che Cristo apparve e si rivelò nel martire in un modo speciale, rendendo testimonianza attraverso il martire del suo potere e della sua vittoria sulla morte" (dalla sua Introduzione alla teologia liturgica).

Quindi, ovviamente, la Chiesa primitiva non considerava i suoi devoti defunti bisognosi dell'aiuto di coloro che erano ancora sulla via per raggiungere la salvezza. Perché allora pregavano per loro (e noi)? In una parola: perché siamo tutti un solo corpo in Cristo, uniti in un abbraccio di preghiera e intercessione reciproca che nemmeno la morte può spezzare. Come avrebbe potuto, dal momento che la morte era stata abolita dalla morte e risurrezione di Cristo? Tutti i cristiani pregano gli uni per gli altri qui sulla terra e continuiamo a farlo dopo la morte. I defunti pregano per noi (da qui il graffito "ora pro nobis" inciso sulle loro tombe) e noi preghiamo per loro.

Possiamo vederlo più chiaramente se trasferiamo l'intero dibattito dall'accesa arena delle polemiche allo spazio più silenzioso del cimitero dove giace sepolta una persona cara. Immaginatelo: la persona amata – forse un figlio scomparso prematuramente a causa del cancro o un genitore anziano morente per insufficienza cardiaca – giace appena sepolta. Le lacrime hanno accompagnato la sua dipartita, sia le lacrime del morente per aver lasciato la sua cara famiglia, sia le lacrime della famiglia addolorata per la sua imminente assenza. Cosa c'è di più naturale, umano e appropriato della preghiera per i defunti? Abbiamo pregato per loro mentre vivevano sulla terra e continueremo a farlo dopo che ci avranno lasciato per il Regno.

Sappiamo che i defunti non dimenticheranno la loro famiglia, ma pregheranno per loro presso il trono di Dio. La famiglia, da parte sua, non può dimenticare il proprio caro e lo affiderà a Dio, chiedendogli di asciugare le loro lacrime di dolore e di donare loro pace, riposo e gioia con lui nel suo Regno.

Questo è il desiderio di ogni cuore amorevole, l'inevitabile risposta del cristiano alla morte dei propri cari. Non pregano per raggiungere il Signore, perché sanno dal Vangelo che essere assenti dal corpo significa essere a casa con il Signore (2 Cor 5:8). Pregano perché desiderano che il Signore asciughi le lacrime della persona cara e lenisca il dolore della sua dipartita.

E così farà: leggiamo dei morti devoti in Ap 7:15-17, che dice: "Essi sono davanti al trono di Dio e gli servono giorno e notte nel suo tempio; e colui che siede sul trono stenderà il suo tabernacolo su di loro. Non avranno più fame né sete; non li colpirà più il sole né arsura alcuna, perché l'Agnello che sta in mezzo al trono sarà il loro pastore e li guiderà alle sorgenti delle acque della vita; e Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi".

Questo è ciò che chiediamo quando preghiamo per i nostri devoti defunti. In questa vita hanno faticato con noi in una valle di lacrime, accumulando dolore, ferite e sofferenze. Alla loro dipartita li affidiamo a Dio, chiedendo che Egli lenisca il loro dolore e la loro sofferenza terrena e guarisca tutte le loro ferite. Chiediamo che Cristo conceda loro questo riposo "in un luogo di luce, un luogo di refrigerio, un luogo di riposo, dove ogni malattia, dolore e gemito sono fuggiti", un luogo "dove la luce del volto di Dio risplende su di loro". Tutti i cuori addolorati e amorevoli desiderano questo per i loro cari. La Chiesa assicura loro che le loro preghiere per questo troveranno risposta nella misericordia di Dio.

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