
Assieme a Ostrov ("L'isola", 2006) di Pavel Lungin, il più famoso film ortodosso dell'ultimo decennio è verosimilmente Pop (2012), di Vladimir Khotinenko (lo stesso regista di 1612: Khroniki smutnogo vremeni, che abbiamo avuto modo di recensire su queste pagine).
Il film racconta la storia di un sacerdote immaginario, padre Aleksandr Ionin (ma basato sulla figura e sui diari di un prete molto reale e quasi omonimo, padre Aleksej Ionov), che assieme alla moglie Alevtina è chiamato a prendere parte alla Missione ortodossa di Pskov durante l'occupazione nazista dei paesi baltici e della Russia nord-occidentale, tra il 1941 e il 1944.
Il film è un tentativo di far conoscere gli eventi di un contesto storico molto delicato e controverso, e va visto con attenzione e comprensione, a cominciare dal suo stesso titolo. "Pop" (che nel mondo di lingua inglese è stato tradotto – ed effettivamente anestetizzato – con "The priest", ovvero il prete, il sacerdote) è un nome che indica una visione sprezzante della figura sacerdotale, nel modo in cui il termine "pope" era stato svilito dai bolscevichi. In tale visione, non sarebbe sbagliato tradurre il titolo del film come "Il pretaccio", e non c'è dubbio che i sacerdoti della Missione di Pskov, presi tra l'incudine e il martello del nazismo e del comunismo, venissero visti e trattati come tali.
Il film nasce da una sponsorizzazione quanto mai singolare: la stessa Chiesa ortodossa russa, che nella persona del patriarca Alessio II (il cui padre aveva servito come prete nell'Estonia occupata dai nazisti) aveva cercato di far narrare la storia di quegli eventi in una prospettiva meno parziale.
La Missione ortodossa di Pskov (o per usare il termine ufficiale, la "Missione ortodossa nelle regioni liberate della Russia") in cui i nazisti permisero al metropolita Sergio (Voskresenskij) di inviare sacerdoti a riaprire le chiese russe chiuse dai sovietici, fu da una parte un capolavoro di abilità diplomatica (fino al dettaglio non indifferente di far rimanere i preti della missione sotto l'autorità canonica del patriarcato di Mosca), ma d'altra parte fu oggetto di una storiografia falsata e ingiusta. Le fonti tedesche o anticomuniste presentarono la missione come un successo senza precedenti di ritorno del popolo russo alla fede ortodossa (di fatto il successo fu piuttosto modesto, poiché la missione agiva tra popolazioni sottoposte a oltre un ventennio di propaganda dell'ateismo), mentre le fonti sovietiche furono compatte nel denunciare tutto il movimento come un bieco episodio di collaborazionismo. Lo stesso spirito inquieto di opposizione senza compromessi si può vedere anche nella maggior parte delle critiche al film. Il vespaio di polemiche era prevedibile, partendo da posizioni tanto preconcette: ci limitiamo a ricordare che il film è il primo tentativo di narrare sullo schermo le vicende della Missione ortodossa di Pskov "viste dall'interno".
La trasformazione del nome del prete da Aleksej ad Aleksandr si capisce alla luce del santo patrono della chiesa restaurata al culto. Anche Aleksandr Nevskij (ricordato non solo dall'icona della chiesa, ma anche dalla proiezione dell'omonimo film anti-tedesco di Eisenstein, nella chiesa trasformata in centro culturale nei tempi sovietici) è un personaggio che visse appieno una dicotomia tra Occidente e Oriente e la scelta tra due tipi diversi di invasione. La scelta tra tedeschi e tartari nella Russia del granduca Aleksandr non è tutto sommato diversa dalla scelta tra tedeschi e sovietici nella Russia di padre Aleksandr, e fa capire la decisione di quest'ultimo di non sostenere nessuno (come dice a un certo punto: "Né i nazisti né i bolscevichi sono eterni. Solo Cristo è eterno").
L'attore che interpreta padre Aleksandr, Sergej Makovetskij (che così come il regista ha ricevuto un'alta onorificenza dalla Chiesa ortodossa russa), secondo alcuni critici interpreta il suo ruolo tanto bene da essere più credibile di molti veri preti. Ma il suo punto di vera forza non sta tanto nel carattere positivo del personaggio, quanto nel grado quasi eroico della sua interazione tra le differenti forze in gioco: La gerarchia ecclesiastica sotto pressione nazista (a Riga) e comunista (a Mosca), la Wehrmacht (impersonata dall'ufficiale russo-tedesco – e ortodosso – Ivan Freihausen), la polizia collaborazionista, i partigiani e l'esercito sovietico.
Nello stile tipico di Khotinenko, il film cerca di mettere insieme diversi elementi narrativi, incluse scene di follia e un paio di storie d'amore, con un poco dell'indulgenza per i temi fiabeschi e surreali (una scena in cui padre Aleksandr è visto attraverso gli occhi di una mosca, e una più lunga sequenza onirica) che costellavano 1612.
Quale che possa essere la sua valutazione storica e cinematografica, e anche tra le persone non particolarmente interessate ai difficili anni descritti nel film, Pop rimane uno dei più interessanti veicoli per far conoscere al grande pubblico lo spirito della fede cristiana ortodossa.
Video del film con sottotitoli in italiano

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