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  La vita di un prete nelle foreste russe

Storia del sacerdote Ioann Pogorelov, preparata da Ariadna Nefedkina

Orthochristian.com, 11 ottobre 2023

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"Aria fresca, natura, panorami meravigliosi, niente trambusto, serenità e persone amichevoli intorno: cos'altro ti serve per essere felice? La vita rurale è una favola, soprattutto se sei un prete", come credono in molti.

Grazie al nostro viaggio nel nord della Russia nell'ambito del progetto giovanile volontario "Terra natia" del monastero Sretenskij di Mosca ho incontrato padre Ioann Pogorelov, rettore della chiesa del monaco martire Veniamin (Kononov) del monastero di sant'Antonio di Sija, situato nel villaggio di Brin-Navolok, nella regione di Arkhangelsk. Siamo diventati amici e dopo il mio ritorno a Mosca abbiamo iniziato a corrispondere. Le mie impressioni su ciò che avevo visto durante la spedizione sono state così grandi che ho deciso di chiedere a padre Ioann di interrogarsi sulla sua vita in questa remota parte del nostro paese, e così è nato questo articolo.

La vita di campagna è davvero così attraente per i chierici, e se sì, perché? Padre Ioann proviene dalla capitale settentrionale del nostro paese: San Pietroburgo. Si è laureato al Seminario teologico di San Pietroburgo, dopo di che si è trasferito ad Arkhangelsk, dove è stato ordinato sacerdote. Questo è stato l'inizio della sua affascinante storia nel Nord.

"Il mio viaggio a Brin-Navolok è passato prima attraverso una grande città, poi due anni di servizio in una città più piccola, e poi, provvidenzialmente, sono finito qui. Così il Signore mi ha gradualmente preparato per il ministero e la vita di un villaggio", racconta il sacerdote Ioann Pogorelov.

Dopo essersi diplomato in seminario e aver vissuto a Mosca, il prete è stato invitato ad andare ad Arkhangelsk e ha accettato volontariamente, non sapendo assolutamente nulla di questa città e del suo modo di vivere.

"Naturalmente io e mia moglie eravamo preoccupati, perché stavamo facendo un passo verso l'ignoto. Ma ho deciso di andare in una zona rurale perché volevo davvero capire come vivesse la gente comune lontano dalla capitale. A quel tempo credevo che Arkhangelsk fosse l'estremo limite della civiltà. Allora non sapevo di Brin-Navolok", sorride il prete.

Il suo ministero ad Arkhangelsk differiva da quello che padre Ioann aveva sperimentato a San Pietroburgo.

"Una grande città, dove hai una parrocchia a tutti gli effetti, assistenza finanziaria e altri benefici, ti fa dimenticare tutte le difficoltà della vita. Tuttavia, quando ci si sposta in una zona remota, si comincia a pensare più alla sfera spirituale che a quella materiale", ammette il sacerdote.

Ad Arkhangelsk è accaduto un evento molto significativo nella vita del sacerdote: la sua ordinazione a diacono.

"Quel giorno mi sono commosso fino alle lacrime e ho provato una sensazione indescrivibile. Mi sentivo di nuovo un neofita; c'era un desiderio sincero di pregare con molto fervore e di tendere alla santità (poi mi hanno spiegato che molti preti hanno lo stesso sentimento dopo l'ordinazione), e lo ricordo ancora..."

Dopo tre anni ad Arkhangelsk, la vita imprevedibile e spaventosa in un villaggio attendeva padre Ioann e sua moglie Taisija, una vita di cui non sapevano nulla.

"Quando siamo arrivati a Brin-Navolok, ci è stata immediatamente mostrata la chiesa dove avrei dovuto servire. Naturalmente, a prima vista, questo posto non potrebbe essere definito una chiesa. Era un piccolo edificio, più simile a una casa. Non c'era nulla su di esso che indicasse il suo vero scopo. Siamo rimasti molto sorpresi e abbiamo cominciato a preoccuparci molto", ricorda padre Ioann.

La famiglia del sacerdote è stata accolta solo da due parrocchiani: Svetlana Pavlovna e Alevtina Vasil'evna, e hanno anche detto al sacerdote che la parrocchia era composta da cinque o sei persone:

"Quando mia moglie ed io abbiamo sentito questo, siamo stati presi dalla paura: non ci aspettavamo che dopo aver vissuto a San Pietroburgo, Mosca e Arkhangelsk avremmo dovuto affrontare problemi di tale portata..."

Non è spaventoso vivere in un villaggio ed essere rettore di una chiesa, ma vivere in un villaggio ed essere rettore di una chiesa che in epoca sovietica era un ufficio, e gli attuali parrocchiani sono i suoi ex dipendenti, non è un compito facile.

"Molti di questi parrocchiani ancora non riescono a riprendersi e vengono in questa chiesa per i servizi semplicemente perché il loro passato non dà loro pace".

Naturalmente non si parlaava di entrate dalla parrocchia: "Padre, noi non abbiamo soldi, ma lei non soffrirà la fame!" Queste sono state le prime parole delle parrocchiane di Brin–Navolok.

"Quando ho chiesto dove avremmo vissuto io e mia moglie, ci hanno detto che questa 'chiesa-ufficio' aveva ben quattro celle, una cucina e perfino un grande refettorio: 'Scegliete una cella qualsiasi e viveteci!' Non c'è da stupirsi che fossimo spaventati..."

Non più di cinque parrocchiani partecipavano alle funzioni anche nelle grandi feste. Le condizioni di vita erano pessime: il vecchio pavimento era traballante, il riscaldamento era offerto da una stufa a legna, e al posto della chiesa c'era una stanza destinata ai servizi, senza altare né tante altre cose necessarie.

"Allora abbiamo ceduto alla disperazione, non capendo come continuare a vivere. Volevamo essere trasferiti altrove, ma dopo un po' è arrivata l'umiltà e abbiamo messo tutto nelle mani del Signore. Col tempo, mi sono reso conto che il Signore ci indirizza dove c'è più bisogno di noi: vede tutto; il Signore è il nostro medico e noi siamo i suoi strumenti. Il clero delle parrocchie non è cambiato dai metropoliti, come molti pensano, ma dal Signore. Solo lui sa quando una parrocchia ha bisogno di un nuovo 'strumento'. Ho capito che il Signore non abbandona mai chi prega e comunica sinceramente con lui: lo visita sempre, lo ascolta e lo aiuta al momento opportuno. In modo inaspettato e sempre sorprendente hanno cominciato ad apparire nella mia vita e nella vita della parrocchia persone dalle quali è venuto l'aiuto nei momenti più necessari".

Col tempo la parrocchia ha cominciato a crescere e ppadre Ioann e sua moglie hanno fatto tutto ciò che era in loro potere per ispirare le persone a venire a pregare:

"Il Signore ci mette tutti alla prova. Vuole che ereditiamo il Regno dei Cieli, e se ci limitiamo a sederci comodamente su un divano e non facciamo nulla, come faremo a ottenerlo?"

La chiesa ha cominciato ad avere un aspetto diverso. La vecchia iconostasi è stata restaurata, sono apparse alcune nuove icone, tra cui l'icona principale della chiesa del venerabile martire Veniamin, dipinta grazie alla donazione di una persona premurosa. Su richiesta dei nostri parrocchiani nella chiesa è apparso un vero portacandele (prima i parrocchiani mettevano le candele nella sabbia). Taisija è divenuta la direttrice del coro e ha organizzato le prove di canto per i parrocchiani. Sebbene non ci siano professionisti nel coro, gli inni suonano caldi e puri in modo familiare.

Ben presto hanno iniziato a ringraziare il sacerdote per il suo impegno e la sua cura per la parrocchia:

"I parrocchiani dicevano: 'Come è insegnante, tale è l'allievo'. Certo, questo detto è in parte vero, ma sono sicuro che tutto ha cominciato a svilupparsi in questo modo solo grazie a Dio e agli stessi parrocchiani. Sono loro che portano calore e intimità a questa parrocchia, lavorano e pregano insieme a noi. Non ho mai cercato di attirare le persone a me, ma ho cercato di convertirle a Dio".

Ecco le parole che padre Ioann ha detto ai parrocchiani nel suo primo sermone: "Voi e io dobbiamo diventare una famiglia unita, un tutto, un gregge davanti a Dio, e questo è il mio obiettivo".

E così è, infatti. Osservando la comunicazione tra il sacerdote e i parrocchiani, ho visto affetto, sostegno e comprensione da entrambe le parti; erano davvero membri di un'unica famiglia, e l'ex "ufficio" si è trasformato in una chiesa dove due o tre sono riuniti nel nome di Cristo (cfr Mt 18:20).

Ora padre Ioann ha un compito difficile: costruire una nuova chiesa sul sito della "chiesa-ufficio". Il compito è davvero difficile e richiede molto tempo, impegno e denaro. Il sacerdote però non si scoraggia:

"Molti centesimi fanno un rublo, e molti tronchi fanno una chiesa per Brin-Navolok".

Credo che il Signore non abbandonerà padre Ioann in una così bella impresa e tra pochi anni le cupole della nuova chiesa risplenderanno sul paese.

Voglio concludere la mia storia con le parole di padre Ioann:

"Quando un giovane entra in seminario, deve capire fin dall'inizio che può essere mandato in qualunque buco dimenticato da Dio, e deve essere preparato a sapere che non dovrà lasciarsi guidare solo dalla letteratura e dalla conoscenza che gli è stata insegnata in seminario, ma dovrà lavorare anche con le mani".

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