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  Il tema dell'autocefalia è l'unico degno di un Concilio pan-ortodosso

del vescovo Irinej di Bačka

Orthochristian.com, 4 ottobre 2021

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Nella sua presentazione alla conferenza "Ortodossia nel mondo: primato e conciliarità alla luce dell'insegnamento dogmatico ortodosso", il vescovo Irinej di Bačka, della Chiesa ortodossa serba, ha toccato uno dei temi più delicati delle relazioni inter-ortodosse, ovvero, il problema dell'autocefalia.

Vostra Santità,

vostre Eminenze e Grazie,

miei cari fratelli vescovi,

onorevoli padrisacerdoti e monaci,

cari fratelli e sorelle,

credo che il tema dell'unità della Chiesa e della conciliarità dovrebbe assolutamente includere il tema dell'autocefalia, poiché l'autocefalia come struttura dell'ordine ecclesiale nel corso dei secoli dovrebbe essere l'affermazione e il rafforzamento della conciliarità e dell'unità della Chiesa, mentre di fatto è diventato un muro di tentazioni e un ostacolo. Non solo non serve la causa del rafforzamento della fede ortodossa e della crescita del corpo della Chiesa ortodossa universale, ma soprattutto non serve il fine soteriologico della salvezza delle anime dei fedeli; al contrario, purtroppo, è oggi utilizzata come arma e mezzo per la distruzione dell'unità della Chiesa, mirando a ridefinire l'ecclesiologia ortodossa.

Il disordine canonico, l'anarchia canonica, l'interferenza e l'intervento nel territorio canonico delle altre Chiese ortodosse locali hanno già ricevuto un pietoso trattamento giustificatorio quasi teologico. L'aspetto pastorale e la prospettiva soteriologica della missione della Chiesa nel mondo perdono la loro rilevanza e sono addirittura ignorati. Tutto questo sta accadendo sotto i nostri occhi ed è dimostrato nel nostro tempo dal triste modo in cui si è comportato il Patriarcato di Costantinopoli – la nostra Chiesa madre –, che purtroppo ha dimenticato cosa significhino realmente la cura e l'amore materni.

Se esaminiamo l'autocefalia ecclesiastica nella prospettiva storica, nel contesto di tutti gli eventi della storia della Chiesa, possiamo trovare varie definizioni e teorie su cosa sia effettivamente l'autocefalia, che cosa comporti, quali sianole condizioni per concederla e riceverla e così via. Cento anni fa il celebre Sergej Aleksandrovich Troitskij, che considero un teologo sia russo che serbo, scriveva della situazione odierna nella terra d'Ucraina come se fosse testimone di questi eventi. E, come san Sofronij (Sakharov), esprimeva la sua profonda preoccupazione per le azioni e le teorie sorte un secolo fa a Costantinopoli e che, purtroppo, sono oggi utilizzate dai più illustri teologi della Chiesa di Costantinopoli per giustificare le proprie azioni.

Dalle varie definizioni e descrizioni del concetto di autocefalia possiamo trarre una conclusione molto semplice: l'autocefalia è il diritto dei vescovi di un unico territorio ecclesiastico di convocare il proprio concilio episcopale indipendente e di scegliere il proprio primate, la cui elezione non è soggetta alla confermazione o al consenso di un centro ecclesiastico superiore, ma è accettata da tutte le Chiese ortodosse. Tutti gli altri elementi e aspetti dell'autocefalia sono di secondaria importanza: non è così importante chi commemora chi, se il santo miro è preparato in modo indipendente o se è ricevuto da Costantinopoli: questi sono solo dettagli che non definiscono l'essenza dell'autocefalia. In questo senso, l'autocefalia, specialmente quella che sorge a seguito di una grave crisi – una crisi che potrebbe essere risolta dalla pratica ecclesiastica in generale – avrebbe dovuto essere l'argomento del Concilio pan-ortodosso di Creta. Le Chiese ortodosse serba e russa hanno proposto e chiesto che questo tema fosse discusso al Concilio. Direi anche che questo argomento avrebbe dovuto essere l'unico argomento per un Concilio pan-ortodosso. Un concilio non è mai stato simile a una conferenza accademica o teologica. I concili hanno sempre esaminato i problemi, specialmente le eresie o le violazioni canoniche, che minacciavano l'unità della Chiesa. Purtroppo, già nelle prime fasi della preparazione del Concilio di Creta, negli anni '60, è stato redatto un catalogo contenente 105 argomenti diversi, che sono troppi anche per una semplice conferenza. E solo verso la fine sono stati annunciati diversi argomenti che riguardavano più o meno le sfide, le prove e le tentazioni che incontra l'Ortodossia universale.

Sul tema dell'autocefalia e del tema dell'autonomia ecclesiastica si è lavorato per due o tre decenni negli incontri pan-ortodossi e nelle conferenze preconciliari, a conclusione dei quali è stato adottato un testo pan-ortodosso dove, purtroppo, c'era solo una questione su cui c'era disaccordo: i mezzi per firmare un documento comunemente accettato (cioè un Tomos). E quando a Chambésy nelle sessioni preliminari abbiamo iniziato a toccare il tema dell'autocefalia, il presidente ci ha detto in modo freddo e duro che siccome era stato perso tanto tempo su altri temi (anche se a volte non erano così importanti), non c'era tempo per il tema dell'autocefalia e che questo non sarebbe stato all'ordine del giorno. E, come ha giustamente notato sua Santità il patriarca Kirill, è stato per questo motivo (anche se non posso affermarlo) che questo argomento è stato deliberatamente rimosso dall'ordine del giorno, e quindi se il Concilio avesse adottato una posizione comune ortodossa riguardo all'autocefalia, come era stato caso per decenni, allora ciò avrebbe impedito i tragici eventi avvenuti a seguito dell'ingerenza anticanonica di Costantinopoli nelle vicende della vita interiore della Chiesa ortodossa russa in terra di Ucraina.

Il concetto di autocefalia si è sviluppato nel corso dei secoli. Come è noto, al tempo degli apostoli ogni Chiesa locale era la pienezza della Chiesa cattolica, vale a dire la presenza di tutta la Chiesa cattolica in un determinato luogo e in un certo tempo come pienezza di la grazia dello Spirito Santo nella comunione del vescovo, dei sacerdoti e dei laici del popolo fedele di Dio.

Per ragioni pratiche, con la crescita della Chiesa e della sua missione nel mondo è stato necessario organizzare un sistema di cosiddette metropolie. Durante il periodo dei Concili ecumenici, in particolare fino al quarto Concilio ecumenico, c'erano più di cento metropolie autocefale all'interno dell'Impero romano. Ma esistevano anche metropolie al di fuori dei suoi confini, ed è fondamentale tenere presente che alcune Chiese situate oltre i confini dell'impero bizantino o romano erano anche più antiche della Chiesa di Costantinopoli. Di conseguenza, si sviluppò un sistema che proponeva che diverse diocesi potessero entrare a far parte di un'unica metropolia, mentre diverse metropolie potevano formare un'unità più ampia nota come esarcato. Il quarto Concilio ecumenico cita il cosiddetto esarca della diocesi. Secondo alcune interpretazioni, questo è il patriarca di Costantinopoli, ma penso che questo sia improbabile. Aderisco all'opinione di chi crede che l'esarca di queste diocesi fosse il primate di una struttura ecclesiastica molto ampia.

Al quarto Concilio ecumenico e in seguito si affermò definitivamente il sistema patriarcale delle Chiese autocefale, con cui si intendeva la pentarchia (le cinque Chiese apostoliche antiche) e altre Chiese, per esempio le Chiese di Armenia e Georgia, che si trovavano al di là dei confini dell'Impero o che erano solo in parte al suo interno, e che vissero e si svilupparono senza la pentarchia.

Il destino di questo sistema di struttura e organizzazione ecclesiastica cambiò radicalmente dopo la caduta di Costantinopoli, quando l'Impero ottomano divenne l'erede della caduta Bisanzio. Il sultano nei suoi numerosi titoli fu chiamato anche "imperatore dei romani", ritenendosi loro legittimo erede. E fu in questa veste che in base alle sue convinzioni musulmane concesse al patriarca di Costantinopoli diritti e poteri di cui questi non godeva nemmeno sotto l'Impero romano cristiano. Il patriarca di Costantinopoli divenne un cosiddetto etnarca (millet-bashi) che non solo aveva la cura pastorale dei cristiani ortodossi all'interno dell'Impero ottomano, ma esercitava anche potere politico su di loro: poteva persino riscuotere le tasse per il sultano senza la partecipazione diretta delle autorità e dei burocrati turchi.

Quindi, in quei tempi possiamo vedere la nascita di alcune delle idee che hanno preso forza nel ventesimo secolo, come abbiamo già detto. Siamo giunti a questa conclusione sulla base della storia dei Tomoi che Costantinopoli concesse alle Chiese autocefale o del riconoscimento dello status di autocefalia della Chiesa georgiana; infatti, nessuno può dire che non abbia mai avuto l'autocefalia, anche se sono state trovate formule per non menzionare l'effettiva concessione dello status di autocefalia ma semplicemente la conferma dell'autocefalia da parte della Chiesa di Antiochia alla Chiesa georgiana.

Nel periodo tra il XV e il XVI secolo, quando la Chiesa ortodossa russa ha ricevuto l'autocefalia, possiamo rintracciare il rafforzamento della nozione che Costantinopoli ha sovranità sul tema dell'autocefalia e che decide unilateralmente e autocraticamente l'estensione di ogni status autocefalo e in che modo esso sia da concedere. In questo senso, il Patriarcato di Costantinopoli in seguito avrebbe limitato sempre di più l'autocefalia. Possiamo dire che l'autocefalia ricevuta dalla Chiesa russa era completa, genuina e autentica. Simili a questa erano l'autocefalia delle Chiese serba e bulgara e un certo numero di altre, per esempio, la Chiesa romena. Altre autocefalie successive furono limitate, e col tempo si è finiti con la cosiddetta "autocefalia" della Chiesa ortodossa dell'Ucraina (sarebbe meglio dire la "pseudo-Chiesa"), dove non c'è assolutamente autocefalia in quanto tale.

Ci sono alcuni illustri teologi nel mondo greco (alcuni dei quali sono miei amici fin dalla giovinezza) che aderiscono alla stranissima idea che sia solo per buona volontà dei patriarchi di Costantinopoli (o, al contrario, per mancanza di buona volontà) che dipende se concedere l'autocefalia a una Chiesa particolare. Uno di questi teologi, con mio rammarico e dispiacere, ha affermato che è stato un grande errore da parte di Costantinopoli concedere l'autocefalia, come ha espresso, "all'orda russa" e "ai selvaggi ammassati". Tuttavia ignora del tutto il fatto che quest'autocefalia (dapprima ufficiosa, ma poi reale e vitale) fosse una presa di posizione obbligata dal fatto che a quel tempo Costantinopoli era diventata una Chiesa uniate: il metropolita Isidoro [che poi sostenne l'Unia] era stato semplicemente espulso da Mosca e il programma uniate era stato respinto.

Qualcosa di simile accadde con l'autocefalia serba nel XIII secolo. C'era allora il regno latino a Costantinopoli, mentre li resto di Bisanzio e il patriarca di Costantinopoli si trovarono in esilio ed emigrazione a Nicea e in altri luoghi. La Serbia a quel tempo si trovava (e rimane situata) al confine tra il mondo romano occidentale e quello romano orientale. La presenza cattolica e il proselitismo erano molto sentiti: anche il fratello di San Sava in Montenegro era cattolico. San Sava dovette rafforzare l'Ortodossia nella sua stessa terra. Non si trattava di una rivolta contro l'ordine esistente, di cui è stato accusato e che alcuni continuano ad accusare, ma semplicemente una lotta per l'Ortodossia, che è uno degli aspetti fondamentali della vita e della missione di una Chiesa autocefala.

E poi il periodo del dominio ottomano giunse alla fine. Bisanzio non esisteva più, l'Impero ottomano non esisteva più, Costantinopoli non era più la "città di Cesare e del senato", non era più la città del sultano, e non era più la città del patriarca di Costantinopoli all'interno della pentarchia. Non è più nemmeno la capitale della Turchia; è una città grande ma per nulla capitale. Nuove Chiese autocefale sono apparse nei secoli passati, non sempre volontariamente, e a volte anche costrette dalle circostanze. E in epoca moderna l'autorità del Patriarcato di Costantinopoli è notevolmente diminuita. Ha perso la sua autorità non solo su tutti i paesi e le Chiese che erano sotto di esso al tempo della dominazione turca (come è noto, a quel tempo il Patriarcato di Costantinopoli usò semplicemente la sua forza per fagocitare Trnovo in Bulgaria e Peč in Serbia, così come altre giurisdizioni; rimasero indipendenti solo quelle giurisdizioni che erano al di fuori dei confini dell'Impero ottomano — per esempio, la metropolia di Karlovci, nota ai russi come Sremski Karlovci, che era un centro di vita dell'emigrazione russa e così via). Costantinopoli è rimasta senza la maggior parte del suo gregge sul suo antico territorio dell'Asia Minore, mentre allo stesso tempo assistiamo all'emergere delle teorie neopapiste, familiari fin dai tempi di Meletios (Metaxasis) e poi di Atenagora, e soprattutto, ahimè, ai nostri giorni.

In questo senso, nell'esaminare la pratica di concedere tutte le forme e tutti i tipi di autocefalia, dobbiamo distinguere tra l'autocefalia completa e genuina e l'autocefalia incompleta, danneggiata, parziale e condizionata. Un esempio di ciò è la Chiesa di Grecia. Non ha mai ricevuto una piena autocefalia e non gode ancora oggi di una piena autocefalia in quanto, sebbene elegga il proprio Concilio, il Concilio non elegge il primate della Chiesa. Non c'è primate ad Atene – c'è solo il Santo Sinodo, che ha un presidente, ma non c'è primate della Chiesa in quanto tale. Questo ricorda la situazione in Russia durante il periodo petrino, quando non c'era il patriarca, ma solo il Sinodo e il procuratore capo. Ulteriori passi in questa direzione furono autocefalie visibilmente fittizie e in sostanza inesistenti, come nel caso [stabilito nel Tomos concesso da Costantinopoli] dell'autocefalia limitata della Chiesa delle Terre Ceche e della Slovacchia e altre autocefalie simili.

Ma "l'autocefalia" concessa agli scismatici ucraini non è autocefalia e nemmeno autonomia. I diritti e le libertà di cui gode, per esempio, la Chiesa ortodossa ucraina come Chiesa autonoma all'interno della Chiesa ortodossa russa, o i diritti e le libertà un tempo concessi dalla nostra Chiesa serba agli scismatici della Macedonia settentrionale (che hanno accettato le nostre proposte, ma poi le hanno respinte) sono molto più profondi, più vasti e più serie della presunta autocefalia concessa agli scismatici ucraini. Il Tomos loro concesso, più che proporre numerose restrizioni, afferma chiaramente che la loro autorità, gerarchia e primate deve essere il patriarca di Costantinopoli. È particolarmente doloroso che questo "Tomos" non menzioni nemmeno il Signore Gesù Cristo come capo della Chiesa come nei precedenti Tomoi di autocefalia, ma affermi che il patriarca di Costantinopoli è sulla terra il capo della Chiesa. Questo è, ovviamente, del tutto inaccettabile e inammissibile per la coscienza ortodossa e significa una revisione dei Vangeli e del Nuovo Testamento in generale.

Chiedo a me stesso e a lei, Santità, carissimi padri e fratelli: cosa si può fare oggi per trovare una via d'uscita da questa profonda crisi che è stata plasmata da fattori geopolitici, pressioni esterne e anche ingerenze completamente aperte e dirette delle potenze occidentali, soprattutto la più potente delle potenze occidentali, e che ha trovato anche il suo suolo interno, le sue radici interne? Queste non sono solo le azioni del patriarca di Costantinopoli, che sono solo l'incarnazione di una tendenza che, purtroppo, si sta sviluppando nei parametri di una nuova teoria del neopapismo.

Vedo una via d'uscita, da un lato, nel liberarci, ove possibile completamente, da ogni influenza e pressione esterna. Sappiamo tutti che non sono state solo le autorità ucraine a esercitare pressioni quando gli scismatici sono stati riconosciuti automaticamente, con un solo tratto di penna, non solo come veri e propri vescovi (cosa che non era mai avvenuta prima fino ai giorni nostri) ma è anche stata concessa loro l'autocefalia, cosa del tutto inedita nella storia della Chiesa. Ogni influenza da parte delle autorità – sia interne che esterne, così come le pressioni – deve essere fermamente evitata, deve essere contrastata, come mostra l'esempio della Chiesa ortodossa russa durante settant'anni della sua storia: non si è mai prosternata davanti a nessun re che non fosse il re celeste e nessun altro che il Signore Gesù Cristo. E questo è un esempio per tutti noi. Credo che ciò sia avvenuto anche in altre Chiese, ma non in modo così grave. Cos'altro si può fare, ritengo che sia lo scopo e il significato della presente conferenza: sviluppare una comprensione sana, veramente ortodossa, patristica e un concetto di autocefalia, conciliarità e primato (questo trittico è organicamente connesso interiormente), a differenza dell'ideologizzazione interna e dell'assolutizzazione, operata da Costantinopoli, di una concezione interiore secolarizzata dell'autocefalia e in generale la perdita di una genuina autocoscienza ecclesiastica, senza la quale non si può andare avanti.

Considero questa una situazione molto tragica e pericolosa, ma credo che come nel giorno di Pentecoste, come in tutta la storia della Chiesa, lo Spirito Santo sia alla guida della Chiesa. Il Salvatore ci assicura che le porte dell'inferno non prevarranno su di lei, non potranno vincerla e sono sicuro che si troverà una soluzione di qualche tipo. Perché se questo scisma dura troppo a lungo, allora, ahimè, un nuovo scisma del tipo che abbiamo visto nell'undicesimo secolo sarà inevitabile, e la colpa ricadrà su coloro che hanno causato questo scisma.

Dio non voglia che ciò accada e possa Dio concedere che col tempo la situazione sarà sanata e che coloro che sono già avanti negli anni vivano per vedere questo giorno.

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