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  L'eresia dei bogomili

dell'arciprete Vladislav Tsypin

Pravoslavie.ru, 5 maggio 2023

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Quello che segue è uno dei frammenti di un nuovo libro dello storico della chiesa e canonista, l'arciprete Vladislav Tsypin, "La storia dell'Europa precristiana e cristiana".

lapidi dei bogomili

Nella vita religiosa della Bulgaria, durante il regno dello tsar Pietro, si verificarono processi dolorosi associati all'emergere e alla diffusione dell'eresia dei bogomili. Questa deve il suo nome a uno degli eresiarchi, il sacerdote Bogomil, o Bohumil. È possibile che questo non sia il suo vero nome, ma una traduzione dal nome greco Theophilos. L'eresia si diffuse tra il clero rurale, i monaci erranti e i contadini, in altre parole negli strati inferiori del popolo bulgaro. Uno dei nomi popolari degli eretici era kudugery – una pronuncia distorta della parola "kaluger", presa in prestito dalla lingua greca con il significato di "monaco" o "anziano". In Serbia, dove penetrò questa eresia, i suoi aderenti furono chiamati bogomili, così come "babun" dal monte Babunu, sulle pendici del quale fu notata la presenza dei bogomili. La prima menzione scritta dell'eresia è contenuta nell'Epistola del patriarca Teofilatto di Costantinopoli allo tsar Pietro di Bulgaria. Le informazioni più dettagliate sulla sua origine e sulla sua dottrina sono contenute in un testo accusatorio, la "Conversazione sulla nuova eresia dei bogomili", scritta da Cosma il Presbitero nella seconda metà del X secolo. A proposito dell'eresiarca Bohumil, Kozma scrive sarcasticamente che "il suo nome letteralmente significa: nessuna misericordia per Dio", [1] e stigmatizza la stessa eresia con la caratteristica di "empia". Un'altra fonte che fa luce sugli insegnamenti e le pratiche dei bogomili è il trattato bizantino, "Contro i bogomili", di Efthymios Zygaben.

L'eresia sorse sotto l'evidente influenza del paulicianesimo. Le autorità imperiali reinsediarono siriani sospettati di adesione al paulicianesimo e, più spesso, armeni dalle province e dai temi asiatici in Europa, nei Balcani, in Macedonia e Tracia. I pauliciani che vivevano tra gli slavi, comunicando nella loro nuova patria con i loro vicini e impegnandosi con loro in conversazioni su argomenti religiosi, furono in grado di affascinare e sedurre un numero considerevole di loro con le loro convinzioni, la cui essenza era associata a una totale negazione della presenza della verità di Dio nel mondo. In altre parole, l'eresia era alimentata dal rifiuto della struttura esistente della società, che era percepita come mostruosamente ingiusta, e quindi, probabilmente, l'eresia si diffuse e attecchì principalmente ai piani inferiori della piramide sociale.

Il bizantinologo britannico D. Obolensky si è concentrato sul pathos di protesta dell'eresia dei bogomili, che

"... doveva il proprio successo... al fatto che i suoi leader non cercarono di ripristinare il vecchio stile di vita pagano, come fecero i boiardi bulgari nel IX secolo, e la loro lotta contro il dominio straniero non fu portata avanti con i metodi violenti che furono usati durante le rivolte antimperialiste in Bulgaria nei secoli XI-XII. I bogomili combatterono contro il cristianesimo bizantino sul proprio 'territorio' e con le proprie armi, tratte dall'arsenale morale del Vangelo: la sete di giustizia personale, il desiderio di giustizia sociale e la compassione per la sofferenza degli innocenti". [2]

Una tale valutazione dell'eresia sembra eccessivamente lusinghiera, da un lato, ed esagera il suo successo, dall'altro. Alla fine, su scala storica, la vittoria rimase ai bizantini: in questo contesto, all'opposizione ortodossa all'eresia.

Legato per le sue origini al paulicianesimo, l'insegnamento dei bogomili differiva tuttavia dall'autentico paulicianesmo, in cui il dualismo manicheo era presente in modo quasi palese. In modo non proprio genetico, ma tipologico, si possono trovare parallelismi nel bogomilismo anche con le antiche sette gnostiche, in particolare con gli insegnamenti di Marcione, che rifiutava l'ispirazione delle Scritture dell'Antico Testamento.

Una sorta di "sacra scrittura" dei bogomili era considerata il "Vangelo di Giovanni, o libro segreto", costituito da conversazioni apocrife di Gesù con il suo amato discepolo Giovanni. Questo libro non è stato conservato nell'originale slavo, ma è noto nella traduzione latina, e delinea la dottrina mitologica dell'eresia. Secondo gli insegnamenti dei bogomili, Dio creò un universo invisibile, e lo aiutò a gestirlo il suo figlio primogenito di nome Satanael. Spinto dall'orgoglio, costui si ribellò al suo Creatore, decidendo di liberarsi dal suo potere e di porsi un trono nel settimo cielo invisibile. Una schiera di angeli si unì alla ribellione da lui iniziata, ma Dio distrusse questa idea e scacciò dal cielo Satanael e gli angeli ribelli. Tuttavia, il dono creativo di cui Dio lo aveva precedentemente dotato non fu tolto a Satanael, ed egli creò il mondo visibile dal caos:

"... secondo la volontà del diavolo, tutto esiste: il cielo, il sole, l'aria, la terra, la persona, le chiese, le croci. E tutte le cose di Dio sono consegnate al diavolo, e proprio tutto ciò che si muove sulla terra". [3]

Satanael ha creato il cosmo, le piante, gli animali e, infine, i corpi umani – Adamo ed Eva, ma non ha potuto soffiare in loro le anime e ha chiesto le anime a Dio, contro cui si era ribellato. E il buon Dio, per compassione verso Adamo ed Eva senz'anima, soffiò in loro le anime e così diede loro la vita. Allo stesso tempo, fece in modo che essi insieme ai loro discendenti sostituissero gli angeli caduti. Secondo gli insegnamenti dei bogomili, l'uomo ha una duplice natura: il corpo è stato creato dal Satanael caduto e l'anima è stata creata da Dio. Satanael regnò sulla terra, e la gente iniziò a venerarlo come Dio. Fu lui che, sotto forma di serpente, tentò gli antenati nell'Eden. Sotto forma di Caino, uccise il giusto Abele. I bogomili chiamavano il profeta Mosè servitore di Satanael, e rifiutavano l'Antica Legge e tutte le Scritture dell'Antico Testamento in generale, compilate, secondo il loro insegnamento, su suggerimento di Satanael.

Il Dio misericordioso, per liberare il genere umano dal dominio di Satanael, generò da sé il suo figlio minore Gesù, e venne al mondo in un corpo etereo, che si limitava a somigliare ai corpi dei discendenti di Adamo. La sua morte in croce è stata illusoria. Tre giorni dopo la crocifissione, Gesù incatenò Satanael, al cui nome tolse l'ultima sillaba "el", che significa Dio, completando così la sua "deificazione". Dopodiché, Gesù ascese al cielo, vi prese posto accanto al Padre e iniziò a governare il mondo angelico. Allora Dio Padre produsse da sé lo Spirito Santo, agendo sulle anime umane. Sentendo in se stessi il soffio dello Spirito, i bogomili, morendo in modo visibile, si spostano effettivamente verso un paradiso invisibile. Il regno di Satana sulla terra durerà fino alla seconda venuta di Gesù, quando Satana e i suoi servitori, compresi i peccatori, saranno gettati nell'inferno. Questa leggenda cosmogonica e soteriologica è simile alla rivisitazione dei libri biblici nel linguaggio di un uomo analfabeta, ma mezzo matto, posseduto da fantasie violente.

I bogomili rifiutavano la Chiesa con i suoi sacramenti e riti, con i suoi servi e i templi; non veneravano, come gli estremisti protestanti di un'epoca successiva, né la Madre di Dio, né i santi, né le icone, né le reliquie; non credevano nei miracoli. Riconoscendo l'autorità delle Scritture del Nuovo Testamento, ne interpretavano il contenuto secondo la loro dottrina originaria, rifiutavano la santa Tradizione, i Concili ecumenici con i loro decreti dogmatici e le opere dei Padri della Chiesa. Delle preghiere in uso, ne avevano solo una: il "Padre nostro".

Invadendo la sfera politica e sociale, i bogomili rifiutarono il potere regale e qualsiasi potere statale in generale, denunciarono i ricchi e il desiderio dei poveri di arricchirsi:

"... insegnano ai loro a disobbedire ai loro governanti, bestemmiano i ricchi, odiano il re, imprecano contro gli anziani, rimproverano i boiardi, pensano che il re in carica sia abominevole per Dio e ordinano a ogni schiavo di non lavorare per il suo maestro". [4]

I predicatori del bogomilismo vedevano la disuguaglianza sociale come un male, e sotto questo aspetto hanno preceduto le idee comuniste e anarchiche dei tempi moderni, compreso il tolstoismo. Gli stessi bogomili credevano di far rivivere l'etica sociale della prima comunità apostolica cristiana.

Nella vita di tutti i giorni cercavano l'astinenza, il matrimonio era consentito agli imperfetti, non mangiavano carne, non bevevano vino, si vestivano modestamente, evitavano i prestiti di denaro e idealizzavano la povertà. È vero, negli scritti accusatori da parte ortodossa, questo loro ascetismo è presentato come ostentato e farisaico. Nelle parole di Koz'ma,

"... Esteriormente, gli eretici sono come agnelli, sono modesti, sobri e silenziosi e pallidi per un digiuno ipocrita. Non parlano in modo vano, non ridono ad alta voce, non si danno un'aria importante. Si tengono lontani dalle opinioni della gente e non fanno pubblicamente nulla che li distingua dai cristiani ortodossi ... Vedendo la loro maggiore umiltà, le persone pensano che siano ortodossi, e che siano in grado di mostrare loro la via per la salvezza. Si avvicinano e chiedono loro come salvare l'anima. Come un lupo che sta per afferrare un agnello, questi prima abbassano gli occhi a terra, sospirano e rispondono umilmente... Ovunque incontrino una persona semplice o incolta, seminano in lui la zizzania del loro insegnamento, diffamando le tradizioni e i canoni della Chiesa". [5]

Probabilmente, il rovescio dell'ascetismo dei bogomili era costituito dagli eccessi di licenziosità morale che avvenivano tra loro, il che potrebbe essere giustificato facendo riferimento al fatto che la vita mondana in tutte le sue manifestazioni è subordinata al nemico di Dio, Satana, e non c'è scampo da questa prigionia del male. Una curiosa prova indiretta della fondatezza delle accuse di bogomilismo da parte dei polemisti ortodossi si può trovare nel significato peculiare della parola francese bougre, che nel Medioevo serviva come uno dei nomi dell'eresia dei catari, o albigesi. In considerazione del fatto che questa eresia, che scosse la vita ecclesiastica e politica dell'Europa occidentale, aveva una ben nota origine dai bogomili bulgari, fu quindi designata come bulgara (bougre); e nel tempo questa parola è diventata una parola volgare per indicare i sodomiti. Il bogomilismo divenne particolarmente diffuso e attecchì diversi secoli dopo in Bosnia, mentre in Occidente la promiscuità sessuale iniziò ad essere chiamata "usanza bosniaca".

Due secoli dopo la comparsa dell'eresia, Anna Comnena, figlia dell'imperatore Alessio, descrisse così l'origine del bogomilismo:

"Due insegnamenti malvagi e abominevoli da tempo conosciuti si sono uniti tra loro: la malvagità dei manichei... che abbiamo anche chiamato eresia pauliciana, e la sfacciataggine dei messaliani. Questo era l'insegnamento dei bogomili... Esisteva anche prima dell'ascesa al trono di mio padre, ma non si è rivelato – dopotutto, la tribù dei bogomili è molto abilmente in grado di rivestirsi delle sembianze della virtù. Tra i bogomili non puoi vedere un uomo con un'acconciatura secolare: il male è nascosto sotto un mantello e un cappuccio. I bogomili hanno uno sguardo cupo, il viso chiuso, camminano con la testa china e sussurrano a bassa voce. Ma in fondo sono lupi rabbiosi".

Il ritratto dei bogomili disegnato da Anna Comnena ricorda i nostri khlisty [la setta russa dei flagellanti, ndt] con i loro fazzoletti bianchi, e tale analogia può chiarire il riferimento di Anna nelle sue parole sulla genesi del bogomilismo nell'eresia messaliana, che non è visibile nella dottrina dei bogomili, ma la cui influenza indiretta è presente nel khlystismo russo.

Non ci sono informazioni sulla struttura dell'originaria comunità dei bogomili; in modo indiretto se ne può avere un'idea dalle comunità dei bogomili della Bosnia di epoca successiva. La comunità comprendeva persone di tre ranghi: i "contadini", che significava "cristiani", o "perfetti", i "credenti" e gli "ascoltatori" – o catecumeni. I "contadini", per i quali il celibato era un dovere – probabilmente, spesso divenivano tali i monaci letterati che si erano allontanati dalla Chiesa – servivano come predicatori ed esecutori di cerimonie per i fedeli. Gli "ascoltatori" erano presenti alla predica e alla lettura del Padre Nostro, la loro ammissione all'assemblea dei "credenti" avveniva ponendo sul capo l'apocrifo "Vangelo di Giovanni", leggendo il Padre Nostro e invocando lo Spirito Santo su chi era accolto come "credente". La comunità era diretta da un "nonno".

Sembra che il santo tsar Pietro abbia appreso dell'esistenza di questa eresia e della sua non piccola pericolosità dal messaggio indirizzato a lui, "imperatore di Bulgaria", dal patriarca Teofilatto di Costantinopoli. A giudicare da tutto ciò che si sa di questo ierarca, che era il giovane figlio dell'imperatore Romano Lecapeno, il messaggio non era stato composto da lui, ma da un funzionario del patriarcato. Nell'epistola, il bogomilismo è designato molto approssimativamente come una mescolanza di antico manicheismo con paulicianesimo – un'abitudine caratteristica dei romani di designare nuovi fenomeni con parole tratte dagli annali. Il Patriarcato di Costantinopoli esortava l'imperatore bulgaro a identificare gli eretici, a cercare con tutte le sue forze di convincerli e indirizzarli sulla vera strada, e in caso di maliziosa testardaggine, a giustiziarli con la morte per fermare la diffusione dell'eresia. Un'altra epistola fu inviata a Pietro dal Patriarcato di Costantinopoli su questo argomento. Sembra che il sovrano della Bulgaria abbia ascoltato il consiglio che gli è stato dato, ma senza mostrare zelo in termini di esecuzioni.

Note

[1] Cit. da: P. I. Zhavoronkov, A. A. Turilov. Bogomilstvo, in Enciclopedia ortodossa, 1997. p. 471.

[2] Dimitry Obolensky. Il Commonwealth bizantino. Sei ritratti bizantini. 1998. p. 132–133.

[3] Dimitry Obolensky, op. cit., p. 133.

[4] Dimitry Obolensky, op. cit., p. 136.

[5] Dimitry Obolensky, op. cit., p. 135.

[6] Anna Comnena, Alessiade, 2010, pp. 371–372.

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