Siamo così abituati a vedere il volto di Cristo nelle icone che non vi facciamo più attenzione, pensando che sia sempre stato così come lo vediamo, dandolo per scontato. Abbiamo forse dimenticato che dietro ogni dettaglio c'è una storia e un significato teologico da scoprire e riscoprire. Così è per le tre lettere greche si trovano nella croce sull'aureola di Cristo.

icona dell'ingresso di Cristo a Gerusalemme (la Domenica delle Palme)
Queste lettere formano il participio presente, ὤν, del verbo greco essere, con un articolo determinativo maschile singolare, ὁ. Una traduzione letterale di Ὁ ὬΝ sarebbe "l'esistente", che non significa molto. "Colui che è" è una traduzione migliore. Queste parole sono la risposta che Mosè ricevette sul monte Sinai quando chiese il nome di colui al quale stava parlando. In ebraico, questi disse che stava parlando הָיָה (hâyâh), anch'esso un participio presente. I traduttori greci della Bibbia ebraica hanno tradotto hâyâh con Ὁ ὬΝ.
Prima di iniziare a studiare questo argomento, anch'io pensavo che queste lettere fossero sempre state parte dell'immagine di Cristo, ma nell'esame delle immagini che sono giunte fino a noi dal primo millennio, e anche dopo, ho notato che le lettere Ὁ ὬΝ sono universalmente assenti, tanto in Occidente quanto in Oriente. Ho quindi iniziato a cercare la risposta alle seguenti domande: quando, dove e perché i cristiani hanno aggiunto queste lettere all'aureola di Cristo?
Ho iniziato a notare che nel primo millennio l'aureola di Cristo a volte era vuota, e che, più raramente, era assente.

busto di Cristo, mosaico di pavimento, Inghilterra, IV secolo, senza aureola ma con XP dietro la testa

il Giudizio Universale, Beatus, pergamena miniata apparentemente proveniente dall'Escorial, Monastero di San Millán de la Gogolla, 950-1000, biblioteca del monastero di St. Laurent de l'Escorial

l'arresto di Cristo, dal Libro di Kells, intorno all'800, Biblioteca del Trinity College, Dublino, Irlanda
Altre immagini mostrano una sorta di "decorazione", ma senza volerlo.

Cristo in maestà, pergamena miniata dei Vangeli di Gundohinus, 754, Biblioteca Comunale, Autun, Francia

Pentecoste, Lezionario di Cluny, intorno al 1000, Bibliothèque Nationale, Parigi

Cristo in maestà, altare d'oro di sant'Ambrogio, 830-840, chiesa di sant'Ambrogio, Milano

Cristo con i santi Pietro e Paolo, mosaico dell'abside, tra il 817 e il 824, Chiesa di santa Prassede, Roma
Alcuni, però, appaiono con parole inscritte nell'aureola, talora con maggior significato teologico rispetto a semplici decorazioni: LUX, PHOS, REX [e] Judex. Ma Ὁ ὬΝ? Niente.

Cristo Pantocratore nel timpano della chiesa di Conques, Francia, IX secolo. Nell'aureola cruciforme: REX [e] Judex

la tempesta sul mare di Galilea, Vangeli di Hilda di Meschede, scuola di Colonia, 1000-1020, Hessische Landesbibliothek, Darmstadt, Germania. Nell'aureola cruciforme, LUX

aureola a croce con PHOS. Cristo Pantocratore, affresco, Chiesa delle sante Marina e Cristina, Carpignano, Italia, XII secolo
Secondo la mia ricerca, i primi esempi di Ὁ ὬΝ in un'aureola di Cristo sono apparsi in Egitto nel 1130, e in Nubia nel 1150. Sappiamo di questi esempi grazie alla recente archeologia. È improbabile, a causa dell'isolamento di questi paesi in questo momento, che queste immagini abbiano avuto alcuna influenza sul resto della cristianità. Dobbiamo comunque restare prudenti, dal momento che l'archeologia può ancora sorprenderci.


Cristo protegge un principe nubiano, icona datata attorno al 1150, Museo Nazionale di Varsavia, Polonia. Si noti l'Omega, ὤ, sulla sinistra. Gli altri due bracci della croce sono danneggiati, ma si suppone che vi fossero la O e la N

Deir Al-Chohada, Egitto, 1129-1130

ricostruzione
Così sembra che le prime immagini di Cristo con Ὁ ὬΝ nella croce della sua aureola provengano dai paesi slavi, i Balcani e forse la Russia.
Nerezi in Macedonia, 1164 [1]

chiesa di San Panteleimon, Nérézi, vicino a Skopje, in Macedonia, 1164
Poi viene l'immagine di Cristo Salvatore, dalla Macedonia, datata al 1250 [2]

Cristo Pantocratore, un regalo all'arcivescovo Constantin Cavasila di Ohrid, chiesa della Vergine Peribleptos, San Clemente, 1262
In seguito c'è un'icona del Cristo Pantocratore, Jaroslav, Russia, 1250 [3]

Cristo Salvatore, Museo di Belle Arti di Jaroslav, Russia, 1250
Secondo le immagini nel Protaton del Monte Athos, Manuele Panselinos, che le dipinse nel 1290, non conosceva le lettere Ὁ ὬΝ [4], ma il "pittore del Monte degli Ulivi" a cui sono attribuiti gli affreschi nell'esonartece del monastero di Vatopedi, 1312, le conosceva. [5] Pertanto, tra queste date, un artista che aveva saputo delle lettere Ὁ ὬΝdeve essere venuto a Monte Athos;

l'Ultima Cena, esonartece del katholikon, Monastero di Vatopedi, 1312

Cristo in trono, Protaton, Monte Athos, attribuito a Manuele Panselinos, 1290
In quinta posizione, abbiamo l'immagine di san Nicola, di Alexis Petrov, 1294, Novgorod [6]

san Nicola di Alexis Petrov, Museo di Storia e Architettura, Novgorod, Russia, 1294

dettaglio
L'immagine del SS. Boris e Gleb, intorno al 1350 [7]

i santi Boris e Gleb, da Pskov, galleria Tretjakov, Mosca, 1350-1390
Gli affreschi di Volotovo, nei pressi di Novgorod, Russia, 1380 [8]

la risurrezione di Lazzaro, Chiesa della Dormizione, Volotovo, nei pressi di Novgorod, Russia, 1380-1395
A Kalenic, Serbia, 1420, Cristo l'Uomo dei dolori, nicchia della protesi [9]

Cristo l'Uomo dei dolori, chiesa della Presentazione della Vergine al Tempio, Kalenic, Serbia, intorno al 1410
A quanto pare, sant'Andrej Rublev sapeva di questo tratto, ma lo usava solo raramente. [10]

Vergine della Tenerezza, Vladimir, sant'Andrej Rublev, intorno al 1408

dettaglio
Sull'immagine stampata nello stesso libro, non siamo in grado di vedere le lettere Ὁ ὬΝ [11]

Cristo Salvatore, sant'Andrej Rublev, Daniel Chernij et al, 1408
Ma Viktor Nikitich Lazarev [12] afferma che le lettere Ὁ ὬΝ sono visibili.

Cristo fra le Potenze, sant'Andrej Rublev, 1400-1410
Si veda anche la curiosità [13] di una copia della Trinità di Rublev, sulla quale il monaco Paissij ha collocato Ὁ ὬΝ nella croce dell'aureola dell'angelo centrale, a testimonianza di una lettura cristologica dell'ospitalità di Abramo piuttosto che la più commune interpretazione trinitaria.

l'ospitalità di Abramo, monaco Paissij, 1484-1485
Se la nostra ipotesi è fondata, e le lettere Ὁ ὬΝ nell'aureola di Cristo sono nate nei Balcani o in Russia nei primi secoli del secondo millennio, questo risponde alle domande "dove" e "quando". Possiamo passare alla questione del "perché". [14] Molte testimonianze storiche (vedi bibliografia) indicano che in quel momento la Chiesa ortodossa combatteva ferocemente contro l'eresia dei bogomili, una setta dualista che rivaleggiava con la Chiesa stabilita. I bogomili, tra le altre cose, respingevano l'Antico Testamento, dicendo che era la rivelazione del dio malvagio, e accettavano solo il Nuovo Testamento che rivelava il Dio buono, il Padre di Gesù. Fin dai tempi di Marcione nei primi secoli, gli ortodossi hanno sempre respinto tale dottrina. Come può Gesù essere il Messia d'Israele, annunciato dai profeti e visto nelle teofanie degli ebrei visionari, se i cristiani, il nuovo Israele, non hanno alcun legame con il vecchio Israele? E così, quale potrebbe essere una affermazione più forte dello stretto legame tra il Vecchio e Nuovo Testamento, così come dell'identità del Dio di Israele e del Padre di Gesù che mettere Ὁ ὬΝ nella croce dell'aureola di Cristo? L'affermazione teologica diventa evidente: colui che si vede nell'immagine, Gesù di Nazaret, che è stato crocifisso, è morto ed è risorto dai morti, questa stessa persona è esattamente lo stesso che disse a Mosè sul monte Sinai che il suo nome era Colui che è (Ὁ ὬΝ).
D'altra parte, ho trovato un riferimento che collega la comparsa di Ὁ ὬΝ alle polemiche Palamite della metà del XIV secolo. Titos Papamastorakis, parlando dell'immagine di Cristo della chiesa della Vergine Peribleptos in un capitolo della sua opera, "La Madonna Brephokratousa", dice questo: "L'iscrizione Ὁ ὬΝ (Colui che è) sull'aureola di Cristo è tipica delle sue rappresentazioni nel XIV secolo e in particolare dopo la metà del secolo, quando il movimento esicasta è stato ufficialmente accettata dalla Chiesa ortodossa". [15] Sarebbe interessante sentire il ragionamento che ha portato questo autore a suggerire un legame tra la teologia esicasta e le lettere Ὁ ὬΝ.
La questione dell'origine dellle lettere Ὁ ὬΝ nell'immagine di Cristo merita uno studio piiù approfondito, che speriamo di fare in un secondo momento. Molto dipende dalla datazione delle immagini, poiché un'immagine, considerata isolatamente, potrebbe avere le lettere Ὁ ὬΝ come effetto di una modifica successiva. Ciò che rimane certo, a prescindere dale origini delle lettere Ὁ ὬΝ nel tempo o nello spazio geografico, è che queste hanno un gran peso di significato teologico, soprattutto quando sono iscritte nell'aureola di Cristo, per non confermare l'affermazione fondamentale di questo studio: le immagini cristiane del primo millennio, e quelle prodotte dalla metà orientale della cristianità nel secondo, sono altamente teologiche.
Bibliografia
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"Bogomils", The Oxford Dictionary of Byzantium I, Oxford, Oxford University Press, 1991, p. 301.
Cosmas Le Prêtre, Le traité contre les Bogomiles, Henri-Charles Puech et André Vaillant, trs., Paris, Imprimerie Nationale 1945.
Les Balkans au Moyen Age: la Bulgarie des Bogomiles aux Turcs, Londra, Variorum Reprints, 1978.
Goldfrank, David M., " Burn, Baby, Burn: Popular Culture and Heresy in Late Medieval Russia", The Journal of Popular Culture, vol. 31, no. 4, 1998, pp.17-32.
Ivanov, Jordan, Livres et légendes bogomiles: aux sources du catharisme, Monette Ribeyrol, tr., Paris, G.-P. Maisonneuve et Larose, 1976.
Klibanov, A., "Les Mouvements hérétiques en Russie du XIIIe au XVIe siècle," Cahiers du monde russe et soviétique, vol. 3, nn. 3-4, 1962, pp. 673-684.
Obolensky, Dimitri, The Bogomils : A Study in Balkan Neo-Manichaeism, Twickenham UK, Anthony C. Hall, 1972.
Sanidopoulos, John, The Rise of Bogomilism and Its Penetration into Constantinople, Rollinsford, NH, USA, Orthodox Research Institute, 2011.
Note
[1] Tania Velmans et al., Rayonnement de Byzance, Paris, Zodiaque, Desclée de Brouwer, 1999, tavola a colori 53, (p.152), p. 142-144.
[2] Sacho Kornevski, Elizabeth Dimitrova, Macédoine byzantine: Histoire de l’Art macédonien du IXe au XIVe siècle, Éditions Thalia, 2006, pp.212-213.
[3] S.I. Maslenitsyin, Jaroslavian Icon-Painting, Mosa, Iskusstvo, 1973, p.9-11, tavola 6.
[4] Manuel Panselinos, Dimitrios Salpistis et al. (dir)., From the Holy Church of the Protaton, Thessalonika, Hagioritiki Estia, 2003.
[5] Ibid, p. 58-59 e 301.
[6] V.N. Lazarev, Icônes Russes: XIe-XVIe siècles, Paris, Desclée de Brower, 1996, tavola 17, p.158.
[7] Ibid, tavola 88, p.253.
[8] M.V. Alpatov, Frescoes of the Church of the Assumption at Volotovo Polye, Mosca, Iskusstvo, 1977, tavola 53 et al.
[9] Rayonnement, tavola 256, p.303-304.
[10] Valeri Sergueïev, Roublev, Paris, Desclée de Brouwer, 1994, tavola 25, p. 185.
[11] Ibid, tavola 17, p.128
[12] V. N. Lazarev, Icônes Russes: XIe-XVIe siècles, p. 292, tavola 102.
[13] Valeri Sergueïev, Roublev, tavola 40, p.238.
[14] Vorrei ringraziare il sig. John Barns, Camp Hill, Pennsylvania, per il suggerimento che mi ha portato alla pista che sostiene la mia ipotesi del "perché".
[15] Titos Papamastorakis, “Icons 13th-16th Century,” in Icons of the Holy Monastery of Pantocrator, Mastorakis.
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