Nel nome del Padre, e del Figlio, e del santo Spirito.
La seconda domenica della Grande Quaresima è dedicata a san Gregorio Palamas, un Padre della Chiesa di età piuttosto recente (morto nel 1359, fu canonizzato tra i santi nel 1368), ma non per questo meno "Padre" per i cristiani ortodossi. La gloria della Chiesa ortodossa è di essere sempre "nell'età dei Padri": noi non consideriamo i Padri della Chiesa come l'espressione di un passato "sottosviluppato", ma come l'immutabile testimonianza della pienezza di conoscenza custodita dalla Chiesa in ogni tempo: ieri, oggi, domani.
Il contributo teologico di san Gregorio Palamas è immenso: in un'età in cui correnti filosofiche neoplatoniche iniziavano a introdurre una innaturale separazione tra corpo e anima, tra la conoscenza di Dio e la sua sperimentazione nella preghiera, questo gigante della fede ortodossa offrì ai cristiani l'antidoto al veleno: non fece altro, in verità, che ribadire le cose già dette da Padri più antichi, ovvero che Dio è inconoscibile nella sua essenza, ma conoscibile (e sperimentabile) attraverso le sue energie. Insistendo sulla dottrina delle energie, spiegava come l'esperienza della luce divina (dalla luce sul Monte Tabor durante la Trasfigurazione di Cristo, fino alla luce vista dopo anni di cammino di preghiera dagli asceti del Monte Athos) è esperienza diretta delle energie di Dio, e ricordava ai cristiani ortodossi che il cammino di addestramento nella preghiera ci porta nella nostra totalità (anima e corpo) verso il contatto diretto con Dio.
Non è un caso che oggi si leggano in chiesa due brani evangelici: Giovanni 10:9-16 è il passo che la Chiesa associa di regola ai giorni di celebrazione dei Santi Ierarchi, e vi si parla del buon Pastore che offre la vita per le proprie pecore. Nulla di strano che la Chiesa onori un grande e santo arcivescovo con queste parole. Più curioso invece è Marco 2:1-12, che narra la guarigione del paralitico di Cafarnao.
Che cosa ha di particolare questo miracolo, uno dei primi segni del carattere messianico di Gesù, con san Gregorio Palamas? La Tradizione della Chiesa non ci offre mai accostamenti casuali o banali, tanto meno nelle parole stesse del Vangelo. La risposta alla domanda può essere trovata con un attento paragone tra il brano evangelico e la dottrina delle energie divine, ripresa da san Gregorio.
L'episodio della guarigione del paralitico mette Gesù in grado di dimostrare, con un prodigio di salute fisica, che Egli è in grado di guarire anche l'anima di un uomo (rimettendo i suoi peccati). La situazione non è poi molto distante da quella dei monaci esicasti difesi da san Gregorio: anche in questo caso, un prodigio fisico (l'apparizione di una luce nella preghiera degli asceti) rimandava a un prodigio interiore altrettanto importante (la percezione diretta di Dio mediante il contatto con le sue energie). Entrambi i casi ci ricordano che la salvezza cristiana non è un procedimento "disincarnato" e sottile, ma una radicale trasformazione che investe tutto il nostro essere, corpo e anima (un "approccio olistico", per usare un termine oggi piuttosto comune). E si capisce anche perché a questo scopo (la salvezza globale dell'essere umano) vale la pena di dedicare un grande spazio, forse anche un'intera domenica della nostra Grande Quaresima.
Il cammino di salvezza che la Chiesa Ortodossa ci pone davanti (e che san Gregorio Palamas non ha fatto altro che ricordarci in termini molto chiari) è anche qualcosa di radicalmente diverso da tutte le altre proposte religiose, sia quelle non cristiane (che vanno da una eterna sottomissione a un Dio eternamente inconoscibile e "altro" da noi, come propone l'islam, fino alla concezione indo-buddhista di annientamento della nostra personalità in un divino indifferenziato), sia quelle cristiane occidentali (che oscillano dalle esagerazioni della "visione beatifica dell'essenza di Dio", alle semplicistiche "imitazioni" di Cristo in chiave umanistica riduttiva). Nel celebrare la memoria di San Gregorio Palamas, noi facciamo ben di più che ricordarci quanto la salvezza investe tutto il nostro essere, corpo e anima: noi professiamo la pienezza di una fede davvero salvifica, di cui tutti hanno bisogno.
Abbiamo celebrato la scorsa domenica il trionfo della fede ortodossa: cerchiamo ora di approfondire questa fede, di farla nostra, in modo che quando il messaggio della fede "esploderà" nel culmine della gioia pasquale, anche il nostro contributo personale sia in grado di portare salvezza a quanti ci circondano, in tutto il loro essere, corpo e anima.
Amen.
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