Una delle conseguenze più nefaste della crisi ucraina del 2014, di cui pagheremo il prezzo ancora per lungo tempo a venire, è che ha “sdoganato” il nazismo nel tentativo patetico di giustificarne alcuni dei peggiori collaborazionisti, oggi modelli per una generazione di neonazisti della Galizia. I partigiani più spietati della ragion di stato potranno dire che era un prezzo necessario da pagare (senza l’apporto fondamentale dei neonazisti, il colpo di stato dello scorso febbraio a Kiev non avrebbe potuto avere successo, neppure con il supporto americano e dell’Unione Europea), ma è comunque un prezzo che ci presenterà il conto, in tutti i nostri paesi. Cosa dice questo alla nostra storia attuale? Intanto, insegna che è possibile cancellare il ricordo di eventi dissonanti (come per esempio lo sterminio nazista degli ebrei) dalla memoria di interi popoli, e poi offre a ogni estremismo locale un prezioso precedente storico e di politica (dis)educativa per giustificare le proprie atrocità. Davvero un pessimo regalo ai nostri discendenti. Per capirne qualcosa di più, vediamo cosa ha riportato Frank Brendle, attivista di Defending History, da un viaggio a Leopoli e a Kiev alcuni mesi fa, in un resoconto che presentiamo in traduzione italiana nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.
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