Il nostro confratello, il protopresbitero Iosif Restagno (nella foto, a sinistra), ha tenuto nello scorso anno una relazione sul significato della Proscomidia nella Divina Liturgia. Di particolare interesse è il tentativo di padre Iosif di collegare strettamente la pratica della Proscomidia all’Ortodossia, come espressione di equilibrio teandrico nelle funzioni sacre. Purtroppo, l’assenza di un rito esplicito della Proscomidia in una serie di liturgie antico-orientali spinge padre Iosif ad affermazioni temerarie come questa:
La sua assenza [i.e. della Proscomidia] presso il rito copto denota il fatto che non ne sentirono la necessità di conservarla, non avendo conservato l’ortodossia.
Sarà proprio così? Davvero i copti “non conservarono” il rito della Proscomidia? Per non conservare qualcosa, bisogna averlo avuto agli inizi...
Per chiarire l’enigma, abbiamo deciso di tradurre in italiano nella sezione “Confronti” dei documenti il lungo e dettagliato articolo sulla Frazione nella Liturgia copta ortodossa, scritto anni fa dal nostro amico, padre Gregory Tillett (nella foto, a destra), prete della Chiesa copta a Sydney e liturgista e accademico di un certo livello. A nostro parere, non è certamente l’apparente assenza di un esplicito rito della presentazione delle offerte a costituire la cartina di tornasole dell’ortodossia della Chiesa copta (così come, in una polemica nata e morta secoli or sono, non fu l’apparente assenza di un’epiclesi esplicita nella Messa romana a costituire il banco di prova dell’ortodossia della Chiesa di Roma), ma vogliamo che voi stessi siate i giudici: analizzate con attenzione la Frazione nella Liturgia copta, e valutate voi stessi se questa corrisponda a un’attitudine di mancata conservazione dell’ortodossia.
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