Per quelli che in questi mesi si sono chiesti perché il nostro blog ha privilegiato così tanto la copertura della situazione ucraina, e in particolare la copertura di quanto NON è stato coperto dai media del nostro paese, possiamo solo rispondere che in questi mesi abbiamo visto quello che ci è sembrato il più virulento attacco alla Chiesa ortodossa (camuffato da ragion di stato) dai tempi della rivoluzione bolscevica. Ma preferiamo spiegarlo nei dettagli con le parole davvero illuminanti scritte 67 anni fa da Giovannino Guareschi, autore dell’indimenticabile Don Camillo:
"Credevo proprio che il vostro fosse un giornale obiettivo e invece da alcune settimane..." Quante volte abbiamo ricevuto lettere di questo genere? Evidentemente l’obiettività ha, per gli italiani, un significato del tutto particolare: obiettivo è il giornale che la pensa come noi. Quando un giornale non la pensa più come noi, diventa, da obiettivo, fazioso. La faccenda, per esempio, che noi a un dato punto, costretti dalla evidenza dei fatti, abbiamo esercitato la nostra satira contro Giannini ci ha procurato attacchi violenti da parte di giornali qualunquisti, e una caterva di lettere colme di improperi. Diamo questo esempio perché molta gente, e per molto tempo, ci classificava tra i qualunquisti. Noi non apparteniamo a nessun "ismo". Abbiamo un'idea, sì, ma non finisce in "ismo". La cosa è molto semplice: per noi esistono al mondo due idee in lotta, l'idea cristiana e l'idea anticristiana. Noi siamo per l'idea cristiana e siamo perciò con tutti quelli che la perseguono e soltanto fino a quando la perseguono. Quando, a nostro modesto avviso, qualcuno si distacca da questo principio, chiunque sia (fosse anche il nostro parroco) noi diventiamo automaticamente suoi avversari. Siamo contro ogni forma di violenza, e perciò non possiamo ammettere nessuna guerra santa. Per noi la guerra è sempre un delitto da qualunque parte venga dichiarata. La nostra strada è diritta e su di essa camminiamo tranquilli. Alla fine, magari, ci troveremo con sei lettori in tutto.
G. Guareschi, da "Candido", 49, 7 dicembre 1947
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