Da diversi mesi stiamo cercando di presentare riflessioni sul Concilio di Creta che possano aiutare a capire che non è tutto oro quel che luccica. Ci auguriamo di avere offerto una visione per lo meno pluralista, e siamo particolarmente contenti di aver lasciato la parola ai rappresentanti del patriarcato di Antiochia, dai quali è venuta finora la critica più seria e teologicamente articolata all’intero processo conciliare. Già un anno fa, nel giugno del 2015, il libro di George Ghandour La strada per il Grande Concilio ortodosso faceva notare che le modalità di questo Concilio erano niente meno che destabilizzanti per la stessa ecclesiologia ortodossa:
"la mancanza di partecipazione di tutti i vescovi ortodossi nel lavoro di questo incontro [i.e., l'incontro dei primati ortodossi al Fanar nel marzo 2014] e il ricorso al principio di un voto per ogni Chiesa autocefala è in contrasto con la tradizione conciliare ortodossa e con l'ecclesiologia ortodossa, in cui si afferma che ogni vescovo è responsabile della Chiesa locale (diocesi) per la quale fu consacrato, e che il Concilio è l'incontro delle chiese in cui i vescovi siedono in qualità di pastori di un popolo specifico e custodi della retta fede della Chiesa universale. Forse questa soluzione, che è stata inventata per mantenere l'equilibrio tra Costantinopoli e Mosca, costituisce un grave pericolo per l'ecclesiologia ortodossa, in quanto cancella di fatto la teologia del vescovo locale, sostituendola con una teologia della collettività dei vescovi di una singola Chiesa autocefala, che presume avere opinioni omogenee – di fatto, un'opinione sola – e questo è qualcosa che l'Ortodossia non ha assolutamente mai conosciuto nella sua storia".
Oggi vogliamo lasciare la parola ai commenti di un prete ortodosso antiocheno, moderatore di un forum ortodosso di lingua inglese, che ha cercato di spiegare le radici dei conflitti in un modo molto semplice e diretto. Abbiamo volentieri tradotto in italiano questi commenti molto acuti nella sezione “Confronti” dei documenti.
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