È passata ormai quasi una settimana dall’assassinio di Aleksandr Zakharchenko (nella foto), presidente della Repubblica Popolare di Donetsk, in un attentato con autobomba in un caffè del centro di Donetsk. Abbiamo aspettato per ricordarlo anche qui, non per disinteresse, ma perché abbiamo analizzato varie reazioni nei giorni passati. Non possiamo dire di essere stupiti per il silenzio generale con cui il mondo sta a guardare la liquidazione progressiva di tutti i difensori del Donbass, giungendo ora fino ai capi. Da parte nostra, avevamo segnalato Aleksandr Zakharchenko fin dalla sua prima conferenza stampa da presidente, quattro anni fa (fine agosto 2014), e troviamo giusto ricordarlo con onore, come abbiamo fatto per tutte le altre vittime di attentati, come Mozgovoj, Drëmov, Pavlov (“Motorola”) e Tolstykh (“Givi”). Non possiamo non ripetere che queste eliminazioni non sono altro che una strategia del terrore: un autobomba in un caffè non si inquadra in alcuna strategia militare, per non parlare dello sfacciato ossimoro di una “operazione anti-terrorismo” che si alimenta di atti terroristici.
La guerra di Aleksandr Vladimirovich è terminata: Eterna Memoria! La nostra continua con le armi che la Chiesa ci offre, e che impieghiamo in continuazione:
Signore Gesù Cristo, nostro Dio, guarda con il tuo occhio misericordioso alla sofferenza e al grande grido di lamento dei tuoi figli nella terra ucraina.
Libera il tuo popolo dalla guerra fratricida, fai cessare lo spargimento di sangue, arresta il corso dei pericoli imminenti. Non lasciare senza rifugio chi è scacciato dalla sua casa, nutri gli affamati, consola chi piange, riunisci chi è stato separato.
Non lasciar diminuire il tuo gregge amareggiato dai propri vicini, ma nella tua generosità dona una rapida riconciliazione. Addolcisci i cuori di chi si è indurito e riportali alla tua conoscenza. Dona la pace alla tua Chiesa e ai suoi figli fedeli, affinché con un solo cuore e una sola bocca glorifichino te, nostro Signore e Salvatore, nei secoli dei secoli. Amen.
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