Abbiamo già parlato del problema del cosiddetto “battesimo correttivo” nell’esperienza dello ieromonaco Seraphim (Rose): qui potete vedere l’articolo in questione.
Pochi giorni fa, nel blog del nostro confratello padre John Whiteford, è apparsa una domanda che riflette le condizioni di molti convertiti all’Ortodossia: molti, purtroppo, sono spinti a dubitare della loro appartenenza alla Chiesa da una lettura superficiale e unilaterale dei canoni. (Chi ha letto Three men in a boat di Jerome K. Jerome ricorderà come il protagonista, dopo avere letto da inesperto un’enciclopedia medica, si era convinto di soffrire di tutte le malattie possibili ad eccezione del ginocchio della lavandaia... la situazione dei dubbi di tali convertiti non è dissimile!)
A peggiorare le cose, più di un estremista dei movimenti scismatici cosiddetti “tradizionali” soffia sul fuoco di questi dubbi, per propagandare la ricezione del “vero battesimo ortodosso” (solitamente, da parte di corpi pseudo-ecclesiastici svuotati di ogni credibilità). C’è da ringraziare padre John Whiteford per il suo sforzo di mettere in chiaro l’insegnamento della Chiesa riguardo alla ricezione dei convertiti, e per avere sottolineato che cosa sant’Agostino intendeva quando parlava di “marchio” del battesimo (un concetto molto differente dal “carattere sacramentale” della teologia tomista), e delle ragioni per cui può essere superfluo in certi casi ripetere un battesimo alla ricezione di un convertito. Presentiamo il testo di padre John Whiteford nella sezione “Domande e risposte” dei documenti.
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