Per ricostituire un quadro veritiero della crisi ucraina, dobbiamo ribaltare completamente la nozione di “terrorismo” che vi è stata applicata follemente, in un vero esercizio di neolingua orwelliana. In questo sforzo, è certamente utile mostrare come la campagna militare denominata “operazione anti-terrorismo” sia stata in realtà una guerra genocida portata avanti con metodi terroristi (repressioni, intimidazioni, massacri di civili, deportazioni, delazioni, progetti di “campi di filtraggio”, ecc.), ma questa è solo metà dell’opera. Siamo moralmente tenuti a mostrare che cosa ha fatto invece la controparte, proprio quella accusata di essere composta da “terroristi”. Abbiamo avuto modo di presentarvi nelle scorse settimane alcuni punti di vista dei miliziani, sia in forma di interviste trascritte, sia in forma di video-interviste. Vi abbiamo presentato anche gruppi di miliziani (notate come questi “terroristi” non hanno timore di farsi vedere in faccia, mentre i volontari dei corpi punitivi si facevano regolarmente riprendere con i volti coperti da passamontagna: un altro indizio di chi ha qualcosa da temere di fronte a un’inchiesta). Finora però non vi abbiamo presentato figure di leader della Resistenza, nemmeno le interessanti interviste allo stesso Strelkov. Oggi, per il suo valore di riflessione sul futuro della Novorossija e sul carattere di chi la guiderà, presentiamo l’originale russo e la traduzione italiana dell’intervista a una delle figure chiave della Resistenza, Alexej Mozgovoj, comandante del battaglione Prizrak (“fantasma”), che dopo averci raccontato molti dettagli finora censurati dai media, ci spiega la scelta di coscienza e libertà che ha guidato la Milizia della Novorossija fin dal primo giorno. Il secondo articolo che vi presentiamo, come il precedente, nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti, è il testo russo con la traduzione italiana dell’intervista ai prigionieri ucraini delle recenti incursioni intorno a Donetsk. Vi preghiamo di osservare attentamente quale trattamento è riservato ai prigionieri di guerra che hanno contribuito a massacri di civili, e vi invitiamo, come sempre, a trarre le conclusioni sull’uso del termine “terroristi” in questo disgraziato e folle conflitto.
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