LGBT è una sigla fortemente contraddittoria in se stessa: se L, G e B indicano scelte di orientamento sessuale esclusivamente interiori, T non si riferisce a orientamenti, ma a devastanti modifiche del proprio corpo, dalle quali non si torna indietro se non a prezzo di indicibili sofferenze. E sì, ci sono persone che tornano indietro, anche se le loro storie non sono generalmente ascoltate. In questi giorni, la trasmissione 60 minutes dell’ultra-liberale CBS ha dato spazio alla storia di Grace Lidinsky-Smith (nella foto), una delle poche donne pentite di un intervento di cambiamento di sesso ad avere avuto accesso alla platea mediatica per parlare dei casi come il suo. Vi presentiamo in traduzione italiana un’intervista a Grace, che parla di tutto quello che non vi hanno fatto sapere fino a ora. In un mondo in cui anche dire banali verità sul transessualismo (per esempio l’ineccepibile verità scientifica che dopo un cambiamento di sesso il corpo mantiene i caratteri genetici e fisici del sesso d’origine) ci può far etichettare come “transfobici” (come è successo a J. K. Rowling, abbandonata da molti giovani lettori imbevuti di propaganda LGBT), è opportuno essere pronti anche noi ad applicare l’etichetta di “detransfobici” a tutti coloro che vogliono far passare sotto silenzio le sofferenze dei transessuali che si sono pentiti delle loro scelte.
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