A Torino siamo un po' iper-sensibili quando sentiamo parlare di guerre di Crimea. Il fatto è che ci rimorde la coscienza. La partecipazione del Regno di Sardegna al primo stupro conflitto di Crimea può avere affrettato la formazione dello stato unitario italiano, ma certamente non ha fatto del bene al mondo ortodosso. Prendiamo per esempio il moderno stato romeno... se la sua formazione fosse avvenuta sulle linee indicate dalla Russia invece che su quelle volute dalle potenze occidentali, forse gli ortodossi romeni si sarebbero risparmiati alcuni decenni di dominazioni massoniche e fasciste. La coscienza continua a rimorderci quando a Torino sentiamo legare la Crimea alle eroiche gesta dei bersaglieri di Lamarmora, che lasciarono una dozzina di eroici caduti in un unico scontro armato presso un fiumiciattolo, e un paio di migliaia di meno eroici caduti per colera negli ospedali da campo. Il trisnonno di chi scrive era uno di quei bersaglieri, che sopravvisse alla "battaglia della Cernaia" (non ci volle molto) e al colera (qui invece fu più fortunato), e lasciò ai suoi discendenti una collezione di medaglie di dubbio onore, generosamente elargite anche da Napoleone III e dalla regina Vittoria. La coscienza ci rimorde ancor di più quando consideriamo che il Regno di Sardegna post-napoleonico poté essere uno stato indipendente e volitivo non certo grazie agli austriaci (che avrebbero fatto volentieri del Piemonte una loro dipendenza subalpina), ma grazie ai russi di Suvorov, che appena mezzo secolo prima avevano liberato Torino in nome di uno spirito di auto-determinazione cristiana. Quando si dice ingratitudine...!
Ora come allora, naturalmente, la macchina dei media di quelle stesse potenze occidentali (...e dei loro convenientissimi alleati turchi!) riprende volentieri la retorica antirussa, e parla della Crimea con le stesse dubbie accuse di imperialismo e sottomissione. Così come ci si scorda convenientemente che un tempo i principati di Moldova e Valacchia avevano chiesto aiuto alla Russia per ricostituire la loro indipendenza di nazione cristiana ortodossa, allo stesso modo il risultato del referendum nella Crimea di oggi è convenientemente ricoperto, dapprima da zuccherosa retorica sull'integrità territoriale ucraina (della quale alle potenze occidentali importa se possibile ancor di meno di quanto importasse nel XIX secolo l'integrità territoriale dei romeni), e poi, se lo zucchero non fa presa, dallo spauracchio della "seconda guerra di Crimea".
Siamo stati davvero contenti quando abbiamo sentito la voce veramente ortodossa di padre Andrew Phillips definire la mossa mediatica della seconda guerra di Crimea come "il latrato dei barboncini". Presentiamo volentieri il saggio di padre Andrew nella sezione "Geopolitica ortodossa" dei documenti, e ricordiamo come, in un momento di sublime ironia, Mosca ha spedito il conto energetico non saldato dall'Ucraina (un miliardo e mezzo di euro) a Bruxelles. Parlando a nuora perché suocera intenda, è stato un buon modo di ricordare a Washington e a Londra chi è che ha già vinto la seconda guerra di Crimea.
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