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  In Ucraina occidentale l’Olocausto è stato cancellato dalla storia

di Frank Brendle

da Russia Insider

26 Dicembre 2014

apparso in origine in Defending History

Clicca per SCARICARE il documento come PDF file  
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In una notte di fine estate a Leopoli, abbiamo il nostro primo incontro con la società civile ucraina: una dimostrazione di ciclisti. Le parole "massa critica" sono scritte sulle loro bandiere, e sono in lotta per avere più spazio sulle strade. Proprio come in Germania.

Ma qualcosa è diverso dalla Germania: Il leader della manifestazione grida "Slava Ukraini!" (Gloria all'Ucraina), e la folla gli grida indietro "Heroiam Slava!" (Gloria agli eroi)

Poi arriva il successivo canto organizzato e la relativa risposta:

"Gloria alla Nazione – Morte ai nemici".

Il fattore di coinvolgimento nella partecipazione è moltiplicato mentre i passanti gridano il canto, suscitando l'attesa risposta tra i manifestanti.

Il problema è che queste sono le parole d'ordine dell'organizzazione fascista dei nazionalisti ucraini (OUN) e della loro ala militare fondata nel 1942, l'Esercito insurrezionale ucraino (o UPA secondo la denominazione ucraina).

Tale organizzazione, che ha "quasi" combattuto i sovietici, raramente ha combattuto contro i tedeschi, ma si è distinta nella storia uccidendo (almeno) alcune decine di migliaia di polacchi ed ebrei.

Oggi, almeno il primo slogan (quello dell'UPA) è un saluto comune degli stessi patrioti ucraini che ritengono di essere "pro-europei".

Da quando l'Ucraina è divenuta indipendente nel 1991, la politica della storia è stata la sua arena politica. Molti leader anti-russi e dichiaratamente filo-occidentali vogliono riabilitare le forze fasciste del periodo tra le due guerre, che furono aiutanti e di fatto agenti della soluzione finale di Hitler durante l'Olocausto.

Da quando le bandiere dell'OUN e del loro capo Stepan Bandera sono state collocate in prima fila nelle prime proteste del 2014 in piazza Maidan, con ben poco disappunto degli stranieri, il loro uso è stato ampiamente accettato nella società.

Fino a che punto arriva la portata di queste azioni, e che tipo di effetti ha sul ricordo dell'Olocausto?

donazioni per il battaglione Azov

Leopoli (in ucraino Lviv, in russo e polacco Lvov, Lemberg nei tempi dell'Impero asburgico) è stata la roccaforte del nazionalismo ucraino (occidentale) fin dalla fine del XIX secolo.

Qui il partito d'estrema destra Svoboda ("Libertà") ha raccolto il trenta e più per cento alle elezioni. Le strade hanno nomi come "Eroi dell'UPA" o i nomi dei leader nazionalisti.

Sui mercati è possibile acquistare tazze, t-shirt e sciarpe con le immagini di Bandera e dei suoi compagni. Vi si trova anche il ritratto di Vladimir Putin: su un rotolo di carta igienica o uno zerbino.

Il viale Stepan Bandera collega il monumento gigante del leader dell'OUN (ironicamente, proprio come i monumenti Lenin in epoca sovietica), con il "Monumento alle vittime dei crimini comunisti."

Nelle vicinanze in un'ex prigione, c'è il "Museo delle vittime dei regimi d'occupazione." L'NKVD (agenzia di sicurezza sovietica) nel giugno 1941 ha ucciso diverse migliaia di prigionieri, quindi senza dubbio c'è una ragione per la commemorazione.

Ma dimenticano che i nazisti e i loro collaboratori locali, tra cui alcuni degli stessi "eroi" dell'OUN/UPA hanno gettato gli ebrei in prigione, accusandoli di essere i responsabili degli omicidi e uccidendone circa quattromila un pogrom – questo fatto qui non è menzionato. Questo luogo racconta la gloria e lo spirito di sacrificio dei soli ucraini.

Succede stesso nel cosiddetto "Museo per la Lotta di Liberazione Nazionale", aperto due anni fa in una cerimonia a cui hanno partecipato veterani dell'UPA.

Qui i combattenti senza successo per l'indipendenza degli anni dopo il 1917 sono rappresentati in ordine cronologico, nella stessa posizione dei miliziani dell'OUN, dell'UPA e anche della Waffen SS Division Galizia, tutti come presunti rappresentanti di una continua "lotta per la libertà."

Vediamo la stessa logica al cimitero Litshakivskij, dove i soldati morti negli scontri in corso nell'Ucraina orientale sono fianco a fianco con i combattenti dell'UPA e di fianco a un obelisco in onore della Waffen-SS.

Vi è anche un monumento a Roman Shukhevich qui. Quest'uomo era il comandante del battaglione "Usignolo" della Wehrmacht, e più tardi divenne capo dell'UPA.

Non c'è una sola cosa che ricorda l'Olocausto a Lviv, una città dove quasi un terzo della popolazione era ebraica quando l'esercito tedesco la occupò. La comunità ebraica ha istituito un monumento all'ingresso del ghetto, ma non c'è nulla di "ufficiale".

L'organizzazione ebraica per il benessere sociale e l'istruzione "Hesed Arieh" sei anni fa ha introdotto per uso didattico una lezione di scuola sulla cultura ebraica e sull'Olocausto.

Vi era incluso un film che mostrava, in alcune immagini di solo pochi secondi, come gli ucraini avevano celebrato l'invasione dei tedeschi nel 1941. I politici di Svoboda hanno protestato, il procuratore generale ha aperto un'indagine per presunte "attività anti-ucraine", e Hesed-Arieh ha dovuto comparire davanti a una commissione locale.

"Date le circostanze, non ci hanno permesso di continuare il nostro lavoro nelle scuole", riferisce Irina Belous di Hesed-Arieh.

Una delle persone che vogliono sostenere la memoria dell'Olocausto a Lviv è il produttore cinematografico Taras Tsholyi. Ha un approccio molto specifico.

Ha avuto l'idea di erigere un "Territorio del terrore" sul campo dell'ex ghetto, dove dopo il 1945 i sovietici costruirono una prigione dell'NKVD, e qui il punto è introdurre la teoria della "equivalenza di tutti i totalitarismi" e della politica rossa = bruna!

Dovrebbe essere "il più interattivo possibile," afferma Tsholyi, e includere un remake di recinzioni di filo spinato, caserme e torrette di guardia. "Alcuni lo chiamano Disneyland," ammette Tsholyi, che è sicuro che questo tipo di installazione sarà molto più interessante per i giovani rispetto ai musei della vecchia scuola.

Quando arriviamo nell'ufficio di Tsholyi, restiamo per alcuni secondi senza fiato: il trentenne o giù di lì sta mettendo un vecchio fucile nel bagagliaio della sua auto. Dopo l'intervista andrà nelle foreste, per un addestramento militare privato con alcuni dei suoi amici.

Si stanno preparando per la coscrizione, e nessuno si fida della formazione ufficiale dell'esercito. Tsholyi ha preso il fucile da uno zio – è una carabina originale della Wehrmacht prodotta negli anni '40.

Per non essere da meno, Thsolyi indossa una t-shirt con la bandiera della "Sich carpatica", un ramo dell'OUN che aveva combattuto nel 1938 per l'indipendenza dell'Ucraina carpatica.

Tsholyi vuole, senza dubbio, onorare l'OUN e l'UPA, e la sua pagina Facebook mostra un grande striscione dell'UPA. Tuttavia abbiamo la netta impressione che sia assolutamente interessato a commemorare, tra l'altro, anche l'Olocausto.

"C'erano persone che sapevano dove gli ebrei nascondevano il loro oro, e li consegnarono ai tedeschi", dice.

E ammette, comunque, che ci sono stati "errori" dell'UPA, dal momento che alcuni dei loro comandanti hanno aggredito villaggi polacchi nella regione, aggiungendo quindi l'onnipresente segno di uguaglianza: "Proprio come i comandanti polacchi hanno aggredito villaggi ucraini".

A parte questo, le sue idee sono spaventose. Tsholyi dice:

"Naturalmente la parte più grande del complesso memoriale sarà dedicata alle vittime del regime sovietico, perché questo è durato più a lungo ed è stato probabilmente il più terribile."

Sta citando sua nonna, che ha sempre dichiarato:

"I tedeschi sono stati terribili, ma non c'è stato nessuno più terribile di russi."

Incolpare l'UPA per avere assassinato ebrei è, secondo Tsholyi, "illogico" perché l'UPA ha chiesto l'assistenza degli Stati Uniti, e "gli Stati Uniti sono dominati dal capitale ebraico, così ditemi perché avrebbero dovuto commettere crimini contro gli ebrei. "

Il consiglio comunale di Leopoli ha fatto di Thsolyi un "regista", ma in realtà, questo è un titolo onorifico, perché non rende più di pochi spiccioli, come riferisce. I costi di costruzione sono finanziati da sponsor privati, e attualmente il progetto rimane in forse.

Il divario nel ricordo dell'Olocausto in Ucraina è evidente anche a Babi Yar, a pochi chilometri dal centro di Kiev, il 29 e 30 settembre 1941dove nazisti e poliziotti ucraini hanno fucilato 33.771 abitanti ebrei, accuratamente contati dalle SS.

Negli anni '60, è stato eretto un monumento ai "pacifici cittadini sovietici" assassinati, ignorando la loro origine ebraica. È stato solo dopo l'indipendenza che la comunità ebraica ha eretto un proprio monumento.

Diversi governi ucraini di diverso orientamento politico hanno annunciato che avrebbero istituito un museo dell'Olocausto, ma i progetti si sono conclusi con la semplice posa di prime pietre.

Al contrario, i progetti per un memoriale del Holodomor sono stati compiuti, quando tale memoriale è stato istituito nel 2008 sulle colline del Dnepr. È dedicato alle vittime delle carestie nell'Ucraina sovietica, in particolare ai tre o quattro milioni di vittime del 1932 e del 1933.

Gli storici concordano soprattutto sulla corresponsabilità dei leader sovietici, che peggiorarono artificialmente la carestia.

Ma il memoriale interpreta la carestia in una mostra molto suggestiva e manipolativa come un genocidio intenzionale da parte dei russi e dei bolscevichi contro il popolo ucraino.

Il fatto che persone di altra origine – russi, ebrei, tedeschi, rom – sono morte anche loro di fame non è menzionato qui. Uno storico del memoriale ne descrive lo scopo:

"Qui le diverse culture delle parti occidentale, centrale e orientale dell'Ucraina sono unificate dalla conoscenza della tragedia che è accaduta agli ucraini".

Pertanto, si tratta di creare una "identità nazionale" sulla base di una sofferenza ucraina puramente etnica.

Boris Zabarko ha 79 anni, è uno storico ebreo sopravvissuto all'Olocausto nel ghetto di un piccolo shtetl nella zona occupata romena.

Oggi è presidente dell'associazione degli ex prigionieri dei ghetti e dei campi di concentramento nazisti. Dice:

"Dopo la rivoluzione arancione il Holodomor è diventato il centro di ricerca scientifica. L'Olocausto è stato considerato come una questione ebraica marginale.

L' Istituto ucraino della memoria nazionale, istituito dall'ex presidente Viktor Yushchenko, ha elogiato i combattenti dell'UPA, i leader dell'OUN, i collaborazionisti, e quindi anche quelli che hanno partecipato ad azioni anti-ebraiche in Ucraina occidentale.

So fin troppo bene quale ruolo hanno giocato Bandera e i suoi uomini, che erano parte attiva nella soluzione finale della questione ebraica".

Parlare dell'Olocausto significherebbe parlare anche del collaborazionismo. "Ma qui tra noi questo tema piuttosto dev'essere nascosto".

Uno dei campioni degli eventi di Maidan è Volodymyr Viatrovych. Potrebbe essere il più importante mistificatore dell'OUN in tutta l'Ucraina.

Dopo la rivoluzione arancione ha diretto l'Istituto della memoria nazionale di cui parla Zabarko, l'unico progetto storico finanziato dallo Stato (e di cui la commemorazione del Holodomor è il risultato principale).

Sotto Yanukovich è stato degradato a semplice impiegato, ma dall'aprile di quest'anno Viatrovych è tornato di nuovo al vertice dell'istituto, è ha sotto il suo controllo una parte dei documenti storici dell'OUN e dell'UPA.

Nell'intervista ha ripetuto più volte che tutti gli aspetti e i rapporti negativi sull'OUN hanno origine dalla propaganda sovietica.

Gli ho chiesto, com'è che molti storici occidentali, proprio negli ultimi anni, hanno prodotto numerose pubblicazioni sul carattere fascista e sui crimini dell'OUN, circa l'omicidio di massa di polacchi e di altri? Dice Viatrovych:

"Questi storici sono influenzati dalle presentazioni sovietiche".

I seguaci di Bandera sono stati "i primi a combattere illegalmente contro la Germania nazista," ci assicura Viatrovych, sottolineando nello stesso respiro che qualsiasi collaborazione con i nazisti è stata solo di natura pratica, non ideologica.

Oggi i nazionalisti di Bandera sono "un esempio per molti ucraini, un esempio della lotta sacrificale e senza compromessi per uno stato indipendente".

Viatrovych indica una presunta conseguenza della propaganda russa che sta accusando il movimento di Maidan nel suo insieme come un fenomeno fascista di "banderovtsy".

"Sì, noi siamo banderovtsy, anche noi lottiamo per l'indipendenza dell'Ucraina."

Viatrovych viene da Leopoli. Lì, lo storico Jaroslav Hrytsak, docente presso l'Università Cattolica, non ha di lui una grande considerazione: egli crede che il suo collega si collochi nella tradizione degli esuli ucraini, "che hanno contaminato la ricerca storica e la memoria", prosegue Hrytsak:

"Viatrovych sta giocando con i documenti" al fine di rafforzare il mito Bandera, "e questo lo considero come un tradimento della sua formazione professionale."

Bandera, dice Hrytsak, è popolare perché la gente non considera il sostanziale divario tra l'immagine idealizzata del loro combattente per la libertà anti-russo e i fatti storici:

"Di sicuro Bandera era anti-russo, ma, anche di sicuro, non era un avversario di uno stato autoritario".

Hrytsak chiama l'ala banderista dell'OUN xenofoba e anti-europea. Se Bandera sapesse che la gente lo sta collegando con i valori pro-europei e liberali, "si rivolterebbe nella tomba."

Dieci anni fa Hrytsak ha pubblicato un articolo che critica l'OUN, come "invito per una discussione". Vi ha parlato degli omicidi di massa dei polacchi e dell'antisemitismo della UPA.

Questo invito non è stato accettato, ma ha allarmato Svoboda:

"Molti dei loro leader mi hanno minacciato pubblicamente e hanno promesso di trovarmi una bella cella di prigione quando sarebbero arrivati al potere".

Cosa succederà dopo? Anche se la maggior parte degli (auto-)dichiarati "banderovtsy" non hanno alcuna coscienza dei crimini di Bandera e dei suoi seguaci (e presumibilmente non ne vogliono sapere nulla), rimane il fatto storico che costui era il comandante di un'organizzazione criminale fascista.

E anche se la propaganda russa esagera molte cose, di certo non ha inventato i crimini di spirito nazista dell'OUN.

Ma con l'eccezione di pochi attivisti ebrei nessuno sembra disposto a parlarne. I pochi attivisti progressisti e di sinistra stanno seguendo altre questioni, non si preoccupano di Bandera.

Anche gli storici critici non vogliono discutere pubblicamente dell'OUN e di Bandera. Georgij Kasianov, che lavorando presso l'Accademia delle Scienze di Kiev e in passato era un critico dalla lingua molto tagliente della politica storica fatta dal governo, sostiene che è meglio evitare discussioni su temi storici:

"Se gli ucraini occidentali vogliono stabilire un culto di Bandera e vogliono parlare di eroi dell'Esercito Insurrezionale Ucraino, dovrebbero farlo liberamente, e dovrebbero farlo a casa loro, non dovrebbero andare a Donetsk a imporre i loro valori di memoria storica; lo stesso vale per l'est dell'Ucraina".

Kasianov si conclude con un sottotesto ironico, raccomandando una sorta di "coesistenza pacifica" di Bandera e Lenin.

Analogamente Hrytsak sostiene un "patto dell'amnesia", forse come in Spagna dopo la morte del dittatore Franco nel 1975.

"A mio parere l'Ucraina non è pronta per dibattito storico," dice, sarebbe perfino "suicida" per il Paese "se volessimo discutere Bandera. Voi tedeschi questo non lo capirete", aggiunge.

In realtà, in politica una tale tregua della memoria non esiste. Anche se il presidente Poroshenko ha chiamato sia i veterani dell'Armata Rossa sovietica sia quelli dell'UPA più volte, "difensori dell'Ucraina" da allora ha stabilito il 14 ottobre come festa nazionale. Questo è il giorno celebrato dai nazionalisti come il giorno della fondazione dell'UPA.

Mentre i (potenziali) critici di Bandera hanno cessato di criticarlo, i suoi seguaci non pensano nemmeno di rimanere in silenzio.

Dove mai arrivano, dopo aver tirato giù le statue di Lenin istituiscono marce di Bandera, e le loro interpretazioni sono sostenute, con l'assistenza dell'Istituto della memoria nazionale di Viatrovych, dalle più alte autorità dello Stato.

I cittadini ebrei e polacchi del paese devono continuare a vedere come i deliberati assassini – e solo su base etnica – di persone della loro etnia, vengono trasformati in eroi nazionali.

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