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  La Bucovina ucraina
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La  storia della Bucovina, parte settentrionale dell'antico principato di Moldavia fin dal XIV secolo, è troppo lunga per essere riassunta in queste righe. È sufficiente notare che questa regione è sempre stata un territorio di confine, tra imperi e regni differenti, e spesso in guerra tra loro: Principato di Moldavia, Regno di Polonia, Impero Ottomano, Impero Austro-Ungarico, Impero Russo, e così via. Oggi la Bucovina si trova divisa a metà tra Ucraina e Romania: qui ci occuperemo in dettaglio della parte settentrionale, che costituisce una regione (oblast') della Repubblica Ucraina, all'interno della Confederazione degli Stati Indipendenti (CIS).

La Bucovina non è solo terra di confine politico, ma anche etno-linguistico: ucraini (ruteni) e romeni (moldavi) sostengono entrambi di essere gli abitanti originali della regione: oggi, la regione della Bucovina ucraina è suddivisa a grandi linee tra la parte nord-occidentale di popolazione e lingua ucraina, e quella sud-orientale di popolazione e lingua romena/moldava. Tipicamente le unità di identità etnica sono i villaggi, e può capitare che la loro dislocazione sia tutt'altro che conforme alle rispettive aree di predominanza etnica. Sintomatico è il caso dell'antico confine tra Regno di Romania e Impero Russo, agli inizi del XX secolo, che cadeva a metà strada tra un villaggio ucraino (Toporivtsy) sotto amministrazione romena, e un villaggio romeno (Colincăuți) sotto amministrazione russa.

La regione della Bucovina settentrionale prende il nome dalla sua capitale, Chernovtsy (in ucraino Chernivtsy, in romeno Cernăuți), una città di 250.000 abitanti che si estende sulle colline a sud del fiume Prut. L'intera regione conta più di 900.000 abitanti, e va dalle pendici boscose dei monti Carpazi settentrionali alle rive meridionali del fiume Dniestr, al confine storico con l'antica Galizia.

Degli attuali abitanti, oltre 300.000 sono etnicamente romeni/moldavi (i due termini vengono usati indifferentemente, e non hanno connotazioni politiche, se non forse per il fatto che i romeni di Ucraina si sentono talora più vicini ai romeni della Repubblica di Moldova, che non a quelli di Romania). Nonostante una certa spinta alla russificazione nel periodo sovietico, e all'ucrainizzazione nell'ultimo decennio, si può dire che i romeni in Ucraina (quasi tutti concentrati in Bucovina) siano una minoranza ben tutelata, con decine di scuole, testate giornalistiche, centri culturali e movimenti politici, e un paio di deputati a Kiev. A paragone, i circa 300.000 ucraini di Romania (in maggioranza russini) sono ancora in uno stato di totale assenza di tutela, con appena una singola scuola ucraina a Sighetul Marmației, nel distretto di Maramureș.

Dal punto di vista religioso, la Bucovina è un saldo bastione di fede ortodossa, se paragonata alla caotica situazione in cui si trova il territorio ucraino appena a nord del Dniestr, storicamente conteso tra ortodossi e greco-cattolici (o uniati). Chernovtsy è stata un'importante sede metropolitana ortodossa (la cui fama aumentò assieme alla crescita della città, con l'apertura dell'Università nel 1875 e della ferrovia nel 1886). Al tempo della dominazione austriaca, il Metropolita della Bucovina (dipendente dal Patriarcato Ecumenico) aveva giurisdizione anche sui fedeli ortodossi della Dalmazia, un territorio ai confini opposti dell'impero. Con l'indipendenza della Chiesa ortodossa romena e la spartizione della Bucovina, la sede episcopale del Patriarcato di Romania è ritornata nell'antica capitale di Suceava, mentre a Chernovtsy si sono insediati vescovi (e ora Arcivescovi) della Chiesa ortodossa russa.

Con il cosmopolitismo tipico dell'Impero austriaco, Chernovtsy e la Bucovina sono divenute sedi di un certo numero di minoranze etnico-religiose; oltre ai greco-cattolici ricordiamo polacchi (cattolici di rito latino) ed ebrei.

Una minoranza curiosa e significativa è quella dei Vecchi Credenti, provenienti in origine dalla Russia del Nord, che hanno la loro storica sede metropolitana nel villaggio di Belaja Krinitsa, o "Fontana Bianca" (in ucraino Bila Krinitsa, in romeno Fântâna Albă). Ancora oggi nel villaggio, pur molto spopolato a causa dell'emigrazione e delle persecuzioni dell'amministrazione comunista, si trova una chiesa nell'antico stile moscovita (reminiscente della Cattedrale di San Basilio sulla Piazza Rossa), unico esempio di architettura sacra russa - assieme alla chiesa della Trinità nella Lavra di Pochaev - in tutta l'Ucraina occidentale.

Con la cessazione delle persecuzioni religiose sotto la presidenza di Boris Eltsin, il quadro della rinnovata libertà di culto lasciava agli ortodossi un immenso panorama di lavoro: centinaia di chiese da riaprire (a partire dalla stessa cattedrale di Chernovtsy), una decina di monasteri chiusi o distrutti da rimettere in funzione, organizzazioni religiose e culturali da ricostruire fin dalle fondamenta. A questi problemi il primo Arcivescovo di Chernovtsy e della Bucovina (oggi Metropolita di Kiev), Onufrij (Berezovskij), ha dovuto aggiungere il conflitto con gli scismi separatisti ucraini, diretti da due patriarchi non canonici, uno a Kiev e l'altro a Lvov. Pur avendo un certo appoggio (in quanto "indipendentisti") da parte delle amministrazioni locali ex-comuniste, queste entità parecclesiali rappresentano una minima percentuale della popolazione (in Bucovina, per esempio, non hanno alcuna presa sulla consistente minoranza romena), e sono anzi riuscite a vanificare molti sforzi di rinascita di un'autentica vita cristiana nella regione, coprendo di ridicolo l'Ortodossia.

Nel nostro paese si è avuta una massiccia immigrazione dalla Bucovina (sia ucraina che romena), e il Metropolita Onufrij, di cui conosciamo lo zelo pastorale e la santità di vita, segue con attenzione le vicende della presenza ortodossa in Italia.

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