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  La morte di Dio

di padre Joseph Gleason

Russian Faith, 21 aprile 2022

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Il Figlio di Dio ha creato lo stesso albero che sarebbe stato usato per crocifiggerlo. Ha creato il cespuglio di spine che è stato intessuto nella sua corona di spine. Quando un soldato romano si è fermato ai piedi della croce e gli ha trafitto il costato con una lancia, è stato il Figlio di Dio – il Signore della vita – a far battere il cuore di quel soldato, anche se il soldato verificava che il cuore di Dio si era fermato...

Che tipo di elogio funebre si potrebbe fare per un uomo simile?

Che tipo di necrologio si potrebbe scrivere?

"Qui giace un senzatetto, senza moglie, senza figli, senza datore di lavoro, senza laurea. Non pubblicato articoli. Non ha scritto libri. Quelli che lo hanno respinto e lo hanno consegnato alla morte sono i suoi stessi compatrioti. Chi lo ha seguito per un po', lo ha abbandonato. Non è nemmeno cittadino dell'impero che lo ha crocifisso..."

I capi religiosi possono contraddirsi a vicenda su molte cose, ma una cosa su cui sono tutti d'accordo è che non sanno chi sia suo padre. Ironia della sorte, questa è una delle poche cose in cui Gesù era d'accordo con loro. Non sanno chi sia suo Padre.

Se il filosofo Nietzsche fosse vissuto duemila anni prima, solo per pochi giorni, avrebbe parlato sinceramente quando diceva: "Dio è morto". Cosa può significare per Dio essere morto? Il Figlio di Dio, Il Verbo, Il Logos – Colui che ha creato i mondi. Che cosa può mai significare per la Via, la Verità e la Vita essere morti?

Prima di poter comprendere la crocifissione, dobbiamo essere immersi nel mistero dell'Incarnazione. È un malinteso comune che un membro della Trinità abbia preso un congedo dal cielo, abbia indossato un abito da uomo e abbia camminato quaggiù per trentatré anni, prima di avere finalmente l'opportunità di appendere l'abito e tornare indietro nel paradiso. Nel frattempo, Dio il Padre e Dio lo Spirito Santo [presumibilmente] stavano aspettando con il fiato sospeso che la Trinità si riunisse. Come ho detto, questo è un malinteso, perché non è ciò che è successo.

Come scrive sant'Atanasio nella sua opera classica, Sull'incarnazione del Verbo, alla seconda Persona della Trinità non è stato sottratto nulla. La Via, la Verità, la Vita, il Logos, il Verbo di Dio, non ha rinunciato alla sua onnipotenza. Non ha rinunciato alla sua onniscienza. E non ha rinunciato alla sua onnipresenza. Vedete, Egli è sempre stato dappertutto e in tutti i luoghi in cielo, sulla terra e sotto la terra. Non c'è nessun posto in tutta la creazione in cui si possa andare, o si sia mai potuti andare, per sfuggire alla presenza del Verbo di Dio. La sua umiltà non era una sottrazione, ma un'aggiunta incomprensibile alla seconda persona della Trinità. Perché all'Incarnazione, non si tolse il suo "vestito da Dio", come se una cosa del genere fosse possibile. All'Incarnazione, ha aggiunto un corpo umano, e una mente umana, e una volontà umana, e un'anima umana, al suo essere.

E ciò che questo significa per noi, letteralmente sconvolge la mente. Perché significa che nell'Incarnazione il Figlio di Dio non solo era veramente figlio di Maria, non solo era concepito e cresceva come un bambino piccolo nel suo grembo, ma, nello stesso tempo, quello stesso Figlio di Dio stava edificando quel corpo nel suo grembo. Stava creando il proprio corpo!

Il Figlio di Dio è colui che ha creato lo stesso albero che sarebbe stato tagliato e modellato nella Croce che sarebbe stata usata per crocifiggerlo. Il Figlio di Dio è colui che con il potere della sua creazione e con il potere della sua stessa vita e divinità, ha nutrito, ha fatto crescere e ha coltivato il grano e l'uva, che avrebbero attraversato il loro personale Golgota e Getsemani mentre venivano schiacciati e macinati per fare il primissimo pane e il calice di vino che avrebbero costituito l'Ultima Cena. Era la sua vita che pulsava nelle mani degli uomini che lo schiaffeggiavano. Fu il suo cespuglio spinoso, quello che egli creò, a essere intessuto in una corona di spine che doveva finire sul suo capo. Quando il soldato romano si fermò ai piedi della croce e gli trafisse il costato con una lancia, era questo Figlio di Dio, questo Signore della vita, che faceva battere il cuore di quel soldato, proprio mentre il soldato stava verificando che il cuore di Dio si fosse fermato.

Non fu solo nella vita che il Figlio di Dio era nello stesso momento in cielo e sulla terra, ma anche nella morte. Perché vedete, nella morte, la sua anima umana e il suo corpo umano si erano separati in modo innaturale. Il suo cadavere andò nella tomba. La sua anima andò nell'Ade. E come anima umana nell'Ade, predicando agli spiriti in prigione, allo stesso tempo, come Dio, era ancora parte della Trinità, tenendo ancora insieme tutto nell'universo con la parola della sua potenza, mentre il suo corpo era nella tomba e la sua anima era nell'Ade. Come il proverbiale gatto di Schrödinger, è morto e vivo allo stesso tempo.

Cristo ha detto: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Gv 15:13). E certamente nella vita dei santi e nella vita dei martiri, vediamo casi di persone che danno volontariamente la vita per i loro amici, confessano volontariamente Cristo, assumendo volontariamente il martirio, come fece sant'Ignazio intorno all'anno 107. Egli volontariamente cercò il martirio, affinché quelli sotto di lui nella sua diocesi fossero protetti dall'ira dell'imperatore. Leggiamo di uomini e donne che hanno dato la vita per i loro amici. E per quanto difficile fosse, per quanto amorevole fosse, era ancora solo una cosa una tantum. Perché una volta che sei stato consegnato al boia, non c'è più niente che tu possa fare al riguardo. Può essere stato molto difficile diventare un martire, può essere stato molto difficile professare Cristo e rifiutarsi di offrire quel granello di incenso all'imperatore. Ma una volta consegnato al carnefice, ora è solo questione di tempo. Dì quello che ti piace, fai quello che ti piace, ma è probabile che morirai.

Ma non fu così per Cristo alla sua passione. Non prese una decisione una tantum di andare davanti a Pilato e di tacere come era necessario affinché Pilato prendesse finalmente la decisione di mandarlo al Calvario. Mentre Gesù percorreva la Via Dolorosa, mentre i suoi polsi erano legati, mentre barcollava sotto il dolore della croce, non c'era un momento in cui egli disse: "Oh... Ho avuto la possibilità di sfuggire a tutto questo! Ma ora non posso più farci niente". In nessun punto della croce egli fu una vittima indifesa.

Perché vedete, il suo amore era tale che non depose la sua vita una sola volta. Ma la depose continuamente, ancora e ancora, ogni secondo, ogni momento. Perché non c'è stato nessun momento in cui non sia riuscito a controllare perfettamente la situazione. Alcuni di voi hanno visto il film La passione di Cristo. E se siete come me, riuscite a malapena a guardare lo schermo quando viene frustato. Vedete il dolore insopportabile che dilania il suo corpo, i tremori e i brividi, il sangue schizzato letteralmente ovunque, così vi chiedete come sia sopravvissuto per essere crocifisso.

Vi rendete conto che a ogni frustata, a ogni secondo passato, a ogni goccia di sangue caduta, ha avuto la capacità di andarsene? Le catene erano impotenti per quelle mani che avevano plasmato il mondo. Queste mani che avevano guarito, che avevano anche risuscitato i morti, non erano impotenti a guarire il suo stesso corpo. Quei chiodi, che egli ha creato, non avevano il potere di tenerlo a quell'albero vergognoso. Come è stato detto molte volte, è stato l'amore a tenerlo sulla croce. Per la gioia che aveva davanti a lui, disprezzò la vergogna. Sapeva che la morte, l'inferno e la tomba non potevano trattenerlo...

Egli rinuncia alla sua vita in riscatto per molti. E la morte, la corruzione e l'inferno che avevano terrorizzato il genere umano fin dall'inizio, dal momento del peccato di Adamo – il loro potere era stato spezzato – perché quel giorno il 100% di ciò che era dovuto alla morte era stato pagato. Ma [secondo sant'Atanasio] fu un doppio miracolo, perché non solo tutti noi prigionieri siamo stati rilasciati attraverso quell'atto, ma una volta che la morte ha serrato le mascelle sul Signore della Vita, si è ress conto – solo un po' troppo tardi – che aveva morso più di quanto potesse masticare.

La tomba non poteva trattenerlo. La morte non poteva trattenerlo. Lo spettacolo è stato trionfante. E davanti all'intero cosmo, ha messo in imbarazzo il diavolo. Ha messo in imbarazzo tutti i demoni. Ha preso e tolto i denti del leone, così che tutto ciò che gli è rimasto era un ruggito. Ha tolto al maligno le chiavi della morte e dell'inferno, così che ora è il Figlio di Dio che le detiene.

E ha fatto qualcosa di assolutamente incredibile. Ha preso un simbolo che era l'epitome stessa di vergogna, rifiuto, finalità, corruzione, fetore e morte, e lo ha trasformato in quella che chiamiamo la "Croce vivificante". Vi rendete conto di quale contraddizione in termini sarebbe suonata alle orecchie del primo secolo? La "Croce vivificante"? Sarebbe come chiamare "vivificante" una sedia elettrica, un'iniezione letale o un plotone d'esecuzione. Sarebbe come assumersi la vergogna del simbolo della Germania nazista, e in qualche modo avere il potere – non solo nella vita di una persona o di una comunità, ma in tutto il mondo – di convertirlo in un simbolo che tutti santificano, lodano e venerano come simbolo vivificante e glorioso.

Vi rendete conto che simbolo orribile era la croce per qualcuno che viveva a Roma? Per quanti anni della propria vita si doveva fare attenzione alla strada che si faceva, per non sentire l'odore della carne in decomposizione dei propri familiari e dei propri vicini, mentre l'ira di Roma si manifestava a tutti? Quante volte si doveva vedere una persona torturata negli ultimi giorni della sua vita? Quante volte si doveva sentire l'odore della carne in decomposizione degli esseri umani? Quante volte si doveva vedere una carcassa dilaniata dai rapaci, prima che divenisse completamente disprezzata e odiata anche la sola idea di due bastoncini di legno che si incrociano?

È ancora più sorprendente quando sentiamo da Giustino martire che gli ebrei, quando celebravano la Pasqua, non arrostivano l'agnello esattamente nello stesso modo in cui possiamo immaginarlo: su uno spiedo. Abbiamo quest'idea di un unico spiedo che trapassa l'agnello e che ruota sul fuoco, proprio come fanno oggi gli ortodossi greci per la Pasqua. Ma no. Per tradizione gli ebrei di 2000 anni fa, per la festa della Pasqua, non usavano il metallo; usavano il legno. E non un solo pezzo di legno, ma due. E non in parallelo, ma questi due pezzi di legno erano disposti a croce. Uno serviva da spiedo come potremmo prevedere, e poi l'altro pezzo di legno era messo trasversalmente e vi si infilavano le zampe dell'agnello. Quindi ogni anno si mangiava la carne di un agnello letteralmente arrostito su una croce di legno.

Il sangue dell'agnello era messo sull'architrave e sugli stipiti delle porte. E la carne dell'agnello era mangiata, nella maggior parte dei casi, non per salvare se stessi, ma proprio in quella prima Pasqua, per salvare i propri figli. Poiché non erano i capifamiglia a essere condannati a morte, ma versavano il sangue dell'agnello sulla propria casa, perché fossero risparmiati i loro primogeniti. E poi, alla crocifissione, sentiamo di queste persone che Dio aveva liberato dall'Egitto, che dicevano: "Crocifiggilo, crocifiggilo! Il suo sangue ricada su noi e sui nostri figli..."

Grazie a Dio che Cristo è il nostro Agnello pasquale, immolato per noi. E non diversamente dall'agnello pasquale: non era solo per chi lo immolava, ma era per i primogeniti, era per i figli, era per le generazioni dei discendenti. Così oggi, la promessa non è fatta solo a voi, ma la promessa è fatta a voi, ai vostri figli e ai figli dei vostri figli, anche fino a mille generazioni, e a quelli che sono lontani, a quanti saranno chiamati dal Signore.

Avevano bisogno del sangue di quell'agnello per la protezione delle loro case. Avevano bisogno di mangiare la carne di quell'agnello per la protezione delle loro case. E anche noi, la Chiesa. Abbiamo bisogno del sangue di quell'Agnello e della carne di quell'Agnello che consumiamo, poiché il suo corpo spezzato, sanguinante, immolato ci viene dato come nutrimento nell'Eucaristia. Cristo è la nostra Pasqua, sacrificata per noi.

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