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  Un'intervista all'iconografa Julia Bridget Hayes

di Andrew Gould

Orthodox Arts Journal

13 novembre 2015

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Julia Bridget Hayes è un'iconografa di talento che lavora in Grecia. Il suo lavoro è un vero e meraviglioso esempio di creatività nell'ambito della tradizione. Le abbiamo chiesto di intervistarla e di condividere queste immagini del suo lavoro per farla conoscere meglio ai nostri lettori.

Andrew Gould: Julia, tu sei nata in Sud Africa, ma ora lavori in Grecia. Hai scoperto qui la fede ortodossa?

Julia Bridget Hayes: Andrew, io ero già ortodossa quando sono venuta in Grecia. La mia famiglia era anglicana, ma abbiamo lasciato la Chiesa anglicana nel 1985 e siamo entrati nella Chiesa ortodossa nel 1987. Così sono stata ortodossa per la maggior parte della mia vita.

Come sei arrivata a vivere e studiare in Grecia, e come hai deciso di perseguire l'iconografia come una seria vocazione?

Il pensiero di venire a studiare in Grecia, e tanto più di diventare iconografa, in realtà non mi era mai passato per la mente, e tutto è successo in modo a dir poco miracoloso. Avevo sempre disegnato fin da bambina. Quando ho finito il liceo ho studiato fotografia, che era il mio sogno, ma al secondo anno ho dovuto interrompere gli studi per motivi economici. In ogni momento libero che avevo dipingevo, un anno dopo aver lasciato la scuola di fotografia avevo raggiunto il fondo e non sapevo cosa fare della mia vita. Nella mia disperazione ho chiesto a Dio perché dipingevo, perché era la cosa che sapevo fare meglio e che cosa dovevo farci. Ed è qui che è iniziata l'avventura! Appena due giorni dopo, un prete ha visto qualcosa che avevo disegnato e ha detto che mi avrebbe mandato in Grecia per 6 mesi a imparare l'iconografia!

Questo è avvenuto un anno prima che mi trasferissi ​​in Grecia, e in quel periodo ho fatto molte letture e ricerca interiore sulla fede ortodossa. E mi è venuto un pensiero pazzo – che mi sarebbe piaciuto studiare teologia, ma questo era impossibile. Dove e come una ragazza dal Sudafrica avrebbe potuto studiare teologia ortodossa? Ho messo da parte l'idea e l'ho dimenticata. Ma quasi un anno dopo il prete mi aveva detto che mi avrebbe mandato in Grecia, me lo ha detto ancora una volta, ma questa volta mi ha detto che ci sarei andata per 5 anni... all'università... e avrei avuto una notte per decidere che cosa volevo studiare! C'era solo una cosa che non avevo mai contemplato tra gli studi universitari – la teologia! Così sono venuta in Grecia nel 1997 con una borsa di studio e ho studiato teologia presso l'Università di Atene. Sono tornata in Sud Africa per due anni in cui ho lavorato come iconografa e ho anche tenuto conferenze sull'iconografia ortodossa e ho fatto opera di catechesi. Nel 2005 sono tornata di nuovo in Grecia per studi post-laurea in campo liturgico.

Com'è stato studiare con George Kordis? Anche se il tuo lavoro è distintamente tuo, vi posso comunque vedere molta influenza di Kordis. Quali sono le cose che ritieni più importanti tra ciò che hai imparato da lui?

Ho incontrato George Kordis nel 2008 quando stavo facendo studi post-laurea presso l'Università di Atene, dove ho frequentato sia le sue lezioni pratiche sia alcuni dei suoi corsi teorici sulla teologia dell'icona e l'estetica dell'icona bizantina. Mi ha anche generosamente invitato a frequentare le lezioni presso il Centro di studi e ricerche iconografiche ortodosse Eikonourgia, dove ci insegnava un team di iconografi qualificati e di talento, guidati da Kordis stesso. Prima di incontrarlo avevo avuto una formazione molto poco formale nell'iconografia, nonostante che questo fosse lo scopo originale della mia venuta in Grecia. A causa della pressione degli studi, non avevo avuto tempo da dedicare all'apprendimento dell'iconografia. Ho frequentato qualche lezione in una parrocchia, ma queste non mi hanno neanche insegnato le basi degli schizzi. Ci hanno appena mostrato la tecnica per dipingere un'icona in stile cretese, così da lì ho preso quello che ho potuto e ho lavorato da sola con l'aiuto di libri. Ho anche sperimentato in seguito con lo stile macedone. Non sono mai stata molto soddisfatta dall'idea di fare "semplici fotocopie" di vecchie icone, cosa che è più o meno la pratica standard e che purtroppo è stata soprannominata "tradizione", anche se in realtà non è mai stata la tradizione fino al XX secolo. In tutta la storia dell'iconografia bizantina c'è stato un continuo sviluppo creativo di alcuni aspetti della pittura, mentre altri sono rimasti invariati. Così lo studio dell'iconografia sotto Kordis è stato liberatorio, perché non si limita a insegnare a copiare meccanicamente le vecchie icone. Piuttosto, insegna i metodi e i principi della pittura bizantina e la teologia visiva e il logos o logica che vi sta dietro, cose che sono rimaste invariate nonostante i numerosi cambiamenti stilistici che si sono verificati da una scuola o da un periodo di iconografia a un altro. Da un lato, il modo in cui si dispongono le linee e i colori nell'icona e le regole di composizione e prospettiva sono elementi immutabili, ma lo stile, dall'altro, è qualcosa che cambia, non solo tra periodi e scuole come il periodo dei Comneni, o le scuole macedoni e cretesi, ma anche tra un iconografo e l'altro. Quindi, imparare a usare questi elementi consente all'iconografo la libertà creativa nella tradizione.

Come straniera in Grecia, hai delle difficoltà a studiare iconografia rispetto agli studenti greci? Questo ti dà più libertà, o ti mettono in dubbio se il tuo lavoro non è abbastanza 'greco'?

Non credo che ci siano problemi, con l'eccezione forse di una barriera linguistica iniziale per qualcuno che non conosce il greco. Quando sono arrivata in Grecia il primo libro che ho comprato era La tecnica dell'iconografia di Ioannis Vranos. Mi sedevo con un dizionario a imparare insieme il greco e l'iconografia! Forse non essere greca mi dà più libertà e per molti versi sono un miscuglio di molte tradizioni ortodosse. Sono cresciuta nella parrocchia ortodossa multiculturale di San Nicola del Giappone in Sud Africa, dove sono stata esposta alla cultura russa, greca, serba, libanese, romena e ad altre culture ortodosse. Ho anche cantato nel coro della chiesa russa di Atene per 13 anni, ma avendo vissuto in Grecia per quasi metà della mia vita e avendo una formazione teologica greca, mi sento più greca di ogni altra cosa. Nessuno mi ha mai detto che sente che il mio lavoro non sia abbastanza "greco", ma credo che non importa quello che fai, a qualcuno piacerà e ad altri no, proprio come alcune persone potrebbero preferire lo stile russo a quello greco e vice versa. Ma in generale ho avuto una risposta molto positiva al mio lavoro.

Il tuo lavoro ha uno stile che credo di non aver mai visto prima. Combina la vivace pennellata abbozzata che si vede in molte icone greche moderne con l'estrema trasparenza delle icone russe medievali. Posso vedere come ciò si possa considerare il meglio dei due mondi. Ma devi avere molta fiducia per dipingere così – con ogni pennellata completamente in mostra, senza che sopra ci sia una delicata verniciatura per nasconderla. Come hai sviluppato questo stile, e quali sono i tuoi pensieri sui suoi meriti e sul suo rapporto con l'opera storica?

Il mio stile si è sviluppato combinando elementi di iconografi che ammiro o tecniche da differenti scuole di iconografia. Sicuramente il mio stile di disegno è stato influenzato da George Kordis e a volte uso anche le sue tecniche di sotto-pittura, ma di solito ritornare a lavorare con un proplasmos semi-trasparente. Anche altri hanno paragonato la trasparenza nel mio lavoro alle icone russe medievali, ma questo aspetto del mio stile è stato più influenzato dall'iconografo athonita contemporaneo, padre Loukas del monastero Xenophontos. Credo che dia all'icona una vitalità e luminosità che trovo carente nelle icone molto opache. Sono stata anche influenzata da lui in termini dello stile "abbozzato" nel dipingere i volti, in particolare perché aiuta a creare un ritmo nell'icona. Il ritmo è uno degli aspetti più importanti della icona, che le dà il senso di movimento e di energia e la "porta a vita" e in comunione con lo spettatore.

Se il mio stile ha qualche merito, forse sta agli altri giudicarlo. In termini di relazione con il lavoro storico, quello che mi sforzo di fare è di utilizzare lo stesso sistema utilizzato durante tutti i periodi e le scuole della pittura bizantina, cioè l'uso di linee, colori, composizioni e prospettive per creare icone che soddisfano la funzione ecclesiastica e liturgica, che è quella di portare qui e ora lo spettatore alla comunione con la persona raffigurata.

Sembra che ci sia qualcosa di particolarmente fresco e moderno nelle tue icone: i colori pastello vivaci, il disegno illustrativo abbozzato, e i volti dei santi amichevoli e avvicinabili. C'è nelle tue icone qualcosa di un po' infantile, nel senso buono e cristiano del termine, e questo mi piace molto. Credi che noi moderni, con la nostra visione spirituale distratta, potremmo trarre beneficio da questa semplicità diretta?

Sì, credo davvero che possiamo trarre vantaggio dalla semplicità, perché molto spesso possiamo perderci nei dettagli. E nelle icone, in particolare, possiamo spesso distrarci dalla comunione con la persona raffigurata, a causa di tutti i dettagli. San Fozio il Grande ha perfino detto che le icone dovrebbero essere dipinte "in maniera rispondente alla santità" e che le forme dovrebbero essere purificate da tutti gli elementi di "indecenza materiale e curiosità umana". Anche le icone bizantine e russe moderne possono essere così piene di dettagli, che perdiamo il contatto con la persona. Quindi penso che l'immediatezza della semplicità ci permetta di concentrarci.

Parlaci dei tuoi materiali e tecniche di pittura. Quali pigmenti e vernici preferisci, per esempio? C'è qualcosa di insolito nel modo in cui lavori con la tempera all'uovo per ottenere quella struttura trasparente asciutta nella tua pittura?

Lavoro a tempera all'uovo, nell'antica tetracromia greca, cioè, utilizzando solo quattro pigmenti: nero, bianco, rosso ercolano e ocra. Tutti i colori possono essere miscelati utilizzando solo questi quattro e il pallet limitato crea un'armonia cromatica che spesso manca in molte icone moderne. Di solito lavoro su pannelli di legno di tiglio preparati e utilizzo un fissativo a spruzzo. Non credo che ci sia nulla di particolarmente insolito nella mia tecnica. Uso un pennello abbastanza asciutto e dipingo due o tre strati di colore per creare il proplasmos. Poi costruisco i livelli utilizzando strati diluiti e condensati di colore, di nuovo con un pennello quasi asciutto.

Gould: Sembra che tu abbia fatto un notevole corpus di icone su tavola. Hai avuto la possibilità di fare qualche lavoro murale in una chiesa? È una cosa che ti piacerebbe fare?

Sì, la maggior parte delle mie icone è composta da miniature. Non ho ancora avuto la possibilità di fare lavoro murale, ma sarei interessata a farlo su piccola scala.

Quali altri progetti hai per il futuro?

Mi è stato detto una volta da una gerontissa, la badessa di un monastero, di non pianificare il mio futuro, ma di lasciarlo nelle mani di Dio, cosa che di solito funziona per il meglio. Oltre a lavorare sulla mia iconografia spero di finire e pubblicare un catechismo ortodosso su cui sto lavorando, a Dio piacendo.

Puoi condividere i tuoi pensieri sullo stato dell'iconografia in Grecia in generale? È davvero buono in senso tradizionale, o lo sta diventando di più? E lo riconoscono in molti tra clero e fedeli quando lo vedono?

Penso che ci vorrà molto prima che un buon lavoro creativo diventi maggioritario, perché la mentalità diffusa sia tra i clero sia tra i laici è che si devono fare copie di Panselinos o di Teofane di Creta, perché questo è "tradizione". Ma credo che qui stia cominciando ad avere luogo un cambiamento e che ci siano iconografi che fanno un lavoro creativo all’interno della tradizione bizantina.

E per quanto riguarda il tuo paese nativo, il Sud Africa? Avete un interesse a sviluppare una scuola sudafricana di iconografia, dipingendo santi africani, o qualcosa di simile?

Non mi vedo a iniziare una scuola sudafricana di iconografia. Quando ero lì 11 anni fa era molto difficile lavorare come iconografi, e solo ottenere i materiali di base era quasi impossibile, ma non so se questo è cambiato, e stare in Grecia non mi ha impedito di dipingere santi africani. Ne ho fatti alcuni.

C'è qualcos'altro che desideri condividere?

Credo che sia molto importante che oltre a far rivivere la tradizione creativa dell'iconografia bizantina, facciamo anche rivivere la teologia patristica e la comprensione dell'icona bizantina. Le stesse persone che ci hanno condotto dalla cattività occidentale dell'icona in termini di tecnica e stile ci hanno portato nella cattività di una moderna comprensione filosofica occidentale dell'icona. Dando contenuto dogmatico e "teologico" allo stile e alla tecnica bizantino-russa di pittura di icone, cosa che i Padri della Chiesa non avevano mai fatto, Florenskij, Ouspensky e altri, fortemente influenzati dal clima filosofico del loro tempo, hanno cambiato la definizione stessa di icona. Lo stile bizantino-russo è diventato la definizione dell'icona. Se non è dipinto in quel modo, allora non è un'icona. Questo ignora il fatto che ci sono icone miracolose dipinte in maniera naturalistica occidentale, per esempio, l'icona non fatta da mano umana della Theotokos di Gerusalemme. Lo stile è diventato qualcosa che ritrae l'essenza stessa delle persone ritratte, la loro spiritualità, la loro natura umana trasfigurata e divinizzata. Questo, naturalmente ignora il fatto che le persone cattive, come Giuda, sono raffigurate nello stesso modo o il fatto che lo stile bizantino era utilizzato anche nell'arte secolare. Le icone sono divenute "finestre sul cielo", che ci portano fuori di questo mondo e sono piene di simbolismo complesso. La stessa domanda "Cosa significa l'icona?" è una domanda occidentale. Tutto questo non ha alcuna relazione con la comprensione patristica dell'icona. Per i Padri l'icona è la forma esterna dell'ipostasi o persona raffigurata. San Teodoro Studita chiarifica che l'icona raffigura l'ipostasi, non l'essenza, non il suo essere interiore o lo stato spirituale. Lo scopo dell'icona non è di condurci fuori da questo mondo, ma di rendere Cristo e i santi presenti con noi qui e ora nel nostro tempo e nel nostro spazio, la stessa cosa che accade nella Divina Liturgia. Questa è la funzione liturgica ed ecclesiale dell'icona. Proprio come l'architettura della Chiesa con il Pantocratore nella cupola ci mostra che "Dio è con noi", così fa l'icona bizantina. La tecnica bizantina non ha alcun significato teologico o simbolico. Il suo scopo è rendere la persona raffigurata presente attraverso la linea, il colore e il ritmo, e metterla in comunione con lo spettatore. L'iconografia bizantina è realistica. I bizantini non fanno la domanda "Che cosa vuol dire?", Ma "Chi è?" È Cristo, e lui è in mezzo a noi.

Ulteriori lavori di Julia Bridget Hayes si possono trovare sul suo sito web e sulla sua galleria online.

 

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