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  "Prima di tutto, io sono un monaco"

Un'intervista al primate ucraino

OrthoChristian.com, 30 novembre 2020

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Il Dipartimento per l'informazione e l'educazione della Chiesa ortodossa ucraina ha recentemente pubblicato un'intervista a sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di tutta l'Ucraina, apparsa per la prima volta nell'ultimo numero della rivista "Cronache accademiche" delle scuole teologiche di Kiev.

Vostra Beatitudine, come possiamo imparare ad amare i nostri nemici, e cos'è il vero amore cristiano?

Per amare i nostri nemici, dobbiamo prima amare Dio. Cos'è l'amore di Dio? È l'adempimento delle leggi divine. Il Signore ha detto: se mi amate, osserverete i miei comandamenti (Gv 14:15). L'amore non sceglie quale dei comandamenti osservare e quale no. Se vogliamo sapere se amiamo o meno Dio, dobbiamo vedere se osserviamo o meno le leggi di Dio. L'amore per Dio è il primo e più importante comandamento, e il secondo è simile: l'amore per gli altri. Ma se non c'è amore per Dio, allora non c'è amore per gli altri, perché l'amore per gli altri dovrebbe essere come il nostro amore per Dio. Ma se non ne abbiamo, come sarà il nostro amore per l'uomo? Una specie di caricatura. Quando qualcuno non ama Dio, ma dice di amare gli altri, inganna se stesso e tutti quelli che lo circondano. E se amiamo qualcuno senza Dio, cioè senza amare Dio, allora il nostro amore è commercio. Facciamo del bene a qualcuno perché ci aspettiamo che un giorno questi farà lo stesso per noi, o perché è un nostro parente, o perché è nostro amico, cioè ci aspettiamo sempre una sorta di ricompensa per questo amore. Il vero amore è amore sacrificale. Distrugge il male e ci eleva al di sopra delle minuzie della vita quotidiana, e per qualcuno che ha raggiunto questo tipo di amore, è abbastanza facile amare i suoi nemici.

Come possiamo mantenerci nella purezza spirituale?

Tutti noi mortali – quelli che sono vissuti prima di noi, quelli che sono vivi oggi e quelli che vivranno dopo di noi – siamo peccatori. Alcuni di noi hanno grandi peccati, alcuni hanno peccati minori, altri hanno un minor numero di peccati; ma ogni persona è affetta dal peccato, che le impedisce di vedere Dio nella sua gloria. Ogni persona, anche la più peccaminosa, se è attenta a se stessa e a tutto ciò che accade nel mondo, vedrà la potenza e la forza di Dio. Ma se vogliamo vedere Dio non solo nel potere, ma anche nella gloria, allora dobbiamo cercare soprattutto di seguire Cristo durante la nostra vita terrena, di pentirci e di modificare le nostre abitudini. Dobbiamo cercare Cristo osservando i comandamenti divini. Se non ho ancora trovato Cristo, lo cercherò; se l'ho trovato, lo seguirò e giungerò a conoscere la sua volontà e la osserverò. Solo così abbiamo la garanzia di vedere il Signore nella gloria, faccia a faccia, con gli occhi del nostro cuore – è possibile solo con un cuore puro. Ogni uomo dovrebbe cercare di seguire Cristo con la sua vita per vederlo con gli occhi del suo cuore. Allora saremo considerati degni di vedere Cristo con i nostri occhi del corpo anche nel suo regno celeste.

Qual è per lei l'immagine di un vero cristiano?

Un vero cristiano è qualcuno che può essere trasformato e che lo desidera. Ognuno porta l'immagine di Dio dentro di sé. Trasfigurarsi significa rivelare questa immagine, liberarla dal peccato, dall'orgoglio, dall'invidia e dall'ira, da ogni impurità, dalla crudeltà, e mostrare la bellezza divina che ogni uomo porta dentro di sé. Come facciamo questo? Dobbiamo salire sul Monte Tabor, cioè strapparci dalla terra, dagli interessi puramente terreni, e gradualmente elevarci al di sopra di essi. Questo può essere fatto con l'aiuto della preghiera e del pentimento. Salendo dal terreno al celeste mediante la fede, dobbiamo pregare e perfezionare la speranza divina e l'amore divino dentro di noi. Gli apostoli davanti ai quali il Signore fu trasfigurato ci insegnano questo: l'apostolo Pietro è un esempio di fede, l'apostolo Giacomo un esempio di speranza, e l'apostolo Giovanni è un esempio d'amore. Ogni uomo ha il suo carattere, il suo carattere, il suo comportamento e le sue caratteristiche individuali. Ma ogni uomo porta l'immagine divina, che è bella e nobile. È l'ornamento che rende un uomo un vero uomo. Quando un uomo si prende cura di salire sul Monte Tabor, dove si può trovare il Signore e la Sua gloria, allora è un vero cristiano.

Qual è stata la parte più difficile del suo ministero come primate della Chiesa? E qual è la parte più importante?

Prima di tutto, io sono un monaco, e accetto questa posizione come un'altra obbedienza della Chiesa: ce ne sono state molte nella mia vita. Qualsiasi ministero di un monaco è l'adempimento di un'obbedienza. Ci sono varie obbedienze: la preparazione delle prosfore, il servizio al coro, alla mensa, la celebrazione delle funzioni, il ministero episcopale. Il nostro compito è sforzarci di seguire i comandamenti del Signore e di osservarli. Prima di tutto – e questa è la cosa più importante – dobbiamo sforzarci di pregare umilmente, di abbandonarci alla volontà di Dio e sperare non in noi stessi, ma in Dio, che risuscita i morti. Dobbiamo cercare di condurre la nostra vita in modo che i nostri occhi e i nostri pensieri siano sempre diretti a Dio; allora vedremo che tutta la nostra vita è piena della sua presenza e della sua grazia onnicomprensiva.

Voglio che la vita spirituale di ogni sacerdote e laico della Chiesa ortodossa ucraina cambi in meglio mentre il Signore mi mantiene in questa obbedienza. Questa crescita spirituale si ottiene attraverso la preghiera; un cristiano deve sforzarsi nel podvig della preghiera, ciascuno secondo le sue forze. È lo stimolo che dà all'uomo il potere di elevarsi veraso l'alto; grazie alla preghiera possiamo ottenere umiltà, pazienza e amore.

Considero il mio secondo compito più importante quello di stabilire contatti più stretti tra il clero e il popolo. La comunicazione virtuale è di moda oggi; ovvero, comunicazione in cui il facilitatore è un mondo condizionale, artificiale o, come viene anche chiamato, virtuale. Questo intermediario artificiale separa l'uomo dal mondo reale, senza offrirgli la possibilità di comprendere la vera realtà. Nella comunicazione dal vivo, reale, troviamo la verità che non è offerta dal mondo virtuale, che è uno strato morto di imbottitura, e può presentare le virtù come carenze, e viceversa. Pertanto, il clero dovrebbe comunicare con il proprio gregge nel mondo reale, con un contatto diretto faccia a faccia. Questo darà loro la possibilità di comprendere correttamente i problemi di un uomo e aiutarli ad affrontarli.

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