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  Un'ispirazione per la parrocchia di San Giovanni di Shanghai e dell'Europa occidentale a Colchester: suo figlio spirituale, il sempre memorabile arcivescovo Antonij di Ginevra e dell'Europa occidentale

dal blog del sito Orthodox England, 15 maggio 2020

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Il futuro arcivescovo Antonij (Bartoshevich) nacque in una pia famiglia di San Pietroburgo nel 1910 e fu battezzato con il nome di Andrej. Dopo l'illegittimo rovesciamento dello tsar e del suo governo da parte di traditori dell'aristocrazia, dell'intellighenzia e dei militari nel 1917, la madre di Andrej partì con lui per la casa di sua nonna a Kiev, mentre suo padre si unì all'Armata Bianca. Nel 1921 la famiglia emigrò, prima in Germania e poi in Jugoslavia. Qui a Belgrado Andrel aveva inizialmente pensato di diventare un ingegnere come suo padre, ma a metà degli anni '30 abbandonò l'ingegneria e scelse invece di studiare teologia.

Tra i suoi insegnanti c'era il padre (ora santo) Justin (Popovich) (+ 1979) e tra i suoi mentori c'erano il metropolita Antonij (Khrapovitskij), primo ierarca della Chiesa fuori dalla Russia ed ex metropolita di Kiev. Nel 1986 vladyka Antonij mi disse che se il grande metropolita non avesse liberato la teologia accademica russa dalla teologia scolastica aliena e dalla teoria della soddisfazione, lui stesso non sarebbe arrivato alla seria vita della Chiesa e allo studio della teologia. Subì anche l'influenza dei padri del monastero russo di Milkovo e quella dell'iconografo Pimen Sofronov, che insegnò ad Andrej l'iconografia. Nel 1941 Andrej divenne monaco, prendendo il nome di Antonij da sant'Antonio di Kiev. Fu presto ordinato ierodiacono e nel 1942 fu ordinato ieromonaco dal metropolita Anastasij (Gribanovskij). Servì nella chiesa russa di Belgrado e insegnò iconografia ai giovani, attirandone molti alla Chiesa.

Nel 1945 la chiesa di Belgrado fu posta sotto il Patriarcato di Mosca. Lo stesso patriarca Alessio I fece padre Antonij archimandrita per il suo zelo. Padre Antonij desiderava tornare in Russia per servirvi la Chiesa. Tuttavia era indesiderato, e le sue petizioni erano ignorate - senza dubbio provvidenzialmente, perché altrimenti sarebbe stato inviato direttamente al gulag. Così, dopo quattro anni di paziente attesa, padre Antonij accettò che era volontà di Dio non tornare in Russia, ma servire la Chiesa in Europa occidentale.

Nel 1949 andò in Svizzera, dove il suo pio fratello, il vescovo Leontij, era vescovo di Ginevra. Padre Antonij prestò servizio in diverse parrocchie in questa diocesi della Chiesa dell'Europa occidentale fuori dalla Russia. Dipinse l'iconostasi per la parrocchia di Lione, inclusa l'icona del santo locale, il Padre della Chiesa sant'Ireneo. Dal 1952 al 1957 prestò servizio a Bruxelles, occupandosi di tutto, viaggiando e prestando particolare attenzione ai giovani. Dopo il decesso di suo fratello, nel 1957 padre Antonij fu consacrato vescovo di Ginevra dal futuro san Giovanni (Maksimovich), che allora era arcivescovo della nostra diocesi dell'Europa occidentale.

L'Arcivescovo Antoni era un modello di arcipastore: amava i servizi, che celebrava con grande cura e preghiera, e scriveva e curava la rivista diocesana. Visse come monaco, leggendo o cantando tutti i servizi ogni giorno, digiunando rigorosamente, sebbene sempre indulgente verso le debolezze degli altri, e si prese cura in particolare dei giovani. Diresse pellegrinaggi sia in Terra Santa sia verso i luoghi santi dell'Europa occidentale come Lione, la città di numerosi primi martiri. In questo era stato ispirato dal suo padre spirituale, il futuro san Giovanni, che aveva promosso la venerazione dei santi occidentali dimenticati. L'arcivescovo Antonoj ha sempre ascoltato i consigli degli altri, di altri vescovi e soprattutto di monaci athoniti.

Pur rimanendo fermamente ortodosso di fronte a deviazioni eretiche come l'ecumenismo e il modernismo, l'arcivescovo Antonij non ha mai passato il limite. Al terzo Concilio della Chiesa russa al'Estero a Jordanville nel 1974, svolse un ruolo critico nel reprimere le passioni divisive di estremisti altamente politicizzati e isolazionisti settari negli Stati Uniti, tra cui quelli che avevano processato san Giovanni a San Francisco. Così, l'arcivescovo Antonij mantenne l'unità della Chiesa, che era stata messa in pericolo da questi estremisti americani, che avevano perso le loro radici. Chiese comprensione per coloro che erano ostaggi in Russia ed esortò tutti a mantenere stretti legami con le altre Chiese locali della Chiesa universale. Chiesto a tutti di non guardare alcuni chierici singoli e indegni che in Russia si erano compromessi sotto la pressione politica, ma di guardare ai fedeli in Russia, come anche altrove. Per vladyka la Chiesa all'interno della Russia ha sempre avuto grazia, nonostante i "rappresentanti" indegni lì o altrove.

Per tutto questo tempo organizzò l'invio di letteratura spirituale in Russia e informò l'Occidente della persecuzione contro la Chiesa. Sapeva che la Fede stava rinascendo in Russia. La canonizzazione dei nuovi martiri e confessori della Russia nel 1981 sotto il metropolita Filaret di New York fu un grande evento nella vita dell'arcivescovo Antonij, che ebbe un ruolo chiave nel preparare la loro glorificazione, sapendo che questo sarebbe stato un punto di svolta nella storia. Per lui le preghiere di questi nuovi santi avrebbero portato rinascita, come in effetti hanno fatto. I santi sono l'unità della Chiesa. Dopo il decesso del metropolita Filaret nel 1985, molti vescovi speravano che l'arcivescovo Antonij sarebbe diventato il successivo metropolita della ROCOR, e di fatto egli ricevette abbastanza sostegno per farlo. Non essendo mai stato ambizioso, Vladyka non volle questo ruolo e cedette tutto l'interesse all'arcivescovo Vitalij, come mi raccontò con grande umorismo al suo ritorno da New York.

Sempre un difensore dell'unità, vladyka lavorò duramente per far rientrare dal suo scisma il gruppo di Rue Daru, centrato sul suo territorio a Parigi. Così, concelebrò ai funerali del metropolita Vladimir (Tikhonitskij) e concelebrò sempre con gli altri membri del gruppo, così come aveva fatto san Giovanni (Maksimovich). In effetti, quando era ancora il vescovo Antonij, dimostrò di essere disposto a non prendere il titolo di "arcivescovo" che gli era stato offerto e a cedere quel titolo all'arcivescovo del gruppo di Rue Daru una volta che questo fosse rientrato. Al terzo Concilio russo del 1974, scrisse un messaggio al gruppo, richiamando tutti all'unità. In questo Vladyka era molto in anticipo sui tempi, poiché sappiamo che la parte ortodossa del gruppo, circa il 60% di ciò che ne era rimasto, è rientrata effettivamente nella Chiesa russa, ma solo nel 2019.

Proprio come san Giovanni, il suo predecessore come arcivescovo dell'Europa occidentale, l'arcivescovo Antonij era un patriota russo, ma non era un ristretto nazionalista o un burocrate politico. Per lui la Chiesa era universale, come lo era per il suo mentore, il metropolita Antonij (Khrapovitskij). Serviva nelle chiese romene e serbe a Parigi e amava ascoltare le funzioni in greco. Era anche molto aperto a svizzeri, olandesi, francesi e altri che avevano abbracciato la fede ortodossa e prestava servizio in francese per loro. Benedisse la composizione del servizio a tutti i santi della Svizzera per uso locale. È ricordato per il suo lavoro missionario nell'Europa occidentale, per aver mantenuto la pace e l'amore nella sua diocesi multinazionale, che estese al Portogallo nel 1992. È vero, è stato deluso da alcuni. Ma quando nel 1987 un piccolo gruppo di estremisti francesi lo lasciò per unirsi a una setta greca, mi disse, scrollando le spalle, "Dovremo solo ricominciare da capo". Forse la sua coscienza missionaria era in parte dovuta al fatto che suo nonno era un cattolico romano polacco.

Quasi esattamente un anno prima del suo riposo, l'arcivescovo aveva affermato di avere solo un anno da vivere. Solo due settimane prima di morire, consacrò due nuovi vescovi per rimpiazzarlo, il vescovo Serafim e il vescovo Amvrosij. Si addormentò nel Signore il 19 settembre/2 ottobre 1993 e fu sepolto nella cattedrale accanto a suo fratello, il vescovo Leontij. Forse la più grande testimonianza dei suoi sforzi missionari fu la presenza di dieci diverse nazionalità tra i ventidue sacerdoti che portarono in vari momenti la sua bara al suo funerale: russi, francesi, svizzeri, austriaci, serbi, romeni, olandesi, inglesi, spagnoli e slovacchi, molti dei quali ordinati da lui da quando era diventato vescovo diocesano nel 1963.

Vladyka Antonij è ricordato per la sua fedeltà alla sua diocesi fino alla fine, per la sua saggezza e apertura verso gli altri, per il suo amore per i giovani, per la sua generosità e calore umano personali, per l'umorismo, per lo spirito pastorale, per il suo amore per la sua terra natale e anche per i suoi sforzi per diffondere Ortodossia in Europa occidentale. Né possiamo dimenticare i suoi sforzi per riaccendere il fuoco senza compromessi dell'Ortodossia all'interno della Russia, dove non fu mai in grado di tornare, anche se spesso parlava di visitarla, specialmente Kiev, dove aveva dei familiari. San Paissio l'Athonita (+1994) disse di lui: "Il vostro Antonij è un eroe. Non è né con gli ecumenisti, né con gli altri (i fanatici settari).

I rari valori di questo arcipastore, che coincidevano con i nostri e ci ispiravano, erano:

  • mantenere la purezza della santa Ortodossia libera dall'ingerenza politica e dalla burocrazia, sia da sinistra (modernisti e sincretisti) che da destra (nazionalisti e settari), mantenendo il percorso regale dell'unità della Verità e della Misericordia.
  • essere fedeli al meglio della Russia imperiale e allo spirito della Famiglia imperiale, che si ergeva al di sopra delle fazioni, confessando la Fede come protettori dell'unica civiltà del mondo ortodosso e restando pronti a essere martirizzati quando richiesto.
  • rimanere multinazionali, cosa inevitabile nel contesto dell'Europa occidentale, svolgendo il compito missionario dell'emigrazione russa assegnato a noi dalla Provvidenza tra i popoli del mondo, nella fedeltà alle parole di Cristo (Matt, 28, 19-20).

Al reverendissimo e sempre memorabile Antonij, arcivescovo di Ginevra e dell'Europa occidentale, memoria eterna!

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