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  Arciprete Igor' Prekup: a proposito dei problemi dell'Ortodossia in Estonia

Parlons d'Orthodoxie, 3 settembre 2013

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Il sito "Pravmir" ha annunciato il 22 giugno 2013 la pubblicazione, a Tallinn, del libro "I problemi dell'Ortodossia in Estonia". Il libro è stato pubblicato in russo ed estone, il testo è accompagnato da riferimenti a documenti d'archivio, ci sono molte illustrazioni. Gli autori sono l'arciprete Nikolaj Balashov, vice presidente del Dipartimento delle relazioni ecclesiastiche esterne del patriarcato di Mosca, che si è dedicato da molti anni a risolvere la situazione di conflitto nell'Ortodossia in Estonia, una volta unificata, e l'arciprete Igor' Prekup, un chierico della Chiesa ortodossa del patriarcato di Mosca in Estonia.

Padre Igor', il libro che lei ha scritto assieme a padre Nikolaj è un evento nell'editoria ortodossa estone. Soprattutto quando si tiene presente che a metà del mese di giugno ha avuto luogo la prima visita in Estonia del patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus', e si prevede nel mese di settembre la visita del patriarca Bartolomeo di Costantinopoli.

l'arciprete Igor' Prekup

Arciprete Igor' Prekup: Non lo so, posso deluderla, ma no, questo non è un tentativo di influenzare l'umore del patriarca Bartolomeo o di chiunque del comitato organizzatore della sua visita. Questo lavoro è stato pubblicato nel "Vestnik Tserkovnoj Istorii" ("Messaggero di Storia della Chiesa", ndt) in formato PDF già nel 2011, e se avessimo dovuto affrontare tutti i tipi problemi, questo libro sarebbe apparso molto prima. Detto questo, devo ammettere, sono stato felice di aver portato a sua Santità assieme al padre Nikolaj Balashov, al monastero di Pjuhtitsa, una delle prime copie questo libro, e anche di sentire il sostegno sincero del patriarca, che ha detto, a proposito del suo contenuto controverso, che è necessario confutare le menzogne ​​e dire sempre la verità, e per questo motivo questo libro dovrebbe essere diffuso quanto più possibile.

Ancora una volta, devo ammettere che, anche se non era nei nostri piani, mi fa piacere che il libro sia stato pubblicato pochi mesi prima dell'arrivo del patriarca di Costantinopoli, perché coloro che vogliono sapere la verità sulla natura di questo conflitto deleterio nell'Ortodossia in Estonia ne abbiano l'opportunità. Il nostro libro è una risposta non solo al lavoro dell'archimandrita Grigorios (Papathomas), "La sfortuna di essere una piccola chiesa in un piccolo paese" (il titolo dice tutto: "la sfortuna di essere una chiesa", in lettere minuscole), ma anche al suo contenuto, "l'arsenale" dei nostri avversari, già logoro da anni di discussioni.

A proposito del mio essere "co-autore" con padre Nikolaj, sarebbe più coerente con la realtà non parlare di "co-autori", ma di padre Nikolaj come autore, con la mia partecipazione attiva. Credo che questo chiarimento non sia superfluo, altrimenti sarei percepito come uno che "miete dove non ha seminato."

Lei ha citato l'arsenale delle argomentazioni dell'altra parte del conflitto...

...Direi piuttosto gli errori di ragionamento, perché un argomentazione corretta esclude la frode e l'abuso dell'ignoranza del un pubblico e dei pregiudizi diffusi all'interno di esso.

Bene, il suo desiderio è quello di identificare le dichiarazioni errate circa l'esistenza storica e canonica della Chiesa ortodossa in Estonia.

Facciamo come dice lei, chiamiamolo così. Sì, nel corso di questi due decenni, si è sviluppata una riscrittura della storia che ricorda quelle operate nell'era sovietica, applicata non solo al clero e ai laici della struttura ecclesiale del patriarcato di Costantinopoli in Estonia, ma anche alla comunità non ecclesiale. Il nostro lavoro è dedicato a confutare in modo conclusivo queste menzogne populiste e a distruggere gli stereotipi che accecano la coscienza e impediscono di orientarsi chiaramente nelle realtà dell'Ortodossia in Estonia.

Tuttavia, l'obiettivo non è quello di smascherare o denigrare. L'obiettivo (non prendetelo come un sentimentalismo) è di istruire. A tal fine, vale la pena di discutere, perché quando non rispondiamo alla menzogna, alla calunnia e all'inganno, chiudiamo gli occhi a questi mali.

In questo caso sarà per il nostro lassismo, per la nostra "pienezza di bontà a scapito degli altri" che il male inizierà a sfilare in parata, a vedersi come il titolare dell'unica verità. Questo male mutila tutto ciò per cui Cristo è morto. Consentire l'anarchia, anche nei nostri stessi discorsi – vuol dire renderci complici dell'ingiustizia. Come stupirsi, dunque, quando giorno a cui una domanda che di sembra astratta "Signore, Signore, non è forse nel tuo nome che abbiamo profetizzato? "(Mt 7:22) Il Signore dirà che non ci conosce, noi accoliti della menzogna.

Quali sono, per esempio, alcuni di questi argomenti fallaci?

Non credo che abbia senso parafrasare tutto il contenuto del libro di padre Grigorios. È molto più facile citare, come un esempio tipico della minestra che vogliono farci sorbire, la conversazione del metropolita Stephanos, capo della struttura ecclesiale del Patriarcato di Costantinopoli in Estonia, pubblicato in parallelo su Pravmir, sotto il titolo "L'Ortodossia in Estonia; il punto di vista di due metropoliti", assieme all'intervista al metropolita di Tallinn e di tutta l'Estonia, Cornelio.

Cosa c'è, dunque, in quest'intervista, che rischia di indurre in errore le persone oneste?

Tutto. Ma andiamo con ordine. Sua Eminenza ha dichiarato: "Penso che la Chiesa estone e la Chiesa russa abbiano fatto molti errori. Nel 1991, gli estoni volevano ricevere l'autonomia dai russi, ma Mosca non li ha capiti. Per questo motivo, Costantinopoli ha donato l'autonomia alla Chiesa in Estonia. E non posso accettare che noi siamo i divisori. Invece, i divisori sono quelli della Chiesa russa"-

il metropolita Stephanos (Charalambidis). Foto di Sergej Mudrov

In primo luogo, indipendentemente dal fatto che non si sia ancora rimediato alle conseguenze della scissione, e che i suoi promotori non si siano pentiti, da molto tempo, noi non chiamiamo più "scismatici" i chierici che compongono la struttura guidata dal metropolita Stephanos, perché fin dai tempi del ripristino della comunione di preghiera tra i patriarcati di Mosca e Costantinopoli nel 1996, sono stati ordinati in questa entità molti sacerdoti che non hanno partecipato ai tragici eventi degli anni '90.

Anche tra coloro che si sono trovati nella giurisdizione di Costantinopoli immediatamente dopo la loro scelta volontaria di appartenenza canonica nel 1996 (una delle condizioni degli accordi di Zurigo tra i patriarcati di Mosca e Costantinopoli era la libera scelta giurisdizionale di chierici e parrocchie) non tutti possono essere chiamati scismatici.

In primo luogo, ciò riguarda, ed è ricordato nell'intervista del metropolita Cornelio, il compianto padre Feliks Kadarik – un degno pastore, sotto il cui decanato, in epoca sovietica, non una sola parrocchia è stata chiusa e che si mantenne saldamente in unità con il patriarcato di Mosca subendo come tutti sanno il peso delle incomprensioni (se si vuole parlare in un modo molto politicamente corretto) di una parte significativa del suo gregge e dei suoi confratelli e concelebranti di inclinazioni pro-Costantinopoli.

Padre Felix è passato sotto la giurisdizione del patriarcato di Costantinopoli, solo dopo che il suo gregge, con il permesso del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa, a piccola maggioranza ha scelto di mettersi sotto l'omoforio del patriarca Bartolomeo. "Un uomo di moralità ineccepibile", come lo ha descritto il defunto patriarca Alessio, padre Felix è passato senza alcun inganno a un'altra giurisdizione solo per non abbandonare il suo gregge.

Un altro sacerdote, che ha originariamente sostenuto posizioni pro-costantinopolitane, ma senza mai oltrepassare la linea morale e canonica, è padre Ardalion Keskküla, che, a differenza di altri chierici senza scrupoli, non è stato colpito da alcun interdetto (ed è stato pure messo in cattiva luce dalla stampa scandalistica nazionalista per essere rimasto fedele ai suoi principi).

In secondo luogo, "Mosca" (io preferisco comunque espressioni più precise come, per esempio, "patriarcato di Mosca", "gerarchia della Chiesa ortodossa russa", etc.) capisce il desiderio della restaurazione dell'autonomia delle diocesi estoni e lettoni, e ha concesso loro un'indipendenza limitata (che è l'autonomia, mentre la completa autonomia sarebbe l'autocefalia) nel 1992.

Perché il metropolita Stephanos ha dimenticato che nel Tomo che il patriarca Alessio ha consegnato al vescovo Cornelio nell'aprile del 1993 in occasione del Concilio di Pjuhtitsa, si dice che è stata ripristinata l'autonomia concessa alla nostra Chiesa nel 1920 dal patriarca Tikhon? Per quanto conosco monsignor Stephanos, la sua memoria non si è alterata. Quindi si tratta di qualcosa di diverso.

In terzo luogo, che cosa vuol dire "Costantinopoli ha donato?" L'autonomia è qualcosa che si può donare comunque e a chiunque? Come un vagabondo prende in prestito una sigaretta da un passante? Donare (si dovrebbe piuttosto dire "concedere") l'autonomia può essere solo la responsabilità della Chiesa autocefala, all'interno della quale si trova (e non si separa) una struttura canonica già formata, vale a dire che si conferisce a una struttura ecclesiale già esistente (una diocesi, un arcivescovato, una metropolia, un esarcato, poco importa) un nuovo status, specificata nei documenti associati.

Ma se uan qualunque Chiesa locale "dona" l'autonomia a una sotto-struttura di un'altra Chiesa autocefala, questa non è altro che un'invasione di predatori un territorio canonico estero. Questo è quello che è successo nel 1923, quando il patriarcato di Costantinopoli ha esteso la propria giurisdizione sul territorio canonico del patriarcato di Mosca, con il pretesto delle difficoltà temporanee legate alla discordia religiosa e politica in Russia, ed è questo atto illecito che è stato rinnovato nell'inverno del 1996.

Per inciso, né nel 1923 il patriarca di Costantinopoli ha "donato" l'autonomia, ma ha solo ricevuto la Chiesa estone nelle sue condizioni di quel momento, né nel 1996 ha "donato" né ha restaurato qualcosa, perché è impossibile donare o ripristinare ciò che è già stato donato o ripristinato (promemoria: l'autonomia della Chiesa d'Estonia è stata definitivamente restaurata dal patriarcato di Mosca, nel mese di aprile del 1993).

Il grado di autonomia

Ma il metropolita Stephanos, a quanto pare, in maniera costruttiva, propone una cooperazione così come la concelebrazione? E tutte queste problematiche di territorio, forse appartengono, in realtà, alla giurisdizione dello Stato ...

Cerchiamo di non essere ingenui! Quando il metropolitan Stephanos ha discusso la possibilità di stabilire una "Chiesa ortodossa unita d'Estonia", Sergej Mudrov, che lo stava intervistando, si è fatto precisare: "sotto la giurisdizione di Costantinopoli" E monsignor Stephanos ha risposto, "No. noi siamo una chiesa autonoma, come in Finlandia, anche se riceviamo l'aiuto di Costantinopoli. Dobbiamo mantenere questa autonomia, e se il Patriarcato di Mosca sarà d'accordo, è possibile organizzare una Chiesa autonoma ".

Come capire queste parole? Sua Eminenza non è consapevole del fatto che il grado di autonomia può essere diverso, e anche molto grande, ma che l'autonomia è ancora un'indipendenza limitata sotto la giurisdizione di una Chiesa autocefala? È improbabile che questo sia un caso di ignoranza dei canoni e dell'ecclesiologia: monsignor Stephanos ha ricevuto una buona formazione teologica, ha un'intelligenza acuta. Quindi, di cosa si tratta?

Ecco che appena Sergej Mudrov ha dato prova di essere persistente e ha cominciato a cercare di chiarire a quale patriarca dovesse fare riferimento questa Chiesa autonoma unitaria, il vescovo Stephanos ha abilmente manovrato e ha deviato immediatamente la conversazione sull'evidente mancanza di cooperazione da parte della Chiesa russa. Lui propone solo di cooperare e concelebrare e noi esigiamo da lui proprietà che, secondo lui, non sono un loro problema, ma riguardano i rapporti tra stato e Chiesa.

Aggiungiamo, nella misura del possibile, un paio di precisazioni. Il problema, sono d'accordo, non è loro. Il problema è nostro. Ma sono loro che l'hanno creato. Inoltre, la soluzione a questo problema ora dipende da loro, perché quando, dopo otto anni di privazione dei diritti, lo stato ha ufficializzato la nostra chiesa (nonostante le proteste del metropolita Stephanos, va detto), a conclusione dei difficili negoziati tra la struttura costantinopolitana e il governo dell'Estonia, il 4 ottobre 2002, ha firmato una lettera di intenti nella quale la COAE (la Chiesa ortodossa apostolica di Estonia, guidata da monsignor Stephanos) rinuncia a favore dello stato ai beni legalmente trasferiti a quest'ultimo, e che, de facto, sono quelli dei quali si servono le parrocchie della Chiesa ortodossa estone (sotto il Patriarcato di Mosca), oltre a stipulare la vendita di beni il cui diritto di trasferimento era stato precedentemente riconosciuto, ma che per il momento non era ancora stato ricevuto.

Lo Stato, in base a questo protocollo, trasferisce la proprietà alle parrocchie della Chiesa ortodossa di Estonia (Patriarcato di Mosca)a titolo di locazione, ma non come proprietà, cosa che è stata specificamente prevista come condizione preliminare da parte dell'organizzazione di Costantinopoli – vorrei attirare su questo la vostra attenzione. Tuttavia, come risulta dalla lettera di Jaan Õunapuu al metropolita Kirill, nel 2003, lo Stato è pronto a trasferire la proprietà del bene, se la struttura di Costantinopoli accetta di rivedere le sue esigenze. Questo dunque non è un problema di politica governativa, né di cattive intenzioni dei funzionari (ora abbiamo, grazie a Dio, buoni rapporti con i rappresentanti del governo), ma di mancanza di buona volontà da parte della direzione della COAE nella persona del metropolita Stephanos.

A proposito dei diritti di proprietà

Che cosa può dire del monumento al defunto patriarca Alessio II, il quale, ha detto monsignor Stephanos, ha perseguito una politica di impoverimento e di distruzione delle parrocchie estoni? Il metropolita Stephanos dichiara fiducioso: "C'era un accordo tra i comunisti e il vescovo Alessio per la chiusura delle parrocchie estoni".

È una calunnia! Al contrario, posso dire con cognizione di causa che quando era il nostro vescovo, il rispettato defunto patriarca aveva una particolare attenzione per le parrocchie e il clero estone, e aveva con loro le migliori relazioni. Era grazie a lui che i preti estoni che non volevano appartenere a parrocchie russe più o meno forti preferivano parrocchie estoni piuttosto "povere" e lui, esprimendo compassione nei loro confronti, non aveva obiezioni alla loro scelta, anche se sapeva che non avrebbero avuto nessuno per sostituirli.

monumento a sua Santità il patriarca Alessio II nel quartiere Lasnamjan di Tallinn. Foto: "Pravoslavnyj Palomnik"

Il clero estone mostrava una grande stima per il defunto patriarca e lo teneva in alta stima. Questo atteggiamento può forse spiegare perché il primate della Chiesa russa aveva sottovalutato il pericolo di uno scisma. Ricordiamo che era fisicamente assente dalla sua diocesi. D'altra parte, schernire il patriarca Alessio II è diventato una consuetudine per il metropolita Stephanos, che ha scritto nel quotidiano greco Vima: "Alessio II è diventato, da pastore di un popolo unito, un divisore simile a molti altre divisori che agiscono per conto del sistema secolare esistente nel paese in cui è nato".

Credo che dire di un pastore che "agisce per conto di un sistema secolare", vale a dire ostile alla Chiesa di Cristo, un sistema che opprime la fede e i credenti, equivale a dirgli che si tratta di un apostata, un traditore e un servo di Satana. Per quanto ne so, monsignor Stephanos non ha mai chiesto scusa al defunto patriarca, né al suo gregge da lui parimenti umiliato con queste parole (come da altre simili). Ma le scuse ora si imporrebbero.

Il metropolita Stephanos dà la colpa a Mosca del fatto che la parte russa non abbia ottenuto queste proprietà. Ha detto: "Lo stato aveva proposto alla Chiesa russa di riconoscere la nostra autonomia, ma questa proposta è stata respinta."

Non vi sorprence che abbia la sfrontatezza di stabilire nessi causali tra il nostro stato di locatari di chiese che ci appartengono per diritto e il fatto che noi non riconosciamo ciò che essi rivendicano? Davvero, un bel cinismo! Provocare uno scisma in combutta con la pubblica amministrazione, assumere la proprietà di beni ecclesiastici, saccheggiare i suoi fratelli e poi sopraffare le sue vittime!

Ma riconosce che il conflitto immobiliare è il più evidente in questa situazione?

Di fatto lo è. Ma questo non significa che sia la prima ragione di questa situazione. Abbiamo sempre detto e diciamo che i beni immobiliari devono appartenere alle parrocchie. E non si tratta affatto di una merce di scambio, come sostengono i nostri avversari. Abbiamo sempre detto che la questione della proprietà non è la più importante. Noi siamo, in primo luogo, interessati agli oggetti di culto che erano appartenuti alle nostre parrocchie prima dell'introduzione del potere sovietico nel 1940. Ci siamo sempre detti disposti a rinunciare ai beni immobiliari che non hanno funzioni liturgiche. Ciò che conta per noi è rimanere fedeli ai principi canonici così come alla Chiesa madre.

Non sono i beni immobiliari a cui teniamo innanzitutto. Noi difendiamo le verità promulgate nel diritto canonico. È in questo spirito che noi pretendiamo l'attuazione degli accordi di Zurigo in base al quale i due patriarchi "devono esporre di concerto le loro posizioni al governo estone per garantire che tutti gli ortodossi del paese ottengano parità di diritti, compresi i diritti di proprietà".

Noi siamo disposti a concelebrare, ma basandoci su principi di uguaglianza e non in qualità di parenti poveri. Tuttavia, è proprio questo il ruolo che ci viene offerto: riconoscere e accettare lo status che ci viene conferito, di figli illegittimi dell'occupazione sovietica da ammettere alla comunione "assieme ai magnanimi successori legali". Non è un'umiliazione, infatti, che vogliono farci soffrire, ma farci accettare una sorta di tradimento verso noi stessi. Cedere all'illegalità sarebbe pari a renderci complici. La storia ha deciso che il territorio canonico del patriarcato di Mosca si estende oltre il territorio della Federazione Russa. Non possiamo conoscere la natura dei cambiamenti geopolitici che possono verificarsi. Non è pensabile ridisegnare il territorio della Chiesa sulla base di interessi secolari. Le relazioni intra-ecclesiali esistenti rischiano ogni volta di essere rimesse in discussione.

Che ne dice dell'affermazione del metropolita Stephanos che sostiene di non aver mai ricevuto aiuto da parte dello stato?

Occorre dire la verità. Sappiamo che ogni organizzazione religiosa che fa parte del Consiglio delle Chioese d'Estonia riceve contributi pubblici i cui importi sono fissati da tale organisno. Nel 2002 la Repubblica d'Estonia ha versato all'entità guidata dal metropolita Stephanos un risarcimento di 35,5 milioni di corone estoni, quando si è deciso di ufficializzare la Chiesa ortodossa estone del patriarcato di Mosca.

È stato recentemente deciso di pagare all'entità del metropolita Stephanos un risarcimento di circa cinque milioni di euro per la perdita del monastero delle Grotte di Pskov (giusto per chiarire, prima del 1945 il territorio in cui si trova il monastero era situato in Estonia). Ci sono altre proprietà nella regione di Pskov per il quale lo Stato estone ha assegnato un risarcimento alla struttura ecclesiale di Costantinopoli.

L'Estonia ha ufficializzato nel 1993 l'entità ecclesiale sotto il patriarcato di Costantinopoli in violazione di due disposizioni della legge sulle chiese e sulle parrocchie. I poteri pubblici hanno contribuito alle decisioni del tribunale che questa entità ecclesiale, a quel tempo ancora non riconosciuta dal patriarcato di Costantinopoli, voleva vedere adottato. Successivamente il presidente e il primo ministro dell'Estonia sono intervenuti presso il patriarca Bartolomeo perché questi accettasse quest'entità scismatica sotto il suo omoforio.

Tornando a quello che è stato detto dal metropolita Stephanos sulla necessità di concelebrare e cooperare, possiamo sperare che questo sogno si avvererà un giorno? Quali passi si di dovrebbero intraprendere e chi dovrebbe fare cosa?

Naturalmente, c'è speranza. Ma è essenziale che l'entità ecclesiale del patriarcato di Costantinopoli a riconosca gli accordi raggiunti a Zurigo nel 1996 e intraprenda le azioni necessarie per l'uguaglianza di tutti gli ortodossi di fronte alla legge in pratica. A prescindere dalla loro appartenenza legale. A partire dalla consegna da parte dello Stato degli oggetti di culto alla giurisdizione del patriarcato di Mosca, che è il legittimo proprietario di questi oggetti. Da parte nostra abbiamo rispettato gli accordi, e già da diciassette anni ci siamo presi i nostri impegni. Per eliminare la situazione di stallo in cui si trovano i negoziati, è un passo essenziale che la giurisdizione di Costantinopoli rispetti i suoi impegni.

Crede che la pubblicazione del suo libro sulla situazione dell'Ortodossia in Estonia contribuirà a garantire che si trovino soluzioni? O questo renderà soltanto i vostri avversari più intrattabili?

Con la pubblicazione di questo libro non abbiamo solo il fine di rispondere alle bugie. Le bugie devono essere smentite per far trionfare la verità. Questa è solo la minore delle cose. L'essenziale è condurre un dibattito aperto e onesto che permetta di guarire le vecchie ferite al fine di arrivare a una guarigione.

Ci sembra con questo libro di aver voluto fare un primo passo per incontrare i nostri avversari. Schivando i colpi disonesti e mettendo a nudo i perfidi inganni pseudo-scientifici dell'archimandrita Papathomas, offriamo ai nostri interlocutori di abbandonare la difesa di interessi ecclesiali particolarmente fraintesi. Proponiamo un dialogo con dignità: obiettività, rispetto della verità, argomenti convincenti. Accettazione della verità, anche se tale verità rischia di non essere quella a cui aspiriamo. Questo dibattito dovrebbe permetterci di esclamare insieme, senza artifici, senza astuzie, ma in tutta sincerità e con piena consapevolezza del significato di ciò che diciamo, "Cristo è in mezzo a noi!" e di rispondere: "Lo è, e lo sarà".

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