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  Domenica 9 aprile 2000 (4a di Quaresima) Domenica di San Giovanni Climaco (Marco 9:17-31)
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Nel nome del Padre, e del Figlio, e del santo Spirito.

Nella quarta domenica della Grande Quaresima, dedicata alla memoria di San Giovanni Climaco, leggiamo di uno dei miracoli di Cristo: la guarigione del ragazzo tormentato da uno spirito sordo e muto. Ci sono molti modi per comprendere questo passo, e oggi ci limiteremo a considerarne alcuni. Iniziamo da questo demone e dal modo in cui tormenta il ragazzo. Da quanto il padre descrive a Gesù, il ragazzo viene gettato nell'acqua e nel fuoco da questo demone sordo e muto. Secondo i Padri, il demone è sordo perché non vuole che il ragazzo ascolti la parola di Dio, e muto per non farlo parlare lodando Dio.

Cos'è questo fuoco? Non è solo il fuoco materiale, ma anche il fuoco dell'ira, della lussuria, della gelosia, quei peccati di fuoco che sembrano darci tanto piacere, e avere tanta presa su di noi.

E che cos'è l'acqua? Qualcosa di altrettanto pericoloso per l'anima: le preoccupazioni di questo mondo, "le onde furiose degli affanni mondani", come le chiama uno dei più grandi commentatori ortodossi delle Sacre Scritture, il beato Teofilatto di Bulgaria. E non c'è un peccato - uno solo - che non abbia una parte di questo fuoco o di quest'acqua.

Il ragazzo era sotto il completo controllo del demone, che lo portava dove voleva, gettandolo nell'acqua o nel fuoco, tanto che il padre poteva a stento salvarlo. A pensarci bene, nel nostro caso non è tanto differente. Abbiamo tanta abitudine ai peccati (siano essi passionali come il fuoco, o di ansia mondana come l'acqua). Dobbiamo ammettere di essere in balìa del nemico. E dobbiamo ammettere di avere bisogno di aiuto. Solo se ci vediamo per quello che siamo possiamo rivolgerci a Cristo per guarire.

Cristo dice all'uomo che vuole vedere il figlio guarito, "Tutto è possibile a chi crede." Questo è vero. Lo comprendiamo. Lo accettiamo. Siamo cristiani. Diciamo "Dio può fare tutto, e guarire chiunque". Ma quando ci troviamo a vedere il fuoco e l'acqua dei nostri peccati personali, iniziamo a dubitare. Dio potrà certamente guarire qualcun altro. Ma crediamo davvero che Dio possa liberarci dalle passioni, dai nostri peccati, dalle cose che abbiamo fatto "fin dall'infanzia?" La maggior parte dei nostri peccati sono radicati in noi fino dall'infanzia: ora, crediamo davvero in questa nostra liberazione? La maggior parte di noi ha da lottare con forza contro una completa incredulità: in questo, non siamo molto diversi dal padre del ragazzo.

Abbiamo per fortuna davanti a noi esempi di grandi santi che hanno saputo compiere cosa degne di ammirazioni perché hanno volto credere, anche dopo avere compiuto peccati terribili. Una delle figure più luminose è quella di Santa Maria l'Egiziaca, di cui si legge la Vita nell'Ufficio del Grande Canone (giovedì prossimo) e a cui è dedicata una delle domeniche dell'anno (la prossima). Anche dopo una vita di fuoco (nel suo caso, gli affanni dell'acqua non erano un problema, ma il calore delle passioni era davvero terribile), Maria ha creduto nel potere di guarigione di Dio. Ha creduto, e Dio ha operato miracoli in lei.

Sapendo di dubitare, diciamo anche noi, come il padre del ragazzo: "Signore, credo: aiuta la mia incredulità!" Non è un gioco di parole, è la descrizione più esatta di ciò che il Signore fa alle nostre anime. Egli ci aiuta nell'incredulità, facendo crescere anche il più piccolo seme di fede che trova in noi, se solo sappiamo lasciarci aiutare da lui.

Il nostro compito non si limita comunque a lasciar fare a Dio come se fossimo strumenti completamente inerti nelle sue mani. Il ragazzo appena liberato dal demone cade al suolo, e sembra morto, ma Cristo lo prende per mano e lo solleva. A questo punto è il ragazzo stesso ad alzarsi in piedi. Anche noi dobbiamo imparare a rispondere all'amore di Dio stando in piedi, e questa è la fatica che ci viene richiesta. Se non riusciamo, anche dopo avere gustato il perdono del Signore, a rialzarci in piedi di fronte a lui, allora forse avremo sempre problemi con l'incredulità. Coltiviamo invece questo piccolo seme di fiducia che abbiamo in noi, con la preghiera e il digiuno (le armi che sono indicate come rimedi in questo stesso brano evangelico), forzandoci un poco a frequentare la chiesa, ad accostarci alla confessione, ad approfondire l'insegnamento di Cristo. Egli ci ascolterà, e rafforzerà la nostra fede. E quando sentiremo la sua mano nella nostra, potremo stare in piedi al suo cospetto.

Amen.

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