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  Personalismo o escatologia: teologia irreale o teologia reale? Un punto di vista di un parroco

dal blog del sito Orthodox England

11 dicembre 2015

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C'è una storia della vita del molto venerato anziano Ioann (Krestjankin) (+2006) di come un giovane studente venne a trovarlo presso l'accademia teologica e si è presentò come un 'teologo'. L'anziano Ioann gli rispose: 'Dunque, tu sei il quarto?' Nella sua immaturità il giovane studente, naturalmente, non capì, così chiese all'anziano cosa volesse dire. L'anziano Ioann rispose: 'Ci sono stati tre teologi nella Chiesa: san Giovanni, san Gregorio e san Simeone il Nuovo. Stai sostenendo di essere il quarto?' Lo studente fu umiliato dalla vergogna.

È un fatto curioso che la teologia accademica (avremmo preferito chiamarla filosofia accademica) 'ortodossa' differisce enormemente dalla vera teologia ortodossa. Gli accademici come i defunti padri Nikolaj Afanas'ev e Aleksandr Schmemann o il metropolita Ioannis Zizioulas e il loro agglomerato di seguaci a New York, Istanbul, Parigi e Oxford, si concentrano tutti sul personalismo, in altre parole sulla strana mistura di impenitente natura umana decaduta (umanesimo) all'interno di un guscio esteriore di Ortodossia, o, come potremmo chiamarla, 'umanesimo con le icone'. Con la sua risurrezione dell'eretica 'salvezza per tutti' di Origene e dell'intellettualistica mistificazione gnostica, il personalismo è un'astrazione che non ha vita propria al di fuori del mondo accademico.

Tuttavia, i veri teologi ortodossi, come il santo Jiustin di Chelije, non si sono concentrati sull'umanesimo (o sul personalismo, per dargli il suo nome travestito), ma sulla divinoumanità. In altre parole, questo è il modo in cui la natura umana caduta deve essere trasfigurata dal pentimento prima di poter ottenere la dignità, cioè prima che il cuore umano possa diventare degno di ogni conoscenza di Dio e così della rivelazione, che può poi passare alla mente. È strano, infatti, che teologi accademici 'ortodossi' si siano dovuti ispirare a umanisti non ortodossi come il luterano Jakob Boehme tramite la filosofia semi-marxista della disincarnazione di Berdjaev per le loro idee sul personalismo.

Piuttosto che cercare di parlare agli accademici occidentali post-cristiani e davvero atei in termini umanistici che questi sarebbero stati appena in grado di capire, anche se ne sarebbero stati ben poco interessati e avrebbero considerato come irrilevanti, non sarebbe stato meglio parlare a tutto il mondo occidentale della pienezza della teologia ortodossa senza compromessi? Non solo la minoranza spiritualmente viva del popolo occidentale sarebbe interessata a conoscere il cristianesimo non diluito (questo è ciò che è semplicemente l'Ortodossia), ma anche noi ortodossi saremmo stati interessati. La fede non si approfondisce per mezzo di intellettualismi; la fede si approfondisce per mezzo delle rivelazioni di Dio al cuore dell'uomo. Questo è esattamente ciò di cui trattano i Vangeli.

Il fatto è che i devoti ortodossi medi non hanno mai sentito parlare degli oscuri e poco venduti libri (e tanto meno li hanno letti) di qualsivoglia dei 'teologi' accademici contemporanei che affermano di essere ortodossi, come il metropolita Ioannis Zizioulas; essi sembrerebbero essere solo per il consumo intellettuale dei non-ortodossi, non per i pescatori della Galilea. Ma il pio ortodosso medio ha sicuramente sentito parlare e conosce, legge e venera autori di grande tiratura come san Paissio l'Athonita, i padri Seraphim (Rose) e Arsenie (Boca) e l'anziano Ioann (Krestjankin), veri teologi ortodossi, che nutrono i nostri cuori, non i nostri cervelli, nello spirito dei pescatori della Galilea.

Forse i 'teologi' accademici dovrebbero indirizzarsi al mondo ortodosso reale, e non a quello irreale o virtuale, parlando ai veri e propri ortodossi nelle parrocchie e nei monasteri. Nel vero contesto ortodosso si dimenticherebbero delle fantasie filosofiche del 'personalismo' (la parola è sconosciuta ai Padri e a tutti gli ortodossi) e parlerebbero di pentimento, di messianismo e della Terza Roma. Noi viviamo, dopo tutto, in un'epoca di apostasia, negli ultimi tempi e in un mondo globalizzato, in cui il pentimento, il messianismo e l'universalità della Terza Roma sono rilevanti più che mai. In altre parole, l'escatologia, la teologia degli ultimi tempi, è ciò di cui avrebbero bisogno di parlare e di scrivere.

Il cristianesimo ortodosso è l'Alfa e l'Omega, e parla non solo del principio del mondo, ma anche della fine. Noi non parliamo di una crisi ecologica alla moda o di qualsiasi altro ismo, per quanto queste cose possano essere alla moda nei circoli accademici incestuosi, ma del mistero dell'iniquità e di come possiamo contrastare la comparsa dell'Anticristo, in attesa della seconda venuta. Oggi, mentre parliamo della civiltà universale della Santa Rus' in contrasto con l'ideologia liberale occidentale anticristiana, dobbiamo parlare delle cose ultime, dell'escatologia, non dell'umanesimo, con o senza le icone.

La Chiesa ortodossa russa è l'ultima barriera contro la globalizzazione e l'occidentalizzazione. È per questo che Zbigniew Brzezinski ammette pubblicamente che vuole distruggerla. È l'ultimo baluardo a difesa del suo gregge dal gioco demoniaco del post-modernismo, a cui praticamente tutto il mondo occidentale è soggiogato e la cui malattia decompone tutto ciò che tocca. La Chiesa russa è l'ultima fortezza della fede, che continua a tenere a freno l'apostasia (2 Ts 2:6), fin dai tempi del 'Concilio' di Firenze e della caduta interna ed esterna della Nuova Roma nel XV secolo.

Davanti ai nostri stessi occhi, negli ultimi dieci anni, la Russia è diventata visibilmente la terza e ultima Roma e la Chiesa russa è diventata la Chiesa degli ultimi tempi. L'escatologia, la rivelazione e la conoscenza delle cose ultime, è il grande contributo della Chiesa russa al mondo contemporaneo. A ciò si è arrivato non attraverso le speculazioni di accademici in città non ortodosse e invero anti-ortodosse, ma attraverso le sofferenze di milioni di nuovi martiri e confessori. Questo è il ministero e l'offerta della Chiesa russa al mondo contemporaneo.

Parlando di Dostoevskij, il grande teologo e santo serbo, san Giustino di Chelije, scrisse profeticamente: 'L'Ortodossia è portatrice e custode dell'immagine più luminosa di Cristo e di tutte le forze divino-umane e questa è la 'parola nuova' che la Russia... deve annunciare al mondo '. Questa 'parola nuova' non è tratta da alcun miscuglio modernista di 'personalismo', ma dall'eternità e, come tale, deve essere ascoltata, perché 'quando vedrete tutte queste cose, sappiate che è vicino, proprio alle porte' (Mt 24, 33).

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