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  La formazione dell'anima - spirito, anima e corpo

Ieromonaco Seraphim (Rose)

da Orthodox America, citato in pravmir.com, 4 gennaio 2013

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Nella foto: padre Seraphim con il vescovo Nektary dopo la sua ordinazione sacerdotale, 11/24 Aprile 1977

 

L'anima che viene oggi all’Ortodossia si ritrova spesso in uno stato di svantaggio o addirittura paralizzata. Spesso si sente dire da convertiti, dopo alcuni anni di lotte apparentemente infruttuose, "non sapevo quello in cui stavo entrando quando sono diventato ortodosso". Alcuni percepiscono queste cose alla loro prima esposizione alla fede ortodossa, e questo può far rinviare il loro incontro con l'Ortodossia o anche farli fuggire del tutto da essa. Una cosa simile accade spesso a quelli che sono stati battezzati nell'infanzia quando raggiungono la maturità e devono scegliere se impegnarsi per la loro fede dell’infanzia.

Da un certo punto di vista, questo è il risultato del profondo impegno richiesto a coloro che prendono sul serio la fede ortodossa - un impegno che è molto diverso in natura da quello di coloro che si limitano a partecipare a una nuova denominazione o setta. Ci sono molte denominazioni con le loro diverse interpretazioni della vita cristiana, ma una sola Chiesa di Cristo, che vive la vera vita in Cristo e l'insegnamento e la pratica immutata degli Apostoli e dei Padri della Chiesa.

Ma da un punto di vista più pratico, il problema sta nella povertà della nostra anima moderna, che non è stata preparata o addestrata a ricevere le profondità della vera esperienza cristiana. Ci sono un aspetto culturale e uno psicologico di questa nostra povertà: l'educazione dei giovani di oggi, soprattutto in America, è notoriamente carente nello sviluppo di una risposta alle migliori espressioni dell'arte, letteratura e musica umana, e a seguito di questa carenza i giovani vengono formati a caso sotto l'influenza della televisione, della musica rock, e si altre manifestazioni della cultura (o meglio, anti-cultura) di oggi e, sia come causa che come risultato di questo - ma soprattutto per l'assenza da parte dei genitori e degli insegnanti di qualsiasi idea consapevole di ciò che è la vita cristiana e di come un giovane dovrebbe essere allevato in essa - l'anima di una persona che è sopravvissuta gli anni della giovinezza è spesso un deserto emotivo, e nella migliore delle ipotesi rivela carenze in quegli atteggiamenti di fondo nei confronti della vita che una volta erano considerati normali e indispensabili.

Pochi sono coloro che oggi possono esprimere chiaramente le loro emozioni e idee e affrontarle in modo maturo, molti non sanno nemmeno cosa sta succedendo dentro di loro. La vita è suddivisa artificialmente in lavoro (e ben pochi ci possono mettere la parte migliore di se stessi, il loro cuore, perché è "solo per i soldi"), gioco (in cui molti vedono il vero significato della loro vita), religione (di solito non più di una o due ore alla settimana), e simili, senza una unità di fondo che dà senso a tutta la propria vita. Molti, trovando la vita quotidiana insoddisfacente, provano a vivere in un mondo fantastico di propria creazione (nel quale provano a far stare anche la religione). E alla base di tutta la cultura moderna c’è il denominatore comune del culto di se stessi e della propria comodità, cosa mortale per qualsiasi idea di vita spirituale.

Ecco qualcosa sullo sfondo, sul "bagaglio culturale", che una persona porta con sé oggi quando diventa ortodossa. Molti, naturalmente, sopravvivono come ortodossi, nonostante il loro background, alcuni a causa di tale background sperimentano qualche disastro spirituale, ma per un buon numero rimangono storpi o per lo meno spiritualmente sottosviluppati, perché sono semplicemente impreparati e ignari delle reali esigenze della vita spirituale.

Per iniziare a considerare questo problema (e, si spera, per aiutare alcuni di quelli che ne sono turfati), vediamo qui brevemente la dottrina ortodossa sulla natura umana come esposta da un profondo scrittore ortodosso del XIX secolo, un vero Santo Padre di questi ultimi tempi - il vescovo Teofane il Recluso (+1892). Nel suo Libro, La vita spirituale (ristampato a Jordanville nel 1962), egli scrive:

"La vita umana è complessa e multiforme. In essa vi è un lato del corpo, un altro dell'anima, e un altro dello spirito. Ognuno di questi ha le sue facoltà e le sue esigenze, i suoi metodi e il loro esercizio e soddisfazione. Solo quando tutte le nostre facoltà sono in moto e tutti i nostri bisogni sono soddisfatti un uomo vive davvero. Ma quando solo una piccola parte di queste facoltà è in moto e solo una piccola parte dei nostri bisogni è soddisfatta, una vita non è una vita... Un uomo non vive in modo umano se tutto, in lui, non è in moto... Bisogna vivere come Dio ci ha creati, e quando non si vive così si può dire con fiducia che non si vive per niente" (p. 7).

La distinzione fatta qui tra "anima" e "spirito" non vuol dire che si tratta di entità separate all'interno della natura umana, ma piuttosto lo "spirito" è la parte più alta, e l'"anima" la parte inferiore, di una sola parte invisibile dell'uomo (che nel suo insieme è di solito chiamata "l'anima"). All'"anima" in questo senso appartengono quelle idee e sentimenti che non sono occupati direttamente con la vita spirituale, la maggior parte dell'arte umana, della conoscenza e della cultura, mentre allo "spirito" appartengono gli sforzi dell'uomo verso Dio attraverso la preghiera, l'arte sacra, e l'obbedienza alla legge di Dio.

Da queste parole del vescovo Teofane si può già individuare un difetto comune delle persone che oggi sono in cerca di vita spirituale: non tutte le parti della loro natura sono in moto, stanno cercando di soddisfare le esigenze religiose (le esigenze dello spirito) senza aver fatto i conti con alcune delle loro altre esigenze (in particolare, quelle psicologiche ed emotive), o peggio: usano la religione illegittimamente per soddisfare queste esigenze psicologiche. Per tali persone la religione è una cosa artificiale che non ha ancora toccato la loro parte più profonda, e spesso un evento sconvolgente della loro vita, o semplicemente l'attrazione naturale del mondo, è sufficiente a distruggere il loro universo di plastica, allontanandoli dalla religione. A volte queste persone, dopo esperienze amare della vita, ritornano alla religione: ma troppo spesso si perdono, o nel migliore dei cari rimangono paralizzati e senza frutto.

Il vescovo Teofane prosegue nel suo insegnamento: "Un uomo ha tre livelli di vita: dello spirito, dell'anima e del corpo. Ognuno di questi ha la sua somma di bisogni, naturali e appropriati a un uomo. Queste esigenze non sono tutte di uguale valore, ma alcune sono più alte e altre più basse, e la loro soddisfazione equilibrata dà all’uomo la pace. I bisogni spirituali sono i più alti di tutti, e quando sono soddisfatti, allora c'è la pace anche se gli altri non sono soddisfatti, ma quando i bisogni spirituali non sono soddisfatti, allora anche se gli altri sono soddisfatti in abbondanza, non c'è pace. Di conseguenza, la soddisfazione delle esigenze spirituali si chiama la cosa necessaria".

"Quando i bisogni spirituali sono soddisfatti, essi istruiscono un essere umano a mettere in armonia con loro anche la soddisfazione dei propri altri bisogni, in modo che né ciò che soddisfa l'anima, né ciò che soddisfa il corpo contraddica la vita spirituale, ma l’aiuti, e ci sia quindi una piena armonia in un uomo di tutti i movimenti e le rivelazioni della sua vita, un'armonia di pensieri, sentimenti, desideri, realizzazioni, relazioni, piaceri. E questo è il paradiso! "

Ai nostri giorni, l'ingrediente principale che manca in questa armonia ideale della vita umana è qualcosa che si potrebbe chiamare lo sviluppo emotivo dell'anima. È qualcosa di non direttamente spirituale, ma che molto spesso ostacola lo sviluppo spirituale. È lo stato di chi, mentre può pensare che ha sete di lotte spirituali e di una vita elevata di preghiera, è scarsamente in grado di rispondere alla normalità dell'amore e dell'amicizia umana, perché se uno dice: Io amo Dio, e odia il suo fratello, è un mentitore, poiché colui che non ama suo fratello che vede, non può amare Dio che non vede" (1 Giovanni 4:20).

In alcune persone questo difetto esiste in una forma estrema; ma come tendenza è presente in qualche misura in tutti noi che siamo stati cresciuti nel deserto emotivo e spirituale dei nostri tempi.

Stando così le cose, è spesso necessario per noi umiliare i nostri impulsi e sforzi apparentemente spirituali, e mettere alla prova la nostra disponibilità umana ed emotiva. A volte un padre spirituale potrà negare al suo figlio spirituale la lettura di qualche libro spirituale e dargli invece un romanzo di Dostoevskij o di Dickens, o lo incoraggerà a prendere confidenza con un certo tipo di musica classica, non con uno scopo "estetico" in mente, perché si può essere un "esperto" in materia e anche essere "emotivamente ben sviluppati" senza il minimo interesse per la lotta spirituale (e anche questo è uno stato sbilanciato) ma solo per affinare e formare la sua anima e renderla meglio disponibile a capire i genuini testi spirituali.

Il vescovo Teofane, nel suo consiglio a una giovane donna che si stava preparando nel mondo alla vita monastica, le permetteva di leggere (oltre ad altri libri non spirituali) certi romanzi "consigliati da persone ben intenzionate che li hanno letti": Con questo in mente, la rubrica "Orthodox America" ​​consiglia e introduce alcune opere della letteratura e dell'arte (non escludendo la forma d'arte moderna del film) che possono essere utilizzate nella formazione delle anime, in particolare dei giovani, verso atteggiamenti umani ed emozioni che possono metterli in grado di comprendere e perseguire le mete più alte della vita spirituale.

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