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  Gli europei stanno a guardare il fallimento totale in Ucraina

di Alexander Mercouris

dal blog di Saker, 15 marzo 2016

I sempre più frenetici sforzi diplomatici da parte dei leader europei mostrano la crescente disperazione di risolvere la crisi ucraina prima che il fallimento della politica delle sanzioni diventi evidente.

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Dato che la situazione politica in Ucraina continua a deteriorare – con il governo paralizzato a seguito della lotta di potere tra Poroshenko e Jatsenjuk – gli europei sono sempre più disperati, e sempre più frustrati con gli ucraini la cui intransigenza prolunga la crisi.

Tuttavia gli europei non hanno alcuna strategia di uscita e sono di fronte a un fallimento totale.

Il motivo è la crescente rabbia in tutta Europa verso la politica delle sanzioni, e un senso crescente che si stia chiudendo rapidamente la finestra diplomatica per trovare un modo di salvare la faccia, revocando le sanzioni prima che l'influenza europea si esaurisca completamente.

Il problema degli europei è che si sono impegnati a mantenere le sanzioni fino a quando saranno portate a termine le condizioni di Minsk II.

Quando hanno preso questo impegno, però, gli europei non sono riusciti a prendere la precauzione di base di collegare la revoca delle sanzioni non solo all'adesione russa a Minsk II, ma anche all'adesione ucraina.

Dal momento che le disposizioni di Minsk II in realtà richiedono che la parte ucraina intraprenda la maggior parte delle azioni, questo fallimento non solo ha negato l'influenza europea sugli ucraini. Ha dato agli ucraini un incentivo perverso a sottrarsi ai propri impegni di realizzare Minsk II, dal momento che in questo modo possono obbligare gli europei a continuare le sanzioni.

Nel frattempo l'opposizione alla politica delle sanzioni è in crescita, sia in Europa settentrionale sia in Europa meridionale.

In Europa settentrionale l'opposizione alle sanzioni è concentrata in piccoli ma molto potenti circoscrizioni. In Europa meridionale invece è pressoché universale.

L'Europa meridionale non è mai stata molto interessata all'Ucraina o al suo conflitto e non ne sostiene o ne capisce il gioco geopolitico.

La cultura politica dell'Europa meridionale rende anche gli europei del sud in gran parte immuni al moralismo auto-interessato tipico degli Stati Uniti e degli europei del nord, e che è stato utilizzato per mobilitare il sostegno al movimento del Majdan in Ucraina.

I neocon non sono neanche lontanamente così influenti nell'Europa meridionale come lo sono nell'Europa settentrionale, e gli europei del sud non si sentono tanto ossessivamente ostili alla Russia quanto lo sono molti europei del nord.

Gli europei del sud considerano di essere stati forzati in una politica di sanzioni con le quali fondamentalmente non sono d'accordo, e che considerano controproducenti e irrazionali.

Il più potente leader del sud europeo, l'italiano Renzi, non nasconde quasi il suo disaccordo con questa politica, e la maggior parte degli altri leader europei del sud è d'accordo in privato con lui.

L'Europa meridionale, tuttavia, non ha di per sé la forza di cambiare una politica concordata dai più potenti Stati europei – Germania e Francia.

Tale politica è però ora sempre più in discussione in Germania e in Francia: in Germania, da parte di una larga parte della comunità imprenditoriale tedesca, e in Francia da parte degli agricoltori francesi.

Questi ultimi sono una potente lobby politica, che nessun governo francese può ignorare, in particolare con le elezioni in corso.

Con le elezioni presidenziali nel 2017 in Francia, il governo francese è stato costretto a rassicurare i contadini che "sta facendo tutto il possibile" per ottenere che le contro-sanzioni russe che vietano le esportazioni alimentari europee verso la Russia siano revocate.

Ma come il governo francese sa, tuttavia, questo non può accadere a meno che prima non siano revocate le sanzioni dell'UE.

Questo dà al governo francese un forte incentivo a far revocare le sanzioni, che a sua volta significa un forte incentivo a raggiungere una soluzione del conflitto ucraino.

Cosa ancora più importante della costante crescita dell'opposizione alla politica delle sanzioni, è la sensazione che si stia chiudendo rapidamente la finestra del l'influenza diplomatica europea.

È difficile sapere fino a che punto i leader europei siano informati sullo stato dell'economia russa. Tuttavia, anche i più compiacenti tra loro dovrebbero ormai sapere che non sta per crollare sotto il peso delle sanzioni, e che la politica russa nei confronti dell'Ucraina non cambierà a causa loro.

Le aspettative che le sanzioni avrebbero fatto in modo che gli oligarchi della Russia costringessero Putin alle dimissioni a meno che questi non cambiasse rotta – che è ciò che il servizio segreto tedesco, il BND, a quanto pare ha detto a Merkel che sarebbe avvenuto prima che l'UE imponesse le sanzioni – si sono rivelate completamente sbagliate.

Quanto alla rivoluzione popolare in Russia contro Putin che qualcuno si aspettava, con la popolarità di Putin superiore all'80%, anche i leader europei più deliranti non possono più credere che accadrà.

È anche possibile che i meglio informati dei leader europei – tra cui, eventualmente, il ministro degli Esteri tedesco Steinmeier – conoscano la terribile verità – che non solo l'economia russa è sopravvissuta alle sanzioni, ma che la sua recessione terminerà a breve.

Questo indica il paradosso delle sanzioni. Mentre per i russi il loro costo è stato una spesa di partecipazione e ora è in diminuzione ogni mese che passa – e il loro effetto complessivo si sta dimostrando effettivamente utile – per gli europei il danno è in crescita – sia economicamente che politicamente.

Per gli europei la ripresa economica – o peggio ancora un boom – della Russia, mentre le sanzioni sono ancora in atto, sarebbe un disastro umiliante.

Dimostrerebbe che la Russia è fondamentalmente immune alle sanzioni, e denuncerebbe il fallimento totale di tutta la politica di sanzioni.

Esporrebbe anche i leader europei come Angela Merkel e Francois Hollande alle critiche per aver imposto una politica di sanzioni che ha finito per danneggiare l'Europa e i loro paesi più della Russia.

Le imprese tedesche e gli agricoltori francesi che hanno perso afferi a causa delle sanzioni sarebbero – a buona ragione – furioso.

Strapperebbe via anche ogni illusione sugli europei e sul loro potere.

In diplomazia mantenere una parvenza di potere è almeno altrettanto importante quanto il potere stesso. Uno stato o un gruppo di stati che perdono la parvenza del loro potere rischiano di non essere più presi sul serio.

Ciò significa in questo caso che gli europei devono essere in una posizione in cui possono almeno far finta che le sanzioni siano ancora importanti per la Russia quando verreanno revocate, e che i russi stiano dando qualcosa in cambio.

Ovviamente gli europei non possono affermare credibilmente una cosa del genere se, quando toglieranno le sanzioni, la Russia si troverà nel bel mezzo di un boom.

È proprio perché gli europei hanno anche bisogno di dimostrare che i russi stanno dando qualcosa in cambio per la fine delle sanzioni, che hanno collegato la revoca delle sanzioni a Minsk II.

Il successo dell'attuazione di Minsk II permetterebbe agli europei di far finta che ciò sia avvenuto attraverso i loro sforzi. Potrebbero quindi revocare le sanzioni e pretendere di avere vinto.

Poiché Minsk II è stato redatto dai russi, questa sarebbe sembrata una strategia a basso rischio. Dopo tutto, ci si aspetterebbe che i russi vogliano implementare un accordo di cui hanno redatto termini.

Quello che gli Europei hanno trascurato – o non hanno mai considerato – era che potevano essere i propri protetti ucraini – non i russi – a non riuscire a implementare Minsk II. Questa però è proprio la posizione in cui si trovano ora gli europei.

Questo non avviene perché il governo ucraino è tenuto in ostaggio dalle milizie di destra, ma perché Minsk II contraddice tutta la filosofia e lo scopo della "rivoluzione" del Majdan il cui obiettivo principale è quello di creare un Ucraina unitaria, monolingue e monoculturale, distanziata dalla il più possibile Russia.

Ho discusso tutto questo in un articolo pubblicato da Russia Insider nel gennaio 2015, alla vigilia della battaglia di Debaltsevo. Ecco ciò che avevo detto in quell'occasione:

"La verità di base sulla crisi in Ucraina e della sua guerra – quella verità che molti, soprattutto in Occidente, rifiutano di riconoscere – è che la fazione che ha preso il potere in Ucraina attraverso il colpo di stato del febbraio 2014 è strutturalmente incapace di negoziazione o compromesso con quelli che ritiene i suoi avversari.

(...) In breve, L'intero scopo del colpo di stato del febbraio 2104 è stato di dare alla fazione che detiene il potere ora in Ucraina potrebbe il dominio illimitato della società ucraina, che è il suo unico modo per attuare la sua visione di un'Ucraina unitaria, monolingue e monoculturale per sempre distanziata dalla Russia.

Data la diversità della società ucraina, non può scendere a compromessi con i suoi avversari, perché farlo comprometterebbe l'intero progetto che è la ragione della sua esistenza e la giustificazione della sua presa di potere.

Ecco perché ha agito nel mese di febbraio per eliminare dalla vita politica ucraina la fazione che era prima al potere in Ucraina e perché continua ora a impegnarsi per eliminare i suoi avversari nel Donbass".

Tutto questo resta vero oggi come lo era allora.

Continuerà a essere vero a prescindere da quale leader del Majdan detiene il potere in Ucraina. Non importa se quel leader è Poroshenko, Timoshenko, Jatsenjuk, Kolomoiskij, Tjagnibok, Parubij, Ljashko, Klichko, Jarosh o qualcun altro. Nessun politico ucraino fedele al Majdan è capace di quella sorta di compromesso che Minsk II richiede, ed è un errore fondamentale pensare che, perché i politici ucraini del Majdan sono impegnati in costanti lotte tra fazioni, alcuni di loro sono più "moderati" su questi temi rispetto ad altri.

Fino a oggi gli europei hanno chiuso gli occhi su questa realtà. E ora la stessa realtà li colpisce in piena faccia.

È per questo che – di fronte all'intransigenza totale degli ucraini ma volendo porre fine al conflitto prima che svanisca la loro influenza finanziaria e la loro credibilità – si dice che il ministro degli esteri tedesco Steinmeier e il ministro degli Esteri francese Ayrault si rechino a Kiev "complètement exacerbés".

Gli europei sono caduti nella stessa trappola in cui si è trovato Janukovich durante le proteste del Majdan.

Come gli europei, Janukovich ha cercato di venire a patti con i leader del Majdan come se fossero persone ragionevoli.

Ciò che Janukovich ha scoperto ogni volta che pensava di aver siglato un accordo era che i leader del Majdan semplicemente lo rinnegavano, intascando le sue concessioni, continuando le loro proteste, e tornando con ancor più richieste.

I leader ucraini del Majdan si sono comportati esattamente nello stesso modo durante il conflitto ucraino.

Nell'aprile 2014 hanno accettato di fare modifiche costituzionali concedendo maggiore autonomia alle regioni dell'Ucraina.

Hanno rinnegato tale accordo e nel corso dei mesi successivi hanno cercato di schiacciare l'opposizione nelle regioni orientali dell'Ucraina con la forza.

Dopo la loro sconfitta nell'agosto 2014 hanno deciso di concedere uno statuto speciale al Donbass, con trattative da seguire per raggiungere una soluzione politica (Minsk I).

Non sono riusciti a onorare questi impegni e nel gennaio 2015 hanno di nuovo attaccato il Donbass.

Nel febbraio 2015 – dopo essere stati sconfitti ancora una volta – ancora una volta hanno deciso di concedere lo statuto speciale al Donbass. Hanno inoltre accettato di negoziare direttamente con i leader del Donbass, per concordare con loro i termini delle elezioni nel Donbass, e per concordare con loro cambiamenti alla costituzione dell'Ucraina, che dovevano essere seguiti da nuove elezioni tenute prima della fine di dicembre 2015 (Minsk II).

Ancora una volta non sono riusciti a onorare questi impegni. Nell'agosto 2015 hanno cercato di attaccare di nuovo il Donbass, solo per essere dissuasi dal farlo dagli europei.

Nel mese di ottobre 2015 al vertice di Parigi, hanno rinnovato la loro promessa di attuare le disposizioni di Minsk II, questa volta in accordo con un nuovo calendario predisposto dai francesi, che avrebbe portato alla concessione dello statuto speciale per il Donbass e a tenere elezioni nel mese di marzo.

Ancora una volta non sono riusciti a mantenere uno qualsiasi di questi impegni. Ora è marzo e non uno degli impegni presi nel mese di ottobre è stato onorato. Invece i rapporti dal Donbass parlano di nuovi scontri.

Non è quindi sorprendente che Steinmeier e Ayraut siano "complètement exacerbés".

Di fronte all'intransigenza ucraina, gli europei hanno cercato di ottenere qualcosa che possono far passare come un "progresso", chiedendo ai russi di annacquare i termini di Minsk II, per permettere almeno di tenere elezioni nel Donbass alle condizioni ucraine nella prima la metà di quest'anno.

Il recente commento di Juncker che l'Ucraina non aderirà alla NATO o all'UE per 20-25 anni (che in pratica significa mai) dovrebbe essere visto in questo contesto.

È stato inteso come un contentino ai russi, rendendo pubblico ciò che era già stato concordato privatamente nel febbraio 2015 a Mosca e a Minsk, al fine di ottenere che i russi ammorbidiscano la loro posizione su Minsk II.

I russi però non intendono fare niente a proposito. Come chiarificano le loro dichiarazioni pubbliche in materia di Minsk II, sono implacabili. Hanno respinto tutti i tentativi di annacquare Minsk II. Insistono che l'Ucraina rispetti le sue condizioni alla lettera.

È impossibile evitare la sensazione che, attraverso il loro cieco sostegno al movimento del Majdan, gli europei si siano infilati in una trappola.

Una escalation di supporto per l'Ucraina sta diventando politicamente impossibile soprattutto in considerazione dell'intransigenza dell'Ucraina e della sua crescente crisi politica.

Il ritiro – che comporterebbe prendere finalmente una forte posizione pubblica contro il Kiev chiedendole di implementare Minsk II in pieno con una minaccia di sanzioni se non riesce a farlo – è comunque politicamente molto difficile, ed è probabilmente impossibile finché Merkel rimane cancelliere della Germania, considerato quanto capitale politico ha investito nell'Ucraina.

L'alternativa, tuttavia, è l'umiliazione totale quando si perderà qualunque pretesa di influenza che sia ancora rimasta, e questa è la prospettiva che ora gli europei hanno di fronte.

Ora probabilmente è solo una questione di mesi prima che la ripresa economica in Russia sbugiardi la politica di sanzioni degli europei – e con essa tutta la loro politica ucraina – come un bluff che è stato smascherato.

Il fatto che stiano incominciando a comprenderlo nelle capitali occidentali trova conferma nel più improbabile dei luoghi – nei commenti del presidente degli Stati Uniti Obama – l'autore ultimo della politica delle sanzioni – nelle recenti interviste rilasciate alla rivista Atlantic. Ecco cosa ha detto:

"L'Ucraina è un interesse centrale dei russi, ma non degli americani, quindi la Russia sarà sempre in grado di mantenervi un dominio di tensione.

"Il fatto è che l'Ucraina, che non è un paese della NATO, sta per diventare vulnerabile al dominio militare da parte della Russia, a prescindere da quello che facciamo", ha detto.

Ho chiesto a Obama se la sua posizione in Ucraina era realista o fatalista.

"È realista", ha detto. "Ma questo è un esempio di dove dobbiamo essere molto chiari su quali sono i nostri interessi fondamentali e ciò per cui siamo disposti ad andare in guerra"."

In altre parole, l'Ucraina conta per i russi, ma non per l'Occidente, ed sono i russi che vi detengono le carte vincenti ( "dominio di tensione").

Questo è ciò che Russia Insider ha continuato a dire tutto il tempo.

Ci sono voluti due anni, una guerra civile, migliaia di morti, un collasso economico, una crisi di governo, un ormai default inevitabile e il fallimento della politica delle sanzioni, perché i leader occidentali iniziassero ad accorgersene.

Ora è di gran lunga troppo tardi per evitare l'umiliazione che è fin troppo evidentemente in arrivo.

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