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  Domenica 31 agosto 2003 (11a dopo Pentecoste) L'uso corretto del denaro (1 Corinzi 9:2-12 e Matteo 18:23-35)
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Nel nome del Padre, e del Figlio, e del santo Spirito.

Nell'Undicesima Domenica dopo la Pentecoste, le letture dell'Apostolo e del Vangelo ci presentano storie di beni materiali, di pagamenti e di ricompense dovute, e dell'uso delle nostre ricchezze al servizio di Dio.

Non è mai facile parlare di denaro quando si spiegano le Sacre Scritture: alcuni pensano che non sia un argomento abbastanza "spirituale", ma di fatto la Bibbia è piena di riferimenti alle nostre ricchezze e a come le usiamo. Il nostro Signore Gesù Cristo parla di denaro molto più di quanto parli di temi come la fede, la risurrezione e la vita eterna. Questo ci deve far pensare che il giusto uso dei nostri beni è importante per la nostra salvezza.

San Paolo ricorda ai cristiani di Corinto che il suo compito missionario di annuncio del Vangelo porta un beneficio a tutta la comunità, e perciò è bene che coloro che lavorano per il Regno di Dio ricevano un compenso da parte del popolo di Dio. Come cristiani, dobbiamo sentire tutti un dovere di aiutare il lavoro di chi continua l'opera degli Apostoli. Per questo San Paolo cita un precetto dell'Antico Testamento (Deuteronomio 25:4), in cui si dice di non mettere la museruola a un bue che sta trebbiando: la metafora significa che quando qualcuno fa un lavoro duro, non è onesto privarlo anche del suo cibo.

Per dare a Dio il dovuto, l'antico Israele aveva l'uso della decima. Ogni anno, il dieci per cento di tutti i frutti della terra e degli animali veniva donato a coloro che si occupavano del servizio alla Legge (la tribù dei Leviti) e del culto del tempio (i sacerdoti). Oggi, i cristiani non devono sentirsi obbligati al pagamento della decima, così come lo erano gli agricoltori e gli allevatori dell'Antico Testamento; ma quanto è triste che proprio noi, che diciamo di avere nella Chiesa la pienezza dello Spirito Santo, e che il Vangelo di grazia da noi annunciato è superiore alla Legge di Mosè, non riusciamo a mantenere lo stesso livello di generosità del popolo ebraico. Se possibile, dovremmo dare ancora di più del dieci per cento dei nostri beni! Ricordiamo cosa dice San Giovanni il Precursore nel Vangelo di Luca? "Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto!" (Luca 3:11).

Se consideriamo i doni di misericordia che il Signore ci elargisce, non ci sarà difficile vedere nelle letture di questa domenica una profonda lezione di introduzione al dono e alla generosità. E partendo dalla generosità nei beni materiali, perché "là dove è il nostro tesoro, sarà anche il nostro cuore" (Matteo 6:21), impareremo anche altre forme di generosità, come la capacità di perdonare (cosa che ci viene chiesta dal Signore in questa parabola del debitore ingrato). Impareremo veramente che tutto appartiene a Dio, e che quanto possediamo in questo mondo è "nostro" solo nel modo in cui un bambino può dire che la camera da letto in cui dorme è "sua": di fatto, la camera appartiene ai genitori, e il bambino ne può disporre temporaneamente sotto la direzione dei genitori (ai quali dovrà rendere conto di come ha usato la camera). Allo stesso modo, se impariamo che ogni nostro bene ci è dato da Dio perché lo amministriamo, saremo in grado di usarne con generosità restituendo al Signore - così come si canta nella Divina Liturgia - "Il suo dal suo, in tutto e per tutto."

Amen.

 

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