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  Un'icona di un'icona del pentimento: il figliol prodigo

dal blog A Reader's Guide to Orthodox Icons, 12 febbraio 2012

 
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La parabola del figliol prodigo

La terza Domenica prima dell'inizio della Grande Quaresima è dedicata alla parabola del figliol prodigo. Questa parabola è celebrata nel periodo precedente al digiuno perché è considerata nell'Ortodossia come un riflesso perfetto, o come un'icona, della natura del peccato e della natura del pentimento.

La parabola del figliol prodigo (in greco: Η παραβολή του ασώτου υιού) è la parte finale di una trilogia di parabole di Gesù, raccontate insieme dopo che i farisei e gli scribi avevano mormorato fra loro perché Cristo mangiava con i peccatori. Di fronte a tutti quelli che si erano riuniti, Gesù offre la parabola del buon pastore, la parabola del soldo perduto, e, infine, la parabola del figliol prodigo (scialacquatore):

Un uomo aveva due figli. E il più giovane di loro disse al padre: "Padre, dammi la parte dei beni che mi spetta". Così egli divise tra loro i suoi averi. E non molti giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte insieme tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là scialacquò i suoi beni vivendo da dissoluto.

Ma quando ebbe speso tutto, giunse una grave carestia in quella terra, ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Poi andò e si mise al servizio di un cittadino di quel paese, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. E si sarebbe volentieri riempito lo stomaco con le carrube che mangiavano i porci, ma nessuno gliene dava.

"Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane e averi in abbondanza, e io muoio di fame!"

Ma quando ritornò in sé, disse: "Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane e averi in abbondanza, e io muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: 'Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te, e non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni'."

Ed egli si alzò e andò da suo padre. Ma quando era ancora lontano, suo padre lo vide e ne ebbe compassione, e corse e gli si gettò al collo e lo baciò. E il figlio gli disse: "Padre, ho peccato contro il Cielo e davanti a te, e non sono più degno di essere chiamato tuo figlio".

"Padre, ho peccato contro il Cielo e davanti a te, e non sono più degno di essere chiamato tuo figlio"

Ma il padre disse ai suoi servi: "Prendete il vestito più bello e fateglielo indossare, e mettetegli un anello alla mano e sandali ai piedi. E portate il vitello grasso, ammazzatelo, e mangiamo e facciamo festa; perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato". E cominciarono a far festa.

Ora il suo figlio maggiore si trovava nei campi. E mentre ritornava, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze. Così chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Ed egli disse: "È tornato tuo fratello e perché lo ha riavuto sano e salvo, tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso".

Ed egli si adirò e non volle entrare. Quindi il padre uscì a pregarlo. Così egli, rispondendo, disse a suo padre: "Ecco, da tanti anni ti ho servito; non ho mai trasgredito un tuo comandamento; e tuttavia non mi hai mai dato neppure un capretto per far festa con i miei amici. Ma non appena è arrivato questo tuo figlio, che ha scialacquato i tuoi beni con le prostitute, hai ammazzato per lui il vitello grasso".

E il padre gli disse: "Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo."

(Luca 15:11-31)

La parabola descrive il peccato come una sorta di esilio dalla casa del nostro Padre, dove noi siamo il figlio più giovane. All'interno della casa è la salvezza; al di fuori è una vita di morte di fame tra i suini. Il nostro esilio non è un castigo: il figlio più giovane ha scelto di lasciare la casa e perdere la sua eredità in cose che non durano. Noi facciamo la stessa cosa, mentre continuiamo a sperperare le cose che abbiamo, che sono tutte doni di Dio. Né ci è impedito di ritornare: tutto ciò che ha fatto il figlio più giovane è stato di ritornare in sé, e rendersi conto che non aveva bisogno di vivere in questo modo. Il figlio ha deciso di tornare da suo padre, non come un figlio che viene a reclamare la sua eredità, ma come uno schiavo salariato disposto a servire.

Questo è il cuore dell'umile ravvedimento: realizzare i tesori della "casa del Padre", e avere il buon senso e la volontà di alzarsi e di ritornare a casa. In tal modo dimentichiamo il nostro orgoglio, ammettiamo tutti gli sbagli che abbiamo fatto, e ci affidiamo alla misericordia del nostro Padre. I risultati di tale atto sono mostrati nella parabola.

E nel fare questo ci assicuriamo di non diventare poi come il fratello maggiore. Nonostante avesse lavorato diligentemente per suo padre e avesse ricevuto le benedizioni della vita con lui, il fratello maggiore, dopo aver visto il figlio sprecone accettato indietro, ha rifiutato di entrare nella casa per rabbia. In questo modo, si è messo al di fuori della casa del padre, che rappresenta la salvezza. Il padre lo chiama di nuovo – "tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo" – ma Gesù lascia la parabola aperta e non dice se il figlio maggiore ritorna o no.

L'icona della parabola del figliol prodigo

La parabola del figliol prodigo nell'iconografia si trova di solito affrescata sulle pareti della chiesa, come ricordo ai fedeli della sua lezione. Spesso, l'immagine principale mostrata è l'abbraccio del padre e del figlio, i cui mantelli fluttuanti ricadono l'uno sul collo dell'altro nell'amore. Ecco un buon esempio di questa immagine:

A volte, però, il padre della parabola è raffigurato come Gesù Cristo stesso, come in questo bellissimo esempio del XVI secolo:

La parabola del figliol prodigo, dall'altare della chiesa della Presentazione (XVI secolo)

A destra è il figliol prodigo avvilito tra i maiali, mentre a sinistra torna dal Padre, mostrato inequivocabilmente come Gesù Cristo.

Sopra di loro vi è un trono vuoto circondato da angeli; un trono celeste. È vuoto perché Gesù Cristo nostro Dio è disceso dal cielo e si è fatto uomo per poter correre fuori a incontrare noi, peccatori pentiti, che siamo "ancora lontano". Conoscendo chi tra noi è ritornato in sé e si è levato, Gesù Cristo ricopre la grande distanza per venire ad abbracciarci, vestirci, nutrirci, e riportarci nella casa del Padre.

Quando ho disobbedito nell'ignoranza alla tua gloria paterna,

 Ho sprecato nell'iniquità le ricchezze che mi hai dato.

 Per questo io grido a te, con la voce del figliol prodigo:

"Ho peccato dinanzi a te, o Padre misericordioso, ricevimi pentito,

 E trattami come uno dei tuoi garzoni ".

 (Contacio della Domenica del Figliol Prodigo)

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