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  Sulla storia della Chiesa ortodossa russa in Corea

Una risposta in forma di lettera aperta al metropolita Amvrosios di Corea

del metropolita Sergij di Singapore

Orthochristian.com, 27 agosto 2019

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l'arcivescovo Feofan di Corea della Chiesa ortodossa russa. Foto: foma.ru

Lettera aperta del metropolita Sergij di Singapore e dell'Asia sud-orientale,

esarca patriarcale dell'Asia sud-orientale,

al metropolita Amvrosios di Corea (Patriarcato di Costantinopoli)

Vostra Eminenza metropolita Amvrosios,

Ho esitato a lungo a rispondere alla sua intervista pubblicata sul sito web The Orthodox World il 12 aprile: https://theorthodoxworld.com/exclusive-how-the-moscow-patriarchate-tramples-on-church-canons-and-undermines-orthodox-unity-in-korea/

. Tuttavia, l'impressione del mio recente viaggio in Ucraina, dove con la benedizione di sua Santità il patriarca Kirill di Mosca e di Tutta la Rus' ho assistito alle celebrazioni in occasione dell'onomastico di sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di Tutta l'Ucraina, mi ha portato al decisione di rispondere alle sue dichiarazioni pubbliche.

Poiché le osservazioni della sua intervista sono pubblicate su un sito web che non fornisce informazioni su coloro che lo gestiscono e lo modificano, non vedo altro modo di rispondere a queste pubblicazioni se non quello di fare appello a lei personalmente. Tuttavia, considerando la natura pubblica delle sue dichiarazioni, anche la mia lettera sarà aperta, in modo che i lettori possano trarre le proprie conclusioni.

Ricordo con gioia quanto calorosamente mi ha accolto con un bacio fraterno quando l'ho visitata a Seul nel giugno 2017. Quindi, mi è ancor più doloroso vedere con quali colori oscuri, senza toni sfumati o congetture, lei dipinge la pastorale e l'opera missionaria della Chiesa ortodossa russa. Le complicate relazioni tra le nostre due Chiese causate dalle decisioni del patriarca Bartolomeo di Costantinopoli di creare una nuova struttura "ecclesiastica" in Ucraina hanno avuto un impatto così radicale sul suo atteggiamento nei nostri confronti? Ma no, lei scrive di un "anziano" anonimo, che dice che per mille anni molti dirigenti della Chiesa in Russia non hanno mai imparato ciò che insegna il Vangelo, coltivando così "una teoria satanica e imperialistica di Mosca come la Terza Roma". E dice tutto ciò come se ci avesse sempre creduto. Dovrei ora concludere che l'accoglienza che mi ha dato a Seul è stata ipocrita e che ora il suo atteggiamento è sincero?

I miei due bisnonni, che erano sacerdoti, sono passati attraverso prigioni e campi di prigionia per la loro fede e il loro servizio alla Chiesa. Uno di loro è stato fucilato per la sua fede in Dio. Le autorità hanno cercato di privare mia madre dei suoi diritti genitoriali per aver cresciuto noi, i suoi figli, nella fede. A scuola, la mia piccola croce battesimale mi è stata strappata via, e sono stato deriso per essere un credente. Nella mia infanzia copiavamo a mano testi delle Sacre Scritture e delle preghiere e li custodivamo come il più grande tesoro. Non solo abbiamo copiato questi testi, ma abbiamo continuato a rileggerli e li abbiamo studiati con profonda riverenza e amore. La storia della mia famiglia non è unica. Molti hanno sopportato gli orrori della persecuzione e della derisione. Pensi solo a cosa sia per noi leggere nel suo testo le rivelazioni di un "anziano" senza nome che dice che non siamo riusciti a imparare il Vangelo. È altrettanto doloroso per me leggere che lei "crede fermamente" che la Chiesa ortodossa russa, che ha percorso un cammino pieno di insidie per diversi decenni, attendeva solo l'occasione per interrompere la commemorazione liturgica del patriarca Bartolomeo di Costantinopoli. È impossibile immaginare qualcosa di più assurdo.

Nella sua intervista asserisce chiaramente che le attività del Patriarcato di Mosca nel sud-est asiatico sono non coanoniche. Mi permetto di ricordare la storia della nascita dell'Ortodossia nella regione: i sacerdoti russi iniziarono il loro ministero pastorale in Cina nel 1685, san Nicola (Kasatkin) venne in Giappone nel 1861 e la missione ecclesiastica russa in Corea fu istituita nel 1897. Apparvero parrocchie russe in Indonesia nel 1934; nello stesso anno fu aperta una parrocchia a Manila. San Giovanni (Maksimovich) di Shanghai celebrò i primi servizi divini in Vietnam nel 1949. Questa è solo una delle prove documentali dell'inizio della missione della Chiesa russa in paesi dell'Asia del sud e del sud-est, in un periodo in cui non era rappresentata alcun'altra Chiesa ortodossa.

Nella tua intervista ha citato un presunto dialogo da lei ascoltato di seconda mano tra il metropolita Kirill di Smolensk e Kaliningrad, ora sua Santità il patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus', e un certo parrocchiano di lingua russa, durante il quale sarebbe stata fatta una rivendicazione sulla cattedrale di san Nicola a Seul. Ho specificamente chiesto a sua Santità a riguardo. La cosa non è vera. Non si è parlato di questo e non se ne sarebbe potuto parlare, poiché sua Santità è ben versato nella storia della Chiesa ortodossa in Corea. La missione ecclesiastica russa in Corea un tempo possedeva appezzamenti di terra e fabbricati non solo a Seul ma anche in tutta la penisola coreana. Che cosa è successo a loro più tardi? Sono stati venduti o trasferiti? Se lo sono stati, allora da chi, a chi e a quali condizioni? Non lo sappiamo ancora per intero, ma studieremo la questione.

Il fatto storico è anche che per centinaia di anni non è arrivata alla Chiesa russa dai propri fratelli ortodossi una sola lamentela o rimprovero riguardo alle nostre azioni in Asia fino ai tempi recenti in cui il Patriarca di Costantinopoli ha cambiato la sua ecclesiologia e ha desiderato, invece di essere "il primo tra uguali" di diventare "il primo senza uguali".

Il ministero pastorale e missionario della Chiesa ortodossa russa in Asia non è mai stato sfidato da nessuna Chiesa ortodossa locale; al contrario, è stato accolto, come è chiaro, per esempio, dalle lettere inviate dai patriarchi di Gerusalemme a san Nicola del Giappone il Pari agli Apostoli. Così, già nel 1896, sua Beatitudine il patriarca Gerasimos di Gerusalemme mandò icone, reliquie sacre e altri oggetti sacri in dono alla Chiesa giapponese. Di conseguenza, il sostegno all'Ortodossia in Giappone e il profondo rispetto personale per san Nicola hanno continuato a essere dimostrati sia dai successori del patriarca Gerasimos sia dai vescovi di varie Chiese ortodosse locali.

Quando nel 1956 la Chiesa ortodossa russa concesse l'autonomia alla Chiesa ortodossa cinese fondata sulla base della Missione ecclesiastica russa in Cina e dell'Esarcato dell'Asia orientale (che a quel tempo esercitava la giurisdizione canonica sulle comunità in Corea), questa decisione non fu affatto contestata dalle Chiese locali, né la giurisdizione canonica della Chiesa Russa sulle strutture delle chiese ortodosse in Cina è mai stata respinta. Sua Santità il Patriarca Ioakim III di Costantinopoli a suo tempo inviò un'icona a una chiesa russa in costruzione ad Harbin, sostenendo così la nostra presenza ecclesiastica in Cina.

Quando nel 1970 fu conferito lo status di autonomia alla Chiesa ortodossa giapponese, il patriarca Atenagora di Costantinopoli si rifiutò di includere nei dittici il primate della Chiesa giapponese a causa del suo stato autonomo piuttosto che autocefalo. Non contestò la giurisdizione canonica della Chiesa russa sulle strutture ecclesiali ortodosse in quel paese, proprio come era senza dubbio esistita per oltre un secolo.

Una testimonianza molto chiara è data da un eccezionale missionario dei nostri tempi, il primate della Chiesa ortodossa albanese, sua Beatitudine l'arcivescovo Anastasios di Tirana e tutta l'Albania, nel suo libro Fino agli estremi confini della Terra.

Mi soffermerò separatamente sulla storia della Missione ecclesiastica russa in Corea. La storia delle relazioni russo-coreane risale al tempo della Rus' kievana, quando la concezione di "Mosca come la Terza Roma" menzionata da vostra Eminenza non esisteva ancora. Inoltre, l'unico documento storico che dichiara direttamente quest'idea è la Carta sull'istituzione del Patriarcato a Mosca firmata da sua Santità il patriarca Geremia di Costantinopoli (1589); mentre la Chiesa ortodossa russa ha iniziato il suo lavoro missionario tra i coreani nel 1856, quando sant'Innokentij (Veniaminov) iniziò a inviare predicatori ortodossi nella terra a sud di Ussurijskij, meta di un afflusso di residenti coreani. Nel 1885 fu raggiunto un accordo tra Russia e Corea che conferiva ai cittadini russi il diritto di celebrare liberamente i servizi divini nel territorio della Corea. Con la decisione del Santo Sinodo del 1897, la Missione ecclesiastica russa fu istituita in Corea con il compito di prendersi cura dei cristiani ortodossi russi residenti nella penisola coreana e di predicare l'Ortodossia tra la popolazione locale non cristiana. Il 17 febbraio 1900, il capo della missione, l'archimandrita Khrisanf (Schetkovskij) celebrò la Divina Liturgia a Seul, segnando così l'inizio delle attività della Missione russa.

Dal tempo della sua fondazione fino al 1908, la missione coreana fu sotto la giurisdizione del metropolita di San Pietroburgo; dal 1908 al 1921, di quella del vescovo di Vladivostok; dal 1921 al 1945, dell'arcivescovo di Tokyo, e dal 1945 al 1954 fece parte dell'Esarcato dell'Asia orientale.

Tuttavia, il lavoro della Missione fu fermato con la forza. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, le autorità sudcoreane e l'amministrazione d'occupazione americana hanno combattuto per diversi anni, cercando di far uscire la Missione dalla giurisdizione del Patriarcato di Mosca. Incapaci di farlo con qualsiasi mezzo legale, le autorità sudcoreane bandirono dal paese il capo della missione, l'archimandrita Polikarp, nel 1949. Per motivi politici, il lavoro della missione fu sospeso e le sue proprietà furono confiscate. Fu solo nel 1955 che le parrocchie sopravvissute della Chiesa ortodossa russa, private della cura arcipastorale, e non senza l'influenza della presenza militare delle potenze straniere in Corea del Sud, si unirono all'arcidiocesi del Patriarcato di Costantinopoli in America. Difficilmente è possibile riconoscere come legittimo lo spostamento del clero e delle comunità in un'altra giurisdizione sotto la pressione di forze politiche (e senza alcuna lettera dimissoriale).

Pertanto, oggi non parliamo dell'istituzione di una "Chiesa parallela", ma della restaurazione della missione ecclesiastica della Chiesa ortodossa russa. Ciò è condizionato dal processo storico di rinascita della Chiesa russa che ha sofferto per 70 anni sotto il giogo del potere senza Dio e dalla necessità di fornire cure pastorali ai nostri compatrioti in tutte le parti del globo, compresa l'Asia, nonché dal l'impossibilità del nostro gregge al momento di prendere parte ai santi misteri nella Chiesa di Costantinopoli in quanto questa è entrata in comunione con gli scismatici e ha invaso i confini canonici del Patriarcato di Mosca in Ucraina.

Ripeterò, storicamente il destino dell'Ortodossia in Corea è stato legato alla Russia. E oggi la Chiesa esercita sforzi per ravvivare la vicinanza spirituale tra i nostri popoli, per ripristinare i legami spirituali che li legavano in passato. La Chiesa ortodossa russa ha ragioni storiche e canoniche per riprendere il suo lavoro missionario, interrotta dalla forza delle circostanze storiche nella penisola coreana.

Eminenza, lei preferisce non vedere la natura politica delle azioni della sua Chiesa in Ucraina, ma parla di una natura politica delle azioni del Patriarcato di Mosca in Corea, dove presumibilmente miniamo l'ordine canonico della Chiesa e pratichiamo il proselitismo. Mostra indignazione per la formazione delle parrocchie e delle diocesi del Patriarcato di Mosca nel sud-est asiatico in generale e in Corea in particolare. La questione è stata recentemente trattata in dettaglio dal mio collega vescovo, sua Eminenza Feofan (Kim), arcivescovo di Corea:

https://www.ortodossiatorino.net/DocumentiSezDoc.php?cat_id=31&id=7505

. Aggiungerò solo che in molti paesi in Europa e in America, che non appartengono al territorio canonico di una particolare Chiesa, ci sono diversi vescovi coesistenti di varie Chiese locali, e ciò non rappresenta un ostacolo insormontabile per il loro ministero e testimonianza comune a Cristo. È un buon esempio di una situazione in cui Cristo e la Chiesa e le anime umane immortali sono le pietre miliari.

La Chiesa russa è focalizzata sul dialogo e partecipa attivamente a tutte le conferenze episcopali senza far avanzare condizioni inaccettabili nei luoghi in cui il gregge russo è in maggioranza, risolvendo problemi emergenti in uno spirito d'amore e di cooperazione. Pertanto, vedo i suoi rimproveri come infondati.

Oggi, un numero considerevole di fedeli a Seul si riunisce per le Divine Liturgie in una struttura semplice ma amorevolmente organizzata come chiesa temporanea. Riceviamo molte lettere dai nostri fedeli sia da Seul che da varie parti della Corea con gratitudine e con richieste di cura pastorale. Dobbiamo allontanare queste persone che considerano la Chiesa ortodossa russa come loro madre e sua Santità il patriarca Kirill di Mosca e tutta la Rus' come loro padre spirituale? Dovrebbe notare che queste persone non andranno oggi nelle chiese del Patriarcato di Costantinopoli per il motivo sopra menzionato.

La metropolia coreana del Patriarcato di Costantinopoli non ha recentemente celebrato il 119° anniversario della prima Divina Liturgia in Corea, ovvero l'anniversario dell'inizio della missione della Chiesa russa in Corea? Vuol dire che avete celebrato un anniversario di "azioni non canoniche"? E che cosa ha celebrato fraternamente il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli insieme all'arcivescovo Kliment di Kaluga e Borovsk e a un'assemblea di arcipastori a Seul nel febbraio 2000? E il metropolita Gregorios di Thyateira e Gran Bretagna che ha concelebrato la Divina Liturgia a Seul nel 2010 con l'arcivescovo Veniamin di Vladivostok e Primor'e, che cosa ha celebrato?

Anche la storia del suo incontro con un certo prete è sconcertante. Tutti i cristiani ortodossi di Seul sono ben consapevoli della persona in questione. È un uomo sfortunato, ma Dio gli ha garantito la grazia del sacerdozio. È difficile per me immaginare il suo comportamento come lo descrive, ma anche se è così, posso solo ricordare le parole dell'Apostolo: qualora uno venga sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo Spirito correggetelo con dolcezza (Gal. 6:1).

Lei scrive che a novembre 2018, alla tavola rotonda sulla Chiesa ortodossa russa e sui compatrioti: un'esperienza di cooperazione nel Sud-est asiatico, in Australia e in Oceania, presieduta dal metropolita Ilarion di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, sono state raccolte delle firme sotto un documento firmato da pochissimi. Apparentemente le è stata detta una bugia, perché in realtà nessun documento ecclesiale è stato firmato in quella riunione.

La lunga storia delle relazioni tra le nostre Chiese conosce purtroppo anche pagine tristi, che fino agli eventi recenti abbiamo preferito non ricordare. Tuttavia, già negli anni '20, il patriarca di Costantinopoli cercò di deporre sua Santità il patriarca Tikhon (Belavin) e fece tutto il possibile per sostenere la "Chiesa vivente" dei rinnovazionisti, istituita dalla Direzione politica dello Stato sotto il Commissariato popolare per gli affari interni (NKVD) della Repubblica socialista federativa sovietica russa – sviluppo a cui il patriarca confessore diede questa risposta: “Dopo aver letto queste minute, siamo rimasti molto confusi e stupiti che un rappresentante del Patriarcato ecumenico, il capo della Chiesa di Costantinopoli, senza alcun contatto preliminare con noi come rappresentante legale e capo di tutta la Chiesa ortodossa russa, abbia interferito nella vita e negli affari interni della chiesa autocefala russa. I santi Concili (vedi Canoni 2 e 3 del Secondo Concilio Ecumenico, ecc.) hanno riconosciuto e riconoscono il primato del vescovo di Costantinopoli […] su altre Chiese autocefale in onore, non in potere... Qualsiasi invio di commissioni senza un contatto con me quale unico primo ierarca lecito e ortodosso della Chiesa ortodossa russa a mia insaputa è illegale, non sarà accettato dal popolo ortodosso russo e porterà non pacificazione ma problemi e scismi ancor maggiori nella vita della già molto sofferente Chiesa ortodossa russa".

Il cambiamento nell'atteggiamento del Patriarcato di Costantinopoli avvenne nel lontano 1940, quando, durante la seconda guerra mondiale, vi fu un radicale cambiamento nella politica della leadership sovietica nei confronti della Chiesa. Dopo il suo famoso incontro con tre metropoliti della Chiesa patriarcale nel settembre del 1943, Stalin decise che le autorità non avevano più bisogno dello scisma dei rinnovazionisti e ne autorizzò la liquidazione. In questa situazione, il patriarca di Costantinopoli non aveva alcun motivo di trattare con il rinnovazionisti marginali e ripristinò la comunione con il Patriarcato di Mosca come se nulla fosse accaduto. La Chiesa ortodossa russa, da parte sua, scelse di non considerare nessuno responsabile di quella recente depravazione canonica.

Un'altra invasione nello spazio canonico della Chiesa russa avvenne negli anni '90 in Estonia. Il Patriarcato di Costantinopoli, supportato dal Presidente estone, dal Primo Ministro e dal Ministero degli Interni, riconobbe una struttura ecclesiale, che allora godeva di sostegno politico e non era timida nell'usare toni nazionalistici nella sua retorica, ignorando la presenza nel paese di un'unica chiesa canonica nella giurisdizione del Patriarcato di Mosca. Ciò che è particolarmente sorprendente e triste è che questo atteggiamento era stato sostenuto personalmente dal patriarca Bartolomeo. La comunione canonica tra la Chiesa russa e la Chiesa di Costantinopoli fu quindi recisa. La Chiesa di Cristo può violare i canoni in modo così audace e dividere le persone in entità etniche e seminare inimicizia tra loro? Questo grave conflitto nella storia della Chiesa ortodossa, ripetutamente chiamato "scisma" sulla stampa, fu risolto entro la fine del 1996 attraverso un compromesso, poiché le Chiese ortodosse di Russia e Costantinopoli hanno concordato sull'esistenza di due giurisdizioni sul territorio dello stato estone, cosa che non è in accordo con la legge canonica o la giustizia storica. Le azioni del Patriarcato di Costantinopoli sono state benefiche per la Chiesa, benefiche per il popolo estone? Il numero totale di credenti è aumentato? Lei stesso sa che, secondo le informazioni ufficiali estoni, la Chiesa ortodossa estone ha oltre sei volte più seguaci della struttura del Patriarcato di Costantinopoli in Estonia. Negli ultimi anni, le autorità sembrano timorose di pubblicare le statistiche, poiché la scelta storica del popolo confuta i piani dei politici. Il progetto politico, che ora si tenta di ripetere in Ucraina, è fallito e non può essere giustificato da alcun obiettivo ecclesiale perché il popolo di Dio, custode della verità, sente dove sta la verità.

Passando al problema ucraino, che occupa un posto notevole nelle sue dichiarazioni, noterò che nella sua intervista traccia un parallelo tra il modo in cui il Patriarcato di Mosca si è riconciliato con la Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia (ROCOR) e il modo in cui il Patriarcato di Costantinopoli ha ammesso gli scismatici ucraini dal cosiddetto "patriarcato di Kiev" e dalla '"Chiesa ortodossa autocefala ucraina". Tuttavia, non si può fare a meno di vedere differenze fondamentali tra queste azioni.

La comunione della ROCOR con il Patriarcato di Mosca fu sospesa negli anni '20 a causa del sistema politico in URSS e delle pressioni esercitate sulla Chiesa russa. La Chiesa di Costantinopoli, sopravvissuta al dominio turco-ottomano, è ben consapevole del peso della pressione esercitata dalle strutture di potere. La Chiesa russa non ha mai respinto la grazia dei sacramenti della ROCOR. Nella stessa ROCOR, la successione apostolica delle consacrazioni episcopali non è mai stata interrotta. Quando i tempi divennero favorevoli, la comunione eucaristica fu restaurata.

La situazione ucraina è invece molto diversa. L'ex metropolita Filaret (Denisenko) fu deposto a causa delle sue offese canoniche e questa decisione fu sostenuta dai primati di tutte le Chiese locali. Il 26 agosto 1992, il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, nella sua lettera al patriarca Alessio II di Mosca e in tutta la Russia sulla deposizione del metropolita Filaret di Kiev, scrisse: "La nostra santa grande Chiesa di Cristo, riconoscendo la pienezza della competenza della vostra santissima Chiesa in questa materia, accetta la decisione sinodale su quanto sopra". Si può prima approvare una deposizione e poi annullare la propria decisione su di essa? In che modo corrisponde alle parole del Vangelo, che le vostre parole siano sì, sì; no, no: perché tutto ciò che è più di questo viene dal maligno (Mt 5:37)? Per la sua ulteriore persistenza nello scisma, Denisenko fu anatemizzato, cosa che fu parimenti autenticata da tutte le Chiese. Con il sostegno delle strutture di potere ucraine, organizzò un "patriarcato di Kiev" e iniziò a "consacrare" vescovi. Queste "consacrazioni" sono ora riconosciute dal Patriarcato di Costantinopoli. Costantinopoli ha anche riconosciuto unilateralmente le "consacrazioni" episcopali amministrate nella cosiddetta "Chiesa ortodossa autocefala ucraina", il cui capo "metropolita" Makarij Maletich ha lasciato il Patriarcato di Mosca senza permesso, mentre era nel rango di presbitero. La conclusione è chiara – sostenuta dalla maggioranza dell'episcopato e del clero e dei teologi ortodossi – che le consacrazioni episcopali amministrate dal "patriarcato di Kiev" e dalla "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" non sono valide e rimangono invalide anche nella "chiesa" appena creata. Tali entità "ecclesiali", proprio come le ordinazioni eseguite in esse, non sono mai state riconosciute da una singola Chiesa locale. Ignorando questi fatti, il Sinodo della Chiesa di Costantinopoli ha sostenuto l'appello del presidente ucraino, della Rada Suprema e dei summenzionati capi di comunità religiose, ammettendoli nella comunione eucaristica e accettando le loro ordinazioni come valide.

Si ripetono così eventi centenari sui quali il metropolita Sergij (Stragorodskij) scrisse con tanto dolore nel suo cuore: “Sappiamo che sono nell'unità della Chiesa solo quelli che sono in comunione con il loro legittimo vescovo e patriarca, chi è scomunicato dal suo patriarca non può essere accettato in comunione con gli altri (Canone 1, Concilio nella Chiesa della Santa Sapienza). E chi entra in comunione con uno scomunicato dovrebbe essere scomunicato (Canoni apostolici 10, 12) [...] Tutti, sia i patriarchi che i laici, sono uguali davanti alla legge di Dio. Così, quando nel XV secolo il patriarca di Costantinopoli cadde in unione con Roma, la Chiesa russa si rifiutò di seguirlo [...] Quindi la comunione del patriarca di Costantinopoli con i rinnovazionisti non può che rendere il patriarca un rinnovazionista piuttosto che rendere i rinnovazionisti ortodossi".

Il metropolita Luka (Kovalenko) di Zaporozh'e e Melitopol' mi ha raccontato come, durante l'incontro con lui nel 2018, lei lo ha assicurato che Costantinopoli non avrebbe legalizzato lo scisma, e che se qualcosa del genere fosse accaduto nel tempo, sarebbe avvenuto solo dopo il pentimento degli scismatici. Oggi sappiamo cosa è successo alla fine – senza un cenno di pentimento e con una dimostrazione altezzosa di trionfo. La guarigione dello scisma in Ucraina dichiarata come l'obiettivo di questo atto non ha mai avuto luogo.

Una pressione senza precedenti è stata esercitata sul clero e sui laici della Chiesa canonica in Ucraina con l'uso di tutti i tipi di strumenti comandati dallo stato, come i servizi segreti, il ricatto, l'intimidazione e il sequestro di chiese con la connivenza o il sostegno della polizia e delle autorità locali. Il cuore sanguina di dolore nel vedere continui tentativi di impadronirsi dei luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina.

Questa situazione è stata trasformata in una tragicommedia con il rifiuto del falso patriarca "Filaret" Denisenko di accettare il Tomos concesso da Costantinopoli e con la ripresa del "patriarcato di Kiev". Questo dimostra ancora una volta che le decisioni del Patriarcato di Costantinopoli di concedere una "autocefalia" a una nuova "struttura ecclesiale" in Ucraina non sono riuscite a portare pace e unità ai cristiani ortodossi nel paese, e che hanno portato solo nuove divisioni, l'emergere di un "episcopato" parallelo e sofferenza tra la popolazione, proprio come è avvenuto e ancora avviene nella storia. Queste persone, che si definiscono "arcipastori" e "sacerdoti" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ora possono celebrare liberamente la Liturgia nelle chiese del Patriarcato di Costantinopoli. Mi perdoni, ma non posso unirmi a queste persone all'unico calice, ovunque ciò possa accadere, a Istanbul, negli Stati Uniti o in Corea.

Tutto ciò sta accadendo alla presenza della Chiesa ortodossa ucraina riconosciuta da tutte le Chiese ortodosse locali insieme al suo legittimo primate, sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di Tutta l'Ucraina, che insieme a tutti i vescovi ha respinto risolutamente un tale mezzo per ottenere una "autocefalia".

Durante i festeggiamenti a Kiev il 24-25 giugno, ho provato un'eccezionale esaltazione spirituale, di una vera unità ortodossa. A pregare insieme erano rappresentanti di dieci Chiese ortodosse autocefale; altre tre non hanno potuto inviare i loro rappresentanti, ma i loro primati hanno inviato messaggi di saluto a sua Beatitudine il metropolita Onufrij. Esprimendo sostegno e augurando coraggio nel superare la tragica situazione, abbiamo pregato tutti in modo conciliare, condividendo la sofferenza e il dolore inflitti ai fedeli ucraini dalle decisioni dell'autorità suprema della vostra Chiesa. La Liturgia della festa alla Lavra della Santa Dormizione delle Grotte di Kiev, in cui i vescovi, il clero e i fedeli che amano Dio hanno pregato insieme, mi ha ricordato la Pasqua ed è divenuta un vero trionfo dell'Ortodossia!

Allo stesso tempo, purtroppo, possiamo vedere molta menzogna nelle parole e nelle azioni degli alti rappresentanti del Patriarcato di Costantinopoli. Vedendo il fallimento della loro famigerata iniziativa in Ucraina, cercano di coinvolgere i nostri fratelli cristiani in questa avventura fallita. Nello stesso argomento ci sono le dichiarazioni sulla nostra Chiesa che sono state espresse nel corso della visita, da lei preparata, di una delegazione del Consiglio Nazionale delle Chiese in Corea a Istanbul, e i tentativi di diffamare la Chiesa ortodossa russa in altri contatti con cristiani non ortodossi e in numerose apparizioni alla stampa. Allo stesso tempo, l'intero mondo ortodosso sta gridando la necessità di risolvere questo problema il prima possibile attraverso il dialogo fraterno.

I popoli coreano e russo sono legati da secoli di amicizia e credo che preserveremo e rafforzeremo le nostre relazioni fraterne nonostante qualsiasi processo. La Chiesa russa è sempre stata un veicolo di pace nella terra coreana e in tutto il mondo.

Il nostro compito comune, vladyka, è di glorificare e proclamare Cristo, di servirlo senza risparmio di forze, di fare opere di carità, amore e verità, di chiamare ogni persona alla salvezza indipendentemente dalla sua razza o status nella società. Da parte nostra, siamo sempre pronti per una cooperazione pacifica e aperti a un abbraccio fraterno.

La situazione attuale sembra essere umanamente insolubile. La storia della Chiesa conosce molte divisioni umane ma anche molti casi di riconciliazione. Cerchiamo, vladyka, di non aggravare la divisione. Le nostre Chiese stanno vivendo un periodo difficile nelle relazioni, ma facciamo tutto il possibile per garantire che il gregge in Corea e in altri paesi del Sud-est asiatico non sia influenzato da loro, in modo che tutti possano avere l'opportunità di pregare e di comunicarsi ai santi misteri di Cristo e predicare l'Ortodossia senza impedimenti. La invito a non distorcere i fatti al fine di soddisfare interessi politici. Non serviamo la divisione ma una futura riconciliazione e unità per cui preghiamo come comandato dal nostro Signore Gesù Cristo.

Con speranza di comprensione e amore fraterno in Cristo,

+ SERGIJ

Metropolita di Singapore e dell'Asia sud-orientale

Esarca patriarcale dell'Asia sud-orientale

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