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  Quanti cristiani ortodossi vanno regolarmente in chiesa in Russia, e perché?

Intervista di Jurij Pushchaev all'arciprete Nikolaj Emel'janov

Orthodoxie.com, 28 giugno 2019

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l'arciprete Nikolaj Emel'janov

La casa editrice dell'Università san Tikhon di Mosca ha pubblicato un libro dell'arciprete Nikolaj Emel'janov, vice-rettore dell'Istituto di teologia di questa università e collaboratore del laboratorio scientifico "Sociologia della religione".

Il suo libro, dal titolo "La messe è abbondante, ma gli operai sono pochi", presenta uno studio scientifico, in cui l'autore avanza un'ipotesi spiegando perché, in Russia, il numero di persone che effettivamente va in Chiesa non aumenta, ma praticamente è rimasto lo stesso per più di due decenni. Il sito Pravoslavie.ru ha discusso con l'autore le ragioni di questa situazione e il problema dei rapporti tra sacerdoti e fedeli nella Russia odierna.

Padre Nikolaj, qual è il problema che le ha fatto iniziare il suo studio?

Per molto tempo ho riflettuto sul motivo per cui, nel nostro paese, mentre l'80% dei credenti si definisce ortodosso – cioè lo dicono vari sondaggi sociologici – in realtà solo il 3% va regolarmente in chiesa.

 Ma da dove provengono questi dati, secondo cui il 3% della popolazione del paese è effettivamente "praticante", mentre l'80% delle persone intervistate afferma di essere ortodosso?

Questi sono dati sociologici più o meno generali. Per tutto il periodo successivo alla liberazione della Chiesa, tutti i sondaggi mostrano che abbiamo circa il 3-5% della popolazione che pratica. Cioè, quelli che ricevono la comunione almeno una volta al mese. È un gruppo piuttosto piccolo di persone.

Ma il 3% dell'intera popolazione russa non è così piccolo.

Può essere. A questo proposito, quando la prima comunità di credenti fu creata a Gerusalemme, come è scritto negli Atti degli Apostoli, il numero di persone che vi si unì subito dopo la risurrezione era forse il 3% della popolazione totale di questa città. A Gerusalemme, secondo le stime degli studiosi, c'erano circa 100.000 persone. E negli Atti degli Apostoli, si parla per la prima volta di 3.000 persone che si unirono alla comunità degli apostoli (si veda At 2:41), quindi si dice che credettero 5.000 persone (si veda At 4:4). In un modo o nell'altro, oggi l'istituto di sondaggi FOM, il Centro di ricerca dell'opinione pubblica russa (VTsIOM) e il Centro Levada presentano dati quasi simili. È vero che quest'ultimo di solito dà delle cifre di pratica ecclesiale e religiosa alquanto inferiori agli altri due, ma manteniamo questi dati per ragioni di affidabilità. Ma di regola, i tre istituti di sondaggio danno cifre concordanti.

statistiche della Chiesa ortodossa russa

Tuttavia, quando parliamo di coloro che ricevono la comunione almeno una volta al mese, troviamo un gruppo ristretto di persone, anche tra coloro che possono essere chiamati più in generale credenti praticanti. Se si estende il concetto di credente praticante a coloro che ricevono la comunione più volte all'anno, ma meno spesso di una volta al mese, il numero sale a circa il 10-12%.

Allo stesso tempo, secondo i dati degli stessi istituti, il numero di quelli che hanno risposto positivamente alla domanda "ti consideri ortodosso?" è in costante aumento dal 1992. Per essere precisi, negli ultimi anni la FOM ha dato un numero intorno all'80%, e il Centro Levada dal 65 al 70%. Bisogna ammettere che, nel complesso, sembra piuttosto paradossale: questa percentuale del 3% di persone che ricevono la comunione almeno una volta al mese rimane stabile, mentre quella di chi si definisce ortodosso è in costante crescita. Questo fenomeno è stato discusso più di una volta nella comunità scientifica, tra sociologi e studiosi religiosi. E in generale, questo è stato discusso in modo piuttosto critico nei confronti della Chiesa. Il che è abbastanza comprensibile, a causa di alcune tradizioni che finora hanno predominato nella comunità scientifica.

Quali spiegazioni sono state fornite?

La più nota e la più semplice è che la consapevolezza di essere ortodossi generalmente non ha nulla a che fare con alcuna pratica religiosa. Le persone si definiscono ortodosse, perché cercano di identificare la loro appartenenza etnica o nazionale, come russi e cittadini della Russia.

Ci sono state altre ipotesi, legate alla diffusa convinzione che la tendenza globale verso la secolarizzazione sia avvertita anche qui, e che la Russia si stia muovendo in quella direzione. E la secolarizzazione dà origine a un tipo speciale di religiosità che è extra-ecclesiale, vago, e per questo motivo, non può più essere definito classico e istituzionale, nel senso pieno di queste parole.

Tali interpretazioni hanno anche iniziato a diffondersi tra i funzionari statali. Per esempio, alle domande relative all'influenza dell'Ortodossia e alla sua importanza sociale, ora possiamo sentire: "E perché dovremmo sostenerla? È solo il 3% della popolazione del nostro paese! È socialmente significativo?"

D'altra parte, quando abbiamo svolto ricerche in parrocchie e comunità ecclesiali, abbiamo notato un fenomeno interessante. Se prendiamo in considerazione gli indicatori più semplici in Russia, il numero di bambini, il tasso di divorzi o malattie sociali come il tabacco o l'alcolismo, la (presunta) affiliazione all'Ortodossia non ha praticamente alcuna influenza su questi indicatori. Tra coloro che si considerano ortodossi, c'è la stessa percentuale di divorzi o, per esempio, di alcolizzati. Ma non appena prendiamo in considerazione gli stessi indicatori per il gruppo del 3%, cioè quelli che ricevono la comunione almeno una volta al mese, questi indicatori diventano diversi e si differenziano positivamente.

Cosa intende?

Per esempio, a Mosca nel 2004, solo il 3,5% delle donne con più di 18 anni aveva tre o più figli. Nelle parrocchie, questa cifra era del 19%. Una differenza ovvia è anche visibile tra i fumatori. Poiché il fumo è un vizio condannato dalla Chiesa, troviamo solo il 4% di fumatori nelle comunità parrocchiali. Allo stesso tempo in Russia, il numero era del 38%. Vede che c'è una differenza di qualità. E tali indicatori e la loro differenza a favore dei praticanti si verificano per problemi che colleghiamo a determinati problemi sociali. Abbiamo anche chiesto delle relazioni con la patria e il patriottismo. Nel fare ciò, abbiamo proposto diversi concetti di patriottismo, uno dei quali è controproducente. Ancora una volta, nel cuore della parrocchia, il concetto di patriottismo si rivela il più adeguato. Lì, il patriottismo è inteso come amore per la patria, e la volontà di lavorare e agire per la prosperità del paese, ma queste persone non ritengono che il loro paese sia sempre e in tutti gli aspetti migliore degli altri, ecc. Ne consegue la tesi secondo cui la vita ecclesiale, in misura significativa, è compressa e rientra in questo 3%, contiene una certa verità. Ma a un certo punto, mi è venuta in mente un'ipotesi, semplicemente dalla mia esperienza pastorale della confessione, e ne parlo nel mio lavoro. Se consideriamo le chiese urbane, il prete si sente costantemente di fretta. Sente costantemente che qualcuno vuole parlare con lui, e non può, perché in quel momento qualcun altro vuole parlargli o perché deve andare da qualche parte di fretta.

Quanto pensa che questo problema sia importante?

Posso dire che per il parroco, è un'esperienza molto dolorosa. Sono personalmente convinto che metà dei problemi relativi alle situazioni di conflitto in chiesa, che spesso leggo su Facebook o sulla stampa, si lega a queste circostanze.

Diciamo che un uomo ha detto di essere andato in chiesa, e che il prete si è comportato bruscamente con lui. Analizzando queste situazioni, comprendo perfettamente che in mezzo a più casi, è successo perché il prete era di fretta, e doveva andare da qualche parte. Ecco perché semplicemente non era in grado di parlare con l'uomo e di mostrargli compassione. La mancanza di attenzione dovuta alla costante fretta diventa parte di un'abitudine. C'è l'abitudine di affrettarsi, e quasi automaticamente provoca la mancanza di attenzione e un atteggiamento altero, che ovviamente non è assolutamente consentito al sacerdote. Per il fatto stesso che si tratta di una reazione di difesa, può solo respingere le persone e produrre un'impressione dolorosa.

Una situazione tipica è quando, durante una funzione di un giorno di festa, un centinaio di persone viene dal sacerdote per confessarsi e lui ha solo un'ora per parlare con tutti! Ora, tra queste persone, con l'eccezione di quelli che chiedono semplicemente la preghiera dell'assoluzione, potrebbero esserci alcuni che sono venuti in chiesa per la prima volta in un mese o anche in un anno. In una tale situazione, nessuna relazione profonda può avere luogo con il prete. E ogni sacerdote che vive la vita parrocchiale e per il quale la confessione è una parte importante del suo ministero, ha difficoltà a risolvere questo problema. Io stesso non servo da lungo tempo come prete, in realtà solo un po' più di 20 anni, ma anche durante questo periodo, sentiamo chiaramente la differenza tra ciò che era allora e ciò che è ora.

La differenza è molto semplice: l'attenzione che potevamo dare allora alle persone, non possiamo più darla oggi. Abbiamo decisamente bisogno di più tempo. Le persone che ti conoscono bene e vengono regolarmente da te stanno diventando così numerose che non possono adattarsi al tempo che puoi riservare per la confessione. Questa semplice osservazione e le dolorose esperienze ad essa collegate mi hanno portato a pormi un'altra semplice domanda: quante persone posso ricevere? Quale comunità può avere il sacerdote? Questo 3% di praticanti stabili durante tutto il periodo post-sovietico non significa che il clero esistente, nonostante tutti i suoi desideri, non può ricevere più parrocchiani? Questa era la mia ipotesi iniziale, che è stata confermata per intero, empiricamente, in seguito. Nel corso della mia ricerca, ho cercato di calcolare approssimativamente la dimensione di una comunità che un sacerdote può gestire da solo. E sebbene non abbiamo gestito uno studio su larga scala, siamo giunti a una conclusione basata sulle discussioni con i sacerdoti e sull'analisi dei documenti, che le dimensioni di una comunità servita da un singolo sacerdote sono piuttosto piccole: 200 in tutto, massimo 500 persone.

E come faceva san Giovanni di Kronstadt, da cui andavano migliaia di persone?

Qui, bisogna capire che molti sono andati da lui solo una volta, o solo poche volte nella loro vita. Inoltre, il numero di persone che erano in costante contatto con lui era molto limitato. Per questo motivo, l'esempio del prete carismatico, degli iniziatori portatori di spirito, non è tipico e non è caratteristico del sacerdote che ha la sua comunità che vive regolarmente la vita ecclesiale, i suoi parrocchiani permanenti, che conosce tutti, che sono in contatto regolare con lui e che si sono regolarmente confessati per molti anni.

Siamo anche riusciti a stabilire dati interessanti. In un sondaggio in tutta la Russia, abbiamo posto la domanda: "Conosci un prete a cui puoi andare in una situazione di crisi?" Raccogliendo dati su questo, siamo giunti alla conclusione che intorno a ogni prete ci sono circa 1.500 persone che lo conoscono e possono rivolgersi a lui per chiedere aiuto. Ciò significa che attorno al sacerdote c'è una comunità che gli è vicina, tra le 200 e le 500 persone e forse un'altra cerchia o rete di contatti, con una media di circa 1.500 persone. Ed è in realtà un limite. Ogni uomo è limitato e non può fare di più.

Inoltre, sappiamo che i sacerdoti possono essere diversi. Alcuni fanno principalmente direzione spirituale. I preti nelle aree rurali celebrano in villaggi e frazioni dove solo tre o cinque persone partecipano alle veglie, e non sanno cosa fare, e così via.

Ma il nostro studio non si ferma qui. Abbiamo quindi cercato di analizzare il processo della confessione. In una delle domeniche, quando non c'era una grande festa, in sole cinquanta chiese a Mosca abbiamo calcolato quanto durava la confessione e quante persone riuscivano a confessarsi. In tal modo, abbiamo notato una gamma abbastanza ampia del tempo medio della confessione.

Nonostante il fatto che le persone possano confessarsi in modi diversi e in tempi diversi, la durata di solito varia da 3-5 a 15-20 minuti, sebbene ci fossero delle chiese dove alcune persone si confessavano al sacerdote molto più a lungo, e ce n'erano altre al contrario, in cui le persone si confessavano ancora più velocemente. Inoltre, questo indicatore non dipendeva dal fatto che alla funzione vi fossero molte o poche persone, o che fosse sabato o domenica, o che il confessore fosse un prete giovane o anziano.

Per quanto tempo, in media, può e dovrebbe durare una confessione?

È un argomento differenziato, e non è banale. La confessione è un fenomeno molto complicato. Una cosa è quando viene alla confessione qualcuno che il sacerdote conosce bene. In questo caso, la confessione ha il suo carattere specifico. La persona sa molto bene cosa sta facendo e perché sono venuti, il coinvolgimento del sacerdote a volte può essere minimo qui, perché c'è già una comprensione reciproca totale. E in generale, una tale confessione non richiede molto tempo. Ma stiamo parlando di qualcos'altro. La confessione non è una conversazione, ma un sacramento la cui componente principale è la preghiera.

La preghiera?

Durante la confessione, il prete non parla tanto quanto la persona che viene a confessarsi, prega per loro tutto il tempo mentre gli dicono qualcosa.

Ma comunque, durante la confessione, il sacerdote deve tenere una conversazione, deve mostrare loro le vie della ragione e fare domande.

Certo, ma la cosa principale per il sacerdote non è parlare e mostrare le vie della ragione, ma pregare Dio per colui che si confessa in quel momento. Ma ora, se quella persona viene per la prima volta in assoluto a confessarsi, e anche se non ha particolari problemi, il sacerdote deve parlare con lei a lungo e dare spiegazioni. Ha bisogno di portarla alla realtà della vita ecclesiale e spirituale. E questo non può essere fatto in una breve conversazione di 10-15 minuti. Lo stesso se la persona ha problemi reali, se è venuta con dolore o se è coinvolta un grave crimine: il fatto stesso di non avere fretta può giocare un ruolo decisivo. Ma non appena la persona sente che il prete ha fretta, la conversazione non ha più senso.

Su questo argomento, un buon vescovo una volta mi ha detto: "Dico ai miei sacerdoti che quando parlano con una persona, devono nascondere il loro orologio e non guardarlo". Mi è piaciuto molto.

Inoltre, dobbiamo capire che finora non esiste ancora una cultura ecclesiale ampia e di massa. Come in passato, è molto difficile trovare un'adeguata scuola ortodossa per i nostri figli, e abbiamo solo due università e mezzo nell'intero paese. Di fatto, non abbiamo forme sociali comuni diffuse attraverso le quali possiamo entrare nella Chiesa. Per esempio, non abbiamo praticamente associazioni e movimenti cristiani. Nell'Europa occidentale, nonostante tutta la complessità della situazione del cristianesimo, ne hanno una quantità enorme rispetto a noi, che causa un grande stupore. Non c'è niente di simile qui, e quando c'è, è su scala minuscola. In queste condizioni, il sacerdote rimane l'unico punto di ingresso nella Chiesa per le persone.

I sacerdoti sono come la cruna di un ago o un collo di bottiglia attraverso cui deve passare tutta la nostra vita ecclesiale contemporanea. Ma si scopre che non tutto può passare o entrare, solo il 3% di quelli nella cerchia ristretta del sacerdote può farlo, e quindi avere la felice opportunità di ricevere la comunione almeno una volta al mese.

Uno dei casi più complessi sono le grandi chiese e le cattedrali, attraverso le quali passa un flusso ininterrotto di persone. Il sacerdote deve ricevere tutta questa ondata, che drena tutte le sue forze. Costruire in queste condizioni è molto difficile. Anche in queste condizioni, proviamo a costruire una comunità, ne conosco esempi, ma generalmente si sta come sotto il rullo compressore dell'enorme quantità di persone che sono completamente estranee allo spirito della Chiesa, che vengono dalla strada, e che noi dobbiamo incontrare.

Di solito, in tali condizioni, l'intera comunità è impegnata in un ministero assolutamente unico con uno scopo, semplicemente di incontrare e di accogliere queste persone. Tutto ciò, in misura significativa, è distruttivo per la vita parrocchiale. Se il prete viene in chiesa al mattino, in una città dormitorio di 100.000 persone, e trova una lista di servizi privati ​​da celebrare, anche se cerca per esempio di benedire tutti gli appartamenti, non riuscirà a fare tutto prima della sua morte.

Quali sono le conclusioni del suo studio? Come si può porre rimedio a questa situazione?

A prima vista, le mie conclusioni sono terribilmente deludenti. Per esempio, consideriamo il rapporto tra il numero di sacerdoti e il numero di parrocchie nella Chiesa ortodossa russa. Risulta catastrofico: per ogni sacerdote in Russia ci sono circa 6.050 persone che dichiarano di essere ortodosse. In Europa (nei paesi cattolici – Polonia e Francia – oppure ortodossi, Grecia, Romania, ecc.), questo rapporto è più volte inferiore: 1.050 persone per sacerdote in Grecia, 2.688 in Francia. È un'immagine completamente diversa. Quindi, affinché la nostra situazione dolorosa cambi, e affinché una pratica assolutamente nuova diventi possibile, occorrono da tre a cinque volte più membri del clero.

È realistico?

Certo che non è realistico, questo è il problema. Oggi, il clero ortodosso nel territorio della Federazione Russa è di circa 20.500 persone. In realtà ho scritto che anche il più efficace reclutamento nei seminari non porterà il numero necessario di candidati. Inoltre, comprendiamo tutti che la quantità non è un fattore determinante. Con la crescita del numero dei chierici, diventa fondamentale la qualità. I meccanismi formali non producono nulla di buono. Inoltre, per ogni sacerdote, non si tratta solo di un prete: tutta la sua famiglia deve avere il senso della Chiesa, altrimenti un prete del genere non vale niente.

E qui, potrebbe chiedere qualsiasi manager, come abbiamo intenzione di sostenere finanziariamente tutte queste persone? Anche questa è una domanda saggia e pertinente. Ed è impossibile dare una risposta immediata. E in senso stretto, tale risposta non era lo scopo del mio libro. L'obiettivo era identificare il problema e presentarlo in modo ragionevole e significativo. Dimostrare che i limiti esistenti della vita ecclesiale non sono realmente legati alla secolarizzazione.

Al contrario, cito esempi secondo i quali, non appena compare un prete, appare la costruzione di una chiesa, poi una parrocchia. Vale a dire, tutto accade esattamente nella direzione opposta. La domanda non crea l'offerta. La situazione è simile a quella descritta nella legge di Say nell'economia politica: qualsiasi offerta crea rapidamente domanda e potremmo fornire molti esempi simili.

Non è propaganda, non è la clericalizzazione della società, ma al contrario, le persone si incontrano nelle comunità locali, superando così l'atomizzazione della società generata dalla rivoluzione del 1917 e dalla seconda guerra mondiale. Negli ultimi anni abbiamo assistito a una rapida crescita della Chiesa: una rapida crescita del numero di chierici e del numero di diocesi. Ovviamente, la Chiesa sta crescendo, si sta sviluppando e talvolta abbiamo la sensazione che non possiamo fare di più, che abbiamo già ordinato un numero molto grande di sacerdoti e che sarà difficile aggiungerne altri. Sta diventando sempre più difficile trovare candidati per l'ordinazione, perché sono sempre più necessari.

E come sempre con una crescita attiva, emerge la sensazione che dobbiamo fermarci da qualche parte, perché non possiamo mantenere tutte queste chiese, non possiamo più costruirne di nuove, tutto ciò è costoso. In realtà, dobbiamo capire che siamo proprio all'inizio della strada. Credo che sia molto importante capirlo. Altrimenti, sia l'importante prospettiva della visione della Chiesa, sia l'immagine religiosa del nostro paese saranno molto alterate. Avremo l'impressione che ci sia solo una Chiesa marginale con in tutto il 3% di tutta la popolazione, e una massa che rimane assolutamente impossibile da coinvolgere, o secolarizzata con uno strano tipo di religiosità, o alla ricerca di una specifica identità civica.

Ma la crescita del numero di sacerdoti non porta necessariamente alla crescita del numero di parrocchiani?

Ovviamente no. Questa è una domanda saggia e importante. Nel mio libro, dichiaro che qualsiasi crescita nel numero del clero non porta automaticamente alla crescita del numero di coloro che frequentano regolarmente la chiesa. Questa condizione è necessaria, ma insufficiente. La nostra storia degli ultimi vent'anni lo dimostra effettivamente: il numero del clero è aumentato di cinque volte, mentre nello stesso periodo il 3% dei credenti praticanti è rimasto stabile. Ma questa è una considerazione molto importante.

Sì, durante questo periodo, il numero di persone che ricevono la comunione almeno una volta al mese non è aumentato. Ma abbiamo dati sufficienti per dire che durante lo stesso periodo, è aumentato il gruppo di parrocchiani che ricevono la comunione più volte all'anno. Questa evidentemente è crescita, e non insignificante. Non è difficile indovinare che questo gruppo richiede molta più attenzione e tempo. È un processo di ecclesializzazione su larga scala, che implica la comunicazione con le persone, la catechizzazione, il tempo per le conversazioni dettagliate e così via.

Ma affinché questo processo si spinga oltre, la Chiesa ovviamente non dispone di risorse sufficienti, soprattutto a causa della quantità estremamente limitata di tempo tra i sacerdoti. Comunque sia, si può dire che questa condizione è necessaria ma non è sufficiente. Senza la crescita del numero del clero, non ci si può aspettare un cambiamento nelle pratiche pastorali che si sono stabilite quando il sacerdote non è disponibile.

Questo è ora il compito della Chiesa. Come può essere risolto è un altro argomento. Scrivo di nuovo su questo nelle mie conclusioni pratiche.

Ovviamente, il punto chiave per la prossima fase di sviluppo della chiesa non sarà la costruzione di chiese, sebbene questa rimanga fondamentale. Ogni nuova chiesa nelle città dormitorio aggiunge 2.000 parrocchiani regolari durante il periodo della sua apertura. È un fatto oggettivo e verificato. Il prossimo passo sarà la costruzione di comunità parrocchiali. A questo proposito, dobbiamo ricordare che il patriarca Kirill parla costantemente di questo, e ha cominciato a farlo molto tempo fa, prima ancora che fosse patriarca. Noi prestiamo poca attenzione a questo.

Ma quando ho iniziato a studiare questo argomento, ho cercato in modo specifico e ho scoperto che è costantemente presente nei discorsi del patriarca, e anche molto spesso, ultimamente. Prima di tutto, senza comunità attive e vive, non ci sarà espansione della vita ecclesiale, nel senso che i nuovi arrivati ​​non troveranno un modo per entrare e inserirsi. Secondo, solo la comunità può produrre una quantità sufficiente di clero. Nessun reclutamento, basato su altri principi, sarà naturale o logico e darà questa necessaria scala di candidati al sacerdozio. Penso che costruire nuove comunità possa essere fatto molto più facilmente, se il sacerdote proviene dalla comunità stessa e mantiene con essa una connessione costante. In questo senso, mi sembra che una delle possibili soluzioni al problema sia che un padre spirituale educhi i futuri sacerdoti e li invii a ricevere una formazione spirituale. Questi ritornano e celebrano nella loro parrocchia, nella loro comunità o nelle parrocchie a loro attribuite. Sarebbe anche una pratica molto efficace, se la vita ecclesiale e il ministero sacerdotale fossero trasmessi di generazione in generazione.

Tutte queste considerazioni sono molto importanti dal punto di vista della preparazione dei futuri sacerdoti.

L'Istituto teologico san Tikhon dell'omonima università ortodossa, di cui io sono il vice-rettore, ha preparato candidati all'ordinazione sacerdotale per oltre 25 anni. Questo studio ci permette di avere un nuovo sguardo sul processo di preparazione pastorale, per capire meglio la situazione attuale della Chiesa, per chiederci di che tipo di sacerdoti abbiamo bisogno oggi, e come e per cosa devono essere preparati.

Sono certo che la Chiesa troverà una soluzione al problema della mancanza di sacerdoti. "Dio può suscitare figli di Abramo dalle pietre" (Lc 3:8), ma allo stesso tempo, credo che senza la nostra comprensione del problema stesso, e senza la nostra partecipazione a quest'opera, il Signore Dio non mostrerà la sua misericordia. Ecco perché ho scritto questo libro.

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