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  Metropolita Seraphim del Pireo: Costantinopoli non ha alcun diritto di ricevere appelli dall'Ucraina e di concederle l'autocefalia

Orthochristian.com, 23 ottobre 2018

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foto: Pravoslavie.ru

Sua Eminenza il metropolita Seraphim del Pireo (Chiesa ortodossa di Grecia) ha pubblicato la sua opinione sulla questione ucraina in seguito alla dichiarazione del Santo Sinodo di Costantinopoli dell'11 ottobre, che annunciava la decisione di reintegrare nel clero gli scomunicati Filaret Denisenko del "patriarcato di Kiev" scismatico e Makarij Maletich del scismatica "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" e di rivendicare l'Ucraina come proprio territorio, cosa che ha cessato di essere nel 1686.

La sua dichiarazione completa è apparsa sul portale greco Romfea, con i punti principali riprodotti su Sedmitza.

Ha anche parlato un mese fa, avvertendo il governo ucraino che la Chiesa non deve essere coinvolta in giochi geopolitici, affermando: "State giocando a un terribile gioco geopolitico e geostrategico tra la NATO e la Federazione Russa: cercate di capire che queste cose non possono essere usate come strumenti nella Chiesa".

Senza mettere in discussione il primato dell'onore del Patriarca ecumenico, e riconoscendo il diritto canonico del primo trono di "presidenza onoraria in un Concilio ecumenico e coordinamento delle Chiese ortodosse", il metropolita Seraphim offre un significativo chiarimento sull'autorità del Patriarcato di Costantinopoli.

Il metropolita greco scrive che Costantinopoli ha il diritto di accordare un'autocefalia o un'autonomia su richiesta della struttura canonica di una Chiesa, avendo in vista la sua approvazione in un futuro Concilio ecumenico. Osserva che il dibattito sulla procedura per la concessione dell'autocefalia dura da 50 anni, e su questo punto il principio concordato a cui fa riferimento include tre elementi: la richiesta di una Chiesa canonica, l'accordo della Chiesa Madre e l'approvazione delle altre Chiese ortodosse autocefale locali.

Il Patriarcato ecumenico aveva precedentemente acconsentito a questi principi nella sua posizione ufficiale sull'autocefalia e l'autonomia, così come nell'accordo pre-conciliare del 1993 di Chambésy, in Svizzera, nel novembre 1993.

I suddetti principi non conferiscono a Costantinopoli il diritto di concedere un'autocefalia nel caso dell'Ucraina, scrive il metropolita Seraphim, poiché la metropolia di Kiev è stata trasferita al Patriarcato di Mosca nel 1686, e quindi la Chiesa sotto sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di tutta l'Ucraina è oggi l'unica struttura canonica in Ucraina, e non vuole l'autocefalia.

Come scrive il metropolita greco, l'autocefalia in Ucraina è richiesta dal presidente Poroshenko "filo-occidentale e uniata", dal parlamento ucraino e dalle due strutture scismatiche della nazione.

Sostiene inoltre che le azioni di Costantinopoli – l'invio di due esarchi a Kiev e la decisione di concedere un'autocefalia senza specificare chi sarà il destinatario del Tomos, ignora la posizione della Chiesa ucraina canonica.

Il metropolita Onufrij e la Chiesa ucraina hanno protestato con forza contro l'invio di esarchi da parte di Costantinopoli nel suo territorio canonico; il Patriarcato ecumenico non ha ascoltato, ma ha insistito solo sul suo diritto di agire in Ucraina a suo piacimento.

Il metropolita Seraphim ha anche fortemente criticato il riconoscimento da parte di Costantinopoli di due chiese scismatiche e dei loro primati, che non sono riconosciuti da alcuna Chiesa, sostenendo che il “diritto” di Costantinopoli di rimuovere le sanzioni ecclesiastiche effettuate da un'altra Chiesa locale richiede un'analisi critica dal punto di vista del diritto canonico.

Scrive di un caso storico, dove papa Zosima di Roma (che regnò dal 18 marzo 417 al 26 dicembre 418), riferendosi ai Canoni 3, 4, e 5 del Concilio di Sardica, aveva cercato di giustificare il suo diritto di essere il giudice supremo per la Chiesa del Nord Africa e restaurare il sacerdote Apiario di Sicca che era stato scomunicato dal vescovo Urbano. I vescovi africani respinsero con forza le affermazioni di papa Zosima, con il loro rifiuto poi confermato nelle risoluzioni del Concilio di Cartagine.

"La Chiesa indivisa riconobbe che i Canoni 3, 4 e 5 del Concilio di Sardica, su cui si basava papa Zosima, davano al papa di Roma il diritto di giudicare solo i vescovi a lui subordinati. Pertanto, la Chiesa respinse le affermazioni del diritto del papa all'arbitrio supremo in tutta la Chiesa", osserva il metropolita Seraphim.

Sottolinea inoltre che la decisione di qualsiasi Santo Sinodo autocefalo può essere revocata solo dal Sinodo locale o da un Concilio ecumenico:

La decisione di qualsiasi Santo Sinodo patriarcale... non può essere revocata (Balsamon e Fozio parlano di questo nel "Nomocanone"). Può essere riveduta in appello solo da un Concilio ecumenico. San Nicodemo della Montagna Santa fa riferimento anche al Canone 9 del quarto Concilio ecumenico ("...il Patriarcato di Costantinopoli non può agire nelle diocesi e nelle province di altri patriarcati"). Va anche notato che il metropolita Isacco di Efeso disse all'imperatore Michele Paleologo che l'autorità del patriarca di Costantinopoli non si estende ai patriarchi orientali.

Dati gli argomenti di cui sopra, il metropolita Seraphim conclude: "Il diritto canonico di rivedere il caso del monaco Filaret Denisenko, considerato dal pieno Sinodo patriarcale del Patriarcato di Mosca, appartiene solo a un Concilio ecumenico, soprattutto dato che nella sua lettera n. 1203 dell'8 / 26/1992 al patriarca Alessio di Mosca, il venerabile patriarca ecumenico concorda con la decisione presa".

Lo stesso Filaret Denisenko fece appello al patriarca Bartolomeo nel giugno del 1992, subito dopo la decisione della Chiesa russa di deporlo. La successiva lettera di agosto del patriarca Bartolomeo recita:

In risposta al corrispondente telegramma e lettera della vostra amatissima e onorata Beatitudine sul problema che è sorto nella vostra santa Chiesa sorella russa che ha guidato il suo Santo Sinodo, per ragioni a lei note, alla deposizione del metropolita Filaret di Kiev, membro fino a poco tempo fa del suo Sinodo, desideriamo informare fraternamente il vostro amore, che la nostra Santa Grande Chiesa di Cristo, riconoscendo la pienezza della competenza esclusiva della Chiesa ortodossa russa su questo tema, accetta sinodalmente le decisioni relative a tale questione, non desiderando portare alcun problema alla vostra Chiesa. È precisamente in questo spirito che abbiamo inviato due fratelli, sua Eminenza il metropolita Giovanni di Pergamo e sua Grazia il vescovo Vsevolod di Skopelos, dopo una visita da noi della parte in causa che è stata privata del suo ufficio, in modo da poter essere notificati direttamente in prima persona di ciò che era accaduto ed evitare un'interpretazione errata nel caso specifico. Di conseguenza, dovremmo notare che siamo stati addolorati quando abbiamo appreso che non c'era una piena comprensione dello scopo della loro missione.

Il patriarca Bartolomeo in seguito ha ribadito questa posizione nel 1997 in un'altra lettera al patriarca Alessio, in cui scrive, "Avendo ricevuto notifica della citata decisione, abbiamo informato la gerarchia del nostro Trono ecumenico e li abbiamo implorati di non avere più alcuna comunione ecclesiale con le persone menzionate".

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