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  La battaglia contro l'intellettualismo

Dal blog del sito Orthodox England

13 settembre 2017

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Ricordo ancora quando negli anni '70 ho comprato icone (senza aureole) da Jordanville, raffiguranti sant'Elisabetta la Nuova Martire e san Giovanni di Shanghai. Ancora oggi sono appese nell'altare della chiesa in cui servo. Allo stesso modo ricordo gli insulti lanciati alla Chiesa fuori dalla Russia al momento della canonizzazione a lungo attesa dei Nuovi Martiri e Confessori nel novembre 1981. Quelli che scagliavano insulti sono rimasti stranamente silenziosi quando ciò che fu avviato a New York, a causa della paralisi politicamente forzata della Chiesa a Mosca, fu confermato a Mosca nel 2000. Ciò conferma solo l'ipocrisia e il pregiudizio politico di coloro che ci avevano attaccato.

Ricordo dunque il sempre memorabile arcivescovo Antonio di Ginevra, che metteva i dubbi degli orgogliosi a confronto con la santità dei Martiri Imperiali, incluso un cattolico romano battezzato nel proprio sangue, dicendo al proprio gregge della ROCOR a Bruxelles e Parigi che non erano obbligati a venerare le icone dei Martiri Imperiali, fiducioso che sarebbero giunti a farlo nel tempo, quando l'esperienza spirituale li avrebbe persuasi che stavano sbagliando. La stessa pazienza fu mostrata a Londra dal vescovo Costantino, un uomo di santità, ai membri dubbiosi della cattedrale della ROCOR. E negli USA, anche il noto iconografo padre Kiprian (Pyzhov) si era opposto alla canonizzazione dei Martiri imperiali, ma con la preghiera, anch'egli si avvicinato alla visione ortodossa.

Anzi, ricordo un uomo, ora ironicamente uno ieromonaco ordinato da un vescovo della ROCOR, che nel giorno della canonizzazione dei Nuovi Martiri nel 1981, mi informò con veemenza che la granduchessa Anastasia non era stata martirizzata perché era identica a una donna conosciuta come Anna Anderson, che sosteneva di essere la granduchessa. Nonostante testimoni come il sempre memorabile padre Nicholas Gibbes (tutore della granduchessa), che aveva subito visto che era una truffatrice, l'uomo insisteva nella sua opinione. Naturalmente, è stato umiliato quando i test del DNA hanno dimostrato più tardi quello che i fedeli avevano saputo da da molto tempo, e che Anna Anderson era veramente una truffatrice.

Molto più inquietante del fatto che tali persone ci attaccavano, motivate dalla politica secolare, è il fatto che stavano attaccando dei santi. Qui occorre una grande cautela. Quando uomini e donne giusti sono venerati tra i fedeli, quando le loro vite sono esaminate da vicino e si trova che contengono miracoli di guarigione e profezie che si sono avverate, allora dovremmo prestare attenzione. A volte le loro reliquie non sono disponibili perché sono state distrutte da liberali infedeli come Kerenskij oppure dai bolscevichi. Tali giusti, a dispetto delle calunnie, arrivano a essere venerati da molti a causa dell'esperienza spirituale che la gente ha di loro nelle proprie preghiere. Poi la gerarchia della Chiesa esamina e canonizza, sempre con cautela, sempre lentamente, ma si raggiunge la giusta decisione, anche se, come nel caso dei martiri reali, certi vescovi erano all'inizio fortemente contrari.

Il fatto che gli intellettuali non amano i santi si spiega perché non amano la santità, che è ciò di cui sono fatti i santi. Perché questa reazione ai santi? Molto semplicemente perché la santità è al di fuori del loro controllo, al di fuori della sfera della loro esperienza puramente razionalistica e non spirituale, e così la disprezzano. Tali intellettuali studiano ciò che viene chiamato in russo teologija, non Bogoslovie ("la Parola di Dio"), e provengono da università secolari e istituti laici, non dai monasteri, che sono università ortodosse. È sempre stato così. Tale fu il destino dell'eretica gnostico Origene, tanto amato dalla scuola di Parigi-Crestwood, degli intellettuali Ario, Nestorio e Barlaam: quest'ultimo oppose il suo scolasticismo occidentale all'esperienza spirituale di san Gregorio Palamas, arcivescovo di Tessalonica.

Questo non vuol dire affatto che l'uso dell'intelletto (la ragione) sia di per sé cattivo. Naturalmente no, anzi è necessario. Nella Chiesa abbiamo tre grandi santi che hanno il titolo "il teologo" – san Giovanni, san Gregorio e san Simeone. Tre – e non di più. San Gregorio, in particolare, era molto ben istruito nel meglio dell'intelletto dei suoi tempi, come, anzi, molti e molti altri Padri della Chiesa. Il loro trionfo, però, non fu nel loro uso del loro intelletto, ma nel fatto della loro esperienza spirituale (santità), che essi esprimevano con l'uso della loro intelligenza addestrata alle vie secolari. L'intelletto è una cosa, l'intellettualismo (come negare il miracolo nella vita di San Giovanni Damasceno e dell'icona delle tre mani della Madre di Dio) è un'altra cosa.

In altre parole, i Padri della Chiesa non confondevano i mezzi (l'intelletto, la ragione) con il fine (la santità), confusione proveniente non dall'uso dell'intelletto, ma da un 'intellettualismo'. L'intellettualismo è la malattia spirituale che rende la ragione (razionalismo) il tutto e la fine di ogni cosa. Non lo è. La Chiesa non è razionalista, un 'ismo' contaminato dall'orgoglio e dall'arroganza della natura umana caduta, ma non è nepure irrazionalista. L'irrazionalismo è oscurantista e ristretto, dominio del fariseismo e dell'impurità spirituale, così come il razionalismo. La Chiesa è "meta-razionale", al di là della ragione, cioè segue il sentiero della santa Sapienza, 'Sofia' in greco, 'Premudrost' in slavonico.

L'obiettivo cristiano fu molto ben espresso da san Serafino di Sarov nel secolo scorso. Egli ha definito l'obiettivo della nostra vita, non come una raccolta di conoscenze laiche, di fatti vuoti, ma come acquisizione dello Spirito Santo. Possiamo vedere questo molto chiaramente nelle vite di tre santi del secolo scorso, san Silvano l'Athonita, un contadino russo semi-letterato, san Nicola di Ochrid e san Giustino di Chelije: gli ultimi due erano molto ben istruiti in università occidentali. Questi ultimi usavano la formazione intellettuale che avevano ricevuto in Occidente per esprimere la loro esperienza spirituale, la stessa di san Silvano. Nessuna quantità di dottorati, imitazioni e studi di teorie astratte, tuttavia, fornirà tale esperienza spirituale.

Nella Chiesa russa di oggi, non più perseguitata, ci troviamo di fronte alla sfida di intellettuali laici ai confini della vita della Chiesa, spesso con dottorati e diplomi, che si definiscono "teologi", ma che non lo sono, perché non hanno l'esperienza spirituale che viene dalla sofferenza. Così, i loro scritti sono superficiali e non forniscono cibo spirituale per i fedeli ortodossi, ma agiscono semplicemente come pillole per dormire. L'antidoto all'intellettualismo è l'esperienza vivente dei santi, specialmente nella Chiesa russa, le gesta dei Nuovi Martiri e Confessori che hanno preferito il regno di Dio 'meta-razionale' alla repubblica dell'uomo caduto, razionalista e irrazionale.

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