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  Da dove viene il blocco nel Sinodo panortodosso?

teologie.net

14 giugno 2016

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Com'è naturale, tutto il mondo ortodosso è ora in attesa di un risultato finale in connessione con il Sinodo pan-ortodosso, che si terrà a Creta dal 16/18 al 27 giugno. Già quattro Chiese autocefale (i patriarcati di Antiochia, Mosca, Bulgaria e Georgia, mentre la Chiesa serba non si è ancora decisa) hanno annunciato che parteciperanno al Sinodo. E non dimenticate che queste cinque chiese costituiscono circa il 80-85% dei cristiani ortodossi di tutto il mondo. Oltre alla Chiesa ortodossa romena (circa 18 milioni di ortodossi) e a quella ellenica (circa 10 milioni di ortodossi) le rimanenti Chiese disposte a partecipare sono molto piccole. Ma il problema che voglio mettere in discussione è un altro...

Tutti conosciamo gli argomenti discussi e sappiamo che la maggior parte dei problemi viene dal regolamento per l'organizzazione del Concilio e dal documento sui rapporti della Chiesa ortodossa con il resto del mondo cristiano (cioè cattolici, protestanti, non calcedoniani etc.). Dobbiamo essere onesti e ammettere che su questi documenti non è c'è mai stato un consenso pan-ortodosso, e che si è cercato di mettere a tacere questo solo per forzare la convocazione del Sinodo, credendo in questo modo di riuscire a costringere il consenso (con il cedimento di qualcuno). Questo non è riuscito, e la ragione principale, a mio parere, è esattamente nel regolamento. Questo cerca di costringere attori a un equilibrio, ma senza risolvere i problemi essenziali legati alla sinodalità. Allo stesso tempo, a un tale Concilio si dovrebbero invitare tutti i vescovi ortodossi canonici (anche se è chiaro che non tutti saranno in grado di venire) e ciascuno dovrebbe disporre di un voto. Cercare di fare del Sinodo un evento controllabile e prevedibile lo ha fatto morire prima della nascita. Un Sinodo pan-ortodosso deve essere una piattaforma per il dibattito, la conoscenza reciproca, la spontaneità e l'originalità, non una posa per un selfie. Per raggiungere questo obiettivo, dobbiamo rivedere i limiti e l'applicabilità del "consenso unanime", che devono rimanere validi solo per i giudizi dogmatici, ma che in nessun modo è applicabile quando si parla di canoni e giurisdizioni in cui il consenso unanime non conduce ad altro che a un punto morto.

Forse nessuno immaginava che tutto sarebbe diventato così complicato, ma l'esperienza degli ultimi anni di preparazione ci costringe a rivedere l'intero concetto del Santo e Grande Sinodo pan-ortodosso. Anche se sembra vergognoso e incredibile, penso che un eventuale Sinodo dovrebbe essere tenuto in tre diverse sessioni, a partire dalla discussione su un problema che non è mai esistito all'ordine del giorno, vale a dire "le relazioni inter-ortodosse; concetto di sinodalità, uguaglianza e primato". Senza una soluzione di questo problema, non è possibile risolvere altro. Quindi la mia visione delle fasi sinodali è la seguente:

1. Nella prima sessione si discutano i seguenti argomenti: "relazioni inter-ortodosse; concetto di sinodalità, uguaglianza e primato" e "organizzazione e il riconoscimento di nuove Chiese autocefale (soprattutto nella diaspora)". I due documenti non siano votati per consenso unanime, perché questo non potrà mai essere raggiunto (e non dobbiamo illuderci che lo possa essere), ma a maggioranza semplice (50% + 1), espressi da singoli vescovi (indipendentemente dal voto del proprio patriarca votazione proprio), e le decisioni siano vincolanti per tutti.

Qui slavi e romeni avranno l'occasione per annunciare ai greci che Bisanzio è caduta (perché sembra che non se ne siano ancora accorti, come ha detto in modo memorabile A. Schmemann), e l'organizzazione e il funzionamento della conciliarità pan-ortodossa potranno essere riesaminati alla luce di elementi più realistici e flessibili, senza violare l'essenza dell'ecclesiologia ortodossa.

2. Alla seconda sessione del Sinodo, che sarà organizzata dopo 6-12 mesi (ammetto che suona troppo ottimista!), a cui parteciperanno non già 14, ma forse 18-20 Chiese autocefale, si discutano tutte le questioni canoniche e liturgiche che creano aggi problemi alla Chiesa ortodossa oggi. Già qui le decisioni andrebbero prese a maggioranza assoluta (2/3) e anche essere obbligatorie per tutti.

3. Solo alla terza sessione si può discutere dei rapporti degli ortodossi con gli altri cristiani e le altre religioni. E in questo caso, credo che tutti gli ortodossi debbano raggiungere una posizione comune, vale a dire che qualsiasi decisione sia presa per consenso unanime. Ma discutere solo della nostra relazione con gli altri senza avere alcun rapporto tra noi e senza risolvere ciò che prima di tutto affligge noi (e, tra l'altro, magari non è neanche chiaro chi sia questo "noi"?), mi sembra assurdo e senza senso. Credo che sia qui che ci si è sbagliati di più...

In conclusione, dico che in parte ha ragione chi vuole tenere il Sinodo e in parte coloro che non lo vogliono. Naturalmente, il Sinodo si svolge al fine di risolvere i problemi e non solo per mostrare una falsa unità. Ma in assenza di qualsiasi base canonica per risolvere i problemi inter-ortodossi, il Qatar resta una questione bilaterale tra Antiochia e Gerusalemme, Estonia e Ucraina rimangono una questione bilaterale tra Mosca e Costantinopoli, la metropolia di Bessarabia resta una questione bilaterale tra Mosca e Bucarest, e il Timok tra Bucarest e Belgrado. Non c'è (o non è destinato ad esserci) un qualsiasi meccanismo che possa decidere a votazione pan-ortodossa questi problemi, andando oltre gli interessi ristretti dell'uno o l'altro. Mosca potrà mai dare l'autocefalia all'Ucraina o Belgrado alla Macedonia? E se la vorranno dare, queste autocefalie saranno riconosciute da Costantinopoli (anche se non è scritto da nessuna parte che un tale riconoscimento sia richiesto)? O come potrà mai Costantinopoli riconoscere l'autocefalia della Chiesa americana (OCA), dal momento che le uniche diocesi vive (cioè che danno reddito al Fanar) che ha sono proprio quelle negli Stati Uniti? Dunque, perché aspettare? Non possiamo aspettarci nulla!

Abbiamo bisogno di persone spirituali e pragmatiche. Senza persone spirituali, le decisioni dogmatiche saranno sospettate di eresia, e le decisioni liturgiche e canoniche non avranno alcuna autorità di fronte ai sacerdoti e al popolo. Ora non abbiamo più un re con un esercito, che imponga dogmi e canoni che alcuni sono riusciti a convincere che siano veri. Abbiamo un'altra situazione che richiede un approccio diverso, e senza il coinvolgimento delle persone spirituali, ogni cambiamento, per buono che sia, non sarà accettato. Nel 1923, in un contesto simile a quello che avremo a Creta tra pochi giorni, alcune persone con una reputazione spirituale molto discutibile hanno deciso di cambiare il calendario, e nel 1924 questo è stato imposto in Romania. Se in Romania non ci fosse stato un re con una gendarmeria, nessuno avrebbe ricevuto il nuovo calendario, anche se questo non fosse stato sbagliato in sé. Per questo è sufficiente leggere le lettere di Nae Ionescu o la stampa degli anni '30, in particolare dalla Bessarabia. Dopo il 1944, con l'avvento del comunismo, un uomo, padre Cleopa di Sihăstria, è riuscito a convincere il popolo della "verità del nuovo calendario" in un modo in cui non era riuscito il re con tutto il suo esercito. E questo non perché il mondo capisse molto sul calendario, ma perché padre Cleopa rappresentava un'autorità spirituale!

Ovviamente, oltre alla vita spirituale, i vescovi devono essere persone pragmatiche e coraggiose per superare i luoghi comuni e i bizantinismi amorfi. Oggi non abbiamo più un re per organizzare e legittimare un Sinodo e il tentativo del patriarca turco di prendere il posto del re è tanto comico quanto inefficiente. Che lo vogliamo ammettere o no, al momento abbiamo bisogno di un meccanismo moderno per cambiare alcuni dei principi fondamentali, perché viviamo troppo nel passato. Organizziamo sinodi e parliamo di primato come se non sapessimo che da 1.300 anni tre patriarcati (Alessandria, Antiochia e Gerusalemme) sono rimasti solo sulla carta, e da circa 600 anni, il patriarcato della capitale dell'impero (che continua a ritenersi il primo, anche se non c'è più alcun impero o alcuna capitale), è rimasto anch'esso senza credenti e solo con vescovi onorari. Al momento, Antiochia e Costantinopoli si basano sulla diaspora (che dovrebbe diventare autocefala), Gerusalemme su pellegrini russi e romeni e Alessandria sulla missione in Africa centrale, sponsorizzata dai greci. Ma nei loro antichi territori, purtroppo, tutti questi quattro patriarcati sono quasi morti. Come si riflette questa situazione nei nostri canoni? Neppure un poco...

Ecco perché in questo momento è meglio non avere alcun tipo di sinodo, fino a che non venga un'altra generazione di persone che pensano alle questioni della Chiesa non solo attraverso la lente del passato (che è artificialmente associato alla Tradizione della Chiesa), ma anche attraverso la lente dell'effettiva funzionalità del presente e del futuro.

PS. Si dice che a un vescovo anglicano passato al cattolicesimo romano sia stato chiesto perché non aveva scelto l'Ortodossia. E lui ha risposto: "Può essere che gli ortodossi abbiano ragione, ma da lungo tempo da loro non succede più nulla..."!

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