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  Il "mito" dell'unità: una risposta a un intervento del 2009 al St Vladimir's Seminary

di George Michalopulos

Orthodoxy Today - Monomakhos

8 giugno 2010

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SOMMARIO: Il 18-20 giugno 2009, si è tenuto presso il St Vladimir's Seminary (Crestwood) un simposio intitolato Il Concilio e il Tomos: pietre miliari del XX secolo verso una Chiesa del XXI secolo. Uno dei relatori, Matthew Namee, ha presentato una versione ampliata di una relazione tenuta l'anno precedente presso la Società Teologica Ortodossa in America. Il suo intevento era intitolato "Il mito dell'unità e le origini del pluralismo giurisdizionale in Nord America". Namee ha ampliato una tesi precedente per sostenere che la storia della missione russa, e l'implicita unità da questa promossa nei primi anni della presenza ortodossa in America, era in gran parte mitica. Piuttosto, si tratta di una storia di rivalità giurisdizionale e di divisione da cui possiamo trarre poca o nessuna guida per la nostra situazione presente o per il futuro. Namee ha implicitamente lanciato una sfida: qual è la narrazione storica che descrive correttamente la presenza dell'Ortodossia in America? È il racconto della missione russa che prescrive una Chiesa guidata dall'imperativo missionario ortodosso? O è il racconto della protezione etnica che ha poco interesse a confrontarsi con la società e la cultura americana? La risoluzione di questo problema avrà un impatto sul futuro dell'Ortodossia in America. L'Ortodossia americana diventerà una chiesa locale nella tradizione canonica dell'Ortodossia di mentalità missionaria, o rimarrà divisa da interessi etnici, un'entità essenzialmente balcanizzata soggetta a leadership interessi politici dall'estero? Quella che segue è la mia risposta.

I. Introduzione: il "mito della creazione" dell'Ortodossia americana

Recentemente, è stata fatta una penetrante analisi sulle origini dell'Ortodossia American al St Vladimir's Seminary a Crestwood, New York. È stata presentata da una rispettabile autorità nel campo della storia ortodossa americana, Matthew Namee, un ricercatore della Società per la storia cristiana ortodossa in America (SOCHA). La tesi di Namee è che non c'è mai stata una "età dell'oro" di unità amministrativa e, quindi, le pretese primaziali della Chiesa Ortodossa in America (OCA) – che è la discendente diretta dell'originale diocesi missionaria russa – non sono valide. Pertanto, le varie giurisdizioni etniche non sono tenute in alcun modo a sottomettersi alle pretese della Chiesa Ortodossa in America. La conclusione finale di Namee è che, nonostante l'attuale disunità amministrativa, siamo in realtà più uniti di quanto lo siamo mai stati. A suo grande merito, Namee dichiara che, nonostante questa nuova comprensione delle origini dell'Ortodossia americana, è sempre stato un "appassionato sostenitore" dell'unità amministrativa e continua a rimanerlo anche oggi.

A sostegno di questa sua analisi, minimizza l'importanza del 1917. Com'è noto, questa è la data considerata da molti come la fine dell'unità ortodossa in America. In quell'anno i bolscevichi riuscirono a rovesciare la dinastia dei Romanov, ponendo così fine alle sovvenzioni della Chiesa ortodossa russa alla sua diocesi in America del Nord. Invece, ci viene detto che le prime parrocchie greche negli Stati Uniti erano già "indipendenti" e che per quanto riguarda le altre parrocchie etniche, "crepe e fissure" erano apparse già prima della rottura finale nel 1917. Pertanto, offre il 1908 come un anno di svolta, dal momento che è stato l'anno in cui il Patriarcato Ecumenico (sotto costrizione dei suoi padroni ottomani) trasferì le sue parrocchie negli Stati Uniti alla Chiesa di Grecia, unendo così apparentemente i greco-americani in una nuova giurisdizione etnica indipendente. (Come vedremo, questo atto è stato decisamente ignorato da una maggioranza significativa delle parrocchie greche negli Stati Uniti). Alcune domande rimangono senza risposta in questa nuova narrativa. È intenzione di questo saggio porre queste domande ed esaminare queste affermazioni nel modo più critico e imparziale possibile.

Il primato della missione russa

La ricerca di Namee è diligente; i fatti elencati sono impressionanti. Di fatto, ho usato molte di queste stesse fonti per il mio libro, The American Orthodox Church: A History of Its Beginnings. È probabile che non ci sia uno storico dell'Ortodossia americana più competente di Namee (come indicato da padre John Erickson, che lo ha presentato alla conferenza). Certo, le sue fonti sono più voluminose di quelle a cui il mio coautore e io abbiamo avuto accesso. La contesa quindi non è con i fatti, ma con l'interpretazione di questi fatti. Cosa ancor più preoccupante, la sua analisi rivela  l'apparente disinteresse verso le ramificazioni ecclesiologiche del caos canonico (per quanto spesso intenzionale) tra le giurisdizioni rivali che ne spuntarono fuori. È mia opinione che la tesi originale, vale a dire, il primato della missione russa e della sua unità amministrativa interna, abbia ancora valore. Inoltre, tale primato era canonico in tutti i suoi particolari, cosa che non si può dire delle giurisdizioni etniche incipienti. Quindi la domanda è: queste parrocchie etniche erano al di fuori delle norme ecclesiastiche? Mi sforzerò di esaminare soltanto le prove fornite da Namee, al fine di tentare una risposta.

A rischio di strafare, possiamo affermare categoricamente che già c'era una Chiesa locale con sede in Nord America e che la sua unità interna e il suo rispetto delle norme canoniche erano fuori discussione. Questo è stato riconosciuto non solo dai patriarcati ortodossi stabiliti, ma pure dalle autorità secolari in America. Come sarà dimostrato in questa risposta, la diocesi missionaria russa (di seguito denominata missione russa) funzionava come una diocesi coerente, riconosciuta in tutto il mondo come una parte integrante della Chiesa ortodossa russa, i cui vescovi erano pienamente integrati nella vita di quella Chiesa e che dipendeva da essa per il sostegno materiale. Tale sostegno includeva gli stipendi per i sacerdoti, i fondi per le proprietà e la costruzione di chiese e le donazioni di oggetti liturgici. Va notato a questo punto che in netto contrasto con la Chiesa ortodossa russa, nessun altro patriarcato ortodosso estero forniva alcun mezzo di supporto ai propri emigranti o assisteva finanziariamente eventuali sacerdoti immigrati giunti nel Nuovo Mondo. Invece, molti di questi stessi immigrati ricevevano il sostegno della missione russa.

Chiesa ortodossa russa a Sitka, Alaska – 1895

Le origini della Diocesi ortodossa greco-cattolica russa di America (il nome ufficiale di questa diocesi), possono essere ricondotte al 1794, a Sitka, in Alaska, quando otto monaci russi del monastero di Valaam stabilirono la missione originaria. Tra questi uomini vi erano futuri santi come Juvenalij e Herman. Il suo scopo era di evangelizzare gli indigeni e non solo di prendersi cura delle necessità pastorali dei coloni russi. Infatti, con grande rischio personale, i monaci spesso ignoravano i dettami dell'amministrazione coloniale russa e conducevano battesimi di massa di interi villaggi indigeni, atto che ha conferiva su di loro un certo grado di protezione politica, soprattutto dai saccheggi dell'amministrazione coloniale russa. Dagli sforzi di questa missione originale, sono sorti nativi come Pietro l'Aleuta e Jakov Netsvetov, più tardi glorificati come santi. Ancor più impoertante, tutti i suoi vescovi stanno in una linea diretta di successione da sant'Innokentij (che più tardi divenne metropolita di Mosca). Inoltre, la sua integrità amministrativa era reale e il suo primato era riconosciuto da tutti, compresi molti dei gruppi etnici non russi che stabilirono le proprie parrocchie al di fuori della sua giurisdizione. Era la Chiesa locale stabilita.

A dire il vero, circa un centinaio di anni più tardi, iniziato a essere presenti immigrati provenienti da paesi tradizionalmente ortodossi. Si udirono voci indipendenti almeno in certe aree. Anche alla luce dell'effettiva indipendenza di alcune parrocchie dalla diocesi missionaria russa, la situazione era tutt'altro che statica, dato che alcune di queste parrocchie trasferirono la loro fedeltà alla missione russa in tempi diversi e per vari motivi. È interessante notare che non una sola volta una parrocchia della missione russa ha trasferito la sua fedeltà a una delle giurisdizioni più recenti. Come notato, furono accettati oggetti liturgici anche da alcune di quelle parrocchie che rimasero indipendenti dalla missione russa. Sia come sia, il numero di queste parrocchie indipendenti era piccolo in confronto alla dimensione complessiva della diocesi missionaria russa. Infatti, al momento della creazione dei primi esarcati etnico negli anni '20, la diocesi missionaria russa conteneva più di tre quarti di tutte le parrocchie ortodosse in Nord America. Pertanto, io sostengo che in quasi tutti i particolari, l'argomento di una iper-indipendenza normativa (in mancanza di una frase migliore) della missione russa è discutibile. Che in tempi diversi sia scoppiato uno scisma dalla missione russa, è fuori questione, come pure il fatto molte parrocchie siano state istituite al di fuori della sua giurisdizione; invece le domande che ci si dovrebbe porre è se tali azioni (1) siano state canoniche, e (2) se siano state diffuse. La mia tesi è che tali azioni non siano state canoniche, e neppure, nel grande schema delle cose, così tanto diffuse.

II. Una questione di interpretazione

Unità contro disunione

Cominciamo, dunque. In primo luogo, Namee sostiene che "i cristiani ortodossi in America oggi sono in gran parte uniti." La parola chiave qui è "in gran parte". A seconda di dove si vive, si può altrettanto facilmente affermare che siamo "in gran parte divisi." Per esempio nel 2007 il metropolita greco di Boston ha emesso un divieto per i membri del suo clero, impedendo loro di associarsi e concelebrare con i membri della OCA – un divieto che è ancora in vigore. Il metropolita Philip Saliba dell'Arcidiocesi ortodossa antiochena d'America (AOA), da parte, sua ha vietato al suo clero di concelebrare con i sacerdoti del "vicariato" palestinese appena creato sotto l'arcidiocesi greco-ortodossa d'America (GOA). Recentemente, il segretario generale del Santo Sinodo a Istanbul ha tenuto un graffiante discorso alla Holy Cross Greek Orthodox School of Theology, in cui ha castigato due dei primati di altre giurisdizioni e addirittura calunniato la OCA come "a mala pena canonica". Ha poi continuato lamentandosi dello stato dell'Ortodossia in America, della vita parrocchiale in generale, e dei monasteri athoniti recentemente impiantati qui, tra le altre cose. L'affermazione più sorprendente del segretario, tuttavia, è stata che il Patriarcato ecumenico aveva giurisdizione universale e, quindi, il Nord America dovrebbe essere sottomesso a un metropolita di sua scelta. Anche se il suo discorso è stato male ricevuto a Holy Cross, la facoltà di quella scuola ha recentemente pubblicato una dichiarazione sulle prerogative del Patriarcato ecumenico e sulle sue pretese di dominio extra-territoriale basate su una lettura discutibile del Canone 28 di Calcedonia. In altre parole, la facoltà in sostanza ha condiviso le linee generali del discorso originale anche se in modo più sobrio e riflessivo. È interessante notare che questa dichiarazione non era firmata.

Altri esempi di disunione e di sentimenti nocivi abbondano. In un numero di The Orthodox Observer, padre Mark Arey ha dichiarato che la GOA è "la [sola] giurisdizione canonica in America". Ironicamente, Arey è il segretario generale del Consiglio permanente dei vescovi canonici ortodossi in America (SCOBA). Anche la cavillosità non è esclusa: al fine di aumentare il numero di eparchie costantinopolitane in Nord America, è stato creato uno speciale esarcato albanese composto da due parrocchie (la diocesi albanese della OCA invece ha 14 parrocchie). Per buona misura, la Chiesa ortodossa georgiana recentemente annunciato la creazione di una metropolia per la sua singola parrocchia a Brooklyn. Recentemente, durante una visita ufficiale negli Stati Uniti, il Patriarca ecumenico ha distorto le origini degli esordi dell'Ortodossia in Nord America quando ha completamente ignorato l'intera esperienza missionaria russa. Invece, ha lodato la piantagione di New Smyrna come la fons et origo dell'Ortodossia in America del Nord, anche se la stragrande maggioranza della sua popolazione non era cristiana ortodossa, il suo unico sacerdote era cattolico romano, e non ne è risultata alcuna missione ortodossa. In ogni caso, la piantagione si estinse e i suoi abitanti furono incorporati nella maggioranza della popolazione, senza lasciare alle spalle tracce d'ellenismo dietro. Tutti gli episodi di rivalità intra-ortodossa sopra descritti hanno avuto luogo negli ultimi anni. Niente di tutto questo potrebbe suggerire all'osservatore casuale che in America la Chiesa ortodossa è "in gran parte unita". Di fatto, straniamento non sarebbe una parola troppo forte.

Come esempi di cooperazione inter-ortodossa, ci viene detto da Namee che "…le varie chiese ortodosse si sono unite assieme per formare scuole elementari, case di cura e mense per poveri". Una ricerca su Google per trovare esempi di tali sforzi al momento non ha ancora prodotto alcun risultato. Anche se a mio avviso sarebbero i benvenuti, il fatto della loro scarsità apparente dovrebbe portarci ad adottare un atteggiamento più umile per quanto riguarda la cooperazione pan-ortodossa locale, soprattutto in campo filantropico. A dire il vero, IOCC e OCMC fanno un'opera davvero ammirevole e lodevole, soprattutto in ambito internazionale. Tuttavia, questi sono esempi di ministeri nazionali promossi dalla SCOBA, non singole parrocchie situate nella stessa città, in cooperazione tra di loro e che mettono in comune le proprie risorse parrocchiali. Per quanto riguarda le opere di beneficenza in patria, la recentemente creata Fellowship of Orthodox Christians United to Serve (FOCUS) sta ricevendo meno di un pieno sostegno da parte della SCOBA, molto probabilmente a causa di rivalità inter-giurisdizionale.

Il mito dell'unità

Namee non ha timore di precettare membri di alto rango della propria giurisdizione (antiochena) per propagare questo presunto "mito" dell'unità. Detto questo, il cardine stesso di questa tesi va a pezzi quando afferma che "...fin dai suoi primi giorni in America, l'Ortodossia è stata caratterizzata da separazione etnica ". Cerchiamo per un momento di ignorare se questo è desiderabile o canonico. Questo argomento poggia in toto su questa frase: "fin dai suoi primi giorni". Ma cosa si intende per "primi giorni"? Qualsiasi valutazione oggettiva della Chiesa nord-americana avrebbe dovuto cominciare dalla nascita effettiva dell'Ortodossia in America del Nord, cioè nel 1794. Purtroppo il primo secolo di Ortodossia americana è quasi completamente trascurato senza commenti. L'esperienza in Alaska è decisamente ignorata e/o emarginata. Il martirio del primo nativo americano (Pietro l'Aleuta) – non da meno, in California (!) – non è affatto menzionato. Alla storica e massiccia attenzione verso i carpato-russi, galiziani, e ucraini (gli "uniati") è data notevolmente poca attenzione. Né alle parrocchie di immigrati non russi di varie etnie, fondate o sostenute dalla missione russa, è data molta considerazione. La fondazione di parrocchie e istituzioni diocesane per immigrati russi è trattata allo stesso modo con commenti minimali.

Nel leggere l'intervento di questo autore, si ha l'impressione che siano state fondate solo parrocchie greche indipendenti negli Stati Uniti. Purtroppo non ci viene detto che per la maggior parte queste parrocchie indipendenti erano state originariamente fondate come circoli sociali etnici, come affermato da una fonte non meno autorevole del metropolita Isaiah Chronopoulos di Denver, un vescovo dell'arcidiocesi greco-ortodossa. Altre – come la comunità greca di Galveston, Texas – sono state fondate come scismi da parrocchie già stabilite della missione russa (nel caso di Galveston, una parrocchia serba). Il fatto che la maggior parte delle parrocchie greche si sia formata a causa di sfacciati atti di scisma e di altre irregolarità canoniche passa in gran parte senza commenti. Si potrebbe essere perdonati per aver lasciato l'impressione che tali atti sfortunati fossero canonicamente irrilevanti. Invece, siamo confortati dal fatto che il santo crisma era ricevuto sia dalla Chiesa di Grecia sia dal Patriarcato ecumenico. Una cosa che è lasciata non detta è se tali sviste di nonchalance sono ecclesiologicamente normali o perfino se sono canonicamente valide.

Purtroppo, Namee si contraddice ed equivoca su alcuni punti importanti. L'autore scrive che "...l'unità può avere una varietà di significati". Come far quadrare la sua affermazione che "tutte le chiese ortodosse sono unite nella dottrina e nei sacramenti," alla luce di altre sue osservazioni in cui ci viene detto che "...la disciplina per quanto riguarda il matrimonio, l'ordinazione, e la ricezione dei convertiti può differire e spesso differisce"? Inoltre, è una forzatura dire che tutte le giurisdizioni si attengono agli stesse "insegnamenti morali". La GOA per esempio ha lodato due senatori di estrazione greco-ortodossa che hanno sostenuto il veto del presidente Clinton al divieto approvato dal Congresso  dell'aborto con nascita parziale: una pratica così spaventosa che al momento solo due medici in America la eseguono. In effetti, il silenzio di molte giurisdizioni in questa materia non è niente di meno che scandaloso. Allo stesso modo, la questione dell'appartenenza alla massoneria per i cristiani ortodossi è ben lungi dall'essere risolta su tutto lo spettro dell'Ortodossia americana. In alcune parrocchie antiochene del Midwest, è stato attendibilmente riferito che i parenti musulmani di cristiani ortodossi fanno regolarmente la comunione e fanno anche parte di consigli parrocchiali. Senza dubbio ci sono altri esempi di variazioni di standard morali, ognuno dei quali mette in discussione la contesa che "tutte le giurisdizioni" condividono gli stessi "insegnamenti morali".

Per quanto riguarda l'inglese come "lingua franca" delle liturgie ortodosse, un attento esame indicherebbe che tale dichiarazione non è necessariamente confermata dai fatti presentati. Lo studio citato indica che, su oltre 2.100 parrocchie negli Stati Uniti, solo 345 sono state incluse nel campionati e di queste, il 74 per cento ha dichiarato che l'inglese era la loro "lingua liturgica primaria". Per esperienza personale, posso affermare con sicurezza che per quanto riguarda questo problema da solo, la gamma di risposte all'interno di una singola parrocchia può variare notevolmente. Il motivo di questa varietà è il fatto che per molti la lingua liturgica è una questione volatile, che ha a che fare con l'auto-identità di un singolo parrocchiano come un membro di un gruppo etnico – che per molti è la conditio sine qua non dell'identità ortodossa. Pertanto, anche se l'universo di risposte fosse più in linea con il numero effettivo di chiese, sarei ancora reticente nel fare affermazioni categoriche riguardo alla lingua "primaria" di fatto in uso nella maggior parte delle chiese ortodosse americane.

III. Il "mito della creazione" – le sue origini e i fatti

Da dove è venuto allora il "mito della creazione"? L'autore cita The Orthodox Church di Timothy Ware e Orthodox America, 1794-1976: Development of the Orthodox Church in America di Alexander Schmemann. Come colpevoli che hanno rotto questa unità (secondo questo racconto), Namee identifica i soliti sospetti, i bolscevichi e l'arcivescovo Melezio Metaxakis (in seguito divenuto il patriarca Melezio IV di Costantinopoli). La domanda che rimane senza risposta è dove Ware e Schmemann avrebbero acquisito questa narrativa, che si può descrivere come una storia di unità seguita dalla rottura? Dopo tutto, né Ware nè Schmemann se la sono inventata di sana pianta. Una risposta parziale può essere trovata proprio nella biografia dell'autore, in cui scrive che "è cresciuto credendo a [quello che adesso definisce] il 'mito dell'unità'." In altre parole, era una convinzione corrente negli ambienti ortodossi di tutto il Nord America. (Questo fatto lo posso attestare in base alla mia esperienza personale). È stato solo con la propria ricerca che è venuto alla conclusione che non è mai stato così, un "fatto" che gli ha causato "una non piccola misura di delusione".

Il contro-mito

Come poi si è arrivati ​​a questo punto, di credere in due narrative diametralmente opposte? La mia tesi è che, nonostante le migliori intenzioni scientifiche, ciò che viene qui proposto è un contro-mito, forse involontario; ma comunque un contro-mito dalle conseguenze disastrose per il futuro dell'Ortodossia in America. Come già detto, questa nuova narrativa si basa su una diversa interpretazione degli stessi fatti e su  deplorevole ignoranza di altri fatti. Uno degli elementi di questo contro-mito è la presente pretesa di Costantinopoli alla proteia o primato che per diritto appartiene presumibilmente alla sola GOA, dal momento che è la principale eparchia del Patriarcato ecumenico in Nord America. Anche se l'autore non propaga questa sorprendente pretesa, né le da alcun credito nella sua analisi, essa ha attualmente i suoi sostenitori ed è strettamente intrecciata con gli argomenti di coloro che condannano il "mito della creazione" per giustificare le loro rivendicazioni.

Uno di questi critici è il già citato Arey, che afferma arditamente che "il mito di una Chiesa ortodossa unificata nell'emisfero occidentale prima della Rivoluzione bolscevica del 1917 ha bisogno di essere smascherato dalla seria ricerca storica e fattuale". A suo merito, Namee è uno studioso onesto; la sua meticolosa ricerca lo ha portato alla conclusione che ora sostiene, indipendente da qualsiasi preconcetto. Arey d'altro canto ritiene che la questione sia risolta perché il "mito" dell'unità sarà "smascherato" una volta che sarà condotta una "seria ricerca storica e fattuale" (in contrasto con una seria ricerca "non fattuale"?). In altre parole, Arey e i suoi partigiani nella GOA hanno già deciso il risultato, ora tutto ciò che è necessario è che la ricerca giustifichi la linea ufficiale del partito. Si può ragionevolmente supporre che la ragione per cui i funzionari della GOA sostengono questo argomento è che è solo in questo modo che le pretese primaziali della OCA possono essere sconfessate.

Punti deboli del contro-mito

Lasciando da parte per il momento le nuove pretese della supremazia costantinopolitana e la logica sciatta dei suoi aderenti, l'affermazione di disunità amministrativa è stata ripresa da altri critici onesti. Ma come si vedrà più volte, può essere sostenuta solo ignorando completamente il primo secolo della storia della diocesi missionaria russa. Infatti, tale ignoranza intenzionale è necessaria per alcuni partigiani moderni di Costantinopoli altrimenti le loro rivendicazioni alla giurisdizione in America non possono fare alcun progresso. È solo andando al cuore della questione, vale a dire la concessione dell'autocefalia alla Metropolia fatta dal patriarca Alessio I nel 1970 e il tentativo di delegittimarla, che tali grandiose pretese sul Nord America possono anche solo essere sostenute. Anche se questo non è probabilmente l'intento di Namee, i suoi argomenti involontariamente offrono aiuto e conforto alla presente posizione suprematista costantinopolitana. Più precisamente, tale virata legittima l'attuale anarchia giurisdizionale con l'annesso caos ecclesiologico. Indipendentemente da ciò, il contro-mito non riesce a convincere.

Riflettiamo: si sa che entrambi i patriarchi, Alessio I e il suo successore Pimen, hanno difeso questo gesto di fronte al patriarca Atenagora di Costantinopoli. Le loro parole su questo argomento, che l'autorità del patriarcato di Mosca il Nord America era stata "riconosciuta da tutte le Chiese locali, tra le quali la santa Chiesa di Costantinopoli..." sono state lasciate incontrastate. La zoppa risposta di Atenagora – che "la presenza iniziale russa in Alaska e sulla costa occidentale degli Stati Uniti non ha concesso alla Chiesa russa giurisdizione su tutta l'America" ​​– passa anch'essa senza alcun commento.

Due cose sono immediatamente evidenti dalla dichiarazione di cui sopra: (1) Atenagora ha riconosciuto la precedenza della missione russa sul suolo americano, ma ha cercato di minimizzarla, limitandola alla "costa occidentale" (cosa che, naturalmente, non è del tutto vera), e (2) Atenagora non ha offerto alcun argomento contrario all'affermazione di Alessio che la pretesa russa in Nord America era stata riconosciuta da "tutte le Chiese locali, tra cui ... Costantinopoli". (Cosa voleva dimostrare Atenagora? Che la Russia aveva giurisdizione sulla corona del Pacifico?) È abbastanza interessante notare che Atenagora non ha fatto menzione del Canone 28, che presumibilmente concederebbe solo a Costantinopoli il diritto di evangelizzare e stabilire chiese al di fuori dei confini delle chiese locali già affermate. A rischio di digressione, è infatti sempre più evidente che le attuali rivendicazioni del Fanar per quanto riguarda questi temi sono un'evoluzione. Infatti, questa nuova affermazione, vale a dire, la supremazia costantinopolitana, è basata su una nuova interpretazione del Canone 28, senza precedenti canonici o storici. In realtà, è solo vedendo la storia a posteriori e con un ordine del giorno già in atto che una simile affermazione può essere proposta in primo luogo.

È interessante notare che sia Alessio sia Pimen hanno mantenuto la stessa posizione per quanto riguarda la Chiesa americana. Si potrebbe certamente obiettare che la loro difesa era interessata. D'altra parte, s potrebbe obiettare in modo ancora più forte che entrambi i patriarchi credevano che una chiesa autocefala madre ha il diritto di concedere l'autonomia e addirittura l'autocefalia alle proprie diocesi se la situazione politica lo richiede – così infatti nacque la ROCOR (in un certo modo).

Sia quel che sia, questa era anche la posizione della Chiesa primitiva, che ha visto la proliferazione di nuove diocesi e province autocefale (come è implicito nel Canone Apostolico 34) nei primi cinquecento anni dell'era cristiana. Che cosa dovrebbe dare al contro-argomento di Atenagora un maggior peso? Dire che la legittimità della Russia si estendeva solo fino a San Francisco (se mai vi si estendeva)? Non si può dire che anche la sua posizione in questo senso era interessata? E dal momento che proseguiamo su questo tema, quale canone dà solo a Costantinopoli il diritto di concedere l'autocefalia a chiese che non sono nel suo patriarcato? Per stare più in argomento e a proposito della presente tesi propagata da alcuni professori a Holy Cross, quale canone dà solo a Costantinopoli il diritto di predicare ed evangelizzare un territorio al di fuori dei confini di chiese locali già affermate, ovvero una giurisdizione universale? Una posizione che in realtà è in diretta violazione del Concilio di Cartagine (410 d.C.)?

IV. Il caos canonico è ecclesiale?

Per sostenere che l'anarchia canonica esistita dal 1908 non era di alcuna conseguenza, l'autore Namee chiama un critico dall'interno della GOA, padre Thomas FitzGerald (attualmente decano a Holy Cross). Anche con FitzGerald, diventa chiaro che l'obiezione al cosiddetto mito della creazione non è così forte come siamo portati a credere. Per esempio, FitzGerald, afferma che la "stragrande maggioranza delle parrocchie greche è stata organizzata senza alcun contatto con i vescovi russi in America". Questo è vero. Ma è anche una citazione selettiva, strappata da un contesto molto meno simpatico. Anche le sue semplici parole non possono essere utilizzate come un argomento contro il primato della missione russa, poiché FitzGerald accetta la realtà di "vescovi russi in America", e implicitamente accetta il fatto che almeno alcune parrocchie greche (in contrasto con la "grande maggioranza") rispettavano i protocolli corretti ed erano sotto la loro cura pastorale. Ancora più importante, FitzGerald non è cieco di cosa significasse questa indipendenza per il corretto ordine canonico allora (o anche oggi, se è per questo), una situazione che egli etichetta come niente di meno che una "grave anomalia". Secondo FitzGerald:

...La creazione di diocesi "etniche" e anche "politiche", piuttosto che diocesi territoriali, può aver risposto alle esigenze a breve termine degli immigrati. Tuttavia, sono stati sacrificati i requisiti ecclesiastici di ordine canonico, integrità e unità dell'episcopato in una data regione. Ciò ha comportato un'enfasi eccessiva su una politica di "congregazionalismo", che è estranea all'Ortodossia, e su un atteggiamento di filetismo, che hanno entrambi notevolmente diminuito la missione e il messaggio salutare della Chiesa ortodossa negli Stati Uniti, fino a tempi molto recenti.

L'emergere di diverse giurisdizioni

Porre la domanda se questa iper-indipendenza era ortodossa richiede di rispondere anche a questa domanda: l'anarchia e lo scisma (che ne sono l'inevitabile conseguenza) sono mai canonici? È proprio questo il problema. Certamente FitzGerald non è ignaro della perdita di "ordine canonico". Come egli stesso afferma, non solo il congregazionalismo mina il corretto rapporto spirituale tra i fedeli e i loro pastori, ma distorce la natura stessa dell'episcopato. Infatti, quasi tutti i modelli ecclesiali attualmente impiegati in Nord America non sono niente di meno che filetistici, vale a dire che sono ipso facto eretici. Anche l'attuale modello delle diocesi etniche della OCA – che sono in parallelo a quelle territoriali – è inferiore alla norma canonica. Questa è la conclusione logica dell'analisi di FitzGerald (anche lui stesso non la esplicita).

Ne deriva una domanda molto scomoda, che FitzGerald non solleva, ma che, tuttavia, ne consegue logicamente: i misteri delle molteplici giurisdizioni etniche – che egli definisce giustamente "una grave anomalia" – sono validi? Le attuali molteplici giurisdizioni etniche sono in scisma virtuale l'una dall'altra? In caso contrario, stiamo di fatto assistendo all'inizio di un nuovo scisma basato su diversi gradi di ortoprassi, che è il risultato inevitabile della nostra attuale mentalità da ghetto? Se di fatto un tempo esisteva l'unità, si potrebbe facilmente sostenere che è così. Anche se una grande unità globale non è mai esistita di fatto, le sue posteriori giurisdizioni parallele – molti delle quali create da un accenno di parrocchie etniche nate a causa di uno scisma dalla missione russa – potrebbero sopportare la macchia dell'irregolarità canonica? Altrimenti, perché mai i loro partigiani respingono decisamente o comunque ignorano il primo secolo dell'Ortodossia americana? Come si è notato prima, anche l'attuale Patriarca ecumenico si è sforzato di presentare un caso distorto e altamente fuorviante per quanto riguarda le origini dell'Ortodossia sul continente nordamericano. Pertanto, la domanda fondamentale è: perché dovrebbe essere così? Sembra che l'onere della prova spetti a coloro che sono contrari al primato della missione russa, altrimenti non ci sarebbe bisogno di fare affidamento su così estese lacune storiche.

La presenza di più giurisdizioni ridondanti e parallele in Nord America non è priva di enigmi canonici e liturgici. Come accennato, è difficile trovare un consenso ad ampio spettro su questioni morali. Le divergenze liturgiche sono anch'esse reali. Detto questo, è possibile che l'Ortodossia in America sia in procinto di subire un replay moderno dell'antico dell'eresia donatista, in cui coloro che si considerano "più" ortodossi avranno ben poco a che fare con coloro che essi ritengono "meno" ortodossi? Se arriveremo a questo scenario, quale corpo di ortodossi americani costituirà i donatisti, e quale gli ortodossi-cattolici? Ci sarà un nuovo sant'Agostino che forgerà una logica di riavvicinamento tra i due organismi ecclesiali estraniati? Anche se non arriveremo mai a questo, se continuiamo su questa strada, è ovvio che disunione e disarmonia continueranno a essere la norma. FitzGerald era caritatevole quando scrisse queste parole nel 1984. Nel frattempo, le divergenze – liturgiche e non – tra le giurisdizioni si sono solo intensificate. Contrariamente all'ottimismo di alcuni, è altrettanto probabile che si possa verificare una rottura in comunione se l'attuale divisione non viene risolta. Se non è inevitabile, è quanto meno prevedibile.

L'ignoranza dell'autorità canonica non può negare la realtà dell'autorità stessa, più o meno allo stesso modo in cui "l'ignoranza della legge non è una scusa" (come afferma il famoso adagio legale). È curioso infatti il ​​motivo per cui i critici del "mito della creazione" si sentiono di dover giustificare comportamenti deplorevoli per liberarsi dal "mito" del primato della missione russa. Indipendentemente dal fatto che l'unità dal 1892 in poi è stata sempre ignorata dagli immigrati più recenti, le parole di FitzGerald non possono essere messe al servizio di coloro che vogliono giustificare quest'anarchia come una cosa da poco. Né, se per questo, possono essere utilizzate da partigiani moderni che vogliono sottomettere le attuali molteplici giurisdizioni del Nord America a un'altra chiesa straniera. Anzi, è proprio il contrario. Le sue stesse parole su questo argomento sono molto esplicite: FitzGerald scrive che "l'Ortodossia negli Stati Uniti può essere vista correttamente solo come una Chiesa locale emergente composta principalmente da cittadini americani di una grande varietà di provenienze razziali, etniche e religiose"; poi continua affermando: "A tempo debito, con la guida dello Spirito Santo, le diverse giurisdizioni ortodosse... saranno unite in una Chiesa autocefala che sarà ufficialmente riconosciute come tale dal Patriarcato ecumenico e dalle altre Chiese ortodosse autocefale".

Questo saggio non si occupa delle attuali affermazioni iperboliche fatte dai moderni devoti del Canone 28. Per essere onesti, Namee non è uno di questi. (Di fatto, gli attuali protocolli della conferenza Chambesy del giugno e dicembre del 2009 hanno messo a tacere tutti i riferimenti al Canone 28, a cui non si è nemmeno fatto riferimento nel corso dei lavori.) Indipendentemente da ciò, è altrettanto chiaro che il contro-mito proposto da Namee e da altri facilita la propagazione di questa nuova posizione. Dopo tutto, molti patriarcati del Vecchio Mondo continuano a considerare gli ortodossi d'America come parte di una dispersione, sostenuta da legami di sangue con il Vecchio Mondo e non a causa di alcuno sforzo comune di evangelizzazione. La posizione di FitzGerald di fatto è l'esatto contrario. A procedere altrimenti, si dovrebbe al prossimo passo logico di questo argomento, ovvero che l'anarchia che ha regnato dal 1908 in alcune parrocchie indipendenti era normativa e di nessuna conseguenza carismatica. Lasciando da parte il problema della validità sacramentale, tale disinvoltura significa necessariamente che di fatto non vi è alcuna posizione ortodossa riguardo la formazione di parrocchie o diocesi; che tutti i nuovi arrivati sono i benvenuti e tutte le parrocchie e diocesi fondate nell'ambito di tali sistemi sono canoniche. Questo è un argomento totalmente assurdo, e gli ortodossi in America sono stati messi sull’avviso dal metropolita Isaiah Chronopoulos, che ha scritto che a causa della nostra mancanza di unità amministrativa, non vi è alcun modo legale per fermare la proliferazione delle giurisdizioni che si definiscono "ortodosse".

V. Il contesto storico

Due parrocchie antiche: Santa Trinità, New Orleans – 1864 e Santa Trinità, New York – 1892

Chiesa greco-ortodossa della Santa Trinità – 1866

Nel 1890, Namee afferma che esistevano solo due chiese ortodosse "negli Stati Uniti continentali". La descrive come "una cattedrale russa a San Francisco e una parrocchia della Santa Trinità a New Orleans". Curiosamente, l'origine etnica di quest'ultima chiesa non è menzionata. Ci sono forse diverse ragioni per questo, compreso il fatto che anche se era stata fondata nel 1864, la sua identità etnica è stata descritta per la prima volta solo nel censimento degli Stati Uniti del 1890, in cui ci viene detto che era "una parte della Chiesa di Grecia, in collegamento con il consolato di Grecia a New Orleans". Si noti che questa descrizione emerge ventidue anni dopo la fondazione. La sua "giurisdizione", pertanto, non è una questione risolta. A suo merito, Namee ricorda che secondo alcune fonti contemporanee, la chiesa era ritenuta da alcuni "sotto l'autorità della Chiesa di Russia". La sua concezione, in altre parole, era stata un po' meno che immacolata. In realtà, le sue origini sono più oscure rispetto a quanto indicato nelle dichiarazioni ufficiali della giurisdizione greca. Il suo primo prete fu un uomo di nome Agapius Honcharenko, presentato come "un ucraino itinerante di credenziali discutibili che era in visita a New York City nel 1865, quando fu contattato dalla parrocchia di New Orleans". Secondo Honcharenko stesso, "aveva una taglia sulla sua testa per il suo coinvolgimento in attività rivoluzionarie". In precedenti risposte a un altro critico, ho sottolineato molto il fatto che alcuni dei sacerdoti che vennero in America in modo indipendente della missione russa erano sotto "nebbie etiche o canoniche". Continuo a essere di questo parere. Cerchiamo di distillare l'essenza di questo argomento: il concetto di una parrocchia fondata in modo indipendente e di politica congregazionale, ha dato necessariamente origine al concetto scandaloso del sacerdote mercenario. Nessuno dei due fenomeni è canonico. Lascio al lettore decidere sulla validità dei sacramenti celebrati in tali condizioni.

Nella sua presentazione al St Vladimir's, si è posto l'accento sull'allontanamento di Honcharenko dalla Chiesa ortodossa russa, apparentemente per neutralizzare ulteriormente il "mito" dell'unità. Così facendo, però, è la canonicità della parrocchia che viene messa in discussione, non la validità della missione russa. Ancora una volta, si devono fare sforzi pressoché eroici per ignorare l'elefante nella stanza, rafforzando così involontariamente la tesi contraria. Pertanto incidenti come la fondazione caotica della parrocchia di New Orleans non possono (e non dovrebbero) essere un punto di orgoglio, e di fatto tali formazioni di parrocchie militano contro le pretese dei critici moderni della Diocesi missionaria russa e di altri propagandisti del modello giurisdizionale multiplo.

Questo fatto richiede un'ulteriore riflessione; infatti, la mente vacilla. Perché questa parrocchia presumibilmente "greca" si è rivolta a un ucraino tanto screditato come suo primo sacerdote (se davvero era un sacerdote)? Se questa era una parrocchia greca che era " parte della Chiesa di Grecia", e "in connessione con il consolato greco" (come dichiarato anni più tardi nel censimento del 1890), allora perché non far arrivare dalla Grecia il suo primo sacerdote? È possibile che sia più precisa la valutazione fatta da Mark Stokoe (che si trattava di una parrocchia pan-ortodossa composta da immigrati provenienti da molti gruppi ortodossi diversi)? Anche se la questione delle origini etniche della parrocchia della Santa Trinità non può essere risolta una volta per tutte, sappiamo invece che tutte le altre parrocchie istituite tra il 1868 e il 1892 – certamente un piccolo numero – erano sicuramente sotto la Missione russa, indipendentemente dall'origine etnica.

Louisiana

Namee poi si sforza di minimizzare l'impatto delle esperienze in Alaska. Egli indica che non questa è diventata un territorio fino al 1912, trascurando il fatto che la sua sovranità era stata trasferita agli Stati Uniti quando fu acquistata nel 1867 dal governo imperiale russo. Per quanto riguarda la separazione geografica dell'Alaska dal territorio continentale degli Stati Uniti, si rivolge per sostegno a padre Michael Oleksa, un'autorità sull'Ortodossia in Alaska. Riferisce che secondo Oleksa "...dal 1917, la stragrande maggioranza degli immigrati ortodossi americani... era 'totalmente inconsapevole della storia della Chiesa dell'Alaska'." Questo non è del tutto preciso, come vedremo presto. Indipendentemente da ciò, questa affermazione è superflua, in quanto la stragrande maggioranza dei canonisti, teologi, sacerdoti e vescovi è stata almeno consapevole dell'antichità della missione russa – come affermato dai patriarchi Alessio, Pimen e (a malincuore) Atenagora. Ancora più importante, in questo periodo di picco di immigrazione (1890-1920), lo sapevano anche molti, se non la maggior parte, dei cristiani ortodossi in America. In effetti, l'argomento della distanza geografica dell'Alaska è una nullità, in quanto fino al 1996 tutte le giurisdizioni in Nord America sono state transnazionali, nel senso che includevano anche Canada e Messico. Quanto alla sua cultura unica, questa non c'entra nulla: La cultura dei carpato-russi della valle di Monongahela, dei serbi del Mountain West, degli ucraini del Manitoba e dei greci di Tarpon Springs sono altrettanto uniche e "degne di studio."

Sia come sia, la Louisiana era in secessione dagli Stati Uniti ed era sotto occupazione federale e legge marziale. Di fatto, questa chiesa (la Santa Trinità) era stata fondata negli Stati Confederati d'America, un sistema politico che era visto con simpatia dalla maggior parte delle grandi potenze europee (Russia esclusa) e la cui incipiente nazione sarebbe stata riconosciuta se l'Armata della Virginia Settentrionale avesse prevalso a Gettysburg. Pertanto il tentativo di Atenagora di squalificare la legittimità delle pretese della Missione russa di essere la chiesa locale degli Stati Uniti perché era situata a San Francisco cade sotto il peso della sua stessa logica. Di fatto, è storicamente insostenibile. La California, per lo meno, era un territorio legittimo, cosa che la poneva in tal modo nel contesto della vita normativa degli Stati Uniti, mentre la Louisiana aveva perduto tale diritto a causa della sua secessione dall'Unione. I suoi cittadini erano stati di fatto privati ​​dei diritti civili nel periodo immediatamente successivo alla guerra tra gli Stati. Anzi, era una questione aperta in quel tempo che alcuni (o tutti) gli Stati del Sud sarebbero stati accolti di nuovo nell'Unione.

Santa Trinità, New York – 1892

Forse rendendosi conto che la dubbia provenienza della parrocchia di New Orleans non aiuta la causa dell'indipendenza greca dalla missione russa, Namee salta quindi avanti di trent'anni alla creazione della chiesa della Santa Trinità a New York City nel 1892. Questa chiesa, che era il prodotto di una loggia greca secolare chiamata Society of Athena, si rivolse alla Chiesa di Grecia per avere il suo primo sacerdote. La questione fu rinviata al Patriarcato Ecumenico che poi ha rinviò la questione alla Chiesa di Grecia. Casualmente, questo non è dissimile dallo scenario che si sarebbe verificato ottant'anni dopo, quando la Metropolia si rivolse a Istanbul per perorare la propria causa, solo per sentirsi dire di rivolgersi alla propria Chiesa madre della Russia (che poi le concesse l'autocefalia). Nel giro di pochi anni, scoppiò uno scisma in questa parrocchia della Chiesa di Grecia, con la conseguente creazione di un'altra parrocchia a New York (l'Annunciazione), che fu istituita sotto gli auspici del Patriarcato ecumenico. Questo, naturalmente, porta in primo piano un'altra questione scomoda: Dal momento della chiusura della cappella russa a New York, il fatto che la prima parrocchia di New York sia stata "fondata" da parte della Chiesa di Grecia indicherebbe che i diritti territoriali appartenevano a quella Chiesa, non al Patriarcato Ecumenico. (naturalmente, la Chiesa di Grecia non ha fatto nulla di simile, la chiesa è stata fondata dalla sua congregazione che poi ha fatto domanda in Grecia per un sacerdote.) Sia come sia, si potrebbe argomentare che Costantinopoli ha invaso la giurisdizione di quella chiesa.

Ciò è curioso in quanto la Chiesa di Grecia era sotto proibizione di evangelizzare al di fuori dei suoi confini dalla sua stessa concessione di autocefalia. Questa concessione era stata data alla Grecia dal Patriarcato ecumenico nel 1850, quando si era concluso lo scisma scoppiato tra le due chiese una ventina d'anni prima, quando la Chiesa di Grecia dichiarò unilateralmente l'autocefalia del Patriarcato Ecumenico controllato dai turchi. Indipendentemente da ciò, questo mette in discussione non solo i dettagli del contro-mito, ma le attuali affermazioni iperboliche del primato costantinopolitano, i cui partigiani sostengono che nessuna chiesa autocefala può esercitare opera missionaria al di fuori dei confini della propria nazione. Il fatto stesso che il Patriarcato ecumenico abbia rinviato la questione della cura pastorale di questa parrocchia alla Chiesa di Grecia mostra che questo tipo di ristrettezza canonica non era rispettato – o più probabilmente che si trattava di una lettera morta. In ogni caso, si vede in modo evidente che nessuna delle due Chiese aveva alcuna preoccupazione reale o effettiva per il Nord America. A rischio di elaborare in modo eccessivo questo punto, nessuna pretesa di primato sul continente nordamericano – o se per questo di giurisdizione universale – fu avanzata in questo momento. Non solo queste parrocchie stavano per conto proprio, ma la loro mancanza di interazione l'una con l'altra dimostra che tutte le pretese di primato e giurisdizione erano successive al fatto. In altre parole, la realtà dei fatti era un'apatia pastorale e di evangelizzazione, a un livello insondabile nella prassi ecclesiastica normativo. Se questo non dissipa ogni nozione di giurisdizione universale e/o di supremazia bizantina nel Nord America, null'altro ci riuscirà.

Poiché sembra che la Chiesa di Grecia abbia scelto di non contestare la fondazione di questa parrocchia scismatica, e poiché non c'era alcuna indicazione a riguardo sia dalla Chiesa di Grecia sia dal Patriarcato ecumenico, si può dire che il concetto di fondazione e di giurisdizione di una parrocchia in questo momento era fluido, si potrebbe anche dire anarchico. Almeno questo era il caso di quelle parrocchie etniche fondate indipendentemente dalla diocesi missionaria russa. Il contrasto con la formazione delle parrocchie che si trovavano all'interno della missione russa è aspro (per non dire altro). Ogni parrocchia istituita sotto la cura pastorale dei vescovi russi, e tutte le attività di evangelizzazione sotto la sua egida, erano intraprese con la massima attenzione ai dettagli. In ogni caso, il quadro che i partigiani anti-missione russa dipingono delle parrocchie al di fuori della sua giurisdizione non è un bel quadro.

Per esempio, al fine di neutralizzare le pretese primaziali della missione russa, a molti critici piace sottolineare che in alcune città, le parrocchie greche hanno preceduto la fondazione delle parrocchie russe. Di certo, si segnala che a New York City una cappella russa che era stata fondata nel 1870 è stata chiusa dal governo russo nel 1883. Se, tuttavia, il principio ecclesiologico ortodosso come previsto da questa nuova narrativa è un principio di indipendenza, o per essere più precisi, completa indifferenza per la presenza ecclesiale stabilita, allora che cosa importa questo fatto? Che differenza avrebbe fatto se ci fossero state dieci parrocchie della missione russa a New York? O cento, se per questo? Dopo tutto, non sembra che queste parrocchie greche più recenti si preoccupassero affatto della gerarchia russa stabilita nel Nuovo Mondo. Né si preoccupavano l'una dell'altra, se è per questo.

Il contro-mito: confronti selettivi

È qui che i partigiani anti-missione russa sembrano aver fatto alcune affermazioni che riteniamo molto deboli, cioè che i numeri da soli possono sopraffare una Chiesa locale stabilita e che l'indifferenza al principio territoriale non ha alcuna conseguenza. Questo argomento, tuttavia, è una spada a doppio taglio. Non c'erano già decine di parrocchie in Alaska? Non c'erano decine di parrocchie di ex uniati negli Stati Uniti continentali in quel tempo? E se per questo, non erano in formazione parrocchie della missione russa a causa dell'immigrazione di russi, ucraini, bielorussi e galiziani in Nord America in quello stesso tempo? Chiaramente quello che vediamo in questo momento è una diocesi formale e riconosciuta che opera sotto norme canoniche e intraprende un serio programma di evangelizzazione. Perché allora i critici insistono a trascurare questo notevole sforzo, con le sue decine di parrocchie a favore di un numero molto inferiore di parrocchie indipendenti che venivano fondate in modo frammentario, caotico e sotto nessuna supervisione canonica di sorta? In ogni caso, non è inaudito che delle diocesi chiudano missioni e chiese. Questo non significa che la diocesi è estinta o che può essere rilevata da un'altra Chiesa ortodossa autocefala.

Confrontando selettivamente tre parrocchie russe negli Stati Uniti continentali (e ignorando il gran numero di parrocchie dell'Alaska ed ex uniate) con un numero altrettanto piccolo di parrocchie greche indipendenti, è presentato un quadro altamente distorto dell'Ortodossia americana nel periodo dal 1890 al 1910. Forse è per questo che alcuni critici della missione russa si sforzano così tanto di ignorare la realtà della missione verso gli uniati di sant'Alessio Toth, così com'è ignorata l'esperienza ecclesiologica dell'Alaska. Se vista nella giusta luce, "l'unità amministrativa" del crescente numero di parrocchie della diocesi russa sembra molto più vicina alla realtà. Più precisamente, com'era amministrata la missione russa? Vi erano norme canoniche in vigore, in particolare per quanto riguarda il trattamento dei sacerdoti? In particolare, i preti della missione russa erano trattati come quelli nelle poche parrocchie greche che esistevano prima del 1910, vale a dire, come dipendenti assunti e licenziati in basate a nient'altro che i capricci dei consigli parrocchiali di chiese gestite in modo congregazionale (come indicato anche dai critici del cosiddetto mito della creazione)?

Per sottolineare ulteriormente la mancanza di unità amministrativa, Namee descrive la situazione a Chicago in cui una parrocchia russa e una greca esistevano fianco a fianco, con apparentemente poca interazione. Questa mancanza di interazione tuttavia non copriva di gloria quella particolare parrocchia greca come possiamo notare dai resoconti contemporanei, fatto che doveva essere evidente agli osservatori casuali poiché aveva generato una certa notorietà. Secondo il Chicago Tribune, per esempio, si apprende che "una è la chiesa ortodossa o la chiesa russa regolare... mentre l'altra è puramente greca nella sua composizione e nazionalità". Secondo questa stessa fonte, "La chiesa greca 'non vuole nessuno se non quelli di sangue ellenico tra i suoi membri'." Di nuovo, nelle mie precedenti risposte a un certo critico, ho insistito molto sul fatto che l'idea che questi sacerdoti indipendenti fossero visti come "missionari" era un punto di vista molto caritatevole, data la verità dei fatti. 'Esagerato' non sarebbe una parola troppo forte in questo senso. Continuo a sostenere tale affermazione. Certamente le congregazioni che li avevano assunti non li vedevano come "missionari".

È interessante notare che "l'indipendenza" dei greci dalla diocesi russa non sembra così nettamente marcata. Namee cita due casi di concelebrazioni tra greci e russi. Il primo si è verificato il 7 Ottobre 1894, in cui ci viene detto che greci e russi a Chicago concelebrarono nella chiesa russa per "commemorare il centesimo anniversario dell'Ortodossia nel Nuovo Mondo". Purtroppo, questo fatto sorprendente passa senza commenti. Per lo meno, questo è la prova evidente del fatto che vi fosse un chiaro accordo circa l'antichità della missione russa e il suo primato in America del Nord. Questo, infatti, mette in dubbio la veridicità del commento di Oleksa che "la stragrande maggioranza" degli immigrati ortodossi era "totalmente inconsapevole" della chiesa dell'Alaska. Chiaramente, questi greco-americani ne erano consapevoli. In effetti, questo atto di culto commemorativo è la prova che la conoscenza dell'Alaska non era così sconosciuta come ci è stato fatto credere.

E questo non è stato un caso singolare. Più tardi, in quello stesso anno, per esempio, si sono svolte cerimonie commemorative per lo tsar Alessandro III in tutte e tre le chiese greche negli Stati Uniti, ancora un'ulteriore prova che vi era un riconoscimento della preminenza della missione russa e forse un certo grado di dipendenza dal governo imperiale. Questo è un punto importante: perché questi immigrati greci per lo più repubblicani commemoravano il defunto tsar, che era un monarca assolutista? La risposta potrebbe risiedere nel fatto che molti di loro erano grati per le risorse che aveva esteso a loro la missione russa. Possiamo quindi dire che in alcuni ambienti greci, sembra che essi stessi si vedessero come parte dell'autorità ortodossa locale, almeno in un certo senso generale.

Per quanto riguarda il fatto che "l'indipendenza" greca fosse dovuta alla mancanza di un'adeguata supervisione canonica ed episcopale, questo non è un motivo di orgoglio. E non era così inflessibile come i critici vorrebbero farci credere: apprendiamo per esempio che nel periodo di tempo in questione, vale a dire prima della rottura definitiva (1916-1918), sei parrocchie greche "indipendenti" hanno ricevuto gli antimensi dalla missione russa, ponendosi in tal modo formalmente sotto la sua giurisdizione. In altre parole, il 7 per cento delle parrocchie greco-americana si è messo sotto la protezione della gerarchia russa ben otto anni dopo il loro presunto "trasferimento" alla Chiesa di Grecia da parte del Patriarcato ecumenico. È interessante notare che questo è esattamente lo stesso periodo di tempo in cui ci viene detto da Oleksa che la "stragrande maggioranza" degli immigrati ortodossi era "totalmente all'oscuro della storia della Chiesa in Alaska". Forse ignoravano la chiesa dell'Alaska, ma erano "totalmente all'oscuro" della diocesi russo-americana? Sempre più spesso, sembra che non lo fossero, altrimenti, perché avrebbero dovuto rivolgersi ai vescovi russi per i loro antimensi?

Le parrocchie indipendenti sotto una "nebbia canonica"

Barbara MacGahan – 1893 (Foto SOCHA)

Tutta la mia tesi sulle parrocchie indipendenti sotto una nebbia canonica aumenta di forza quanti più fatti scopriamo. Si potrebbe cercare di trascurare questi fatti e ciò che preannunciano per l'ecclesiologia delle successivi giurisdizioni etniche. Come osserva lo stesso Namee, le cose andavano così male che un vescovo greco contemporaneo descrive la situazione nelle parrocchie greche come un "caos completo". Cita anche padre John Erickson, che scrive che queste stesse parrocchie greche erano "indipendenti da qualsiasi autorità al di là della comunità locale". In altre parole, erano congregazionalisti, vale a dire, non canonici. Lasciando da parte per il momento le conseguenze scioccanti che comporta un tale stato di cose per la legittimità ecclesiale, il principio congregazionale era così pronunciato che quasi nessun sacerdote sfuggiva alla sua collera, sicuramente una novità nel vasto arco della storia ecclesiale ortodossa.

Quanto era caotica questa situazione? In una lettera scritta in quel periodo al The Washington Post, una certa signora Barbara MacGahan fa di tutto per distinguere la prassi ortodossa canonica che si trovava nelle chiese della missione russa dalle buffonate presenti in alcune di queste parrocchie indipendenti. MacGahan (che, nonostante il suo nome, era una eminente russo-americana) supplicava i suoi lettori di non considerare i russi responsabili dal momento che erano "sotto la guida costante del vescovo Tikhon", mentre le parrocchie greche erano "senza alcuna guida di supervisione ecclesiastica". Uno rabbrividisce a pensare ciò che stava avvenendo in queste parrocchie e che era venuto all'impietosa conoscenza del grande pubblico.

Il Tomos di trasferimento

L'origine dell'incipiente esarcato greco richiede più studio. Ci è stato detto che la Chiesa di Grecia aveva "stabilito" la prima parrocchia greca a New York City, e che poco dopo diverse altre parrocchie sono state fondate a partire da quella stessa chiesa. In realtà, naturalmente, la Chiesa di Grecia non ha fatto nulla di simile; invece queste parrocchie sono state stabilite, fondate e finanziate dagli immigrati greci, di solito sotto l'egida di logge quasi-massoniche, e la Chiesa di Grecia semplicemente le ha accettate come un fatto compiuto. Molto semplicemente, la Chiesa greca non era abilitata a creare o a sostenere in altri modi nuove parrocchie al di fuori dei suoi confini. In ogni caso, nel 1908 il Patriarcato ecumenico fu costretto dal governo turco a cedere il loro controllo alla Chiesa di Grecia. (Anche questo fatto sconvolgente è lasciato passare senza alcun commento.) La Chiesa ortodossa russa a questo punto dichiarato che tutte le parrocchie greche erano di sua competenza. Costantinopoli non fu d'accordo e si mantenne al suo decreto originale, creando così ufficialmente una giurisdizione etnica extra-canonica in Nord America, come un critico contemporaneo dichiarò al momento. I critici del "mito della creazione", tuttavia, cercano di attenuare la gravità di questo trasferimento, affermando che sia il Patriarcato ecumenico sia la Chiesa di Grecia stessero già "inviando sacerdoti in America, risolvendo controversie parrocchiali, consacrando il santo crisma per l'uso nel Nuovo Mondo, e anche – nel caso di padre Raphael Morgan – inviando missionari per evangelizzare gli americani". È lasciato non detto se alcuna delle due chiese avesse il diritto di farlo. Per quanto riguarda "l'invio di missionari", la serietà della missione di Morgan è una questione aperta, non facilmente risolta da semplici asserzioni.

Un'altra cosa che è lasciata non esaminata è che questo Tomos di trasferimento non è stato universalmente accettato – neanche dai greco-americani. In altre parole, molti hanno continuato a vedere se stessi come parte del Patriarcato ecumenico invece della Chiesa di Grecia; ancora una volta, una serie piuttosto sorprendente di circostanze che i critici scelgono di ignorare. A questo punto, lasciatemi fare la domanda scomoda: se le parrocchie greche hanno scelto di ignorare questo editto (della loro Chiesa madre, nondimeno), ne consegue che essi si rifiutavano di accettare l'autorità del Patriarcato ecumenico, separando in tal modo se stessi dalla comunione con questa Chiesa. In tali circostanze, come si può sostenere che i loro misteri erano validi o che la ex giurisdizione panellenica era canonica?

Lasciando da parte questi fatti scomodi, è ovvio che lo stesso Tomos di trasferimento non era valido. A dire il vero, l'indifferenza queste parrocchie al Tomos potrebbe essere stata a causa del loro congregazionalismo, ma resta comunque il fatto evidente che il Tomos era stato emanato, anche se sotto costrizione. Nessun editto o canone emanato in tali condizioni può essere considerato valido. In caso contrario, il concilio di Ferrara-Firenze (1449) – che apparentemente guariva lo scisma tra Oriente greco e Occidente latino – sarebbe ancora in vigore. Questo atto fu forzato su ogni vescovo bizantino dall'imperatore che voleva vedere una alleanza politica con l'Occidente. Come è noto, ogni vescovo ortodosso presente (con l'eccezione di Marco Eugenico, il metropolita di Efeso) fu costretto a firmarlo. La nocività di questo atto fu evidente a tutti, e l'atto divenne immediatamente una nullità tra la gente. I partigiani del nuovo mito della creazione anti-missione russa non possono quindi trovare alcuna consolazione nel Tomos del 1908 da parte del Patriarcato ecumenico – né d'altra parte possono farlo i giurisdizionalisti universali attuali. Nella migliore delle ipotesi, ciò che entrambi i partiti anti-missione russa possono dire è che il particolarismo etnico e l'anarchia ecclesiale non sono importanti quando si studiano le origini delle giurisdizioni molteplici. Infatti, il lettore occasionale potrebbe essere perdonato se ha la netta impressione che la sfilata di orrori descritti dai critici sia di fatto un punto di orgoglio, almeno nella misura in cui questi incidenti eclatanti possono essere utilizzati per smantellare l'idea della prima unità ortodossa americana.

George Michalopulos è un laico nella Chiesa Ortodossa in America. È sposato con Margaret Verges di Houston, Texas, ed è padre di due figli, Constantine e Michael. Insieme al diacono Ezra Ham, è l'autore di The American Orthodox Church: A History of Its Beginnings (Salisbury: Regina Orthodox Press, 2003), oltre a numerosi articoli e saggi pubblicati sul sito dell'associazione Orthodox Christian Laity. Ha servito come presidente del consiglio parrocchiale della chiesa greco-ortodossa della Santissima Trinità a Tulsa, OK, e per due volte è stato delegato laico al Congresso del clero e dei laici nel 1998 e nel 2002. Nel 2003 ha contribuito a fondare la Missione cristiana ortodossa dei santi apostoli, ora una parrocchia della OCA, e continua a essere attivo negli eventi pan-ortodossi nell'area metropolitana di Tulsa.

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