Rubrica

 

Informazioni sulla chiesa in altre lingue

Mirrors.php?locale=it&cat_id=31&id=205  Mirrors.php?locale=it&cat_id=31&id=602  Mirrors.php?locale=it&cat_id=31&id=646  Mirrors.php?locale=it&cat_id=31&id=647  Mirrors.php?locale=it&cat_id=31&id=4898 
Mirrors.php?locale=it&cat_id=31&id=2779  Mirrors.php?locale=it&cat_id=31&id=204  Mirrors.php?locale=it&cat_id=31&id=206  Mirrors.php?locale=it&cat_id=31&id=207  Mirrors.php?locale=it&cat_id=31&id=208 
Mirrors.php?locale=it&cat_id=31&id=3944  Mirrors.php?locale=it&cat_id=31&id=7999  Mirrors.php?locale=it&cat_id=31&id=8801  Mirrors.php?locale=it&cat_id=31&id=9731  Mirrors.php?locale=it&cat_id=31&id=9782 
Mirrors.php?locale=it&cat_id=31&id=11631         
 

Calendario ortodosso

   

Scuola domenicale della parrocchia

   

Ricerca

 

In evidenza

04/10/2023  Scoperte, innovazioni e invenzioni russe  
14/03/2020  I consigli di un monaco per chi è bloccato in casa  
11/11/2018  Cronologia della crisi ucraina (aggiornamento: 3 febbraio 2021)  
30/01/2016  I vescovi ortodossi con giurisdizione sull'Italia (aggiornamento: 21 dicembre 2022)  
02/07/2015  Come imparare a distinguere le icone eterodosse  
19/04/2015  Viaggio tra le iconostasi ortodosse in Italia  
17/03/2013  UNA GUIDA ALL'USO DEL SITO (aggiornamento: aprile 2015)  
21/02/2013  Funerali e commemorazioni dei defunti  
10/11/2012  I padrini di battesimo e il loro ruolo nella vita del figlioccio  
31/08/2012  I nostri iconografi: Iurie Braşoveanu  
31/08/2012  I nostri iconografi: Ovidiu Boc  
07/06/2012  I nomi di battesimo nella Chiesa ortodossa  
01/06/2012  Indicazioni per una Veglia di Tutta la Notte  
31/05/2012  La Veglia di Tutta la Notte  
28/05/2012  La preparazione al Matrimonio nella Chiesa ortodossa  
08/05/2012  La Divina Liturgia con note di servizio  
29/04/2012  La preparazione al Battesimo nella Chiesa ortodossa  
11/04/2012  CHIESE ORTODOSSE E ORIENTALI A TORINO  
 



Inizio  >  Documenti  >  Sezione 7
  Intervista di Tudor Petcu a Noël Ruffieux

Noël Ruffieux, ottantenne ex professore di lettere, è co-fondatore e responsabile laico della parrocchia francofona ortodossa di Friburgo (Svizzera) per 21 anni. Collabora a riviste ortodosse, cattoliche ed ecumeniche. Tiene conferenze, produce programmi radiofonici e tiene corsi sulla diaspora ortodossa presso la Facoltà di teologia cattolica di Friburgo.

Clicca per SCARICARE il documento come PDF file  
Condividi:

Qual è la sua prospettiva ortodossa sui problemi causati dal dubbio (scetticismo) nell'uomo contemporaneo, e come potrebbe l'Ortodossia rispondere a tali bisogni? Quale ruolo darebbe all'Ortodossia in questo contesto?

Il cosiddetto "uomo contemporaneo" è intrappolato nella rete del dubbio, o piuttosto dei dubbi. Si trova nel mezzo di reti di informazioni di cui non può più controllare la veridicità. E queste reti non sono strutturate in riferimento a un pensiero. Molteplici "ideologie" le confondono. Chiunque può iniettare informazioni attraverso i social network. La libertà di informazione è di per sé una buona cosa; ma è diventata un'anarchia di informazioni. Possiamo crederci ingenuamente, "perché è scritto" o "perché l'abbiamo visto in televisione"; o rifiutarli del tutto, perché l'esperienza rivela che spesso questa informazione è distorta. Per proteggersi, tutti sospettano delle informazioni e degli informatori, poiché non hanno i mezzi per controllarli. Il dubbio regna.

Ma il dubbio contemporaneo non è il "ragionevole dubbio" degli antichi scettici o di Montaigne, che spinge a fare (e a farsi) domande, a cercare sempre, e non è nemmeno il dubbio di Cioran, per il quale "lo scetticismo è l'eleganza dell'ansia". Le ansie di oggi mancano di eleganza, perché non possiamo abbracciarle con un solo sguardo.

Le informazioni sono seguite dalla disinformazione e quindi dalla reinformazione... "I disturbi dell'informazione" si trovano per molti, credo, nelle perturbazioni del pensiero e della fiducia. Se i media sono vittime di questa mancanza di fiducia, è lo stesso per la scuola, la scienza, la politica, i governi...

Che dire della Chiesa? I sondaggi rivelano che in molti paesi la Chiesa (cattolica, ortodossa, protestante) ha ancora un capitale di fiducia. Non si tratta necessariamente della fede, ma del cauto sentimento che, tra le istituzioni, la Chiesa è meno colpita dalla corruzione, cosa che è più credibile. Tutte le chiese conoscono casi di pedofilia, di traffico di influenze, di lusso ostentato, di ambizioni personali, di abuso di potere... Ma spesso si si incrimina di meno l'istituzione della Chiesa piuttosto che gli individui.

Certamente, il primo compito della Chiesa non è quello di migliorare il suo marketing o di mantenere le sue pubbliche relazioni. Non è un'istituzione come le altre. È un luogo in cui l'essere umano può vivere in pienezza. Riflettendo sul ruolo che la Chiesa – non solo quella ortodossa, ma qualsiasi altra unita nel nome di Gesù – può esercitare nella società, mi vengono in mente due parole greche: koinônia e diakonia.

La koinônia è la capacità di creare comunione: nel senso verticale, creare una relazione vivente tra l'uomo e Dio, fra Dio e l'uomo; in senso orizzontale, crea legami tra fratelli e sorelle discepoli di Gesù, ma anche, oltre le mura della chiesa, con tutti gli umani in cerca di significato.

La diakonia, il servizio di uomini e donne, in chiesa e fuori dalla chiesa, in primo luogo i "piccoli", i diseredati, i trascurati dalla società. "Quello che avete fatto a uno di questi piccoli tra i miei fratelli, l'avete fatto a me". (Matteo 25,40) La diakonia è la mano umana dell'amore di Dio.

Oggi si parla di ciò che viene chiamato il "postmodernismo", che ha distrutto in una certa misura la coscienza spirituale dell'Occidente, specialmente della Francia. A partire da questa realtà, crede che l'Ortodossia, basata sulla verità di Gesù Cristo e dei suoi apostoli, abbia la forza necessaria per far rivivere la coscienza spirituale dell'Occidente?

Le etichette storiche dovrebbero essere maneggiate con prudenza. Il postmodernismo si riferisce a fenomeni artistici, culturali, economici, filosofici, politici e religiosi che si sono manifestati in Occidente sin dai primi anni '80, con ripercussioni nel resto del mondo.

Alla fine di una traumatica guerra mondiale, l'Occidente ha riacquistato fiducia nei suoi mezzi. Dal 1945 al 1975, durante trenta gloriosi anni, l'economia ha registrato una forte crescita, la disoccupazione è stata riassorbita, la prosperità ha toccato la maggior parte della società, la tecnica ha aumentato i suoi successi, il tasso di natalità è rimbalzato... Trenta anni di fiducia nel progresso! Trent'anni di fiducia nell'intelligenza umana e nella ragione.

Durante questi trent'anni, i paesi appartenenti all'impero sovietico – tra cui la maggior parte dei paesi ortodossi – hanno vissuto separati, in un'autarchia che seguiva le proprie ricette politiche, sociali ed economiche.

I trenta gloriosi anni non sono una rivoluzione, ma il culmine e l'incoronazione effimera del grande movimento sociale nato all’epoca dei lumi nel XVIII secolo. Una volta liberati dai fardelli religiosi e politici, si è pensato che l'uomo moderno possa estendere le sue capacità scientifiche e tecniche. Grazie alla ragione liberata dai miti religiosi, il mondo potà conoscere un futuro di progresso e benessere. Il boom economico sembrava giustificare questa visione del mondo. La "coscienza spirituale dell'Occidente" era già stata raggiunta in quel momento. Le chiese hanno vissuto la crisi, in Francia più che altrove. Dal 1943 si parla di "Francia, paese di missione".

La crisi petrolifera del 1973 annuncia un'inversione. Più che petrolifera, è una crisi economica e sociale, divenuta una crisi morale, favorita dai movimenti sociali e culturali del 1968. Le nuove tecnologie (automazione, robotica, informatica) sconvolgono il campo di lavoro. Le tecniche mediche sfidano le certezze morali legate alla vita e alla morte. Intorno al 1990, la caduta del comunismo distrugge le certezze politiche di una parte dei popoli. La morte delle ideologie e la morte delle utopie creano un vuoto intellettuale. La mondializzazione – che avrebbe potuto unire l'umanità – diventa una globalizzazione economica in cui il profitto e la speculazione, neutralizzano la preoccupazione per il bene comune e il rispetto per i più deboli. La disoccupazione è il sintomo della crisi. L'uomo mercantile e consumatore scopre che "distrugge il pianeta". E quando i movimenti di religiosità fanatica si trasformano in organizzazioni terroristiche, il mondo diventa incomprensibile.

Il quadro non è completo. Ma è sufficiente a disegnare il paesaggio in cui la Chiesa – come chiamerò qui la Chiesa ortodossa – è chiamata a consegnare il suo messaggio "per la vita del mondo", come dice la Liturgia. Il Concilio ortodosso di Creta, nel giugno 2016, ne era cosciente. "Il santo e grande Concilio", dice il messaggio finale, "ha aperto il nostro orizzonte al mondo contemporaneo diversificato e sfaccettato".

Ma gli ortodossi non devono ingannare se stessi: l'Occidente non è il solo a vivere una crisi spirituale, in una sorta di "scontro tra civiltà". Anche i paesi storicamente ortodossi, usciti dall'era glaciale sovietica, sono colpiti da questi sconvolgimenti: gli interrogativi diffusi dai media attraversano tutti i confini.

Un indice di "crisi spirituale" ortodossa: a Pasqua del 2014, alla più grande celebrazione dell'anno, secondo le cifre ufficiali, solo l'8% dei 7 milioni di ortodossi a Mosca ha frequentato le chiese. Questa "pratica religiosa" non è molto diversa da quella occidentale. In Francia, la pratica cattolica è stimata in una domenica ordinaria tra il 5 e il 10%. Nella mia città di Friburgo, una domenica normale, poco più del 10% dei cattolici frequenta la chiesa. Forse la situazione romena è diversa.

Il paragone non è ragione! Vorrei semplicemente dire che la crisi spirituale è più diffusa di quanto si creda. Che si manifesta in altre forme qui o là. Pensiamo alla crisi in Grecia. Ecco un altro esempio che mi turba: perché così pochi ortodossi romeni si comunicano alla Divina Liturgia? Non solo nella diaspora, anche in Romania, mi dicono i miei studenti romeni. Partecipare alla Liturgia senza ricevere il pharmakon, il pane essenziale, il sangue della vita, non è un sintomo di debolezza spirituale?

Al Concilio di Creta, la Chiesa ortodossa ha dimostrato la sua capacità di aprire gli occhi sull'orizzonte del mondo, per diagnosticare malattie che colpiscono l'umanità, per offrire un messaggio di salvezza e vita. Me ne rallegro. Nel frattempo, disertato da quattro chiese autocefale – più della metà dell'Ortodossia – il Concilio ha rivelato le fratture e tensioni nella Chiesa, l'attuale incapacità di dimostrare che si tratta di una koinonia, una comunione al servizio del mondo. Una contro-testimonianza di cui si sarebbe potuto fare a meno!

"Per rianimare la coscienza spirituale dell'Occidente", la Chiesa ortodossa deve innanzitutto riconoscere che anche l'Occidente ha valori giustificati, come la libertà di coscienza, l'educazione per tutti, la lotta contro la povertà e le discriminazioni sociali, lo sradicamento della corruzione, la preoccupazione per l'ambiente... Quindi, occupandosi delle sue faccende interne, la Chiesa deve vivere pienamente ciò che offre al mondo. L'ortoprassi deve dimostrare l'ortodossia; la vita concreta della Chiesa e dei fedeli deve essere d'accordo con il suo messaggio.

Le ho proposto di parlare della necessità dell'Ortodossia nel mondo contemporaneo: vorrei conoscere la sua opinione sugli impegni morali che la Chiesa ortodossa dovrebbe assumersi oggi, specialmente in Occidente. Potremmo dire che un'etica ortodossa è possibile?

Non solo un'etica ortodossa è possibile, ma è necessaria in Occidente come altrove. Mi piace dire che la nostra vita può essere il frutto di un ethos ortodosso, un modo di vivere e pensare fedele al Vangelo portato dai Padri della Chiesa e dalla liturgia. Questo è quello che ho imparato in 60 anni che conosco la Chiesa ortodossa, in 35 anni che vivo la mia fede.

Non posso parlare di tutto, ma sceglierò tre temi:

Il ringraziamento per la vita data. La prima cosa che il credente ortodosso apprende nella chiesa è la gratitudine: riconoscere la bontà di Dio e ringraziarlo. "Quanto sono grandi le tue opere, Signore, tutto hai fatto con sapienza", come si canta al Vespro (Salmo 103,24). La lode è l'atteggiamento sacerdotale dell'uomo: nulla si fa senza la bontà di Dio, neppure la lode e il sacrificio: "Questi sono i tuoi doni che ti offriamo", dice la Liturgia. "Tutto è grazia", ​​dice il parroco di Bernanos al momento della morte. Il ringraziamento induce un atteggiamento amorevole nei confronti di Dio, la fiducia nel suo amore, nella vita che ci dona. Aiuta ad assumere principi etici rispetto alla vita e alla morte, all'aborto o all'eutanasia. Su questi argomenti scottanti, non tutti i cristiani sono sulla stessa lunghezza d'onda. Ma almeno sappiamo che la Chiesa ortodossa e la Chiesa cattolica romana difendono le stesse opzioni.

La venerazione della bellezza. Quando veneriamo le icone, non scopriamo solo un riflesso della bellezza di Dio: contempliamo il suo volto come egli ce l'ha donato in Gesù Cristo. Scopriamo che la materia, creata "buona" da Dio, è stata ritenuta degna di ricevere la Parola di Dio. Scopriamo che la carne dell'uomo è compatibile con la presenza di Dio. Scopriamo che Gesù, Dio e uomo, è l'incontro perfetto tra Dio e l'umanità. Di conseguenza, scopriamo che ogni volto umano, sul quale all'origine "lo Spirito di Dio ha soffiato", può diventare un'icona del Creatore. Ogni uomo, creato a immagine di Dio, trova la sua dignità quando lavora per ricomporre quest'immagine. Tutta la materia, che ha accolto la carne di Dio, trova la sua dignità quando l'artista cerca di trovare questa primitiva bellezza e di rifletterla nella sua arte.

Il rispetto per la creazione. Diverse feste ortodosse aiutano il credente a vivere secondo un ethos rispettoso della Creazione: Nuovo Anno ecclesiastico, Teofania, Trasfigurazione... servendosi di elementi materiali di base: acqua, pane, vino, olio, incenso... la liturgia inculca il rispetto per la natura che li produce e il lavoro umano che li trasforma. Per contrastare il danno arrecato al creato dall'uomo mercantile e consumatore, la Chiesa chiede la sobrietà, un ascetismo capace di dare più spazio all'essere che all'avere, alla comunione più che al possesso. La Chiesa, quando rinuncia alle ambizioni di grandezza e successo, quando usa mezzi poveri, si mette al servizio dei più deboli, può quindi proporre il modello di un'altra economia, una gestione della casa guidata da principi evangelici, quella che possiamo chiamare un'economia di comunione.

Qual è secondo lei il contributo più importante dell'Ortodossia alla coscienza occidentale contemporanea?

Il più importante oggi, che potrebbe essere il compito principale della Chiesa ortodossa, è di dare o ridare speranza a coloro che l'hanno persa. Ridare la fiducia a uomini e donne che vedono la storia come un gioco di poteri, di forze, dove i deboli sono schiacciati, negati nella loro identità "a immagine" di Dio.

La Chiesa è abbastanza lucida da leggere nel mondo le devastazioni provocate dal Maligno e dai suoi discepoli. Il vangelo che porta al mondo non è una storia affascinante in cui tutti sono belli e gentili. La vita di Gesù è attraversata dalla lotta contro il male, contro tutte le forme di male, al punto che ha voluto condividere la sofferenza umana anche nella morte. "Era necessario che per la grazia di Dio a beneficio di tutti gli uomini, Gesù assaporasse la morte." (Ebrei 2,9)

Ogni sera, il telegiornale ci ricorda la verità della parola di Gesù: "L'uomo buono, dal tesoro buono del suo cuore, trae il bene; e il malvagio, dal suo tesoro malvagio, trae il male". (Luca 6,45) Parlare oggi del bene e del male, del peccato e del peccatore, sembra essere banale. Tutti ammettono, tuttavia, che ci sono cose che non devono essere fatte, comportamenti che scandalizzano: stuprare un bambino, far esplodere una bomba nel mezzo di un mercato, mitragliare la gente sulla terrazza di un caffè... Eppure queste cose si fanno: bisogna dunque trovare una spiegazione. Proviamo ogni cosa, dalle influenze sociali alla complessità del cervello, passando per le fantasie del DNA. Questo può essere utile, ma va alla radice del male?

Non sono un esperto in materia e non dirò altro. Solo che l'unica speranza può venire dal Vangelo portato dalla Chiesa. Dal Grande Venerdì alla Pasqua, ripercorrendo la via di Gesù, essa proclama ciò che solo può salvare l'uomo: "Cristo è risorto dai morti, con la sua morte ha vinto la morte, a chi giace nei sepolcri ha elargito la vita". È passato attraverso la nostra morte, è tornato vivo, primo di tutti i sopravvissuti che "hanno imbiancato le loro vesti nel sangue dell'Agnello" (Apocalisse 7,14). Il Verbo di Dio è venuto per primo agli uomini immersi nella sofferenza e nella morte; è il primo a tirarli fuori da tutto il loro mondo sotterraneo e a condurci alla casa del Padre.

La Chiesa deve trovare le parole per dirlo, per nutrire la speranza degli uomini. Deve trovare dei modi per aiutarli ad alzare il loro sguardo. Se i cristiani vivranno come resuscitati, daranno ad altri uomini segni di speranza. Senza abbandonare il mondo, saranno in grado di mostrare loro che c'è un senso di vivere nell'aspettativa del Regno dove non ci saranno più lacrime, né sofferenza, né lamenti.

"Unità nella diversità" è un concetto chiave della politica occidentale e persino della coscienza occidentale di oggi. Come dovremmo percepire da un punto di vista ortodosso questa unità nella diversità e il suo fondamento?

"Unità nella diversità" può essere uno slogan vuoto quanto il "vivere assieme" dei politici. "Unità nella diversità" può anche essere una regola di vita. In politica, questa unità presuppone un consenso tra gli attori. Il popolo, soggetto della democrazia, non è un'entità omogenea. I suoi rappresentanti eletti difendono diversi programmi. Il dominio di un partito sugli altri non è una soluzione. Molti soggetti politici non appartengono al regno della "verità assoluta". Il "bene comune" può essere raggiunto con metodi diversi, in modo pragmatico e non ideologico.

La difficoltà arriva quando la questione posta ai cittadini e ai loro rappresentanti sfida una visione etica fondamentale. Per esempio la protezione della vita (aborto, eutanasia), il matrimonio e la famiglia (matrimonio omosessuale, divorzio), il rispetto per la persona umana (disabili, migranti, emarginati), la salvaguardia del creato, la guerra e la pace... Anche le questioni economiche toccano l'etica fondamentale, quando le scelte di chi decide causano sofferenza e disperazione. I cristiani convinti dalla verità del Vangelo, spesso minoranza tra i cittadini, devono quindi, in nome del loro ethos cristiano, praticare l'obiezione di coscienza opponendosi a una politica mortifera.

La Chiesa vive intimamente l'unità nella diversità. È sufficiente leggere il capitolo 12 della prima lettera ai Corinzi dove l'apostolo Paolo dà un chiaro insegnamento: "Voi siete il corpo di Cristo, e ne siete membra, ciascuno per la sua parte". Paolo sviluppa la metafora del corpo in insistendo sulla diversità delle suoi membra e su ciò che crea la loro unità: "Proprio come il corpo è uno e ha molte membra, così tutte le membra, nonostante il loro numero, formano un solo corpo: così è il corpo di Cristo". Dalla diversità delle funzioni delle membra del corpo, Paolo traccia una lezione sulla diversità delle funzioni e dei doni nella Chiesa.

Fin dall'inizio, i cristiani vi hanno anche letto come comprendere e sperimentare la diversità nella Chiesa e nelle chiese locali. "Raccogli, Signore, dai quattro venti la Chiesa che hai santificato, nel regno che hai preparato per essa" (Didache, II secolo). La diversità tende quindi all'unità, all'accordo, all'armonia.

Nel secondo secolo, i Padri sviluppano una metafora musicale. Accordare singifica mettere insieme voci diverse che produrranno una nuova realtà, l'armonia. Questa significa entrare in una comunione in cui ogni elemento conserva la sua originalità, ma lo supera in un'unità la cui ricchezza è dovuta alla diversità degli elementi. Non c'è comunione senza pluralità iniziale, non c'è unità senza diversità. La ricchezza dell'armonia risiede tanto nel successo dell'accordo quanto nel contributo di ciascuna voce. L'armonia è più che l'aggiunta di voci. "Possa ognuno di voi", scrisse Ignazio di Antiochia (Lettera agli Efesini 4,1), "diventare un coro, in modo che, nell'armonia del vostro accordo, prendendo il tono di Dio in unità, cantiate a una sola voce per mezzo di Gesù Cristo un inno al Padre. "Per Ireneo di Lione, l'armonia dà note che, "considerate separatamente, appaiono opposte l'una all'altra e discordanti" (Contro le eresie II, 25, 2). E il ritmo fa giungere ogni nota al tempo opportuno per produrre armonia. "Tutto ciò che era conosciuto in anticipo dal Padre, il nostro Signore, lo ha realizzato secondo l'ordine, il tempo e l'ora conosciuti in anticipo e convenienti: egli è quindi uno e lo stesso, pur essendo ricco e molteplice" (ibid., III, 16, 7). L'amore di Dio entrato nel tempo umano forma "una melodia armoniosamente composta" (ibid., IV, 20, 7), la musica di Dio, assumendo la diversità e il flusso della storia.

L'armonia è un altro nome della comunione. Dall'insegnamento di Paolo e dei Padri, la Chiesa ortodossa deve trarre lezioni per la propria vita interiore, all'interno di ogni chiesa e comunità locale, tra Chiese locali e autocefale. Deve anche chiedersi quale sia la sua responsabilità "armonica" nel rapporto con le Chiese non ortodosse, con tutti i cristiani che, che ci piaccia o no, formano il corpo di Cristo. "Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro". (Matteo 18,20)

A Pentecoste, festa della Chiesa, la liturgia canta:

"Precedentemente per punizione, il mutismo (aphônia) ha ridotto le lingue al silenzio.

Oggi, tra di loro, per il bene delle nostre vite, si rinnova l'armonia (symphônia)".

Condividi:
Inizio  >  Documenti  >  Sezione 7