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  La missione dell’Ortodossia: chiudere la porta alla catastrofe

Intervista di Marco Bordoni sul blog "Volti del Donbass"

19 novembre 2014

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Padre Ambrogio, rettore della parrocchia ortodossa di san Massimo a Torino

Abbiamo avuto il piacere di conoscere padre Ambrogio (Cassinasco), rettore della parrocchia ortodossa di san Massimo a Torino  dal giugno 2001. Padre Ambrogio è attivo nel fornire sul suo blog una puntuale ed esauriente informazione non solo sulle questioni di fede, ma anche sull’attualità politica e geopolitica. Sia per le coraggiose scelte di vita (un italiano che riceve la vocazione e sceglie di divenire ministro di culto della Chiesa ortodossa matura una esperienza di vita senz’altro interessante) sia per la competenza e la preparazione che emergono chiaramente da quanto pubblica, abbiamo chiesto a padre Ambrogio una intervista che ci ha gentilmente concesso.

Padre Ambrogio, vuole raccontare ai lettori di Volti del Donbass chi è e come accade che un italiano diventi un uomo di fede ortodosso? C’è stato un evento che ha determinato più di altri la sua scelta?

Sono nato a Torino nel 1967, in una famiglia nominalmente cattolica. Verso la fine degli anni ’60 nella nostra società si delineava chiaramente una tendenza al “libero pensiero”: i genitori evitavano di imprimere una visione del mondo sui loro figli, dando loro la massima libertà di scelta. Alla fine, sono stato lasciato senza un rifugio spirituale. È iniziata una ricerca: mi sono interessato a religioni orientali, mi sono rivolto al mondo di ispirazione vetero-cattolica. Ma il punto di svolta per me è stata l’introduzione alla Chiesa ortodossa nella quale ha avuto un grande impatto la lettura della biografia dello ieromonaco Seraphim (Rose), un ortodosso americano che aveva vissuto la dissoluzione della sua società in modo non dissimile da quello sperimentato dalla mia generazione. È comunque vero che all’ Ortodossia sono arrivati tanti italiani da tanti sentieri differenti: ho sentito molte decine di storie (arriverà presto il tempo di parlare di centinaia) di italiani divenuti ortodossi, e ancora oggi, a vent’anni di distanza, non riesco a delineare uno schema che si adatti a tutti, e neppure a una maggioranza o a una parte consistente di loro.

Di che nazionalità sono i suoi parrocchiani?

Moldavi, oltre all’80 per cento. Per il resto, abbiamo ucraini, russi, serbi, bulgari, macedoni, georgiani. Ci sono anche ortodossi italiani (circa una ventina). Le lingue delle celebrazioni riflettono la provenienza linguistica dei fedeli, ma abitualmente le celebrazioni pubbliche non sono mai in meno di tre lingue: italiano, slavonico (il corrispettivo ecclesiastico antico del russo moderno) e romeno (lingua madre della maggioranza dei parrocchiani).

È difficile, all’atto pratico, gestire una comunità di questo genere senza supporti e senza la vicinanza di una grande istituzione?

Con il tempo e con molta pazienza, si è costituita una parrocchia abbastanza versatile e autosufficiente. Oggi abbiamo un viceparroco, un diacono, lettori, un coro professionale, una scuola domenicale per bambini e un certo supporto di volontari per diverse attività. Tuttavia, le cose sono maturate con estrema lentezza, anche per il fatto che persone di provenienza e di abitudini diverse hanno dovuto passare tempo a conoscersi e ad armonizzarsi tra loro. Tutto è più facile per le chiese che si rivolgono solo o in prevalenza ai fedeli di un certo paese, e si sviluppano sulla base di una sola lingua e di una sola cultura… ma anche il risultato, tuttavia, resta più riduttivo.

Vorrei approfondire ora qualche tema riguardante la cultura e la società ortodosse. In primo luogo quello del rapporto fra potere temporale e spirituale. C’è la diffusa sensazione in occidente che il mondo ortodosso abbia una concezione di secolarismo diversa da quella occidentale. Ad esempio una cosa che colpisce molto la mia sensibilità è la consuetudine di canonizzare, se non erro, condottieri militari ed ammiragli… Crede che questa visione sia corretta o si basi su di un fraintendimento o una distorsione?

Spero che nessuno voglia considerare le connessioni tra la dimensione spirituale e l’apparato statale come un male in sé… sarebbe come dire che la formazione di uno stato è l’antidoto allo spirito. La cosa aberrante che può spaventare davvero è la gestione della Chiesa come un dipartimento statale, ma sarebbe piuttosto perfido identificare l’Ortodossia come origine di quest’attitudine: di fatto, l’unico periodo in cui la Chiesa russa funzionò in tal senso, con “procuratori” sinodali statali (spesso neppure ortodossi) fu il periodo “occidentalizzante” voluto da Pietro I e basato sui modelli protestanti! Come piccolo intermezzo, approfitto per riportare un passo scritto da un caro amico, il defunto padre Radovan Bigović di Belgrado, dal testo La Chiesa ortodossa e la democrazia:

“La Chiesa Ortodossa non si può identificare con alcun ordine politico, inclusa la democrazia. Nel corso della storia, essa è esistita in monarchie e repubbliche, in anarchie, in società fasciste, comuniste, conservatrici, socialdemocratiche e islamiche, come pure in varie forme di dispotismo. In modo più o meno intenso, ha sempre adattato le proprie istituzioni a un dato periodo e a un dato ordine politico, ma non ha mai mancato di sottolineare la propria particolarità e distinzione in tali contesti. Essere nel mondo e non essere del mondo è un’antinomia che è si sempre manifestata nella vita della Chiesa. Questa è la ragione per cui la sua vita in ogni epoca è così drammatica, piena di ascese e di cadute, e di tensioni tra il “vecchio” e il “nuovo”, tra il retaggio dell’Antico e del Nuovo Testamento, tra l’amore e la legge, l’istituzionale e il carismatico. Qui si dovrebbe sottolineare che la Chiesa non ha mai fondato la sua vita su alcun singolo principio. Elementi di monarchia, aristocrazia e democrazia si possono a mala pena riconoscere nella sua struttura, particolarmente quella istituzionale. Tuttavia, è importante sottolineare che le istituzioni ecclesiali, in contrasto con quelle dello stato e con altre istituzioni laiche, non hanno alcuna ragion d’essere in se stesse e per se stesse ma sempre in relazione a qualcosa di esterno a loro. Devono essere agili, flessibili, “iconiche”, e in uno stato permanente di apparizione e sparizione. Ogni Liturgia (che rappresenta l’identità della Chiesa) “libera” l’uomo da tutte le pastoie dell’istituzionalismo e del costituzionalismo – della schiavitù alla legge. Le istituzioni sono utili all’uomo come fonte illusoria di sicurezza, mentre la Chiesa gli fornisce la libertà, che ne fa l’icona di Dio.”

Veniamo ai santi militari… bisogna sempre fare una distinzione tra la professione e la categoria di un santo. Il fatto che si canonizzi una persona di una data professione non implica alcuno status spirituale particolare della professione stessa (esempio: santa Maria Egiziaca la prostituta). Per la maggior parte, i santi militari rientrano nella categoria dei martiri. Si potrebbe dire che la vita di servizio alla patria, che implica l’accettazione del rischio di morte, ha reso per loro più facile accettare la morte di fronte a persecuzioni, ma quello che genera la santità è il martirio, non il servizio militare. Una piccola minoranza di santi militari appartiene ad altre categorie: dato che ha citato gli ammiragli… per ora ce n’è solo uno, nella categoria dei “giusti” (una specie di “categoria jolly” in cui ricadono i santi non “specializzati” per martirio, ascesi o altre gesta specifiche). Fjodor Ushakov fu canonizzato in quanto benefattore e penitente (finanziò un monastero e vi passò gli ultimi anni di vita in preghiera), e se vogliamo una figura simile in Italia, possiamo pensare al marchese Arduino d’Ivrea, anche lui oggetto di una canonizzazione locale, ma in quanto monaco benedettino, non in quanto re d’Italia.

Saransk (Russia): la statua e la cattedrale consacrate a Fjodor Ushakov

I ministri della Chiesa ortodossa con cui ho avuto a che fare in Italia mi hanno trasmesso una certa impressione di parsimonia e ristrettezze, cui riescono a fare fronte solo con una dedizione totale, quasi “eroica”. La cosa mi ha colpito in quanto l’immagine che recentemente si è affermata della Russia è quella di un paese ricco, e chiunque visiti la Russia può toccare con mano l’attenzione del governo per la manutenzione e costruzione degli edifici di culto, palesemente frutto di investimenti e di una politica lungimirante. Queste impressioni (di povertà del culto italiano a fronte di una relativa abbondanza in Russia) sono corrette o sono frutto di suggestioni?

Tutto deve essere visto in prospettiva. La (relativa) opulenza delle chiese in Russia oggi è ancora un’ombra di quello che era la Russia imperiale cent’anni fa, e andando al ritmo corrente, ci vorranno ancora CENTO ANNI solo per rimettersi alla pari con la Russia del 1917! Per questo la “politica lungimirante” finora è appena quella di riuscire a rimettersi in piedi… non si può applicare facilmente lo stesso schema a piccole appendici come quelle italiane, dove – devo dire con tutta onestà – non ci lamentiamo molto della povertà.

Io mi sono persuaso del fatto che la Russia abbia un ruolo nella crisi dell’Europa Occidentale e dell’Italia in particolare. Di fronte allo smarrimento delle classi medie, precipitate nella miseria e nell’isolamento culturale e sociale, la Russia potrebbe rappresentare un punto di riferimento politico, un orizzonte esterno “altro” a cui i difensori dei “deboli” in occidente potrebbero volgersi per cercare conforto e protezione. Ha anche lei questa impressione?

Nel libro That Hideous Strength di C. S. Lewis (parte finale di una trilogia che molti lettori ortodossi hanno considerato come un bagliore di “Ortodossia anonima” nel mondo britannico) c’è un punto in cui Merlino, risvegliato da un sonno millenario, propone di riunire le forze sane che potrebbero combattere e contrastare il complotto satanico volto a destabilizzare l’Inghilterra e il mondo intero. Ransom, il protagonista della trilogia, risponde semplicemente a Merlino: Potrebbe essere impossibile, oggi. Hanno una macchina chiamata “stampa” con la quale ingannano la gente. Potremmo morire senza che nessuno lo venga a sapere. Evidentemente, Lewis non aveva previsto Internet… ma il senso generale del discorso è che stiamo freschi a cercare di opporci a “quell’orribile forza” facendo leva su punti di riferimento politici.

Statua di C. S. Lewis con l’armadio delle Cronache di Narnia esposta a Belfast

Vuole dire che giudica i processi politici ed economici in atto irreversibili? La Russia non potrebbe avere interesse a sostenere il dissenso interno nelle società occidentali? Vorrei fare la stessa domanda anche con riferimento al piano spirituale. Crede che la Russia abbia un ruolo particolare nella storia dell’umanità? Crede che la Russia e la Chiesa ortodossa abbiano un messaggio utile all’Occidente?

Ritengo i processi irreversibili sub specie aeternitatis. Il mondo sta arrivando a una fine, per quanto incerto possa essere il momento di questa fine ai nostri occhi. La Russia (che ovviamente ammiro molto, se no non sarei dove sono…) non pretende di ribaltare la storia umana, ma può certamente essere una forza che rimanda questa fine. Riuscire a chiudere la porta di una catastrofe apocalittica non è certo cosa da poco. Arrivo a dire che la Russia ha questo “messaggio utile all’Occidente” solo perché ha preso l’Ortodossia sul serio (beh, i russi prendono tutto sul serio, e questa è la loro vera grandezza).

Molte persone romantiche si immaginano la Russia come un paese spirituale, con una forte carica mistica. Quando però dobbiamo fare i conti con la realtà, troviamo che molte società ortodosse sono profondamente secolarizzate, e spesso certe dinamiche di consumismo e di competizione sociale trovano da quelle parti terreno fertile come e più che in occidente. Lei che idea si è fatto della società russa moderna?

Ahi ahi, sta chiedendo al soggetto sbagliato… o quanto meno, piuttosto inadeguato. Come prete monaco della Chiesa russa, devo candidamente confessare che non sono mai stato in Russia! Sono arrivato appena fino a Kiev, e (retorica della città madre a parte) di società russa ne ho vista troppo poca per farmene un’idea che valga più di due copechi. Per ora, sono un povero custode di un bidone di benzina nella tundra, un direttore di un avamposto nella più sperduta periferia del vecchio impero, la Rus’ Subalpina (Подальпийская Русь), e vivo di luce riflessa. Per me è una luce sufficiente a farmi vedere per bene le cose e a determinare il mio cammino; non so, e non riesco a valutare, quanto potere di trazione possa avere su masse umane più consistenti.

Quanto è importante l’elemento religioso nella crisi ucraina? Potrebbe descriverci brevemente le principali confessioni del paese ed i loro rapporti?

 Ooops… ha sei ore di tempo? Credo che siano appena sufficienti per la descrizione breve. Non me ne voglia, ma è come descrivere un labirinto, in cui ogni passo successivo complica la spiegazione del passo precedente e comporta una serie di spiegazioni delle interazioni con tutti i punti vicini. Credo che sia un po’ simile a una descrizione breve di quel pot pourri che è la Terra Santa, simile all’Ucraina sotto molti aspetti: entrambi territori ricchi di storia e movimenti (talora scontri) di civiltà; entrambi divisi tra culture e religioni diverse; entrambi oggetto di secolari tentativi di conquista dall’Occidente; come stati, entrambi prodotti politici di movimenti del tardo XIX e primo XX secolo; entrambi con linee di confine molto più complicate di quanto amino ammettere; entrambi con lingue ufficiali create in periodi relativamente recenti; entrambi con contestazioni che nascono dal loro stesso nome. Comunque, per iniziare la descrizione “breve”, suggerisco un brano che ho tradotto dal blog di Saker: Il nazionalismo ucraino: le sue radici e la sua natura.

L’umanità oggi vive una congiuntura storica unica. In molte regioni del mondo l’aspettativa di vita si allunga, e con essa il benessere materiale. Centinaia di milioni, miliardi di persone possono accedere a cure mediche, cibo e anche agli agi offerti dalla modernità. Tuttavia l’umanità appare smarrita, e crescono i timori, le visioni apocalittiche, le angosce consce ed inconsce di catastrofe. Cosa le dice sul futuro la sua sensibilità di uomo di fede?

Nihil novi sub sole (Eccl 1:9); i miglioramenti di benessere, gli smarrimenti e le angosce sono parte integrante di ogni civiltà ed epoca, quella odierna eccelle solo per numero di persone e per relativa velocità dei processi di informazione.

La maggioranza dei lettori di Volti del Donbass è costituita da persone con simpatie politiche di sinistra, che si sentono poco rappresentate dall’odierna sinistra istituzionale. Persone che hanno ricevuto una educazione laica, o magari una infarinatura cattolica durante l’infanzia, da cui poi si sono allontanate. Tuttavia queste persone oggi guardano il vostro mondo con interesse. Crede che l’Ortodossia abbia qualcosa da dire ad un pubblico così … inatteso?

Partendo dal presupposto che la Chiesa deve dire qualcosa a tutti, a prescindere dall’orientamento e dalle simpatie politiche (e la nostra parrocchia, con un “arco costituzionale” di fedeli che va più o meno da Rifondazione a Forza Nuova, non è un’eccezione), mi sembra strano che l’odierna sinistra istituzionale, che ha guardato alla Russia per tanti anni, se ne tenga alla larga proprio ora che in Russia si ricomincia sul serio a fare un discorso di valori che non sono poi tanto dissimili da quelli che quella sinistra ha ammirato per tanto tempo.

L’orfanotrofio ortodosso del monastero dell’Ascensione a Chernovtsy ospita 253 bambini, di cui 44 affetti da HIV – (Photo by Brent Stirton / Reportage by Getty Images)

È stato detto, e non senza ragione, che la Russia comunista cercava di attuare valori divini, ma senza Dio alla base (e per questo è fallita). Ora, se quanti ammiravano i valori sociali della Russia atea di ieri si prendessero la briga di studiare i valori sociali della Russia ortodossa di oggi avrebbero molte sorprese curiose.

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