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  Pagine di storia: una cappella ortodossa in Val d'Aosta
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La Valle d'Aosta è una delle ultime regioni raggiunte da una regolare attività cultuale dei cristiani ortodossi; eppure, già nella prima metà del XX secolo, aveva un luogo di culto ortodosso, la cappella privata della famiglia Trikurakis a Gignod, ancora esistente.

Gignod (nella foto) è un comune all'imbocco della valle del Gran San Bernardo, a 8 chilometri a nord di Aosta. Negli anni '20 vi si stabilì, chiedendo la cittadinanza italiana, il dottor Giovanni A. Trikurakis, che prestò servizio come medico condotto del consorzio medico locale, svolgendo numerose ricerche sul campo (pubblicò monografie sulle malattie endemiche della valle) e rimanendo in attività per oltre quarant'anni.

Presso la Biblioteca regionale di Aosta è disponibile l'autobiografia del dottor Trikurakis, oltre a una biografia pubblicata nel 2005, Giovanni Trikurakis: medico condotto – uomo di cuore, di scienza, di fede.

Oltre ai suoi scritti in materia medica, Giovanni Trikurakis pubblicò almeno due opere di argomento religioso, in netto anticipo sul dialogo ecumenico contemporaneo: Dopo un dialogo cattolico-ortodosso: il pensiero e le obbiezioni di un ortodosso auspicante l'unione con la Chiesa cattolica e L'unione delle Chiese secondo un ortodosso.

Oggi ci resta del dottor Trikurakis, oltre alla sua produzione letteraria, la cappella ortodossa che volle far costruire nella sua abitazione, e che fece dipingere (in uno stile rispettoso dell'arte locale) dal pittore Ettore Mazzini. È nota come cappella di Lexert ed è proprietà privata degli eredi Trikurakis: non ci risulta che sia utilizzata per funzioni ortodosse.

Osserviamo la cappella da vicino in una foto:

Possiamo notare che tutto lo spazio disponibile è stato utilizzato con molta maestria per includere tutti gli elementi di un'iconostasi ortodossa, e servendosi anche della base dell'altare per le icone dell'arcangelo Michele e dei santi apostoli Pietro e Paolo, e della pala d'altare per le icone della passione di Cristo e dell'ultima cena.

Dato il suo carattere privato e la sua distanza dai maggiori centri abitati della valle, è piuttosto improbabile che la cappella del dottor Trikurakis torni mai a essere un luogo di culto ortodosso (come indubbiamente avrebbe desiderato il suo costruttore), tuttavia resta ancora oggi un'importante testimonianza agli ortodossi che vivono in Italia. Vediamo quali lezioni ci può insegnare:

- L'opera degli ortodossi del passato dura nel tempo. Pertanto, prima di uscire pubblicamente con affermazioni roboanti del genere "per la prima volta nella storia...", o "dopo mille anni di separazione tra Oriente e Occidente...", faremmo bene ad accertarci (a volte, basta una visita in biblioteca) che le stesse cose che noi proponiamo oggi come novità assolute non siano già state presentate in modo più o meno analogo qualche decennio or sono.

- Una rondine non fa primavera, ma certamente serve ad annunciarla. Un singolo individuo ortodosso, da solo o con la sua famiglia, può offrire un enorme contributo alla fede. Come sarebbe oggi lo scenario degli ortodossi in Italia, se ogni professionista ortodosso in questo paese avesse fatto sforzi in campo letterario e di costruzione di chiese pari a quelli del dottor Trikurakis?

- Se è vero che ogni cristiano ortodosso ha il diritto (anzi, il dovere) di testimoniare la sua fede a livello personale e familiare, è altrettanto vero che la continuità della fede è garantita dal suo aspetto comunitario. Oggi, a maggior ragione, con la presenza di tanti ortodossi sparsi e dislocati dalle loro radici, è importante che si facciano sforzi per creare comunità che possano sopravvivere al passaggio delle generazioni.

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