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  Ho avuto un aborto...

Da Pravmir.com, 30 agosto 2006

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Quando avevo 24 anni, ero incredibilmente dipendente da mia madre. Probabilmente non c’è motivo di parlare dell’ambiente della nostra famiglia. Mi limito a dire che praticamente per tutta la mia vita di mia madre è stata gravemente malata, e la sua malattia fisica influiva sulla sua psiche. L’atmosfera in casa era sempre opprimente - c’era un’incredibile meschinità mentale, sospettosità, ostinazione e isterismo. I miei più piccoli tentativi di disobbedire ai comandi di mia madre finivano in scandali, accuse gravi e le frasi più spaventose, su come la mia disobbedienza avrebbe inevitabile fatto deteriorare e morire mia madre.

È così difficile vivere un’infanzia gravata dalla sensazione che uno dei tuoi errori può costare la vita a qualcuno, qualcuno che ami più di tutto il mondo. In generale, nonostante tutta la mia paura prima di mia madre, ho fatto cose stupide. Dopo un po’ di tempo mi sono preparata a sposare un perfetto sconosciuto che non amavo. Questa era la mia unica possibilità di scappare almeno lontano dal caos della mia famiglia. Ho cercato di non pensare a come stessi cadendo da una trappola in un’altra.

La diffidenza di mia madre si era ancora di più acuita in quel momento, e si era messa a controllare i miei periodi mensili. I miei tentativi di fuggire in qualche modo da quella gretta supervisione mi ha portato solo nuovi scandali e accuse di tutto ciò che poteva entrarle in testa.

E così in quel tipo di ambiente mi è capitato di avere un ritardo. È passato un giorno, due... Non ero semplicemente in preda al panico, ero terrorizzata. Parlare apertamente a mia madre era del tutto impensabile dato che ero assolutamente certa che un simile shock l’avrebbe fatta morire rapidamente, e non potevo a vivere con la sua morte sulla coscienza. Nel frattempo ho dovuto fingere di avere avuto i periodi e cercare una via d’uscita. Seguendo il consiglio di alcuni amici, ho fatto bagni di senape, ho preso manciate di Redoxon, ma non è servito a niente.

Dopo altri due giorni mi sono forzata a parlare a due colleghe, che erano abbastanza grandi da essere mia madre, del mio problema.

“Di cosa ti lamenti, Daria? Di quante settimane è stato il ritardo?”

“Quattro giorni”.

“Ascolta, non lontano da qui una clinica aperta che fa i raschiamenti, se il ritardo non è stato più lungo di una settimana. Farne uno è un gioco da ragazzi, non è come un aborto normale. Vieni, tutto si fa presto e sei a casa in un’ora. E costa anche poco. Hai i soldi? “

Avevo un po’ di soldi. Mi avevano dato, non molto tempo prima, 300 rubli dal bilancio familiare per le spese di matrimonio, e così ho potuto provare a rubricare i costi dell’aborto alla voce “altre spese”. Il mio fidanzato era abbastanza indifferente alla notizia, e ha lasciato decidere tutto a me. Non mi ha dato soldi, ma ha accettato di accompagnarmi in clinica.

Ho chiamato la clinica, ho preso un appuntamento, e mi sono trascinata lentamente dalla casa, come da richiesta, con una coperta e una camicia da notte. All’ingresso della clinica le mie ginocchia stavano già tremando, ho avuto la nausea, e ho camminato in stato confusionale.

Nella sala d’attesa stavano decine di ragazze, per lo più molto più giovani di me, e c’erano poche adulte tra loro. Ci hanno portato l’una dopo l’altra per poco più dell’esame necessario, l’analisi, e poi nello spogliatoio prima della sala operatoria. Nessuno ha cercato di parlarci, e l’atteggiamento verso di noi era sdegnoso e degradante.

Quando non era rimasta più nessuna davanti a me, ho avuto un forte desiderio di abbandonare tutto, sputare sui miei soldi e scappare. Poi mi sono ricordata il volto di mia madre, e sono rimasta. Dalla sala operatoria è uscita una ragazza a capo chino, bianca come la carta, ed è arrivato il mio turno. Mi hanno dato compresse anti-spasmo da bere, per indebolire un po’ i muscoli. Ho accuratamente chiesto anestetici, e l’infermiera mi ha richiamato scortesemente e ha detto che per le persone come me non ci sono anestetici, e che non eravamo signore da pretenderli.

Mi hanno stesa su un tavolo alto, agganciata a una sorta di tubo, e hanno avviato una macchina... Ho provato un dolore che non ho mai sentito prima o dopo. Dolore e terrore...

L’infermiera poi mi ha detto di scendere e andare in un’altra stanza dove sono rimasta sdraiata per mezz’ora con un impacco di ghiaccio sulla pancia. Mi sembrava di essere caduta in deliquio, ma a tutti gli effetti la mia coscienza si era decisamente spenta, e sono letteralmente caduta in una sorta di luogo buio. Dopo qualche tempo mi hanno risvegliata e mi hanno detto di andare a casa. Un brivido nervoso mi ha scosso fino a casa, ma a casa ho dovuto forzare un sorriso sul volto, raccontare qualche storia fittizia di una romantica passeggiata sotto gli alberi di ciliegio, e sono andata a dormire. Questo è avvenuto a metà di maggio del 1989.

Poi c’è stato il matrimonio, che si è concluso dopo un anno e mezzo con un divorzio, poi il battesimo e i  tentativi falliti di diventare una fedele regolare della Chiesa, un secondo matrimonio, due figli, e la morte di mia madre. Ho avuto una grave depressione, e non riuscivo a trovarne la ragione.

Da allora, sono giunta a capire meglio alcune cose. La cosa più importante, non ero in realtà incinta la prima volta. Ci sono stati alcuni problemi anche prima di quel momento, la probabilità di una gravidanza dai nostri “esperimenti” con il mio primo fidanzato era estremamente bassa, e anche lui stesso, come si è scoperto in seguito, era praticamente sterile. Mandavano tutte a questa operazione con la macchina “in modo che servisse di lezione”, anche se il denaro che si sono presi non era poco nell’89.

Ho cercato di far sentire la mia mente a proprio agio con questo, ma la depressione non è andata via. A volte la depressione è diventata più forte, e qualche volta rimanevo semplicemente seduta e intontita dal dolore. Sono andata fuori di testa per questa sensazione e non sapevo come avrei più potuto convivere con essa. Dopo qualche tempo sono infine entrata in Chiesa.

Lentamente l’idea di quello che avevo fatto mi si è presentata per davvero. Che si trattasse di un bambino o no non è importante. Molti anni fa avevo deciso dentro di me di fare un aborto, e questo era tutto ciò che era necessario per farmi sentire un’assassina.

Il pentimento reale mi è venuto in quel momento, fino alle lacrime. Più volte ho cercato di raccontare tutto questo in confessione, ma ogni volta iniziavo a spiegare che un peccato commesso prima del battesimo mi stava tormentando, e a questo punto il sacerdote mi interrompeva dicendo, come può essere, sembra che non credi che il sacramento del battesimo lava via tutti i peccati commessi in precedenza. Non ho avuto la possibilità di spiegare che ero stata battezzata in modo praticamente casuale, senza capire il senso di tutto ciò, non ero preparata... Non c’era stato, al momento del battesimo, un momento di pentimento e una rinuncia alla mia vita precedente...

Durante la Grande Quaresima di quest’anno il ricordo di quello che ho fatto è diventato ancora più intenso. Ogni volta che mi sono preparata per la confessione (mi sono confessata ogni settimana) ho involontariamente ricordato prima di tutto l’aborto, e ho cercato di convincermi che una volta che il prete ha detto quelle parole, significa che non vi era alcun motivo per ritornarvi. Purtroppo, è tornato esso stesso con sempre più dolore spirituale.

Finalmente è venuto un giorno in cui sono letteralmente caduta sul supporto del vangelo, e non c’era il prete “buono” (dal quale mi volevo confessare), ma il prete “severo”. Ho sbottato “Non posso andare oltre ... in gioventù a causa della paura dei miei genitori ho avuto un aborto...”

Non mi ricordo quello che ho detto dopo, o quello che ha detto il sacerdote. Mi ricordo come mi ha impressionato la sua reazione. Mi aspettavo che mi rimproverasse, che mi trattasse severamente, ma invece ho visto compassione e dolore per me... Quella volta non mi ero preparata per la comunione dato che il mio conflitto spirituale mi tormentava così tanto che non riuscivo a forzarmi a portare con me il mio libro di preghiere, e due giorni prima della confessione, ho avuto semplicemente un esaurimento (c’era qualcos’altro accanto alle mie sofferenze per l’aborto ).

Tuttavia, mi ha benedetto per prendere la comunione. “Va’, fa’ la comunione, queste ferite hanno bisogno di essere guarite...”

Da allora, a poco a poco ho iniziato a guarire...

 

Tradotto dal russo da padre Savatii Lewis (Jordanville)

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